La Südtirol Ultra Skyrace sorride a Rabensteiner e Pedevilla

Questo pomeriggio Alexander Rabensteiner ha vinto la sesta edizione della Südtirol Ultra Skyrace. Il 42enne di Chiusa ha completato il percorso di 121 chilometri e 7.554 metri di dislivello in 18h33’08’’. Per Rabensteiner si tratta della quarta vittoria in questa corsa estrema lungo l'alta via Hufeisentour nelle Alpi Sarentine. Tra le donne si è imposta Anna Pedevilla della Val Badia che, con un tempo di 20h51’45’’ ha stabilito un nuovo record. Nella classifica generale risulta in sesta posizione. «È stata certamente la vittoria più dura. Non sono mai entrato in crisi così tante volte. Crisi che, comunque, ho superato bene, fermandomi a riposare e a mangiare. Walter Manser, Matthias Dippacher, Jimmy Pellegrini e io siamo partiti molto velocemente. Tutti abbiamo risentito di questa velocità iniziale. Ora sono proprio contento della vittoria che, veramente, non mi aspettavo» ha dichiarato Rabensteiner al traguardo. Al secondo posto si è classificato lo svizzero Walter Manser che, a un certo punto, vantava persino un vantaggio di 15 minuti su Rabensteiner. Al Lago San Pancrazio, però, a causa di crampi allo stomaco ha dovuto lasciar passare l'altoatesino. Manser ha raggiunto il traguardo dopo 18h47’32’’. Il podio è stato completato dal tedesco Matthias Dippacher con un tempo di 19h13’32’’. Dippacher ha partecipato anche alla prima edizione della Südtirol Ultra Skyrace, dove si era classificato secondo dietro a Rabensteiner.

PEDEVILLA SUPER -Tra le donne, fino a metà gara pareva dovesse vincere, come lo scorso anno, Maria Kemenater. Poi però Anna Pedevilla, di Pieve di Marebbe, ha messo in moto il turbo. Con 20H51’45’’ è stata la prima donna a rimanere sotto le 21 ore, battendo il record di Annemarie Gross di oltre un'ora. »Non riesco a spiegarmi la mia prestazione. È incredibile. Per me Annemarie Gross è una fuoriclasse e non avrei mai sognato di avvicinarmi a lei. Il percorso è piuttosto tecnico, soprattutto di notte, e non è adatto a tutti. È bello ma faticoso. Bisogna prepararsi bene» ha commentato la Pedevilla, mamma di quattro figli. In seconda posizione ha chiuso l’ungherese Ildiko Wermescher, che da anni è residente in Germania.

Anna Pedevilla

SÜDTIROL SKYRACE - Nei 69 chilometri si è imposto Johannes Klein di Oberstdorf, mancando il record del percorso di tre minuti con un tempo di 7H07’41’’. Al secondo posto si è classificato il russo Evgenii Pishchalov, mentre il vincitore dello scorso anno, Stefan Tschurtschenthaler, ha tagliato il traguardo terzo. Tra le donne si è imposta la beniamina locale Regina Spiess. Dopo vari secondi posti nella gara di casa sua, la 45enne della Val Sarentino questa volta è riuscita ad arrivare prima. La Spiess non è riuscita a rimanere sotto le 9 ore per soli sette secondi e ha relegato al secondo e terzo posto la tedesca Julia Witt e la svizzera Kerstin Dusch.

SÜDTIROL SKY MARATHON - La Südtirol Sky Marathon con una lunghezza di 42,2 chilometri e 2.863 metri di dislivello è stata vinta dall'austriaco Daniel Rohringer che ha tagliato il traguardo a Sarentino dopo 4h14’38’’. Al secondo posto si è classificato il 37enne Hansrudi Brugger, ex capitano di FC Südtirol e oggi appassionato runner. Il bolzanino Domenico Nicolazzo ha terminato la gara al terzo posto. Edeltraud Thaler, invece, è arrivata a Sarentino piena di rabbia. La Grand Dame dell'atletica leggera altoatesina ha sbagliato strada e, alla fine, ha percorso circa due chilometri in più degli altri. Nonostante tutto, con un tempo di 5h20’31’’, è riuscita a vincere. Il podio è stato completato dalla tedesca Kathrin Angerer e dalla gardenese Birgit Klammer.

SÜDTIROL SKYTRAIL - La distanza di 27 chilometri con poco più di 1.000 metri di dislivello, da Sarentino a Bolzano, era òa novità del 2018. La vittoria è andata a Thomas Holzmann di San Genesio, che ha completato l'itinerario in 2h14’22’’. Georg Widmann di Termeno si è classificato secondo con un ritardo di 49 secondi, mentre al terzo posto si è piazzato il tedesco Markus Mey. La vincitrice tra le donne, invece, è francese: la parigina Mathilde Vinet ha trionfato in 2h42’38’’ ore, lasciandosi alle spalle le altoatesine Isabel Tribus e Angelica Huber (Merano/2:50.24).

 

 

 


Lungo l’Alta Via delle Dolomiti Bellunesi

«La TransParco - così l’avevo chiamata - è rimasta per tanti anni confinata tra gli obiettivi di qualche escursionista, finché lo scorso anno un gruppo di ragazzi del CAI di Feltre la scopre e se ne innamora. Attorno a essa costruiscono un progetto, coinvolgono il Parco e le Sezioni CAI, alcune aziende outdoor come Ferrino e Aku, vogliono ridargli vita mettendo a frutto le loro esperienze. ‘Questi sono luoghi preziosi’ dico ai ragazzi, ‘e la sola ragione che può spingerci ad incentivarne la loro frequentazione si radica, e trova la sua giustificazione, nell’esperienza concreta tra l’uomo e la natura di queste montagne. Qui possiamo ancora udire l’autentica voce dei monti, altrove è ormai sopita’». A parlare è Teddy Soppelsa, autore dell’ampio reportage sulla neonata Alta Via delle Dolomiti Bellunesi che pubblichiamo su Skialper 119 di agosto-settembre.

