Dare nuova vita a uno sci o piantare un albero per ogni attrezzo prodotto?

Il riutilizzo è il modo più nobile di non far finire prodotti usati in discarica o nell'inceneritore. Più del riciclo dei materiali. Se poi questo teorema viene applicato agli sci che - nonostante i progressi in materia - sono difficilmente riciclabili perché non semplici da disassemblare, il gioco è ancora più divertente. Ed è quello che da anni fa il marchio polacco Majesty con il progetto Skis Re // Defined. In pratica i clienti vengono invitati a non buttare via gli sci che non usano più e a inviarli ad artisti i cui progetti sono stati preventivamente selezionati. I prodotti realizzati con gli sci usati vengono poi premiati da una giuria. Il vincitore della terza edizione, Adam Kabanski, ha realizzato una fotocamera stenopeica con i vecchi sci, mentre, tra i progetti con menzione, c'è anche una lampada abat-jour di Mikołaj Kontraktowicz. Tra le altre proposte, attaccapanni, una lampada con ventola (che ha vinto l'Audience Award), tavolini, sedie. 

Skis Re // Defined (le candidature per la prossima edizione sono state da poco chiuse) non è l'unica iniziativa di Majesty a favore dell'ambiente. Skis 4 Trees prevede che, per ogni sci acquistato, Majesty pianti un albero a nome dello sciatore. Nella sola primavera del 2024 ne sono stati piantati 11.000. L'azienda calcola che per la produzione di uno sci servano circa 0.09 metri cubi di legno, tutto proveniente da foreste di pioppo e di frassino certificate FSC.

https://majestyskis.com/en/


Ad Annecy una convenzione per provare a progettare in modo sostenibile le Olimpiadi Invernali del 2030

Dal 5 all’8 luglio 2025 ad Annecy, in Alta Savoia, si è tenuta la prima Convention Citoyenne Olympique (CCO), un esperimento democratico senza precedenti promosso da Protect Our Winters France con il sostegno di numerosi partner europei. L’obiettivo: coinvolgere direttamente la cittadinanza nella valutazione e co-progettazione dei Giochi Olimpici Invernali del 2030, che la Francia si prepara a ospitare sulle Alpi. 

Una convenzione cittadina per le Alpi e il clima 

La scelta di Annecy non è casuale: situata nel cuore dei territori interessati dai Giochi Invernali del 2030, rappresenta uno snodo chiave per le comunità montane coinvolte. La Convention si è svolta nel contesto dell’aggravarsi della crisi climatica nei territori alpini - dove il surriscaldamento globale procede molto più rapidamente rispetto alla media globale - e della crescente consapevolezza che i grandi eventi sportivi non possono più essere progettati ignorando gli impatti ambientali e sociali. Organizzata in tre fine settimana di lavori collettivi, la prima sessione della CCO ha riunito cinquanta cittadine e cittadini estratti a sorte tra i residenti dei territori alpini francesi. Accompagnati da scienziati, attivisti, rappresentanti istituzionali e tecnici, i partecipanti hanno iniziato un percorso di formazione, confronto e deliberazione finalizzato a formulare raccomandazioni concrete e vincolanti per una gestione sostenibile dei Giochi 2030. 

I temi e le attività: conoscenza, confronto, proposta 

I lavori del weekend si sono articolati attorno a diversi moduli tematici. Si è iniziato con un approfondimento su clima e biosfera, che ha offerto una cornice scientifica condivisa sui principali processi del cambiamento climatico, sia su scala globale che locale, con un’attenzione particolare al contesto alpino e alle sue fragilità. Si è poi discusso dello stato di salute delle Alpi francesi, Un ulteriore spazio è stato dedicato all’analisi degli impatti delle precedenti edizioni dei Giochi Invernali - in particolare Grenoble 1968 e Albertville 1992. per trarne un bilancio, sia in termini ambientali che socio-economici. 

 

© archivio Hans Kammerlander

La case history Milano-Cortina 2026

Infine, POW Italy ha presentato il caso studio di Milano-Cortina 2026, raccontando le criticità emerse nel percorso italiano. In particolare, durante l’intervento sono state raccontate le attività del comitato Open Olympics, un collettivo composto da più di venti associazioni di respiro nazionale, tra cui POW Italy, nato per chiedere piena trasparenza dei giochi olimpici invernali. Inoltre, è stata riportata l’esperienza dei Walkscapes, una  progettualità di POW Italy consistita in due incontri in presenza a Rasun Anterselva e Cortina D'Ampezzo con le comunità che ospiteranno i prossimi giochi invernali. È proprio tramite l’attività dei Walkscape che i rappresentanti di POW Italy hanno potuto farsi portavoce delle riflessioni emerse durante gli incontri sul territorio. Le principali problematiche emerse sono state la mancanza di trasparenza, l’assenza di valutazioni ambientali su molte opere e la scarsa inclusione delle comunità locali nei processi decisionali. 

Quella della partecipazione alla CCO è stata l’occasione perfetta per consegnare ufficialmente ai colleghi di POW France e ai rappresentanti del Comitato organizzatore delle prossime Olimpiadi Invernali francesi il position paper di POW Italy sulle Olimpiadi prossime allo svolgersi nelle Alpi italiane, dal titolo Milano-Cortina 2026: un’opportunità mancata, in cui viene analizzata criticamente l’esperienza italiana per trarne lezioni utili alle future edizioni, a partire da quella prevista nelle Alpi francese. 

