Ecco le squadre azzurre giovanili
Definite le squadre giovanili azzurre. «In questo settore - spiega il tecnico azzurro Davide Canclini - abbiamo inserito anche un gruppo osservati al femminile, ma anche al maschile, anche se non sono in elenco, si sono tanti juniores che non sono stati dimenticati, ma che insieme a Manny Reichegger seguiremo con grande attenzione. In azzurro non ci sono i Cadetti, ma lì vogliano insistere: sia per i Mondiali di quest’anno, ma soprattutto in chiave Losanna 2020. In cantiere abbiamo alcuni raduni dedicati solo ai gruppi giovanili».
Nella lista FISI cinque Espoir Nicolò Canclini, Davide Magnini, Andrea Prandi, Giulia Murada e Ilaria Veronese (con tre osservate Giulia Compagnoni, Giorgia Felicetti e Mara Martini) e altrettanti Junior, Fabien e Sebastien Guichardaz, Matteo Sostizzo, Giovanni Rossi e Samantha Bertolina (e due osservate Anna Folini e Valeria Pasquazzo).
Tor des Géants, domenica si parte
Conto alla rovescia per il nono Tor des Géants 2018, e per il Tot Dret, al suo secondo appuntamento. Le due gare monopolizzeranno l’attenzione dell’ultra trail mondiale nella settimana che va dal 9 al 16 settembre, quando, sulle Alte Vie 1 e 2 della Valle d’Aosta, saranno impegnati, notte e giorno, oltre 1100 atleti (886 al Tor, 309 al Tot Dret), 2000 volontari, oltre agli addetti alla sicurezza, guide alpine, rifugisti, supporter, commissari di gara, assistenti, medici….
PARTECIPANTI - Il Tor, che si avvale anche quest’anno del sostegno della Regione Valle d’Aosta, vedrà al via rappresentati 70 paesi e 5 continenti.
Italia, Francia e Spagna saranno le nazioni europee con il maggior numero di concorrenti ma, a seguire, Giappone e Cina, a testimonianza del richiamo che il Tor ha verso questi Paesi e l’Asia più in generale e di quanto sia inarrestabile la passione per il trail in tutto l’Oriente. Una curiosità tra i concorrenti: più giovane della nutrita compagnia sarà il danese il Jon Lundstrøm, che compirà 23 anni proprio durante il Tor. Il veterano sarà Jean Paul Gujon, proveniente dal Jura francese: ha già compiuto 75 anni. Solo per questo motivo e per la sua inossidabile passione per il trail è da considerarsi un Gigante.
ll Paese new entry del 2018 sarà l’Afghanistan, con due concorrenti: Stephanie Case, canadese, e Duncan Wilson, neozelandese. Entrambi lavorano per le Nazioni Unite e si occupano di diritti umani. Stephanie è una amica del Tor da vecchia data, già più volte sul podio, e ha gareggiato in passato per la Palestina. Il cambio di casacca è dovuto al fatto che attualmente risiede in Afghanistan, dove ha varato anche il progetto Free to Run, per promuovere lo sport, e la corsa in particolare, ovunque ci siano paesi in difficoltà. A questa iniziativa andrà parte del ricavato della vendita dei pettorali solidali, mentre l’altra parte andrà alla Fondazione Tettamanti, di Monza, da anni in prima linea nella ricerca sulle leucemie infantili. Pettorali solidali che sono stati venduti davvero in poche ore, a conferma della generosità e della solidarietà degli ultratrailers.
PARTENZE - Il Tor des Géants, 330km e 24000 metri di dislivello positivo, prenderà il via dal centro di Courmayeur (dove poi sarà posto l’arrivo) domenica 9 settembre alle ore 12. Previste alcune piccole variazioni di percorso rispetto allo scorso anno: per esempio la base vita di Valgrisenche viene riportata in paese e la Fenetre di Tsan viene ‘sostituita’ dal colle Fenetre. Il tutto per rendere più facile l’accessibilità del pubblico. Il Tot Dret, 130 km e 12000 metri di dislivello positivo, prenderà invece il via dal centro di Gressoney Saint-Jean alle 21 dell’11 settembre. I concorrenti dovranno arrivare a Courmayeur entro giovedì 13 settembre alle ore 17, dunque in 44 ore al massimo. dunque 6 ore in più rispetto alla passata edizione.
NOVITÀ - In entrambe le gare ci sarà una rappresentanza ufficiale dell’Esercito (5 concorrenti nel Tor e 2 nel Tot Dret (compresa Gloriana Pellissier).