©Roberto De Pellegrin

DOLOMITES WILDEST PATH - Il nomignolo che è stato dato a questo trekking di una settimana (sei o sette tappe a seconda del passo) è davvero appropriato perché da Pian del la Fòpa a Passo Croce d’Aune si cammina nel cuore delle Dolomiti più selvagge, lontano da rifugi cinque stelle e comprensori sciistici. Proprio l’incontro con rifugi e rifugisti è uno dei momenti più belli del giro.

©Roberto De Pellegrin
©Roberto De Pellegrin

CAPITANI CORAGGIOSI - Luca ha 38 anni, per lui gestire il rifugio Pramperet non è stata una scelta ma una necessità: «Ero senza lavoro e ho preso un’occasione al volo. Ora però mi trovo bene e vorrei continuare, vorrei che non diventasse come i rifugi che ci sono a Nord, dove ormai è stato addomesticato tutto. Elena e Gavino sono sedici anni che gestiscono il rifugio Pian de Fontana. Lei vicentina e lui di Alghero, cercavano un posto dove lavorare in montagna e l’anno trovato qui, su un antico pascolo in vista della Schiàra. «Quando devo dire non ce l’hoa chi mi chiede l’acqua calda, la camera doppia, il tiramisù o i gelati, vedo che rimangono un po’ perplessi - dice Elena -. Abbiamo tutti molte cose e questo è un posto che ne offre meno, ma ti dà un’esperienza in più. Poi la maggior parte delle persone al mattino mi dice: Sono stato bene, grazie dell’atmosfera. Allora sono io che mi stupisco perché non ho fatto niente di speciale». Enzo un bel giorno si è stancato di fare il falegname e da sette anni con sua moglie Sonia gestisce il rifugio Furio Bianchet. «Per gestire un rifugio non bisogna amare la montagna, perché la montagna non la vedi» dice con un po’ di ironia in un marcato accento vicentino. «Io che sono il cuoco-falegname sono dentro la cucina dalla mattina alla sera e quando si sta quattro mesi fermi in un rifugio se non ci sei con la testa muori subito». Questa e altre interessanti storie nel bellissimo reportage con le foto di Roberto De Pellegrin!

©Roberto De Pellegrin
©Roberto De Pellegrin

Capell, Grinius e Kienzl al via del Grossglockner Ultra Trail

Ci siamo, questa sera alle 22 partirà il Grossglockner Ultra Trail powered by Dynafit, che si corre su uno dei percorsi più spettacolari del mondo, attorno alla montagna più alta dell’Austria. Sono attesi 1.800 partecipanti da oltre 40 Paesi sulle quattro distanze previste. Sono in calendario l’Ultra-Trail (110 km, 6.500 m D+), il Trail (75 km, 4.000 m), il Kalser Tauern Trail (50 km, 2.000 m D+) e il Weisse Gletscherwelt (30 km, 1.000 m D+). Il percorso della gara regina segue in gran parte il giro Glocknerrunde, intorno alla montagna più alta dell'Austria, il Grossglockner (3.798 m). Start e arrivo si trovano a Kaprun, nella regione del Pinzgau, che fa parte del land di Salisburgo. La novità del 2018 è il percorso da 75 km e c’è anche la possibilità di correre l’Ultra-Trail in staffetta da due, con cambio a Kals. In questo caso la prima frazione è di 60 km e 4.500 m D+, la seconda da 50 e 2.000 m D+.

PARTERRE DE ROI - Il livello degli atleti al via è molto alto. Qualche nome? Pau Capell (The North Face), Gediminas Grinius (Team Vibram), Juliette Blanchet (Team Vibram), Scott Hawker (Team Vibram), Kristin Berglund (Salomon Running Austria), Sacha Devillaz (La Sportiva), Sebastién Camus (Team Garmin), Sylvain Camus (Team Garmin), Jordi Gamito Baus (Compressport), Florian Reichert (Arc’teryx) e, last but not least, Peter Kienzl (Dynafit).


Marker ritira alcuni attacchi Kingpin

La «possibile rottura dei pin del puntale potrebbe comportare l'apertura con forze inferiori e determinare una caduta». Con questa indicazione, frutto di test ripetuti su diversi attacchi, Marker ha comunicato tramite una nota stampa il richiamo di alcuni attacchi Kingpin 10 e 13 prodotti nel 2017/18. La rottura ha interessato un numero limitato di esemplari e in casi particolari. I nuovi attacchi recano un logo diverso proprio per essere distinti da quelli del 2017/18. Per tutte le informazioni sui modelli interessati e la sostituzione: www.marker.net/en/support/recall/