«L’esperienza di Milano-Cortina ha mostrato i limiti di un approccio top-down - ha detto Giorgia Garancini, coordinatrice generale di POW Italy - Abbiamo visto come processi decisionali opachi e l’assenza di valutazioni ambientali adeguate possano compromettere la sostenibilità a lungo termine degli eventi. In Francia abbiamo trovato un terreno fertile per riflettere su un’alternativa possibile e concreta. Come advocates per la giustizia climatica, il nostro compito è trasformare l’esperienza vissuta in proposta politica. La Convention di Annecy ci ha dimostrato che un altro modo di costruire le Olimpiadi è non solo possibile, ma necessario».


Centosettanta corsi estivi con le Ortovox Safety Academy

La Ortovox Safety Academy è una delle più note e apprezzate iniziative formative per le attività di montagna, tanto da essere diventata negli anni uno standard internazionale di riferimento per gli appassionati. La sua offerta diversificata comprende i corsi pratici in ambiente in trentacinque scuole di alpinismo e arrampicata in Europa, la piattaforma digitale per l'auto istruzione Safety Academy Lab, e le Guide Book, pratici libretti in formato tascabile per apprendere le nozioni di base sulla sicurezza in montagna e da portare sempre con sé.
L'offerta delle Ortovox Safety Academy per la stagione estiva comprende centosettanta corsi di cui oltre ottanta sul territorio italiano, suddivisi in tre tematiche: alpinismo su ghiacciaio, alpinismo su roccia, arrampicata. Le scuole di Guide alpine che effettuano i corsi Ortovox Safety Academy sul territorio italiano sono Peakshunter Mountain Guides (Valle d’Aosta), Mountain Evolution (Abruzzo), Ossola Outdoor School (Piemonte), Alpine Days Mountain Guide (Trentino), Alp Experience (Lombardia), Oltre La Verticale (Lombardia) e Südtirolalpin (Alto Adige).

Mountaineering Basic

Corso base di alpinismo su roccia, dedicato a chi vuole avvicinarsi ai percorsi alpinistici classici su roccia o in cresta, tecnicamente facili ma in un vero ambiente di alta montagna. Il corso parte dalle tecniche di progressione nell'arrampicata per scalare anche con gli scarponi da alpinismo. Vengono trattate le tecniche di corda per la progressione a tiri di corda e a corda corta, a posizionare le protezioni veloci e allestire le soste. Verrà trattato l’argomento della corretta pianificazione degli itinerari, analizzati i pericoli oggettivi che presenta la montagna di media e alta quota e insegnato come gestire le variabili e l'emergenza.
Quando: da luglio a settembre
Dove: Abruzzo, Valle d'Aosta (area Monte Bianco), Piemonte, Trentino 

High Alpine Touring Basic

Corso di alpinismo su roccia e su ghiacciaio, per imparare a conoscere l'attrezzatura, le legature, la progressione della cordata e le tecniche di cramponage. Oltre all'utilizzo corretto di corda, piccozza e ramponi, il corso ha l'obiettivo di insegnare a orientarsi in modo autonomo sui ghiacciai grazie alla corretta interpretazione del terreno. Per una pratica responsabile vengono introdotte le basilari tecniche di autosoccorso, di intervento in caso di caduta e le tecniche di arresto. Alcune materie teoriche sviluppate in rifugio quali la meteorologia, la topografia e l'uso di applicazioni e strumenti vengono utilizzate per la pianificazione dell'escursione.
Quando: da luglio a settembre
Dove: Abruzzo, Valle d'Aosta (area Monte Bianco), Lombardia, Piemonte e Trentino (Dolomiti)
Durata: 3 o 4 giorni
Livello: per principianti e per aggiornamento

Climbing

Corsi di arrampicata disponibili in tre diversi livelli - Basic (dalla palestra indoor alla falesia), Advanced (arrampicata multipitch), Alpine Climbing (vie alpinistiche) - con un programma specifico per ognuna delle attività che include le tecniche base dell’arrampicata, la pianificazione delle vie, i nodi, le tecniche di sicurezza, la costruzione delle soste e la discesa in corda doppia. I corsi di arrampicata per principianti e progrediti sono finalizzati a trasmettere tutte le conoscenze fondamentali per praticare questa disciplina in sicurezza, con l'obiettivo di ridurre i rischi ed evitare possibili situazioni di emergenza.
Quando: da luglio a settembre
Dove: Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Abruzzo
Durata: Basic, 1 giorno; Advanced, 2 giorni; Alpine Climbing, 3 giorni
Livello: da principiante a esperto a seconda del corso

La panoramica completa sui corsi è sempre aggiornata nella pagina dedicata del sito internet di Ortovox.

© Max Draeger

Hans Kammerlander e quella salita e discesa con gli sci dell'Everest da record

© archivio Hans Kammerlander

 

Il 3 maggio 1996 un uomo scende dalla vetta della montagna più alta del mondo. Più precisamente sul versante tibetano. È la prima discesa con gli sci dalla cima dell'Everest, anche se dovrà toglierli in un tratto per mancanza di neve. Hans Kammerlander è passato alla storia come il primo uomo a sciare il tetto del mondo. Ci avevano già provato in diversi, tra i quali Afanassieff e Jaeger nel 1978 e Tardivel nel 1992, tutti sul versante nepalese. Ma nessuno riuscì a partire dalla vetta ed erano stati aiutati dall'utilizzo delle bombole di ossigeno. Dopo di Kammerlander ci proverà lo sloveno Davo Karničar, nel 2000, riuscendo ad arrivare fino al campo base del versante nepalese senza togliere gli sci. Kammerlander ha fatto registrare il record (mai battuto) di salita dal versante tibetano, di 16 ore e 45 minuti, chiudendo salita e discesa in meno di 24 ore, senza ossigeno. 

