LIVE - Arriva il vento sull'Etna e la sprint degli Europei è rinviata. Oro per Samantha Bertolina nelle Cadette
Partiamo dalla fine. Concluse le qualifiche maschili della sprint dei campionati europei, sull’Etna arriva il vento. Folate fortissime, tanto che nella parte alta del tracciato bisogna mettere un pezzo di lava sopra gli sci perché non volino via. I gonfiabili di partenza e arrivo vengono subito tolti. Si resta un po’ di attesa, con gli atleti che vanno su e giù per cercare di scaldarsi. Poi arriva la decisione di far partire il primo quarto di finale: lo vince Boscacci, ma è il primo ad andare a dire che così non si può gareggiare. Vento e non solo. Inizia a nevicare, ti arrivano sulla faccia anche i granelli di lava. Così stop alle gare: la decisione ufficiale è quella che è rinviata. Nel briefing del pomeriggio si capirà come e quando recuperarla. Da programma venerdì c’è il vertical (e le previsioni meteo dicono altra neve in arrivo), sabato l’individual (e dovrebbe esserci il sole), mentre domenica è il giorno dell’eventuale recupero. Vedremo.
GIOVANILI - Alle 9 i giovani erano già a fare ricognizione, dopo il trasferimento da Nicolosi a Piano Provenzana. Un bel tracciato, nonostante la neve non sia tantissima anche sul versante Nord. Fa anche caldo con il sole che picchia e la neve che si trasforma rapidamente da bella compatta a primaverile. L’Italia festeggia l’oro con Samantha Bertolina tra le Cadette: era tra le favorite e non tradito le attese con una finale ‘giocata’ con grande personalità. Con lei sul podio la svizzera Caroline Ulrich e la francese Madeleine Paillard, con quarta Anna Folini. L’altra medaglia arriva dagli Junior. Una finale testa a testa per il terzo posto tra Fabien Guichardaz e lo svizzero Julien Ançay: al termine è bronzo per entrambi. Dettano legge gli svizzeri con Arno Lietha primo e Patrick Perreten secondo. Stefano Confortola è in finale, quinto. Penalizzato Andrea Prandi per uno sci fuori dalla piazzola di cambio, per una decina di centimetri.
‘Solo legno’ in casa Italia nelle altre categorie: nelle junior quarta Giulia Murada e quinta Giorgia Felicetti nella vinta dalla francese Justine Tonso, nei Cadetti, ai piedi del podio Alessandro Rossi e Rocco Baldini con oro per lo svizzero Léo Besson.
La classifica della sprint giovani
LIVE - Giovedì la sprint apre gli Europei sull'Etna. Tutto sul versante Nord
Sfilano le Nazionali per le vie di Nicolosi, gli Europei sull’Etna sono partiti. Da giovedì si fa sul serio, tre giorni di gare, prima la sprint (il via delle qualifiche alle 9.30), venerdì il vertical, sabato l’individual. L’Etna è imbiancato, ma non c’è neve sufficiente per rimanere a Sud, sul versante di Nicolosi. Tutte le tre prove andranno in scena a Nord, a Piano Provenzana. Dunque impegno doppio per gli organizzatori che oltre a trasportare tutti gli atleti dall’aeroporto di Catania a Nicolosi, devono programmare navette da Nicolosi a Piano Provenzana. Italia, Francia, Svizzera, Spagna, ma anche Danimarca e Grecia, oltre alla ‘partecipazione straordinaria’ del Brasile: sono 19 le Nazionali sbarcate in Sicilia. Bandiere, bambini, atleti e atlete per le vie di Nicolosi, poi l'inno, un ricordo delle vittime di femminicidio, fuochi d'artificio, la consegna dei pettorali per i top. L'unico rammarico: non tutti gli atleti erano presenti sul palco... Adesso tutti a nanna, da giovedì è tempo di medaglie.