Orobie Ultra-Trail: ci siamo

Orobie Ultra-Trail: ci siamo. E sarà sui 140 km per arrivare a Bergamo. Alla linea di partenza di Clusone ci saranno tutti i vincitori delle tre passate edizioni Marco Zanchi, Oliviero Bosatelli, Andrea Macchi e Paolo Rossi, ma non saranno soli: dalla Polonia Ilya Marchuk e Piotr Rolbiecki, Jesper Noer dalla Danimarca e lo spagnolo Javier Blanco-Fink. E tra le altre vecchie e nuove conoscenze a giocarsi il podio ci saranno Matteo Colombo, Luca Moro, Maurizio Gualeni, Luca Guerini, Fabio Di Giacomo, Nicola Manessi, Emanuele Ludovisi, Marco Bonfante e Alex Tucci. E come nell’anno 2017 sarà al via recordman di ultra distanze su strada Lucio Bazzana.
Al femminile torna sulle Orobie, dopo la vittoria dell’edizione 2016, Petra Muckova dalla Repubblica Ceca che dovrà stare bene attenta alla bergamasca Melissa Paganelli, già sul gradino più alto del podio di GTO 2017 e che sembra avere le carte in regola per dire la sua sulla distanza regina. Insieme a Petra dal podio della seconda edizione tornano anche Rossana Moré e Marina Plavan alle quali si aggiungono Emanuela-Scilla Tonetti, Giulia Vinco, Isabella Lucchini e Teresa Mustica. Dopo due primi posti nella categoria femminile sulla distanza di 140 km assente speciale per un recente infortunio è Lisa Borzani, che sarà comunque a Bergamo per l’occasione.
Alla partenza della quarta edizione di GTO dal Lago di Carona insieme al detentore del record di gara Luca Carrara troveremo una grigia di partenza piuttosto dinamica, pronta a spingere al massimo per avvicinarsi alle fatidiche 8 ore di gara: Fulvio Dapit, l’argentino Pablo Barnes, lo slovacco Martin Halász, Sam McCutcheon dalla Nuova Zelanda, e i valenciani Diego Marin-Fabra e Lucas Boix.
Senza dimenticare Stefano Rinaldi, Carlo Salvetti e Marco Rossi dell`Erock team, Giovanni Gualdi, Fabio Bonfanti, Rota Donatello e Riccardo Faverio. Anche Mario Poletti sarà al via per la seconda volta sul tracciato di 72 km. Tra le ragazze dopo avere già conquistato sia medaglia d’oro che di bronzo torna Virginia Oliveri, con le compagne del team Salomon Martina Valmassoi e Natalia Tomasiak, la neozelandese Sarah Dallas McCutcheon, Elisabetta Lastri, infine Cristina Sonzogni e Milena Pirola dall`Erock Team.


Già disponibile nell'edicola digitale Skialper 119 di agosto-settembre

È già disponibile nell’edicola digitale di Skialper il numero 119 di agosto-settembre, 160 pagine con uno strillo di copertina inequivocabile: a piedi. Un numero per riscoprire il piacere di rallentare, per riscoprire se stessi e gli altri, per dare uno sguardo diverso sul mondo, camminando. Più o meno veloci. Perché «camminare non è un’attività di serie b, ma un dono prezioso» come scrive Claudio Primavesi nell’edito. Chiedete Skialper 119 al vostro edicolante di fiducia a partire dal 2 agosto oppure, se proprio non lo troverete, potrete sempre acquistarlo direttamente sul sito di Mulatero.

ENRICO BRIZZI, PARTIRE ADESSO - Simone Sarasso, scrittore che ha appena ritirato il prestigioso premio Bancarella Sport con la biografia di Loris Capirossi, intervista un altro scrittore, Enrico Brizzi. Uno scrittore che ha fatto del camminare una ragione di vita, percorrendo a piedi i cammini storici, le Alpi, il Medio Oriente. E ha scritto bellissime pagine sull’argomento. Enrico Brizzi nel cammino ha ritrovato l’ispirazione per scrivere e lo confessa a Sarasso in un’intervista tutta da leggere durante le vacanze estive.

GREAT HIMALAYA TRAIL - 24 giorni. Per percorrere il Nepal da ovest a est: 1.500 km e 70.000 m di dislivello. Ma i numeri sono solo un dettaglio e il tempo record fatto registrare un aspetto secondario della straordinaria impresa dell’ultra runner sudafricano Ryan Sandes e del connazionale Ryno Griesel, di 24 giorni che hanno cambiato il modo di guardare la vita dei due. Undici pagine di reportage con le spettacolari immagini del fotografo Dean Leslie, un viaggio dei piedi ma anche della mente. Un altro spunto di riflessione per le vacanze…

©Red Bull Content Pool/Dean Leslie
©Red Bull Cotent Pool/Dean Leslie

10 ZAMPE, UN UOMO E DUE CANI - Giorgio Garello nella sua vita di appassionato runner non si è fatto mancare certo l’adrenalina. Oltre un centinaio di gare dalla maratona in su e poi secondo ai Campionati italiani di corsa su strada 24 ore e secondo alla Nove Colli. Ma da qualche anno è iniziata una seconda fase della sua vita, quella del cammino. In compagnia di Walk e Noosa, due splendidi cani Border Collie. Con loro percorre migliaia di chilometri ogni anno. E anche questo vuol dire a piedi… «Uscire con i cani, per un paio di ore o per giri più lunghi, mi permette di passare tanto tempo con loro, sono un po’ il capobranco - dice Giorgio - . È un percorso graduale, non so come è successo, ma ora associano decine di suoni e gesti e mi capiscono: Walk, quando vede un capriolo, mi guarda e mi chiede il permesso di seguirlo».

Daniele Molineris

RITORNARE - Giacomo Frison e Glorija Blazinšek percorrono gli altipiani da un punto all’altro, alla scoperta di luoghi, villaggi e soprattutto persone fuori dalle rotte di massa e dalla storia. E amano ritornare, per ritrovare quelle stesse persone e quegli stessi luoghi. Come per esempio nell’Alto Atlante marocchino, dove è ambientato il bellissimo articolo che pubblichiamo in questo numero di Skialper, alla scoperta dei villaggi berberi.

©Giacomo Frison

TREKKING AL FRONTE - Sono esattamente cento anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale e nel comprensorio turistico Pontedilegno Tonale ci sono due percorsi che permettono di andare alla scoperta di fortificazioni e trincee dove si è scritta la storia di questo conflitto. Forti tra i boschi, ma anche gallerie, passerelle e feritoie a 3.000 metri di quota, dove si trovano ancora munizioni e gavette dei soldati. La giornalista Tatiana Bertera e il fotografo Matteo Pavana sono partiti alla scoperta del facile Giro dei Forti e del più impegnativo sentiero attrezzato dei Fiori.