L'alpinista altoatesino compagno di Messner su sette ottomila è tornato sulla sua discesa in occasione dell'incontro Alpinismo di Vita, organizzato da Sport Specialist nel negozio di Bevera (LC) lo scorso 9 luglio. Insieme a lui anche l'alpinista polacco Krzysztof Wielicki  e Simone Moro. «Per la salita ho puntato sulla massima leggerezza possibile, pensando ad arrivare in vetta senza fermarmi ai campi: l'obiettivo era di provarci se le condizioni fossero state favorevoli oppure di rinunciare lungo il percorso, però così ho potuto evitare di portare tenda, sacco a pelo e altra attrezzatura che avrebbe reso molto più pesante lo zaino». Kammerlander ha svelato che il peso dello zaino era di poco inferiore ai cinque chili inclusi gli sci e che la percentuale più alta era dovuta ai liquidi. «Quando sono arrivato in cima ero stanchissimo e il momento in cui ho visto le punte degli sci sporgere oltre la cresta è stato probabilmente il più intenso della vita». La discesa richiederà circa sei ore. «Non è stata proprio una sciata, ma una scivolata a valle con gli sci, a causa delle condizioni e della stanchezza» ha ammesso Kammerlander, che ha ricordato anche la sua discesa dal Nanga Parbat nel 1990. «Ho sempre pensato a sciare gli ottomila ma finché ero il compagno di Messner era impossibile perché lui non era uno sciatore ed era il capo spedizione, così quando Reinhold ha raggiunto il suo obiettivo, ho iniziato ad andare in Himalaya con gli sci». 

Kammerlander, già Maestro di sci, è arrivato allo sci ripido ispirandosi a Heini Holzer. Dopo l'Everest scierà anche su altre nevi himalayane: quelle del Broad Peak da quota 7.000; quelle del Kangchenjunga da quota 7.500; quelle del K2 nei primi 400 metri dalla vetta. Rimane ancora qualcosa da inventarsi per il futuro? «Ci sarebbe da provare a sciare tutti i 14 ottomila, ma è difficilissimo perché se cadi non soffrirai mai più di mal di denti» ha concluso Kammerlander.

 


Esoscheletri: il futuro del trail running?

Avete presente quando arrivarono le e-bike e in molti pensarono: «Mai userò una bici elettrica!»? Poi le abbiamo visti spuntare nei rifugi, tra gli amatori, i professionisti del settore e… ci siamo abituati. Oppure i più recenti sci elettrici per lo scialpinismo che hanno fatto molto parlare di loro.
Ecco, ora immaginate un dispositivo che fa lo stesso, ma con le gambe. Si chiama Hypershell, ed è un esoscheletro pensato per l’escursionismo, il trekking e il trail running. Sì, avete capito bene: trail running assistito.

Un esoscheletro per la montagna
Hypershell è piccolo, leggero (meno di 2 kg), si indossa come un'imbragatura e ha un motore elettrico da 800 W in grado di aiutarti in salita, aumentare la tua efficienza in piano e persino proteggere le articolazioni in discesa. Può arrivare ad alleggerire lo sforzo come se ti togliessero uno zaino da 30 kg dalle spalle. Non è solo una spinta: l’intelligenza artificiale integrata riconosce il tipo di movimento che stai facendo (camminata, corsa, salita, discesa) e adatta l’assistenza in tempo reale. Un po’ come avere un motore elettrico sotto i piedi, ma con il controllo di un algoritmo.

Il trail running è una disciplina meravigliosa, ma dura. Dislivelli, salite spezza fiato e discese che possono provare le ginocchia e i muscoli. Hypershell promette di rendere tutto questo più accessibile, senza togliere il gusto della fatica. Immagina di poter correre più a lungo, risparmiando energie. Oppure di affrontare un weekend in montagna con le gambe ancora fresche per goderti il paesaggio. L’esoscheletro non sostituisce le tue gambe, le potenzia. Certo, all'inizio l’idea di correre con un esoscheletro può sembrare esagerata, o addirittura contro natura. Ma ricordate com’era vedere le prime e-bike sui sentieri?
Anche Hypershell potrebbe la stessa traiettoria: prima curiosità, poi interesse, poi normalità. Magari tra qualche anno li vedremo nei noleggi dei rifugi, nei punti vendita outdoor o nelle fiere di settore.

Attualmente Hypershell è disponibile in tre versioni con prezzi da 999 a 1.799 euro. Non è economico, ma nemmeno proibitivo se paragonato a bici o sci di alto livello. E in futuro? Potremmo vederlo nei trail camp, nei team di corsa in montagna, o usato per il recupero muscolare post-infortunio. Alcuni parchi americani lo stanno già testando per aiutare i ranger nei lavori di manutenzione dei sentieri.

In sintesi: serve davvero?
Forse no. Ma può servire a tanti: chi ha problemi articolari, chi si sta rimettendo in forma, chi vuole spingersi più in là, senza per forza essere un super atleta. È un mezzo, non un trucco. È come usare i bastoncini in salita: non ti fanno vincere, ma ti fanno resistere. E nel trail running, si sa, è la resistenza che fa la differenza.

Se lo vedete sulle montagne, non stupitevi troppo: il futuro del movimento outdoor potrebbe davvero passare da qui. E voi, lo provereste?

 

foto © Hypershell


Mille scarpe per l'Africa

Una scarpa da trail, o da corsa, ce l'hanno tutti. Correre, rispetto ad altri sport, per esempio la bici, è nettamente più economico oltre che semplice. Eppure ci sono Paesi dove anche un paio di scarpe per correre non è scontato. Per esempio Iten, in Kenya, patria di grandi campioni come Eliud Kipchoge, Wilson Kipsang e David Rudisha, meta ogni anno di centinaia di ragazzi e ragazze determinati a trasformare la propria passione per la corsa in una carriera professionistica. La fame non manca, ma spesso sono i mezzi che non ci sono. Ecco perché nel 2017 il documentarista Francisco Grimaldi e il medico-runner Giordano Bravetti hanno creato InYourShoes, per recuperare scarpe da corsa e da trail usate e donarle ai giovani atleti di Iten.