Spettacolo Millet Tour du Rutor Extrême
«Ore 7, martedì 23 gennaio, Bonne, frazione di Valgrisenche. Marco Camandona prepara l’attrezzatura prima di partire per un allenamento sui pascoli che sovrastano la frazione di Arp Vieille. Con lui tre giovani saette dello sci club Corrado Gex. Ogni scusa è buona per unire i suoi due hobby, quello di responsabile tecnico dello sci club valdostano, tra i più forti nello skialp. E quello di responsabile tecnico del Millet Tour du Rutor Extrême, probabilmente una delle gare più impegnative in assoluto a livello organizzativo». Inizia così l’articolo sul numero 116 di Skialper di febbraio-marzo sul Millet Tour du Rutor Extrême, in programma il 23, 24 e 25 marzo prossimi. Il fotografo Stefano Jeantet è stata sui percorsi della mitica gara valdostana in compagnia del patron della gara, Marco Camandona.
VERSO ARP VIEILLE - Il percorso nel bosco rado di larici che abbiamo seguito passa dalle poche case di Arp Vieille. Siamo in una conca molto ampia, circondati da una corona di montagne ma con panorami molto aperti, quasi canadesi. La scelta di passare di qui non è casuale, perché ci sarà uno dei posti tappa previsti per i tifosi che saliranno lungo il percorso a seguire gli atleti. È un’iniziativa già sperimentata nelle scorse edizioni con successo: a ogni tappa c’è un simpatico gadget di uno sponsor. La salita si fa più ripida. Marco e i ragazzi scappano via veloci. La montagna si apre, il bosco finisce e inizia l’incanto dei grandi spazi, dei dolci pendii bianchi e delle ripide rampe. Il cielo è blu intenso. «A oggi le condizioni sono molto buone, dopo anni avari di neve, quest’anno la materia prima non manca, però è anche una stagione particolare, con sbalzi di temperatura e vento forte, è impossibile sbilanciarsi su come sarà e soprattutto dove passerà la gara». Il Millet Tour du Rutor ha fatto della capacità di cambiare i percorsi anche all’ultimo minuto la sua arma e anche quest’anno non ha senso, a poco più di un mese dalla gara, abbozzare cartine o tracce. Si passerà dove si potrà, cercando di stare più vicini possibili ai percorsi tipo, di fare lo stesso dislivello e sviluppi simili in lunghezza. In fondo che cosa importa quando sei in uno degli angoli di wilderness più belli delle Alpi, lontano da tutto e da tutti e circondato da metri di neve? Basta guardare queste foto per rendersene conto.
Shift, il compromesso storico
È stata una delle anteprime 2019 più chiacchierate. A metà dicembre, con un’inaspettata azione di marketing on-line, Salomon ha calato l’asso, anticipando l’uscita (prevista ufficialmente per settembre 2018) di un nuovo attacco denominato Shift. «Raramente la scimmia ha assalito in modo così violento gli appassionati, perché Shift sembra riassumere in sé le caratteristiche che da tanto tempo stavano cercando - con vari accrocchi - i rider che si collocano a metà tra il freeride fatto con impianti ed elicotteri e gli scialpinisti classici. Quello, insomma, che noi chiamiamo Freetouring, i francesi Freerando, gli americani freeride touring» scrive Davide Marta nell’articolo che pubblichiamo sul numero 116 di febbraio-marzo di Skialper, già disponibile nell’edicola digitale e acquistabile anche nella versione cartacea sul nostro sito. Un primo contatto con Shift, al quale seguirà una prova approfondita…
EVOLUZIONE DEL GUARDIAN O RIVOLUZIONE? - Al momento ne esistono meno di cinquanta esemplari, quasi tutti ancora in fase di prototipo e per la maggior parte in giro per il Nord America, per cui non effettivamente testabili e utilizzabili. Abbiamo dovuto sfruttare un esclusivo evento Salomon a La Plagne a metà gennaio per farci consegnare un paio di Shift montati su un QST 109. Siamo riusciti a smanettarci e a provarlo il tempo per capire il funzionamento e trarre le prime considerazioni. Il progetto ha richiesto notevoli investimenti e una lunga gestazione: i lavori sono iniziati dal 2010 su spinta dei freerider nordamericani di casa Salomon, tra cui Cody Townsend, che cercavano un’evoluzione del Guardian. Il desiderata da cui sono partiti era un attacco con le caratteristiche sciistiche e di sicurezza di STH2 ma con l’agilità di un modello a pin.