©Matteo Pavana

ALTAVIA DOLOMITI BELLUNESI - Sta nascendo dall’idea di un visionario illuminato come Teddy Soppelsa e dalla forza di volontà di un gruppo di ragazzi del CAI di Feltre quello che gli ideatori stessi definiscono Dolomites Wildest Path, il sentiero più selvaggio delle Dolomiti. Ed effettivamente è proprio così, il nuovo trekking di sette tappe (noi l’abbiamo percorso in sei) percorre uno degli angoli più belli e selvaggi dei monti pallidi, lontano dal turismo di massa e dai rifugi cinque stelle. Se volete scoprire il lato più autentico delle Dolomiti eccovi accontentati!

©Roberto De Pellegrin
©Roberto De Pellegrin

TERMINILLO, STORIA DI UN’EVASIONE POSSIBILE - Quattro ragazzi, la fuga da una Roma infuocata per il caldo e, con i mezzi pubblici, l’arrivo alle pendici del Terminillo. Fuggire dalla città per camminare e scoprire la natura e piccoli borghi come Micigliano è possibile!

©Luca Parisse/Risk4Sport

PERÙ, SOGNA IN GRANDE E OSA FALLIRE - Voli in Sud America per andare a sciare una parete ripida dell’Ausengate, Cordilllera Vilcanota e poi… dopo trasvolate, interminabili trasferimenti in pullman, cavallo e a piedi, ti rendi conto che quella montagna è insciabile. Non importa perché, come scrive Federico Ravassard, autore del testo e delle splendide foto, curvare con gli sci sulla neve «è sempre una figata». E partire alla scoperta di luoghi quasi inesplorati un privilegio. Un reportage di nove pagine in compagnia di Enrico Mosetti e Davide Limongi, da non perdere!

©Federico Ravassard

NORTH3 - Scalare la Nord di tre montagne simboliche raggiungendole in bici e in meno di 48 ore. Ecco l’ultima sfida di Simon Gietl e Vittorio Messini. Vinta. O quasi. Le tre montagne sono Ortles, Tre Cime di Lavaredo e Grossglockner e Skialper pubblica in esclusiva per l’Italia il reportage di questa bella avventura.

©Storyteller-Labs

19 ANTEPRIME PER… IL 2019 - Abbiamo voluto scherzare un po’ con i numeri, ma le 19 novità per la primavera-estate 2019 che presentiamo sono davvero interessanti! Non solo gli highlight della fiera Outdoor di Friedrichshafen, ma anche quelli delle aziende che sul lago di Costanza non erano presenti.

GRAND HOTEL SOTTO LE STELLE - Ovvero, una tenda, un materassino e un sacco a pelo: sei tende tre stagioni e light e cinque materassini in prova e poi, le ricette vegane di uno chef appassionato campeggiatore.

©Federico Ravassard

CAMPO BASE FERRINO - Fondata bel 1870, Ferrino è una delle aziende storiche del mondo outdoor. Siamo stati nella sede torinese e nel campo test estivo ai 3.500 metri del rifugio Quintino Sella per renderci conto di come vengono progettati e soprattutto testati zaini e tende.

MAI PIÙ SENZA ACQUA - Quando hai sete… è troppo tardi. Ecco perché è importante idratarsi correttamente prima, durante e dopo allenamenti e gare di trail running. Siamo stati ad allenarci con il portacolori del team Salomon Giulio Ornati e abbiamo provato gli ultimi soft flask e reservoir Salomon. Non mancano i consigli del medico Alessandro Da Ponte.

©Andrea Salini/Outdoor Studio

KAPTIVA, DI NOME E DI FATTO - È una delle scarpe da trail più attese del 2019 e l’abbiamo fatta provare in anteprima al trail runner Michele Tavernaro. Stiamo parlando, naturalmente, di La Sportiva Kaptiva…

KIENZL 200 E LODE - Il 2018 è iniziato con la vittoria alla Transgrancanaria 360°. Ma l’altoatesino Peter Kienzl a vincere è abituato. Basta che le gare siano più lunghe di 200 chilometri, la sua distanza preferita. E ora punta al Tor des Géants… Lo abbiamo intervistato sul suo terreno di allenamento, a Merano 2000 e gli abbiamo fatto provare il nuovo Ultra Set Up di Dynafit.


Chi vincerà il Giir di Mont 2018?

Tutto pronto a Premana per il 26° Giir di Mont in programma domenica 29 luglio. Si guarda alla gara e ai possibili protagonisti. Al femminile ai nastri di partenza Elisa Desco, Ivana Iozzia, Silvia Rampazzo, trionfatrice a Premana nel 2017, e Barbara Bani, azzurre ‘mondiali’ lo scorso anno. Con loro Charlotte Morgan, l’inglese campionessa mondiale in carica sulle lunghe distanze, Maite Maiora, al debutto premanese, e Denisa Dragomir, amatissima e già vincitrice al Giir. Le outsider potrebbero essere la giovanissima Freya Orban, svedese del Team Salomon, oppure la messicana Luisa Vasquez.
Si prospetta un Giir di Mont di altissimo livello tecnico anche per quanto riguarda la prova maschile partendo dai campioncini di casa Davide Lino Invernizzi, vincitore della gara open dello scorso anno, e Mattia Gianola, il premanese più quotato attualmente. Parlando di Valsassina e dintorni, saranno della partita anche il campione di winter triathlon Daniel Antonioli ed il lecchese Danilo Brambilla, dominatori della scena locale in primavera. Non mancheranno nemmeno la giovane promessa Roberto Delorenzi, William Boffelli e i gemelli livignaschi Thomas e Nicolas Bormolini. Ad alzare ulteriormente il livello ci saranno anche altri personaggi che già hanno fatto molto bene in questo avvio di stagione: Gil Pintarelli, Filippo Bianchi, già azzurro in Polonia, l’intramontabile Ricardo Mejia, Ismail Razga, capace di salire sul podio al Giir nel 2015, Jean Baptiste Simukeka. Chiusura infine con i nomi più attesi: Ionut Zinca, vincitore a Premana nel 2013, non al top della forma ma sempre protagonista quando si tratta di sfilare fra gli alpeggi lecchesi, e ancora Aritz Egea e Cristian Minoggio, autentico dominatore delle prove disputate in Italia quest’anno.