 

 

Ogni anno InYourShoes organizza una spedizione per consegnare direttamente le scarpe raccolte, lavorando a stretto contatto con due importanti realtà locali, la St. Patrick High School e la Sing’ore Girls School, che selezionano giovani meritevoli, sia nello sport sia nello studio. Nel 2024 si è raggiunto il numero record di mille scarpe spedite. Dall'anno scorso a sostenere l'iniziativa c'è Salomon, attraverso la Salomon Foundation. Ma come contribuire? Ognuno può donare le proprie scarpe da trail o da corsa usate ma ancora in buone condizioni e di qualsiasi marca. È sufficiente lavarle in lavatrice, inserire un biglietto con il proprio nome e cognome, il profilo Instagram (facoltativo) e un messaggio per l’atleta che le riceverà (preferibilmente in inglese). Le scarpe possono essere consegnate l’11-12-13 luglio alla Dolomyths Run 2025 presso l’area expo di Salomon in piazza Marconi a Canazei; fino a fine settembre 2025 a Milano presso il nuovo Salomon Store in Porta Nuova – Piazza Gae Aulenti, 4 – o presso il negozio WHY_RUN – Corso Sempione, 6; in uno dei punti raccolta ufficiali riportati nel sito della ONLUS: https://www.inyourshoes.eu/it/progetti/kenya.html#kenya_punti_raccolta

InYourShoes organizzerà un viaggio per la consegna ufficiale delle scarpe e dà la possibilità a chi fosse interessato di partecipare. Le date sono quelle dal 26 ottobre al 5 novembre e ci si può candidare compilando il modulo online.

 


Suunto Run, la prova

È la new entry tra gli orologi sportivi Suunto e si propone, già dal nome, come strumento pensato per chi fa della corsa, in tutte le sue declinazioni, anche il trail running, il proprio mantra. In realtà, oltre il nome e il look fresco e sportivo (belle le versioni lime e coral orange, ma ci sono anche le più discrete all black e frost gray), è un prodotto già abbastanza completo per sportivi e amanti dell’outdoor, che punta sul rapporto qualità/prezzo (249 euro).

Unbox

In confezione ci sono due cinturini in nylon di diversa lunghezza da montare, le istruzioni “get started” per iniziare (il manuale completo è online) e il cavetto USB-C, senza presa. Ci sono anche le istruzioni per montare il cinturino, operazione non così immediata per via della barretta in acciaio sottile che può sfuggire di mano. Il cinturino a strap è comodo e non dà fastidio durante le attività sportive intense. La cassa è in poliammide rinforzata con fibra di vetro, la ghiera in acciaio inossidabile e il cristallo è Gorilla Glass.

User experience

Il diametro è di 46 mm, non troppo piccolo da affaticare la vista, né grande da dare fastidio. Sta bene anche su polsi minuti e pesa solo 36 grammi. Spicca il bel display AMOLED, regolabile su tre diversi livelli di luminosità: si vede bene sempre, anche sotto il sole. L'impostazione di fabbrica prevede l'accensione del display al sollevamento del polso. Lo schermo è touch, l’esperienza è positiva, ma c’è anche la pratica ghiera che spesso risulta più comoda da usare: dipende dalle abitudini. Premendo la ghiera si passa direttamente ai 34 profili sportivi previsti, il tasto inferiore è l’undo, per tornare indietro, quello superiore porta direttamente all’ultima attività sportiva scelta. Suunto Run va abbinato allo smartphone tramite l’apposita app, operazione veloce e semplice. Anche gli aggiornamenti avvengono via app.

Rilevamenti

Suunto Run dispone di cardiofrequenzimetro ottico, pulsiossimetro, altimetro barometrico, bussola digitale. Il cardiofrequenzimetro è molto preciso se utilizzato correttamente. Il cinturino va stretto bene, senza che la cassa possa muoversi, un paio di dita sopra il polso. Durante il test ha avuto qualche incertezza correndo con le braccia basse e senza troppa oscillazione. Lo abbiamo riprovato con il classico movimento delle braccia durante la fase di corsa, ad altezza media e ben mobili, e nel confronto con la fascia cardio i valori sono stati identici, con scarti di massimo un battito al minuto. L’altimetro si è rivelato generalmente affidabile, la quota può essere regolata manualmente (in una situazione tendeva a ritornare quella precedente all’impostazione) o incrociando i dati con quelli del GPS, operazione che può richiedere qualche minuto e spazi aperti.