Nel Tot Dret ci saranno cinque concorrenti amputati per dare vita al progetto ‘Gamba in spalla’, che prevede il loro alternarsi in gara, in una speciale staffetta, che ha lo scopo di promuovere lo sport per tutti, dunque trail compreso. EcoloTor, iniziativa varata già due anni fa dalla Cooperativa Erica e Vda Trailers, rivolgerà quest’anno la sua attenzione sui rifiuti, a partire dagli approvvigionamenti, sull’energia rinnovabile e sullo spreco alimentare. Inoltre dei runner in funzione di ‘Ecoscope’ seguiranno gli ultimi concorrenti per raccogliere eventuali rifiuti sul percorso, in modo che i sentieri ritornino fin da subito privi di tracce del passaggio dei corridori.
CANDIDATI AL PODIO - Anche se in una gara così lunga e articolata è sempre azzardato fare previsioni, sono una ventina i concorrenti di punta candidati alla vittoria, almeno sulla carta. Ci saranno numerosi vincitori di edizioni passate, come Olivero Bosatelli, Gialuca Galeati, Franco Collé, Oscar Perez, Jules Henry Gabioud (che gareggia quest’anno al Tot Dret, insieme ai valdostani Giuliano Cavallo ed Enzo Benvenuto) e, tra gli stranieri, il britannico Jezz Brag, gli statunitensi Luke Nelson e Avery Collins, il canadese Galen Raynods, lo spagnolo Vinas Villardel Roger e l’inossidabile Pablo Criado, per citarne alcuni. Di sicuro Peter Kienzl, Giulio Ornati e Christian Caselli non staranno certo a guardare. Tra le donne Denise Zimmermann, Roxane Ardet, Silvia Trigueros Garrote, Stephanie Case. Tra le italiane l’attenzione è puntata su Sonia Locatelli e Marina Plavan. Torna, grintosa come sempre, Federica Boifava. Non sarà presente sulla linea di partenza la ormai valdostana Lisa Borzani, due volte vincitrice del Tor, perché non si è ancora del tutto ripresa da un infortunio di qualche mese fa. Lisa, insieme a un’altra fortissima atleta italiana, Graziana Pè, non resterà però in poltrona. Le due campionesse delle lunghe distanze sono state infatti ingaggiate come reporter sul campo. Seguiranno la gara, dando preferenza alle ‘colleghe’, dai colli e dalle basi vita, per rendere più ricco il già sostanzioso programma di comunicazione, per raccontare in diretta le emozioni del Tor e della Valle d’Aosta anche a chi è a casa. Sono previsti infatti collegamenti live nei punti cruciali, interviste, filmati, foto, notizie in tempo reale. Tutto può essere seguito, momento per momento, dal computer o da un telefono cellulare non troppo ‘anziano’. Ci saranno inoltre aggiornamenti continui anche sul sito www.tordesgeants.it e sui canali social.
Michael Wohlleben, velocità verticale
Michael Wohlleben, tedesco, classe 1990, è diventato Guida alpina a soli 21 anni. Qualche progetto realizzato? Il concatenamento invernale delle Tre Cime di Lavaredo del marzo 2017 con Simon Gietl in 9h15’, oppure la trilogia invernale (Cassin, Comici, Innerkofler) sempre alle Tre Cime, con Ueli Steck, oppure ancora la Nord dell’Eiger con Julien Irilli in 5h05 nel 2015. Ad agosto ha divagato tra la Val di Mello e le Isole Lofoten, in Norvegia. Abbiamo avuto l’occasione di scambiare qualche opinione con Michael.
Sei una delle Guide alpine più giovani, è difficile ottenere la fiducia di persone più anziane, che vanno in montagna da tanti anni?
«Difficile domanda, ora sono Guida da 7 anni e quindi, anche se ancora giovane, direi che ho abbastanza esperienza. Certo, forse quando avevo 21 anni non ero così esperto, però non ho deciso io, ma gli istruttori che mi hanno rilasciato il patentino, che hanno ritenuto che avessi la giusta competenza per portare le persone in montagna. Insomma, per farla breve… penso di essere stato una buona Guida, ma sicuramente ora sono migliore».
Che cosa vuol dire andare in montagna, qual è la tua filosofia?
«Niente di particolare, voglio divertirmi, voglio sentire i muscoli che lavorano e spingere i miei limiti, ma voglio anche tornare a casa».
Che cosa significa arrampicare? E sciare? Ti piace lo scialpinismo?
«L’arrampicata è centrale. Quello che mi piace di più è l’alpinismo veloce, che richiede molto allenamento di endurance. A volte quando arrampico mi sento come quando avevo sette anni e volevo solo scalare. Mi piace il freeride e lo skialp, soprattutto come base per l’allenamento di endurance».
Parlaci dei tuoi progetti, cosa dobbiamo aspettarci?
«Ho appena finito un progetto di cui probabilmente sentirete parlare presto e voglio scalare in autunno per prepararmi ad andare in Patagonia in gennaio».
La trilogia delle Tre Cime è stata la tua impresa più importante?
«No, forse la più grande per i media e per me, ma è stata anche molto di più. Mi ha fatto capire come si realizzano i grandi progetti, mi sono preparato a lungo, la pianificazione è stata perfetta. Poi la scalata con Ueli è stata la punta dell’iceberg».