Bargiel nella storia, è il primo a sciare il K2

Il polacco Andrzej Bargiel ha sciato ieri il K2 dalla vetta al campo base, a quota 5000 metri per un totale di 3.600 metri di dislivello. Un'impresa mai riuscita a nessuno. Bargiel è partito alle 8 di mattina per arrivare alle 16 circa, ora italiana, con uno stop forzato al campo 4 a causa della visibilità. La via seguita è quella dello Sperone degli Abruzzi, Collo di Bottiglia, via Cesen, via Messner e via Kukuczca-Piotrowski. La maggiore difficoltà, come dichiarato dallo stesso Bargiel prima dell'impresa, non è stata tanto la neve in quota, ma avere le giuste forze e la lucidità per sostenere lo sforzo di una discesa difficile a quelle quote. Bargiel ha utilizzato la salita come ricognizione per la discesa ed era già stato sul K2 l'anno scorso, senza riuscire a sciarlo. Nel suo palmarès ci sono le discese della cima centrale del Shisha Pangma, quella del Broad Peak e il Leopardo delle nevi più veloce della storia (la salita delle vette più alte dell'ex Unione Sovietica) in 30 giorni. Bargiel ha anche un passato da scialpinista con un nono posto alla Pietra Menta e un decimo alla Patrouille des Glaciers. Il K2 ha visto la morte nel 2010 dello svedese Fredrik Ericsson, che era riuscito a sciarlo da quota 7.800 metri, negli anni precedenti i tentativi, tra gli altri, di David Watson e Hans Kammerlander, nel 2011 quello di Luis Stitzinger, ma nessuno era mai riuscito a sciare il K2 dalla cima. Ecco il commento sull'impresa pubblicato dal nostro collaboratore Emilio Previtali su Facebook:

Ieri il polacco Andrezj Bargiel ha sciato dalla cima del K2 chiudendo con la sua discesa l'era pionieristica dello sci in altissima quota. Oggi ne leggeremo sui giornali e anche su qualche quotidiano, probabilmente per qualche ora o per qualche giorno lo sci sulle grandi montagne della terra farà parlare di sé, prima di tornare nuovamente nel dimenticatoio della cronaca alpinistica. Per molti appassionati di montagna (anche quelli che in montagna non ci vanno quasi nemmeno e sono invece appassionati dalla cronaca o dalla storia dell'alpinismo e delle imprese, soprattutto quelle del passato) è difficile comprendere il senso profondo di una attività del genere. Per molti l'idea di salire su una montagna di 8000 metri con l'intento di sciarla è priva di senso. Un vezzo stupido, una sfida da clown del circo degna al massimo del Guinnes dei Primati. Sono in pochi a comprendere la dedizione e il coraggio, l'impegno necessario per tentare di realizzare un progetto del genere. Sciare una montagna di 8000 metri è un progetto complicatissimo. Andrezji ha senz'altro il merito di avere approcciato il K2 con determinazione e di avere applicato una serie di soluzioni che rappresentano nella sostanza lo stato dell'arte dello sci ripido, dell'alpinismo in alta quota e della tecnologia oggi disponibile. Ha lavorato con metodo alla scelta della sua linea (che è la combinazione di tre itinerari), alla messa a punto dei materiali, alla strategia di scalata e alla composizione del suo team. In modo innovativo ha effettuato le ricognizioni della via con l'ausilio di un drone. Ma più di tutti probabilmente, più di tutti gli altri che ci hanno provato o che avrebbero voluto farlo, ha creduto nel suo sogno. Anche se alcuni 8000 restano ancora in attesa della prima discesa integrale o della prima senza l'uso dell'ossigeno, da domani lo sci sulle più grandi montagne della terra entra in una nuova era, che non sarà più quella della conquista ma quella della difficoltà, in fondo è la storia stessa dell'alpinismo che si ripete. La meta sarà la via e lo stile utilizzato e non più la cima e la discesa, Marco Siffredi all'Everest con il suo tentativo di discesa all'Hornbein Couloir ci aveva già proiettato in quest'epoca con quasi quindici anni di anticipo. Poi le cose sono andate come sono andate, lo sapete tutti come. Io, nel mio piccolo, sono contento di appartenere alla piccola schiera di pionieri e sognatori che hanno tentato di lasciare la loro effimera traccia su questi giganti. Molti dei miei amici sognatori se ne sono andati strada facendo e vorrei, prima che da dopodomani lo sci sulle montagne di 8000 metri ritorni nel dimenticatoio, ricordarli almeno con un pensiero. Mi mancano, i miei amici. Dentro di me la loro perdita ha creato un vuoto che mi porterò dietro per sempre. Sono certo che oggi, ovunque essi siano, grazie alla discesa di Andrezj, hanno sorriso anche loro. Poi vorrei ricordare gli altri (almeno 3) italiani che hanno tentato di sciare sul K2: Hans Kammerlander, Edmond Joyeusaz e Michele Fait che perse la vita nel 2009 sciando sulla via Cesen. Voglio anche aggiungere che mai come in questi anni ci sono in attività un grandissimo numero di sciatori-alpinisti italiani che hanno realizzato discese bellissime e di grande stile in tutto il mondo, le ultime della lista quelle di Enrico Mosetti alla Carolina Face in Nuova Zelanda e quella recentissima di Cala Cimenti e Matthias Koenig al Laila Peak, una delle montagne esteticamente più belle del pianeta. Io conservo sempre il sogno di aprire SportWeek o la Gazzetta un giorno e continuare a sognare leggendo delle loro avventure. Intanto per Andrezj, hip-hip-hurrà.