Sport

Tra i profili sportivi ci sono diverse varianti della corsa (corsa, corsa su pista, trail running, maratona, tapis roulant), non mancano il triathlon, l’escursionismo, il trekking, il ciclismo e la mountain bike. Le attività invernali prevedono sci alpino, sci di fondo e snowboard, ma per il momento non lo scialpinismo. L’orologio fornisce metriche personalizzate in base allo sport scelto. I profili corsa e trail running sono completi e dopo la sessione, aprendo l’app sullo smartphone, si ottengono analisi ancora più dettagliate. Nella sezione allenamento si ritrovano le diverse attività svolte, con itinerario tracciato sulla mappa, possibilità di aggiungere foto o di vedere il video del percorso in 3D. Vengono mostrati 51 parametri. Non mancano FC minima, massima e media, la potenza, le calorie, i carboidrati e i grassi consumati, la cadenza, l’oscillazione verticale, la lunghezza del passo, il tempo di contatto con il terreno, l’andatura media, quella di picco in diversi intervalli temporali, la velocità di ascesa e discesa, il VO2 max stimato. C’è poi la ripartizione della sessione in zone FC, immediatamente visualizzabile anche durante l’attività sul quadrante dell’orologio, grazie a una corona che si colora in base alla zona di andatura. La sezione Suunto Coach dell’app è ben studiata e piena di informazioni e, tramite l’app, si possono impostare allenamenti a intervalli da sincronizzare con l’orologio. Tra le informazioni che Suunto Run e l’app forniscono ci sono anche quelle relative allo stato di recupero, che incrocia i dati della HRV (heart rate variability) e della rilevazione del sonno. Nei dati sul sonno vengono indicati il sonno profondo, il sonno leggero, la fase REM, la concentrazione di ossigeno nel sangue, la HRV media e la frequenza cardiaca minima e media. Nella versione in lingua italiana le due fasi di sonno pesante e leggero (in inglese deep e core) vengono erroneamente tradotte entrambe come “pesante” (immaginiamo che verrà corretta la voce al prossimo aggiornamento del software), mentre sulla app l’indicazione è corretta e c’è anche un testo che analizza la qualità del sonno e una percentuale (più alta è, migliore è stato il sonno). C’è anche un grafico che posiziona le varie fasi nelle fasce orarie della notte. Nella sezione “progresso”, invece, vengono utilizzati il CTL (chronic training load) e il volume dell’allenamento TSS (Training Stress Score), che incrociano diversi parametri trasformandoli in numeri. Nella sezione dedicata al CTL sull’orologio è anche possibile calcolare la propria andatura e i tempi su diverse distanze, fino alla maratona, e la stima dell’andatura e della frequenza cardiaca di soglia anaerobica, oltre all’età sportiva.

Altre feature e navigazione

Tra le altre informazioni disponibili, gli orari di alba e tramonto e le fasi lunari, le condizioni meteo, il lettore multimediale abbinabile alle cuffie, la torcia, la sveglia, il timer. C’è, naturalmente, anche la navigazione, pur in assenza di mappe. In pratica si possono caricare itinerari creati sull’app (operazione semplice grazie al tracciamento automatico e sincronizzazione altrettanto) e poi farsi guidare. La navigazione, grazie anche all’opzione turn by turn, è abbastanza pratica. Nella pianificazione dell’itinerario si possono sfruttare le mappe di calore che rilevano gli itinerari più popolari della zona. Suunto Run riceve i messaggi dello smartphone e ne permette la lettura.

Batteria

I dati dichiarati sono di 12 giorni in modalità smartwatch e di 20 ore con tutti i sistemi attivati e multibanda. I test sul campo sono abbastanza in linea, come sempre con valori un po’ più bassi. Alcune attività, come per esempio l’autoregolazione della quota incrociando i dati con quelli del GPS, tendono a essere energivore in spazi poco aperti che rendono più lunga la ricerca del segnale GPS.

In conclusione

Prodotto dal look piacevole e dalla valida qualità costruttiva, si dimostra completo per chi cerca un orologio affidabile per allenamenti e attività outdoor, pur non avendo le mappe, e ideale da usare nella vita di tutti i giorni. A un prezzo concorrenziale, dettaglio non di poco conto.

suunto.com


Il fine settimana più caldo del trail running

L’ultimo week end di giugno è sempre molto affollato nel calendario del trail running. In Europa ci sono le gare della Laveredo Ultra Trail e quelle della Marathon du Mont Blanc, a Chamonix, mentre in Nord America va in scena la Western States Endurance Run. Negli ultimi anni è stato un fine settimana caldo sotto tutti i punti di vista, anche quello meteo, e il 2025 non è stato da meno. Quello che rimarrà però è soprattutto il ricordo di gare tra le più belle gare degli ultimi anni, con alcuni record di percorso infranti. 

LA SPORTIVA LAVAREDO ULTRA TRAIL BY UTMB: FRECCIA DHIMAN

A Cortina il trono è tutto stars & stripes, con Ben Dhiman e Courtney Dauwalter in copertina. Lo statunitense classe 1992 vince polverizzando il record di percorso di Hannes Namberger di quasi otto minuti. Dopo la vittoria al Gan Raid Ventoux by UTMB, il secondo posto all’Asics SaintéLyon e il terzo alla Diagonale des Fous e la vittoria al MIUT 2024 il runner del team Asics Fuji Trail non può più nascondersi: è uno degli uomini da battere. La regina incontrastata dell’ultra trail, per la prima volta in gara in Italia - se si esclude il tratto italiano dell’UTMB - aggiunge la prova dolomitica, sempre più accreditata nel Grande Slam con le scarpe da corsa, al suo prezioso palmarès. Il caldo impedisce alla statunitense del team Salomon di portare a casa il record della gara, ma poco importa: Courtney rimane la più grande di sempre, anche per la simpatia che sa sucitare nel pubblico. Sul podio della 120k maschile anche Andreas Reiterer, del team La Sportiva, che riuesce a portare a termine la gara dopo anni di sofferenza a Cortina (che non è mancata neppure questa volta). Nelle gare più corte, da segnalare l’exploit della sudafricana Toni McCann nella 50k, che abbassa il record di nove ninuti. Tra gli uomini Francesco Puppi conferma di essere tra i grandi, sfiorando per soli 15 secondi il record, seguito, in un podio tutto italiano, da Luca Del Pero e Alex Oberbacher, che chiude in bellezza la sua prima 50k.