Ti alleni nelle palestre indoor?
«Sì, talvolta, ma non mi piace».
Parlaci della Nord dell’Eiger?
«È un’impresa molto più spontanea. Con Julien volevamo provarla, però ci sono stati dei problemini: all’inizio abbiamo sbagliato via, ho perso i ramponi, Julien non stava bene negli ultimi 200-300 metri, così abbiamo fatto 5h05’, c’è ancora tanto margine».
Cosa pensi del rischio in montagna?
«È una parte della medaglia che non mi piace, sono fidanzato con una bella ragazza e a casa mi aspetta un bambino di cinque anni, ecco perché non amo prendermi dei rischi. Però non sarei felice vivendo un’altra vita. È un bel conflitto».
Cosa pensi di occhiali e lenti per l’utilizzo in montagna, perché sono importanti?
«È impossibile non usarli, sono una parte importante dell’attrezzatura. Se esco di casa li ho sempre con me. Le lenti sono fondamentali, a seconda dell’attività devi scegliere quella giusta, o chiara o scura. Io, per gli sport sotto i 4.000 metri, preferisco le lenti Zebra».
Che modello di occhiali Julbo usi?
«Shield. Perché? Perché sono i miei bambini, li ho sviluppati insieme a Clement, il progettista di Julbo, e non sono solo molto funzionali, ma anche molto modaioli».
JULBO SHIELD - Protegge gli occhi in montagna come uno scudo
Novità Julbo per la primavera/estate 2018: il modello Shield unisce un design moderno e attuale alla protezione e sicurezza necessarie durante le avventure in montagna.Occhiale idoneo per qualsiasi terreno, anche in presenza di neve in alta quota,Shield offre un campo visivo molto ampio e massima protezione grazie all’alta qualità delle lenti fotocromatiche e polarizzate e alle protezioni laterali.
Le protezioni laterali sono realizzate in morbido tessuto che risulta delicato sulla pelle della zona intorno agli occhi e sono amovibili, per poter indossare l’occhiale anche dopo una giornata in montagna. Shield è inoltre dotato di aste sagomate antiscivolo e grip nose che permettono all’occhiale di rimanere in posizione con qualsiasi movimento e di piccoli fori sulla montatura, esattamente sopra e sotto l’area della lente, per una perfetta ventilazione, evitando così la formazione della condensa. La forma rettangolare lo rende un modello dallo stile elegante ma anche audace.
Shield è disponibile con lenti Zebra (fotocromatiche, di categoria 2-4) e con lenti Cameleon (fotocromatiche e polarizzate, di categoria 2- 4) reattive alle variazioni di luce.
Prezzo consigliato al pubblico – lenti Cameleon: 190 euro
Prezzo consigliato al pubblico – lenti Zebra: 150 euro
Stefano Ruzza, l'uomo del sette
Il sette, lo si sa sa, è un numero magico. E lo è ancora di più per Stefano Ruzza, Team Vibram, autore di una incredibile gara all’UTMB che gli ha regalato un settimo (appunto) posto, miglior risultato italiano di sempre dopo quelli di Olmo. Dico sette perché anche alla Diagonale des Focus del 2014 Ruzza si era classificato in quella posizione, regalandosi una prestazione da incorniciare. «È vero, anche ai Campionati Europei della Trans d’Havet ero arrivato settimo» scherza Stefano mentre sta preparando le valigie per gli Stati Uniti. Negli Stai Uniti Ruzza era già stato anche in primavera, gareggiando in qualche trail locale e alla UROC.
Stefano, ma cosa vai a fare così spesso negli States?
«La mia fidanzata lavora lì, a Baltimora, per questo ora mi faccio un mesetto da quelle parti».
Sette è un numero magico, ma non hai provato ad arrivare sesto?
«Certo, in salita vedevo Evarts davanti, a pochi minuti, prima dell’ultima salita ho spinto molto, ma sono arrivato esausto e ho pensato a difendermi».
Hai scritto che questa volta hai fatto tesoro degli errori del passato nell’allenamento, pre-gara e gestione della competizione, puoi spiegarci meglio cosa intendi?
«Tanti piccoli dettagli, nell’allenamento, nell’alimentazione in gara. Nel 2016 ero andato fortissimo all’inizio, ero sugli stessi tempi di quest’anno, poi ho avuto problemi di alimentazione ed ero un po’ stanco mentalmente, mi ero allenato troppo. Questa volta sono arrivata fresco, convinto di soffrire per 24 ore, perfettamente in forma nonostante l’infortunio della primavera, come alla Diagonale des Focus».
Che infortunio hai subito?
«Sublussazione del cuboide, poi correndoci sopra si sono infiammati peroni e tibiale anteriore, per due mesi ho corso praticamente con una sola gamba. Ho fatto tantissima bici e corso giusto per mantenere il gesto, ma sui sentieri mi sono ritrovato subito a mio agio».