Bernard Dematteis ed Elisa Desco campioni italiani di corsa in montagna

Edizione indimenticabile oggi per la Tavagnasco-Santa Maria Maddalena ai Piani, la numero 67 della sua lunga vita. La gara assegnava infatti i titoli italiani di corsa in montagna per il 2018, oltre a essere prova del Trofeo EcoPiemonte e dell’Eolo Mountain Classic Cup.

SENIOR UOMINI - Due pezzi di storia s’incontrano: Tavagnasco e Bernard Dematteis. Per il trentaduenne cuneese della Val Varaita, portacolori della bresciana Corrintime, la vittoria di Tavagnasco consegna per la sesta volta il titolo di Campione Italiano di corsa in montagna e questo è un record destinato a durare per chissà quanto tempo. Per Berny, fresco campione europeo per la terza volta, un crono finale di 56’10” in una gara condotta in testa fin dalla partenza. E sul podio con lui salgono Francesco Puppi in 56’49” e secondo nella classifica di campionato italiano, e la sorpresa di giornata, Nadir Cavagna in 57’01”. Completano la top ten l’altoatesino Hannes Perkmann, il keniano Dennis Kiyaka, Martin Dematteis, Alessandro Rambaldini, Cesare Maestri, il valdostano Henri Aymonod che così si aggiudica il titolo italiano Promesse e Massimo Farcoz. «Sono contento di aver corso a Tavagnasco e della mia vittoria - ha detto Bernard Dematteis -. È il mio sesto titolo italiano e ho superato il record di Fausto Bonzi. E dedico questa vittoria alla mia ragazza, Samantha Galassi anche lei in gara oggi».

SENIOR DONNE - La spunta il talento della britannica Emily Collinge dell’Atletica Alta Valtellina, già vicecampionessa del mondo nel 2015 e campionessa europea nel 2016, che mette in fila la avversarie in 1h05’20”. Alle sue spalle è lotta per le posizioni nobile del podio e soprattutto per il titolo italiano, che va alla cuneese trapiantata in Valtellina Elisa Desco compagna di squadra della Collinge, seconda in 1h09’15”, ma prima per la classifica del campionato italiano, cosa che le consente di superare Gloria Giudici, terza al traguardo di Tavagnasco in 1h09’59” e seconda nella classifica tricolore. La top ten di giornata è completata nell’ordine da Erica Ghelfi, l’astigiana rivelazione di questa stagione, Valentina Belotti l’icona della corsa in montagna al femminile, Emma Quaglia, Lorenza Beccaria, che si aggiudica il titolo italiano Promesse, Elisa Compagnoni, Katarzyna Kuzminska e Chiara Giovando «Oggi è stata una bella sorpresa - ha detto Elisa Desco -. Non mi aspettavo di vincere il titolo italiano a Tavagnasco. Sto riprendendo dopo la seconda maternità e questo è un risultato importante. La gara è dura e si addice alle mie caratteristiche, dove si alternano i tratti corribili a quelli duri».

JUNIOR DONNE - Reduce dalla vittoria nel Campionato Europeo in Macedonia e dal successo nella prima prova di Saluzzo, la trentina Angela Mattevi dell’Atletica Valle di Cembra fa filotto e in 44’19” conquista Tavagnasco e il titolo di Campionessa Italiana Junior di corsa in montagna. Sul podio le fanno compagnia in seconda posizione Alessia Scaini in 46’10”, che le vale l’argento tricolore, e Linda Palumbo 3a in 48’03”, 4a Gaia Colli che diventa così il bronzo del Campionato Italiano.

JUNIOR UOMINI - È Giovanni Rossi del Lanzada, già leader a Saluzzo, a conquistare la vittoria di Tavagnasco in 40’11” con la relativa maglia di Campione Italiano, alle sue spalle Alessandro Mello Rella, seconso in 41’19” con Isacco Costa sul terzo gradino del podio in 41’54”. Podio tricolore che dopo l’oro a Giovanni Rossi assegna l’argento e il bronzo rispettivamente a Dionigi Gianola e Alessandro Mello Rella.

 

Classifiche Campionato Italiano corsa in montagna 2018

Junior Femminile

1) Mattevi Angela – Atl. Valle di Cembra

2) Alessia Scaini – Atl. Saluzzo

3) Colli Gaia – Apd Pont Saint Martin

 

Junior Maschile

1) Rossi Giovanni – AS. Lanzada

2) Gianola Dionigi – Premana

3) Mello Rella Alessandro – Atl. Saluzzo

 

Promesse Femminile

1) Beccaria Lorenza – Atl. Saluzzo

2) Francesca Ghelfi – SS. Vittorio Alfieri

3) Cecilia Basso – GS. Orecchilla Garfagnana

 

Promesse Maschile

1) Aymonod Henri – Corrintime

2) Bonzi Matteo – Valle Brembana

3) Bottarelli Davide – Valtrompia

 

Senior Femminile

1) Elisa Desco – Atl. Alta Valtellina

2) Giudici Gloria – Free Zone

3) Quaglia Emma – Cambiasso Risso

 

Senior Maschile

1) Dematteis Bernard – Corrintime

2) Puppi Francesco – Valle Brembana

3) Dematteis Martin - Corrintime


Doppietta norvegese alla DoloMyths Run Skyrace

Sabato sera la presentazione degli atleti top sotto la pioggia; solo domenica mattina, una decina di minuti prima della partenza, la decisione definitiva: la DoloMyths Run Skyrace andrà in scena sul percorso ‘storico’, quello della Dolomites per intenderci, 22 km e 1.950 metri di dislivello, soprattutto con il passaggio sul Piz Boè. Spunta alla fine anche il sole, ma le temperature non sono proprio estive: una decina di gradi solo a Passo Pordoi, cinque ai 3.152 metri del punto più alto della gara.