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Ben Dihman assistito dal nostro storico collaboratore e responsabile della sezione Trail della Outdoor Guide, Tommaso Bassa © FB La Sportiva Lavaredo Ultra Trail by UTMB

 

Courtney Dauwalter alle Tre Cime di Lavaredo © La Sportiva Lavaredo Ultra Trail by UTMB

MARATHON DU MONT BLANC: IL RITORNO DI DAVIDE

Dopo la vittoria nel 2019 e due anni difficili, tormentato dalla condizione fisica, un grande Davide Magnini trona a vincere in una delle classicissime, la 42 Km della Morathon du Mont Blanc. E lo fa a modo suo, recuperando 4 minuti di ritardo accumulati nella prima parte, veloce e corribile, e nella discesa su Vallorcine. «È stata davvero dura fin dall'inizio. Le gambe erano doloranti, il primo tratto era troppo veloce per me e la discesa verso Vallorcine è stata un incubo. Ero molto indietro, ma sono riuscito a rimontare. Ho rispettato il mio ritmo, ascoltando il mio corpo. Durante la salita verso La Flégère, ho iniziato a ridurre il distacco. Non ho potuto nemmeno fermarmi a bere, ma ho trovato la forza di scendere bene. Mi sono slogato una caviglia, ma rinunciare a 3 km dall'arrivo era fuori discussione. Ho tagliato il traguardo completamente vuoto, ma felicissimo». Ad aspettarlo a Chamonix Théo Detienne, altro atleta New Balance, come Davide e la vincitrice della 42k femminile, Joyline Chepngeno. 

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Davide Magnini vola verso la vittoria © Ulysse Daessle

WESTERN STATES: ETERNO KILIAN

La vittoria è andata allo statunitense Caleb Olson. E che vittoria, con un tempo veloce, due minuti sotto il record di Jim Walsley. Però la copertina è per Kilian Jornet che a 37 anni centra il terzo posto dietro Chris Myers. Tra le donne successo della statunitense Abby Hall sulla cinese Fuzhao Xiang e sulla canadese Marianne Hogan. La gara simbolo dell’ultra-running, con i suoi 369 pettorali, il mitico guado del fiume con la fune e il caldo torrido si è dimostrata particolarmente dura anche quest’anno. 

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Arriva Altra Experience Wild 2

L’arrivo della prima versione, abbinata al corrispondente modello da strada Wild, aveva segnato l’ingresso del marchio statunitense drop zero nel mondo delle scarpe con differenziale tra tallone e punta, seppur basso. Ora, con il lancio lo scorso 17 giugno della v2 della Experience Wild, arriva una scarpa aggiornata, con qualche novità e il ben noto FootShape Fit di Altra, che lascia spazio alle dita nel toe box, copiando fedelmente la forma del piede. Experience Wild ha un drop di 4 mm e stack height 32/28 mm nelle numerazioni maschili. Tra le novità, tomaia in mesh aggiornata per migliorare la traspirabilità, GaiterTrap integrato per facilitare il fissaggio della ghetta, nuovo occhiello per i lacci, progettato per una calzata più precisa, e rinforzo in TPU rivisto per garantire una maggiore protezione della punta e durata nel tempo.

  • Peso: DONNE 249,5 g, UOMINI 293,4 g
  • Intersuola: schiuma EVA leggera e modellata a compressione
  • Suola: MaxTrac™ 
  • Altezza stack: DONNE 26mm/30mm , UOMINI 28mm/32mm
  • Drop: 4mm
  • Tomaia: mesh tecnico
  • Prezzo: 150 €

altrarunning.eu

 

 

 

 

 

 

 

 

© foto Altra Running


La Trilogia Iberica di Edu Marín

Con Donec Perficiam si è chiuso un percorso decennale. Una Trilogia Iberica ideata dal climber catalano Edu Marín e ispirata a quella alpina di Stefan Glowacz. Tre salite emblematiche della Penisola Iberica liberate nel pieno rispetto della visione originale.

«Il 28 maggio ho completato la libera di Donec Perficiam, una via multipitch di 350 metri e grado 8b+/8c sulla parete dell’Aragón a Montrebei, otto anni dopo che è stata aperta per la prima volta da Isaac Cortés e Carles Brasco, tra il 2012 e il 2017 -ha detto Marín - Questa via è stata tracciata dal basso, con un approccio etico e senza compromessi. Hanno affrontato potenziali cadute mentre mettevano gli spit, tutto per creare la linea di arrampicata più difficile possibile nella gola. Il loro stile e la loro visione mi hanno profondamente colpito. Dal primo momento in cui ho provato Donec Perficiam, ho capito che era qualcosa di speciale, ma la vita e altri sogni si sono messi in mezzo: una spedizione in Pakistan, l’apertura della mia palestra, e altro ancora». Poi, in primavera, il ritorno a Montrebei. «Per evitare il sole cocente, ho arrampicato soprattutto nel pomeriggio. Il 28 maggio ho realizzato la libera completa — cinque ore di sforzo intenso sotto il caldo, con ogni tiro che richiedeva totale presenza mentale e fisica. È stato duro. È stato bellissimo. Ne è valsa la pena. Con questa salita, completo quella che chiamo La Trilogia Iberica — una visione personale iniziata quasi dieci anni fa con la mia ripetizione di Orbayu nel 2015. La trilogia riecheggia lo spirito della leggendaria Trilogia Alpina — SilbergeierEnd of Silence e Des Kaisers neue Kleider — che è stata per me una fonte di ispirazione profonda». Nella Trilogia di Edu c’è anche Arco iris, a Montserrat.

Marín, ambassador Montura, è salito rapidamente ai vertici dell’arrampicata sportiva, diventando Campione del Mondo Giovanile e medagliato in Coppa del Mondo, prima di allontanarsi dalle competizioni per dedicarsi alla libera di alcune delle big wall più difficili al mondo. Tra le sue imprese più significative spicca la prima libera di Eternal Flame nelle Trango Towers del Pakistan.