Commenti sulla gara?
«Mi ero preparato una tabella di marcia che ho rispettato quasi al minuto, ho fatto la mia gara, su me stesso e non su altri, come Thévenard ed è risultata vincente. Certo lui ha un ritmo costante, incredibile, è proprio fatto per queste gare».
Dicci la verità, aspiravi a una top ten?
«Onestamente sì, due anni fa ero sui tempi di Zanchi e Ornati, poi ho avuto qualche problema».
Il momento più bello?
«A Trient. Arrivavo da Champex, dove ero dodicesimo e rassegnato a non entrare nella top ten, poi al ristoro c’erano tutti i ragazzi del team Vibram, un tifo pazzesco, meglio che al traguardo, all’uscita ho superato il mio compagno di squadra Xavi Dominguez, prima avevo superato Zach Miller, lì ho capito che stava andando bene».
Che idea ti sei fatto dei ritiri?
«Anche l’anno scorso ha piovuto e fatto freddo, ma quest’anno ho visto gente molto più provata, poi credo che molti dei top siano stati svuotati dalla battaglia all’inizio».
Che scarpa hai usato?
«Hoka One One Speedgoat 2»
Solo una?
«Sì e non ho neppure mai cambiato la maglia, un po’ per scaramanzia, un po’ perché mi sentivo veramente bene e non volevo perdere tempo».
Se andrai sempre più spesso negli States, c’è il rischio che il primo americano a vincere l’UTMB sia tu…
«Ma dai… godiamoci questo settimo posto che non ho ancora metabolizzato, è già molto».
L’UTMB degli anti-eroi
C’è qualcosa che rende davvero magica l’edizione 2018 dell’UTMB, a mio parere la più bella degli ultimi anni insieme a quella del 2013. È stata ricchissima di colpi di scena e non si può certo dire che i favoriti, diciamo i favoritissimi, abbiano vinto. La notte si è pian piano mangiata tutti quelli che avevano i maggiori auspici del pronostico e ha partorito storie e sogni degni di essere raccontati, quelli di Francesca, Xavier, Stefano e Katia, tre anti-eroi che hanno saputo imporsi, ognuno a modo suo, proprio nell’anno in cui all’UTMB sono arrivati i premi in denaro.
CANEPA - La vittoria di Francesca Canepa, a 46 anni, è di quelle che entrano di diritto nella storia dell’ultra trail. Quando l’abbiamo vista spuntare tutta coperta, giacca lunga e pantaloni lunghi, sulla linea del via, masticando qualcosa (un Buondì, dirà poi...), aveva la faccia da ‘dura’. La sua vera faccia, quella della rabbia, della determinazione, della voglia di ‘mordere’. Quella faccia che le aveva regalato tante soddisfazioni in passato (tra le quali un secondo posto nell’edizione ‘mutilata’ dell’UTMB 2012) e che era stata coperta da una maschera dopo la ben nota vicenda del Tor. Anni difficili - comunque la si voglia pensare sull’affaire - che hanno svuotato Francesca. Però, da lottatrice quale è, non si è mai arresa. Altri, altre, avrebbero gettato la spugna quando i risultati non arrivavano più. Questa vittoria, ottenuta con la strategia e la calma dei forti, partendo tranquilla, seguendo la propria andatura e la tabella di marcia, aumentando il ritmo con il passare dei chilometri e mangiandosi le avversarie una per volta, vale moltissimo. Ed è la più bella storia italiana a Chamonix insieme a quelle di Marco Olmo. Bisogna ammetterlo, in tanti, noi giornalisti per primi, avevamo dato Francesca per finita da tempo, e ci siamo sbagliati. Chapeau.
THÉVENARD - Sfida Kilian-Walmsley? Hernando? No, zitto zitto è arrivato lui, il folletto del Jura, quello che se lo vedi camminare nelle strade di Chamonix ha un’andatura supinatoria che non si può guardare. Quello che pochi mesi fa alla Hardrock 100 stava stravincendo ed è stato squalificato per avere inavvertitamente bevuto un goccio d’acqua pochi chilometri dopo il ristoro, fatto che all’UTMB sarebbe stato sanzionato con qualche oretta di penalità. Il suo score ai piedi del Monte Bianco è impressionante. Ha vinto al primo colpo tutte le gare, dalla CCC alla TDS e ora si porta a casa anche la terza UTMB, eguagliando Kilian e D’Haene. La sola altra apparizione da queste parti, l’anno scorso, gli è valsa il quarto posto… Unico.