DOPPIETTA NORVEGESE (E SALOMON) - Una gara che ancora una volta regala emozioni. Il norvegese Stian Angermund Vik arriva per primo sul Passo Pordoi, poi preferisce salire in coppia con il connazionale Stian Aarvik verso Forcella Pordoi. Ma allunga ancora e lo Stian più giovane viene raggiunto da Nadir Maguet e Davide Magnini. In discesa il Mago allunga e si porta dietro Stian Aarvik, mentre Magnini in discesa accusa un po’ un dolore alla schiena che lo tormenta in queste settimane. I due raggiungono il battistrada, ma Stian Angermund Vik quando li vede vicini, cambia letteralmente passo, allunga e non lo prendono più. 2h01’18, il tempo a Canazei del portacolori del Team Salomon, battendo anche il ‘cinque’ ai tanti spettatori sul traguardo. Piazza d’onore per l’altro atleta Salomon, Stian Aarvik (2h02’53”), terzo Nadir Maguet, del Team La Sportiva in 2h03’26”. Quarto Davide Magnini, quinto il britannico Finlay Wild, quindi gli svizzeri Pascal Egli e Martin Anthamatten, un ottimo Mattia Gianola, lo svedese Petter Engdahl e lo scozzese Ross Gollan a completare la top ten.

LA REGINA È SEMPRE LEI - Laura Orguè Vila cala il poker a Canazei, e la terza vittoria consecutiva dopo i successi del 2016 e 2017. In gara le dicono ‘sei dolomitica’ e lei al traguardo lo vuole ricordare: ’Sì, questa è proprio la mia gara’. All’attacco in solitaria dall’inizio alla fine: 2h28’54” per la portacolori del Team Salomon. Alle sue spalle piomba Hillary Gerardi che in discesa recupera e passa le sorelle svedesi El Kott Helander: terza è Sanna, quarta Lina. Quinta la britannica Holly Page, quindi nelle prime dieci la sudafricana Megan Mackenzie, la basca Oihana Azkorbebetia, la rumena Ingrid Mutter, la prima azzurra Martina Valmassoi e la catalana Claudia Sabata Font.

L'arrivo di Laura Orgué

Hardrock 100 a Browning, ma pesa la squalifica di Thévenard

È stata una Hardrock 100 piena di colpi di scena. La grande classica ultra statunitense infatti ha visto ieri la vittoria di Jeff Browning ma anche la squalifica del leader Xavier Thévenard al km 145 quando ai avviava verso la vittoria con quasi 90 minuti di vantaggio. Il francese infatti sarebbe stato sorpreso a ricevere acqua e ghiaccio due miglia dopo la stazione di rifornimento di Ouray al km 69.

Il comunicato ufficiale dell’organizzazione non lascia spazio a dubbi: «Dopo attenta considerazione, investigazione dei fatti e conversazione con le parti in causa è stato confermato che Xavier è stato incontrato a due miglia da Ouray e ha ricevuto acqua e ghiaccio (…) se la violazione è chiara e inequivocabile, non crediamo che sia stata fatta in cattiva fede e invitiamo Xavier a tentare la lotteria per le prossime edizioni della Hardrock».

La versione di Xavier, che aveva come pacer il vincitore della Diagonale des Fous 2017, Benoit Girondel, non si è fatta attendere. Dalla sua pagina Facebook Thévenard ammette i fatti, ma non nasconde la grande delusione e la sproporzione della sanzione. «Poco dopo Ouray – scrive Thévenard – abbiamo incontrato i nostri compagni che ci facevano assistenza in quanto il mio solito staff non c’era e scambiato due chiacchiere, mentre parlavamo, senza pensarci, abbiamo bevuto un sorso d’acqua e preso una manciata di cubetti di ghiaccio, il tutto alla luce del sole, senza nasconderci e davanti ad altre persone: non ne avevamo bisogno visto che due miglia prima ci eravamo fermati al rifornimento. 600 km di allenamento da gennaio, 15.000 km d’aereo, un investimento enorme… sono a pezzi, non ho mai voluto barare e non esiste una sanzione precisa per il rifornimento fuori dalle stazioni, trovo questa sanzione smisurata, una o due ore di penalità perché no, ma così è troppo ingiusto». L’edizione on-line del quotidiano sportivo francese L’Équipe scrive: «È indubbiamente una applicazione molto severa del regolamento (…) per esempio se anche all’UTMB i rifornimenti fuori stazione sono vietati, il summit mondiale del trail punisce l’infrazione con un’ora di penalità».

Squalificato il francese, la vittoria è andata al quartaseienne Browning in 26h20’22’’, alla sue trentaduesima cento miglia: «Non avrei voluto vincere per la squalifica di un altro concorrente, ma è così» ha scritto un un post su Twitter . Secondo Jeff Rome 26h34’34’’, terzo Troy Howard in 27h09’34’’. Tra le donne successo di Sabrina Stanley in 30h23’38’’ su Nikki Kimball in 32h18’20’’ e Darla Askew in 32h52’30’’.


Mastrotto e Pretto vincono la Trans d'Havet

Meteo protagonista alla Trans d’Havet. La pioggia torrenziale e qualche fulmine non hanno tuttavia fermato i quasi 700 iscritti che si sono dati battaglia sui due tracciati Ultra (80 km e 5.500 m D+) e Marathon (40 km e 2.500 m D+).