 

La Trilogia Iberica

Orbayu
• Pico Urriellu / El Naranjo de Bulnes, Spagna
• Grado della via: 8c
• Lunghezza: 500 m
• Libera di Marín: 5 luglio 2015 (Compagno di cordata: Novato Marín)
• Aperta e prima salita: Iker Pou, Eneko Pou

Arco Iris
• Montserrat, Spagna
• Grado della via: 8c+
• Lunghezza: 220 m
• Libera e prima salita di Marín: 8 ottobre 2020 (Compagno di cordata: Novato Marín)
• Aperta da: Armand Ballard

Donec Perficiam
• Montrebei, Spagna
• Grado della via: 8b+/8c
• Lunghezza: 310 m
• Libera e prima salita di Marín: 28 maggio 2025 (Compagno di cordata: Juan Pablo Caballero)
• Aperta da: Carles Brasco, Isaac Cortés

 

© foto dal profilo Facebook di Edu Marín

 

 

 


Trail running, le migliori scarpe del 2025

Anche quest’anno nella Outdoor Guide 2025 abbiamo messo alla prova decine di modelli per offrire una guida completa, imparziale e approfondita alle migliori scarpe da trail running sul mercato. Grazie a un team di tester esperti e a un protocollo di valutazione affinato nel tempo, abbiamo analizzato ogni dettaglio: grip, comfort, stabilità, reattività e durata, sia sui sentieri più tecnici che nelle uscite di allenamento quotidiane. L'obiettivo? Aiutare ogni runner, dal neofita all'ultra trailer, a trovare la calzatura perfetta per il proprio stile e terreno di corsa ed eleggere i modelli che più interessanti dell'anno.

 

Scarpe Trail, non solo comfort e stabilità

Se in una fase iniziale l’introduzione di schiume più morbide e reattive aveva appiattito le differenze tra scarpe da allenamento e da gara, oggi la distinzione è nuovamente chiara: ciascuna categoria offre prodotti con feedback ben differenziati. Le scarpe da allenamento rappresentano il cuore dell’offerta: prodotti versatili e resistenti, pensati per gestire ogni tipo di sessione, dai lavori quotidiani ai lunghi pre-gara. Gli stack height medi si attestano attorno ai 33 mm sul tallone e 27 mm sull’avampiede, in crescita costante negli ultimi anni. Se comfort e stabilità rimangono le priorità di questa categoria, l’arrivo dei materiali nobili ha reso molti modelli idonei anche al giorno gara. Dove non competono alla pari con i prodotti performance della categorie Speed Race? Non tanto nella possibilità di essere utilizzati in gara, ma nel come si comportano: si tratta spesso di scarpe più ingombranti, meno reattive e meno adatte ad accogliere componenti tecnologiche avanzate. Fanno eccezione le cosiddette super-trainer, che colmano il divario tra le due categorie. Quest’anno le più apprezzate in questo segmento sono state la Norda 005 e la Merrell MTL Adapt.

Asics Gel-Trabuco 13: se è vero che squadra che vince non si cambia, c’è però da dire che si può sempre migliorare lavorando sulle lacune, anche di prodotti premiatissimi come sono state le passate iterazioni di Trabuco. E così questa tredicesima edizione torna con qualche novità, ma radici salde. l’onda del successo guadagnato con le precedenti versioni e continua a farsi apprezzare, grazie a un’intersuola stabile e un grip versatile; è la scarpa da allenamento (ed eventualmente gara) affidabile e funzionale al lavoro duro. Vera workhorse della categoria, anche se per la densità della nuova intersuola forse questa versione si presterà meno per ultra distanze.

 

 

 

 

Scarpe Speed Race, la discriminante è il terreno di utilizzo

Nel segmento più orientato alla performance, il 100% dei modelli monta zeppe in materiali avanzati. Lo stack height medio è di 30 mm al tallone e 25 mm all’avampiede. Su venti scarpe testate, sei includono una piastra, in carbonio o Pebax, pensata rispettivamente per aumentare il rimbalzo o modulare l’elasticità. Queste scarpe sono ideali per corse ad alta intensità, ma il vero elemento discriminante non è l’intensità d’uso, quanto il tipo di terreno. Le geometrie e i battistrada specializzati definiscono una destinazione d’uso ben precisa: nascono così super-shoe perfette per terreni veloci e corribili, oppure modelli più versatili per condizioni tecniche moderate. Importante ricordare che, pur essendo pensate per la competizione, queste scarpe sono strumenti performance adatti anche a chi cerca una calzatura reattiva e divertente per allenamenti intensi, non solo per il giorno gara.

La Sportiva Prodigio Pro: evoluzione della piattaforma Prodigio, questa Pro si presenta come una super shoe priva di inserti rigidi in carbonio o affini: un prodotto performance nato in montagna ma in grado di adattarsi a una grande varietà di terreni più o meno corribili. Versatilità al primo posto. Se la gioca sul filo di lana con la Speed Ultra di casa Adidas. Anche se le mancano un paio di feature a posizionarla sull’olimpo delle tecnologie applicate alla competizione, vince per l’adattabilità a tanti terreni diversi: si muove disinvolta dal corribile alla montagna e non solo per i top runner. Prodotto davvero trasversale a tanti utilizzatori, ben tornata La Sportiva.

 

 

 

 

© foto di Riccardo De Conti

 

 

 


Milano-Cortina occasione persa? I dubbi emersi dalle wolkscape di Protect Our Winters

Nell’ambito del monitoraggio civico e ambientale delle opere collegate alle Olimpiadi Invernali Milano-Cortina 2026, l’associazione Protect Our Winters Italy (POW Italy) ha promosso due iniziative di osservazione partecipata, denominate Walkscape. Gli appuntamenti si sono svolti a Rasun-Anterselva (BZ) nel dicembre 2024 e a Cortina d’Ampezzo (BL) nell’aprile 2025, coinvolgendo cittadini, amministrazioni locali, associazioni ambientaliste e gruppi civici per discutere e riflettere sulle trasformazioni in atto nei territori interessati dai cantieri olimpici.