FORI - Un quarto, due quinti e un settimo posto. Sì vabbé, ci sarebbe anche un ventinovesimo posto alla prima partecipazione, ma possiamo considerarlo un errore di gioventù. Katia Fori, professione direttrice di banca, a Chamonix è a suo agio. E questa volta ci ha fatti sognare conducendo per buona parte e tenendo testa a Chaverot & co o alle americane. Una bella storia di sport, di passione, di fatica, di forza di volontà e soprattutto di testa. Inimitabile.
RUZZA - Anni e anni ad aspettare questa benedetta top ten, dopo i successi di Olmo e quel decimo posto di Massimo Tagliaferri, poi nel 2016 arriva il nono posto di Giulio Ornati. Poi… arriva Stefano Ruzza, Team Vibram, da Busto Arsizio, uno che non ama le mezze misure, o dà tutto quello che ha o salta. Il settimo posto alla Diagonale des Fous era stato il suo capolavoro, ma questo è ben più importante. È sempre stato uno dei più promettenti ultra-trailer italiani, ora ha definitivamente raggiunto la maturità. Capolavoro.
L’UTMB femminile parla italiano: trionfo di Francesca Canepa e quinto posto di Katia Fori
Aspetti Mimmi Kotka o Caroline Chaverot, invece ne viene fuori la più incredibile UTMB per i colori italiani. Nella fredda notte del Monte Bianco parte veloce e lascia tutte dietro la statunitense Magda Boulet, poi costretta al ritiro dopo il Col de la Seigne per una caduta. Intanto dietro di lei le distanze sono minime e piano piano vengono fuori due nomi, quello di Caroline Chaverot e quello di Katia Fori. Alla fine dopo il Grand Col du Ferret la francese si ritira (per lei una stagione tribolata, con settimane senza riuscire a correre, poi la decisione di non partecipare all’UTMB e negli ultimi giorni il rientro in campo). Con Mimmi Kotka ritiratasi quasi subito, Fernanda Maciel che prende distanza dalla Fori, la parmense procede da sola fino a La Giète, quando la raggiunge e supera Francesca Canepa. Da questo momento Francesca rimarrà sempre davanti, con la Fori che perde qualche minuto e si fa raggiungere da dietro da Uxue Fraile del team Vibram, poi dalla francese Jocelyn Pauly e dalla britannica Beth Pacall. Questo sarà l’ordine d’arrivo finale, con la Canepa che regala una incredibile vittoria ai colori azzurri dopo il secondo posto del 2012. Il suo è stato un successo costruito nei minimi dettagli, con una partenza misurata e il ritmo ad aumentare passaggio dopo passaggio in modo graduale, come ai tempi dei primi grandi successi. 26h03'48'' il tempo di Francesca Canepa, 26h40'43'' quello di Katia Fori, mentre al sesto posto si è classificata Juliette Blanchet del Team Vibram.
Thévenard vince la terza UTMB, ma l'Italia festeggia il settimo posto di Stefano Ruzza
In una cento miglia non si possono mai fare previsioni e all’UTMB ancora meno. L’edizione 2018 è stata probabilmente la più ricca di colpi di scena. I pronostici della vigilia erano per una sfida Kilian-Walmsley. Invece… Invece come in un giallo di Agatha Christie i favoriti (e le favorite) sono spariti uno a uno nel buio della notte, della pioggia e del gelo del Monte Bianco. E alla fine a Chamonix è arrivato ‘en souplesse’ lui, Xavier Thévenard, monsieur UTMB, con tutte le gare di Chamonix vinte e, da questo pomeriggio, con tre UTMB nel palmarès, come D’Haene e Kilian. Chapeau.
RITIRI - Subito a fare ritimo Walmsley, poi a tirare l’altro yankee, Zach Miller, infine nella notte, dalla valle di Les Contamines, un trio formato da Kilian, Miller e Walmsley. A seguirli gli altri big, a partire da Sylvain Court, Luis Alberto Hernando, Xavier Thévenard, Tim Tollefson, Michel Lanne e Jordi Gamito. Il primo a eliminarsi è stato Walmsley (e a confermare che non si può vincere WS100 e fare bene a Chamonix): per lui problemi al Col de la Seigne e la testa della corsa persa, poi nella discesa qualche problema (una storta) per Hernando e ritiro a Courmayeur. Dopo Courmayeur il colpo di scena più inaspettato, il forfait di Kilian Jornet. Per lui una puntura di ape qualche ora prima del via, il tentativo di metterci una pezza (è anche allergico) senza usare medicinali proibiti dalla Wada, la scarpa che entra bene e non dà fastidio, ma da sibuto vomito, impossibilità di mangiare e altri fastidi. Nella salita dopo Courmayeur i problemi sono aumentati, uniti alla fatica a respirare. Ecco dunque che a fare la gara sono stati Zach Miller e Xavier Thévenard, con il primo che ha pagato la salita al Col du Grand Ferret ed è uscito da Champex-Lax con 15 minuti di ritardo dal francese. La passerella rossa verso Chamonix era pronta: 20h44’16’’ il suo tempo. Secondo il sorprendente romeno Robert Hajnal (21h31’37’’) e terzo lo spagnolo Jordi Gamito (21h57’01’’). Ma il bello, per noi italiani, doveva ancora venire, perché uno straordinario Stefano Ruzza (23h02’19’’) ha chiuso al settimo posto. Per l’atleta del Team Vibram una prova maiuscola che rimarrà per sempre nella storia della gara di Chamonix e dei colori azzurri, il secondo migliore piazzamento dopo quelli di Olmo.