ULTRA TRAIL UOMINI - Partenza ritardata di qualche minuto a Piovene Rocchette per evitare la furia del temporale. Alla luce delle pile frontali Roberto Mastrotto (Team La Sportiva) ha messo da subito le cose in chiaro: ha impostato l'andatura e si è messo a fare la lepre per segugi del calibro di Yanez Borella, Alessio Zambon (Summano Cobras) e Filippo Dal Maso (Faizanè Runners Team). A Passo Xomo il distacco tra Mastrotto e Borella era già di 8', 18' da Zambon. Il runner di Fai della Paganella teneva il passo e a Campogrosso non perdeva terreno, cosa che invece era costretto a fare Zambon, vedendo il divario dal lanciato Mastrotto crescere fino a 27'. Sull'aspra salita a Cima Carega e al Rifugio Fraccaroli Mastrotto ingranava il turbo, lanciando poi una gran discesa sul Rifugio Fraccaroli e presentandosi al check point di Sella del Campetto con un abisso tra sé e Borella: 40'. Recuperava nel frattempo un bel po' di strada Zambon, dietro di solo un minuto a Campetto, rispetto al passaggio registrato da Borella. Se tra i due c'era ancora lo spazio per qualche flebile tentativo di attacco, per il portacolori di casa La Sportiva il successo era ormai scritto. Sul traguardo valdagnese Mastrotto fermava il cronometro a 9h37’32’’, sigillando anche l'obiettivo postosi alla vigilia della competizione. Solo giovedì scorso, infatti, aveva dichiarato di voler tentare di rimanere sotto le 10 ore, anche solo per pochi secondi. Per accogliere alla finish line Borella si dovevano a quel punto attendere ben 43'. Altri tre minuti dopo arrivava anche un esausto Zambon.

ULTRA TRAIL DONNE - Nella lunga al femminile Francesca Pretto aveva una e una sola avversaria da temere più di tutte: Alessandra Boifava (Ultrabericus Team Asd), la vicentina che con il quarto posto conquistato in casa Ultrabericus a marzo si era aggiudicata il biglietto per il mondiale di Spagna. Ma dalla sua la Pretto aveva un titolo, quello 2017, da difendere a denti stretti. E così ha fatto, facendo subito capire che non ci sarebbero stati sconti per nessuno. A Passo Xomo il distacco era di poco sotto i 10', destinato però a ridursi ad un solo minuto al transito a Campogrosso. La Pretto metteva allora il 4x4 sulle asperità di Bocchetta Fondi e del Vallone di Campobrun, riuscendo a scucire un ulteriore vantaggio che la allontanava dai possibili attacchi della Boifava. Ma si sa, in gara non si molla un metro finché non si è alla fine, e così deve aver pensato Alessandra Boifava che tenendo nel mirino la fuggitiva Pretto si rifaceva sotto riducendo a 3' il distacco nei chilometri finali, non sufficiente però a giocare il balzo decisivo. Alla finish line, così, la reginetta 2017 riconfermava il titolo lasciando in argento Alessandra Boifava. A giocarsi a quel punto il terzo posto se la vedevano in un batti e ribatti, l'atleta del G.S. Atl. Dil. Lib. Piombino Dese, Alessandra Olivi e l'austriaca Marina Trimmel (Union St. Polten Leichtathletik). Era però quest'ultima ad avere la meglio sulle pendenze verso Cima Carega e nel lungo saliscendi verso Sella del Campetto e poi nella picchiata su Valdagno andava a sigillare il suo nome sul terzo gradino del podio.

MARATHON UOMINI - Poteva essere una gara scontata per un atleta del calibro del campione italiano in carica della specialità trail lungo, Stefano Fantuz (SSR La Colfranculana), super favorito alla vigilia della competizione. Non aveva però fatto i conti con un giovane come Alberto Ferretto (ASD Skylakes) che fino all'ultimo lo ha messo sotto pressione. Alla partenza da Pian delle Fugazze e in salita a Campogrosso, il primo che ha provato ad impensierire l'azzurro è stato l'uomo del SBR Team, Ruggero Pianegonda, messosi sulla sua scia. Ma la scalata a Cima Carega sa fare una selezione spietata. È così che Ferretto metteva la freccia per il sorpasso, lanciandosi all'inseguimento di Fantuz. A Sella di Campetto i due erano staccati di appena 2 minuti, ma in discesa Fantuz mollava il freno e si involava verso Valdagno macinando quei metri preziosi a cui un ormai provato Ferretto non poteva più tenere testa. 4h15’04’’ il tempo finale per Fantuz, 6'23” davanti a Ferretto e oltre 16' davanti a Pianegonda.

MARATHON DONNE - Buona la prima anche per la portacolori del team United Trail&Running, Lucia Forte che si è aggiudicata il gradino più alto del podio nella gara di 40 km a tinte rosa. La sua è stata una prova condotta sempre davanti a tutte le avversarie, che tuttavia non si sono date per vinte fino in fondo, con Silvia Dalla Costa, Cristina Guasina, Claudia Thoma e Mary Boschetto che si sono gettate all'inseguimento. Sulla salita al Rifugio Fraccaroli e nella successiva discesa verso Sella di Campetto la coppia Thoma-Boschetto sembravano averne un po' più delle altre e impostavano la giusta tecnica per arrivare al traguardo. Lucia Forte aveva però scavato un fossato fin troppo profondo da valicare con un balzo e così le due inseguitrici erano costrette a spartirsi gli ultimi due posti rimasti liberi. Ad avere la meglio era la Boschetto che infilava così il gradino d'argento, lasciando alla Thoma il terzo posto, rispettivamente con i tempi di 5h37’16’’ e 5h46’17’’.