Le Walkscape si sono rivelate momenti cruciali di confronto e ascolto, pensati per osservare direttamente l’impatto delle opere infrastrutturali, raccogliere testimonianze locali e analizzare le conseguenze ambientali, sociali ed economiche dei Giochi su territori montani già fragili e sotto pressione. Attraverso queste camminate collettive, POW Italy ha promosso un modo diverso di abitare e comprendere il paesaggio, stimolando una riflessione partecipata sul futuro delle Alpi.

Rasun-Anterselva: viabilità e governance sotto la lente

Nel cuore della Valle di Anterselva, il walkscape ha acceso i riflettori su tre principali interventi infrastrutturali: l’ampliamento del centro di biathlon, la costruzione di un bacino per l’innevamento artificiale e le modifiche alla viabilità locale. Al confronto pubblico del 13 dicembre 2024 hanno partecipato, tra gli altri, il sindaco Thomas Schuster, rappresentanti di amministrazioni passate e presenti, del CAI Alto Adige, della Federazione degli Ambientalisti dell’Alto Adige, di Heimatpflegeverband, di Climate Action Sudtirol, dell’associazione ProPustertal, nonché esponenti dell’Associazione Turistica Valle Anterselva e del Legacy Group, incaricato di definire il riuso post-evento delle strutture.

Dal dibattito sono emerse tre criticità principali:

  • Partecipazione civica debole: è stata più volte denunciata la scarsa inclusione della cittadinanza nei processi decisionali, soprattutto rispetto a opere di grande impatto gestite in tempi stretti e con fondi ingenti, spesso senza adeguata trasparenza.
  • Sostenibilità della mobilità: in contrasto con le linee guida del Piano Clima Alto Adige 2040, sono emerse forti perplessità sull’effettiva utilità delle nuove rotonde previste a Rasun-Anterselva e Valdaora, nonostante alcune modifiche progettuali.
  • Vincoli ambientali e opportunità locali: si è auspicata una maggiore concertazione tra istituzioni e comunità per armonizzare lo sviluppo infrastrutturale con i limiti ecologici del contesto alpino.

Cortina d’Ampezzo: trasformazioni urbanistiche e dubbi sulla legacy

Il secondo walkscape, svoltosi a Cortina, ha posto l’attenzione su alcune delle opere più simboliche e controverse dei Giochi: la Variante di Cortina (una galleria per deviare il traffico), la nuova pista da bob e la riqualificazione dell’ex stazione ferroviaria. Hanno partecipato numerose realtà civiche e ambientaliste, tra cui Voci di Cortina, Cortina Bene Comune, Libera Cadore, Italia Nostra, Plattform Pro Pustertal, e rappresentanti di Patagonia Cortina, insieme a Michele Di Gallo della Fondazione Cortina, presente in forma informale.

Il confronto ha fatto emergere tre tematiche chiave:

  • Limitato coinvolgimento della cittadinanza: le associazioni locali hanno segnalato l’assenza di reali occasioni di partecipazione e di accesso alle informazioni, lamentando la mancata approvazione di un referendum consultivo sui Giochi e la debole rappresentanza delle istanze territoriali da parte della Fondazione Cortina.
  • Vantaggi disomogenei per la comunità locale: mentre Cortina attrae investimenti legati al turismo di fascia alta, mancano interventi a favore dei residenti, sia in termini di servizi che di infrastrutture necessarie. La gestione della nuova pista da bob e la mancata soluzione di problemi strutturali – come l’instabilità idrogeologica – sono stati indicati come esempi emblematici di scarsa attenzione alla realtà quotidiana degli abitanti.
  • Una legacy incerta e poco condivisa: le grandi opere rischiano di rimanere sovradimensionate e scollegate dai bisogni reali del territorio. In particolare, la Variante di Cortina è al centro di un acceso dibattito tra chi la considera un’opera strategica e chi ne teme l’impatto ambientale e l’inadeguatezza rispetto alle necessità locali e alle strategie di adattamento climatico.

Un’opportunità mancata?

Le evidenze raccolte durante le Walkscape confermano quanto già denunciato da POW Italy nel documento di posizionamento “Milano-Cortina 2026: un’opportunità mancata”, disponibile online. Il documento mette in luce:

  • Governance debole e trasparenza insufficiente: i processi decisionali sono risultati poco partecipati, con limitate valutazioni ambientali e scarsa integrazione delle politiche climatiche nazionali e internazionali.
  • Mobilità insostenibile e impatti ambientali elevati: molte opere risultano invasive e non coerenti con gli obiettivi di decarbonizzazione della mobilità alpina e nazionale.
  • Legacy poco chiara e carico sui territori: esiste il concreto rischio che le infrastrutture costruite per i Giochi restino inutilizzate, mentre i costi – economici, ambientali e sociali – ricadranno sulle comunità montane, già fortemente colpite dagli effetti della crisi climatica.

Verso un nuovo paradigma per le Alpi

Le Walkscape promosse da POW Italy rappresentano un importante tentativo di riappropriazione civica del territorio e di promozione di un dibattito consapevole e plurale sul futuro delle Alpi. In un contesto di cambiamento climatico accelerato e di crescente pressione su territori fragili, la pianificazione di grandi eventi non può prescindere da una governance partecipata, trasparente e orientata alla giustizia ambientale.

Solo partendo dall’ascolto delle comunità locali e dalla valorizzazione del patrimonio naturale e culturale sarà possibile trasformare eventi come le Olimpiadi in occasioni autentiche di rigenerazione territoriale e resilienza.

 

© foto di POW/Beatrice Citterio