Marco De Gasperi quarto al debutto nella CCC
La CCC è di Thomas Evans: il britannico ha preso la testa della gara a La Flégère e chiuso in solitaria a Chamonix con il tempo di 10h44’32”; alle sue spalle il cinese Min Qi, in testa per tutto il resto della gara e che alla fine paga un ritardo di 5’35”, terzo Pau Capell a 7’54”. Quarta piazza per Marco De Gasperi, alla prima esperienza su una 100 km. Secondo alle spalle di Qi sino a Vallorcine, ha pagato nel finale, una crisi per lui, ma ha tenuto duro, controllando il tentativo di rimonta del francese Germain Grangier. La top ten si completa con il lettone Andris Ronimoiss, la spagnolo Ivan Camps, il britannico Harry Jones, il francese Arthur Joyeux-Bouillon e lo spagnolo Isaac Riera. Arrivate a Chamonix anche le prime donne: vittoria della cinese Miao Yao in 11h57’46”, sulla statunitense Katie Schide in 12h28’42” e la svedese Ida Nilsson in 12h41’37”.
TDS al polacco Marcin Świerc e alla francese Audrey Tanguy
Sigillo del polacco Marcin Świerc nella TDS: 13h24’00” il suo tempo al termine di una gara molto serrata; ad appena 1’02” lo statunitense Dylan Bowman, a 1’43” il russo Dmitry Mityaev, quarto lo spagnolo Tofol Castaner Bernat, ma il distacco è di oltre 34 minuti, quinto lo svizzero Diego Pazos a più di un’ora. Nei primi dieci i francesi Jérôme Mirassou, Nicolas Duhail, Regis Durand e Julien Chorier con decima piazza per due con il cinese Yanqiao Yun e il venezuelano Moises Jimenez, insieme sul traguardo. Diciottesimo il primo italiano, Giovanni Tacchini del Team Alta Valtellina.
Al femminile la stoccata è quella della francese Audrey Tanguy, magari non troppo conosciuta, ma pur sempre seconda quest’anno alla 90 km du Mont-Blanc e alla MIUT. 16h05’22” il tempo della savoiarda che si mette alle spalle la favorita numero uno alla vigilia, la statunitense Rory Bosio, staccata di 14’14”, con terza l’altra atleta di casa Caroline Benoit ad oltre un’ora. Quarta la statunitense Corrine Malcolm, quinta la canadese Alissa St Laurent con sesta Sonia Locatelli del Team Salomon Italia.
La Sportiva guarda al mondo Ultra
La Sportiva presenta il primo Ultra Running Team internazionale. Se infatti il ‘re’ Anton Krupicka aveva già confermato il commitment aziendale per questa disciplina con il suo ritorno ai colori giallo-neri nel 2016 (ed è in uscita ad agosto un video in Virtual Reality dedicato proprio all’americano), il 2018 vede infatti l’esordio per il brand trentino di un nutrito team di atleti di alto livello impegnati nel mondo endurance. Scorrendo i nomi che fanno parte della rosa del team spiccano quelli di Sacha Devillaz, ventinovenne francese dal grande palmares e affezionato alle ultra-distanze da dieci anni. Appare sulla scena internazionale nel 2014 con un dodicesimo posto alla 80km du Mont Blanc e l’anno successivo conquista un quarto alla CCC. Il 2018 lo ha visto protagonista anche alla Lavaredo Ultra Trail. L’altra grande promessa del team è Roberto Mastrotto: quindicesimo assoluto alla LUT 2018 in 14 ore e 10’, migliorando il proprio record di 40 minuti rispetto all’anno precedente. I prossimi obiettivi? UTMB e Oman ultra Trail a fine novembre. New entry di calibro internazionale anche l’americana Clare Gallagher che da ormai tre anni milita nelle prime posizioni delle gare di ultra distanza più famose al mondo: vincitrice della Leadville100 nel 2016 (gara che dal 2019 sarà sponsorizzata proprio da La Sportiva) e della CCC nel 2017. Già ricco di soddisfazioni anche il 2018: è prima allo Sciacchetrail, ottava a Penyagolosa e guadagna un sofferto ed avvincente nono posto alla LUT.
Spina dorsale del team anche l’altoatesino Christian Insam, presenza fissa già da qualche anno sui podi delle gare endurance più dure: primo posto alla Sky Run Dolomiti nel 2015, quinto nello stesso anno all’Orobie Ultra Trail da 140 km, nel 2016 vince il Trail du Cro (110 km) e si ritira dal Tor des Geants a causa di un infortunio a pochi km dalla fine in seconda posizione. Il suo 2018 inizia con un secondo posto al Garda Trentino Trail (long version) e con un ottimo sesto posto alla Dolomiti Extreme Trail.
Infine new-comer Elisabetta Luchese, che appena affacciatasi sulla scena delle ultra distanze porta a casa nel 2018 una settima posizione all’AIM Energy Trail, è terza al Duerocche Trail e seconda alla 100eLode. Taglia anche il traguardo della LUT come sesta donna italiana in circa 20 ore.
Chiudono la rosa il team gli italiani Francesco Rigodanza, Georg Piazza, Anna Pedevilla, Francesca Pretto, Cristiana Follador e il tedesco Johannes Hinterseer. Si completa così il La Sportiva Mountain Running Team che vede ora atleti impegnati su gare vertical, sky, trail ed ultra: una specializzazione che corrisponde a quella dell’azienda nelle diverse discipline che compongono il mondo della corsa off-road e che prosegue la strategia introdotta già negli anni ’70 nel mondo del climbing, in cui l’azienda è leader nella produzione di calzature d’arrampicata, con atleti e di conseguenza prodotti, dediti alle singole specialità che compongono il caleidoscopio dell’arrampicata sportiva. ,La Sportiva ha infatti da qualche tempo introdotto nella propria collezione diversi prodotti di alta gamma dedicati specificatamente al mondo delle ultra trail come Akasha, Ultra Raptor ed Akyra.
All'UTMB nasce il Mondiale unico trail-corsa in montagna. Aspettando Kilian e Jim
Si è spesso detto che nel trail è difficile stabilire chi è il più forte perché gli atleti top si dividono su più (troppe?) gare. L’eccezione è stata l’UTMB 2017, la gara delle gare (che ha visto il ritorno di Kilian a Chamonix) e anche l’edizione 2018, la prima con premi in denaro, si avvia su un livello, almeno al maschile, molto simile, malgrado l’assenza di chi l’anno scorso ha zittito tutti: François D’Haene. Ora però proprio da Chamonix, che questa settimana è la capitale mondiale della corsa in natura, arriva una notizia che dovrebbe rendere ancora più competitivo correre tra i monti. In una conferenza stampa congiunta organizzata oggi, le tre più grandi organizzazioni mondiali del settore, IAAF-International Association of Athletics Federations, ITRA-International Trail Running Association e WMRA-World Mountain Running Association, hanno annunciato che nel 2021 verrà organizzato il primo Mondiale unico.
UN MONDIALE DEI MONDIALI MA SENZA SKYRUNNING - In pratica trail, atletica e corsa in montagna si ritrovano sotto un’unica bandiera per organizzare una vera e propria kermesse di livello planetario della corsa tra i monti. I Mondiali verranno celebrati ogni due anni, invece che ogni anno come avviene ora per trail e corsa in montagna. I dettagli dell’evento verranno decisi nei prossimi mesi in una serie di riunioni congiunte. L’annuncio che cambierà la storia di trail e corsa in montagna è stato dato dai presidenti Sebastian Coe (IAAF), Michel Poletti (ITRA) e Jonathan Wyatt (WMRA). Dopo la nascita delle Golden Series targate Salomon, dopo l’arrivo dei premi in denaro nel santuario dello spirito trail di Chamonix, ecco un annuncio che sancisce in maniera definitiva che il mondo di chi corre per monti sta vivendo un momento di transizione verso la maturità e un maggiore professionismo. Una decisione, quella di Chamonix, che mette nell’angolo un movimento, quello dello skyrunning, che, seppur di nicchia e prevalentemente europeo, continua a suscitare interesse, come ha dimostrato la storica gara sul Monte Rosa di questa estate. Non sarebbe il caso di pensare anche allo skyrunning in un futuro Mondiale dei Mondiali? Ai posteri (e alla ISF) l’ardua sentenza.
TEMPO DI TDS - Intanto questa mattina alle 8 (partenza ritardata di due ore), con il via da Courmayeur della TDS, si entra nel clou delle gare targate UTMB. Sulla start line lo statunitense Hayden Hawks, rimasto in Europa dopo la LUT, il connazionale Dylan Bowman, gli spagnoli Tofol Castanyer e Pablo Villa, i francesi Ludovic Pommeret, Fabien Antolinos, Sylvain Camus, Julien Chorier, il cinese Longfei Yan, il marocchino Zaid Ait Malek tra gli altri. Nella gara al femminile occhi puntati soprattutto su Megan Kimmel e Rory Bosio. Tra le italiane al via anche Sonia Locatelli del team Salomon.
SARÀ TESTA A TESTA KILIAN-JIM? - Venerdì pomeriggio, dopo che nella mattinata si sarà celebrata la partenza della CCC da Courmayeur, Chamonix sarà invasa dalla marea di atleti che prenderanno parte alla gara regina. Al via tra gli uomini nove dei primi 12 dell’edizione stellare 2017. Nei pronostici due nomi sopra a tutti: Kilian Jornet e Jim Walmsley. Sono in forma: Kilian ha vinto - dopo il rientro dall’infortunio patito alla Pierra Menta - la Marathon du Mont Blanc, la Sierre-Zinal e il Kima; Jim è reduce dalla vittoria con record alla WS100. Pronostici? Sarebbe un 50-50, però la storia ha dimostrato che è molto difficile vincere WS100 e fare bene all’UTMB.
E poi ci sono Tim Tollefson, Xavier Thévenard (quarto l’anno scorso, ma nelle precedenti partecipazioni era stato un cecchino infallibile e alla Hardrock 100 è stato squalificato per un episodio molto contestato quando stava andando forte), Luis Alberto Hernando, Zach Miller, Ryan Sandes (il sudafricano ha vinto in tutto il mondo ma a Chamonix non ha mai trovato il giusto feeling..), Gediminas Grinius, Javi Dominguez, Michel Lanne, Sylvain Court, Jordi Gamito, Stephan Hugenschmidt, Sebastien Camus, Scott Hawker, Erik Clavery, Timothy Olson… Senza dimenticare che all’UTMB le sorprese sono di casa.
LA VARIABILE KOTKA - Tra le donne, assente la regina 2017 Nuria Picas per infortunio e visto anche il forfait di Andrea Huser, i pronostici sono per Caroline Chaverot ma attenzione a Mimmi Kotka, irresistibile (e a segno già nella TDS e CCC) ma al debutto sulle 100 miglia. Altri nomi? Clare Gallagher, Kaori Nowa, Uxue Fraile, Amy Sproston, Juliette Blanchet, Emelie Lecomte, Yulia Baykova, Stephanie Violett, Magda Boulet, Ildikò Wermescher, Aliza Lapierre, Kaci Lickteig, Sophie Grant, Francesca Canepa e, al ritorno dopo una lunga assenza da Chamonix, Katia Fori, che ha un quarto e quinto posto in palmarès. Erano altri tempi e gli anni passano, ma i crono dicono che con quelle prestazioni sarebbe ancora forte… Good luck runners!
Il lungo viaggio di Jimmy Pellegrini e Alexander Rabensteiner
Jimmy Pellegrini e Alexander Rabensteiner domenica hanno chiuso il loro progetto di percorrere tutto il confine dell’Alto Adige. Qualcosa come 770 km e più di 60.000 metri di dislivello, da Salorno a Salorno.
«Una bellissima cavalcata passando per ghiacciai, sentieri esposti: è impegnativa, forse più del previsto, ma davvero affascinante e alla fine ovviamente siamo molto soddisfatti». Un viaggio durato dodici giorni: «Sulla carta ne avevamo fissati dieci, ma abbiamo dovuto fare alcune deviazioni in corsa. Il rifugista alla Palla Bianca ci ha sconsigliato di attraversare il ghiacciaio senza attrezzatura alpinistica. Abbiamo dovuto inventarci un nuovo itinerario, molto, molto più duro passando per una serie di forcelle: in sette ore abbiamo percorso solo 15 km! E negli ultimi giorni è arrivata anche la neve e il maltempo: così l’ultima tappa l’abbiamo divisa in due giorni, in modo di arrivare domenica pomeriggio. Ma va benissimo così: non avevamo in testa nessun record».
Già il meteo. «Siamo stati fortunati, abbiamo avuto sempre ottime condizioni: quasi sempre in abbigliamento estivo anche ad alta quota. Certo, avevamo uno staff di appoggio che ci ‘intercettava’ durante la tappa: lì oltre a mangiare e riposare, potevamo lasciare quello che non serviva o prendere attrezzatura adeguata per il resto della giornata».
Momenti difficili? «L’ho avuto io - ancora Jimmy -, in Valle Aurina siamo scesi in basso nel pomeriggio, faceva caldo, avevo problemi ai piedi, ma dopo una dormita mi sono ripreso e siamo andati avanti senza problemi».
Può avere un futuro questo tracciato? «Individualmente su questo stesso percorso non saprei. Troppo tecnico, molto impegnativo. Abbiamo scelto alcuni passaggi, molto conosciuti dagli scialpinisti, ma d’estate poco frequentati e soprattutto durissimi. E poi i ghiacciai, sarebbe troppo rischioso avere persone su quelle tracce, magari di notte. Forse servirebbero delle varianti, oppure bloccare una eventuale gara a una certa ora e farla ripartire al mattino presto. Ma se il Sky Run South Tyrol avrà un futuro ci penseremo nei prossimi mesi». Adesso il giusto riposo.