ALPINO O A PIN? - La chiave di volta del sistema è la possibilità di trasformare il puntale da pista in un puntale con i pin per la risalita, semplicemente azionando una leva. La talloniera, invece, ricorda quella di un tradizionale Salomon da pista, step-in. «Lo scarpone per lo sci alpino ha delle zone di scivolamento in plastica, mentre quello da scialpinismo ha suole in gomma, quindi con valori di sgancio diversi. Se regoli a DIN 8, lo Shift si sgancerà a DIN 8, sia che tu abbia uno scarpone da pista che da skialp ed è l’unico attacco a farlo». Questo è ciò che ha spiegato in sede di presentazione Benoit Sublet, che si è occupato dello sviluppo. E non è poco.
SGANCIO - Certificazione TÜV rispetto sia alla norma ISO 13992 (scialpinismo) che 9462 (sci alpino) con un range di sgancio da 6 a 13. Lo sgancio frontale è gestito dalla talloniera (in modalità alpina, con un range elastico di 9 mm prima di rilasciare lo scarpone), quello laterale dal puntale (con un range elastico di 47 mm prima di rilasciare lo scarpone).
REGOLAZIONI - La slitta consente uno spostamento di 30 mm, sono disponibili ski-stopper sulla talloniera in 4 taglie (90, 100, 110 e 120 mm), due coltelli opzionali da 100 e 120 mm e due posizioni di salita (alzatacco) da 2° e 10°. Shift pesa 850 grammi. Insomma decisamente un attacco che sarà interessante andare a mettere alla prova…
Europei: l'individual a Etna Nord. 28 gli azzurri in gara: new entry Bianca Balzarini
Ci siamo, questa è la settimana degli Europei. Si va sull’Etna con sprint giovedì, vertical venerdì e individual sabato. «Siamo pronti, anche facendo i salti mortali - spiega Vasco Agen del comitato organizzatore -. La neve è arrivata, anche se adesso le temperature si sono rialzate. Al momento abbiamo deciso di spostare l’individual (che sarà anche open) sul versante Nord a Piano Provenzana, mentre per sprint e vertical cercheremo di restare nella zona di Nicolosi, anche se, soprattutto per la sprint, siamo pronti al piano B. Organizzeremo un servizio navetta per gli atleti, ci sarà una mezz’ora di viaggio, perché il cuore della manifestazione resta Nicolosi dove mercoledì faremo la cerimonia d’apertura».
AZZURRI IN GARA - Lo staff tecnico azzurro (con Stefano Bendetti, Davide Canclini, Denis Trento e Ivan Murada, oltre alla fisioterapista Lisa Cosi) ha convocato nove senior (Robert Antonioli, William Boffelli, Michele Boscacci, Matteo Eydallin, Damiano Lenzi, Nadir Maguet, Federico Nicolini, Katia Tomatis e la new entry Bianca Balzarini), sette Espoir (Valentino Bacca, Davide Magnini, Nicolò Canclini, Alba De Silvestro, Mara Martini, Ilaria Veronese e la rientrante Giulia Compagnoni), sei Junior (Stefano Confortola, Andrea Prandi, Sébastien e Fabien Guichardaz, Giorgia Felicetti e Giulia Murada). Al via anche i Cadetti, in gare pesanti che contano per il contingente ai Giochi Olimpici invernali giovanili di Losanna 2020: nella pattuglia azzurra Matteo Sostizzo, Alessandro Rossi, Simone Giacomelli, Rocco Baldini, Samantha Bertolina e Anna Folini.
Record di Paesi al Tor 2018
Sono 2.362 gli aspiranti concorrenti al Tor des Géants in calendario dal 9 al 16 settembre 2018, 171 in più rispetto ai pre-iscritti del 2017. Quota record quella dei Paesi rappresentati, che sono 72, numero mai raggiunto in precedenza.
SORTEGGI - A giorni saranno sorteggiati i 750 partenti che verranno avvisati dall’organizzazione entro il 28 febbraio. Partenti che poi dovranno confermare la loro partecipazione tramite il pagamento della quota d’iscrizione e allegando i documenti richiesti dal regolamento (certificato medico agonistico e liberatoria). Chi non confermerà verrà via via sostituito dagli atleti in lista d’attesa. Questa, in sintesi, la procedura.
TOT DRET - Cifra tonda - 100 - il numero degli iscritti al Tot Dret, la gara di 130 chilometri che partirà da Gressoney l’11 settembre. Destinata però ad aumentare perché le iscrizioni rimangono aperte fino al 30 aprile, anche per permettere agli esclusi dal Tor di poter eventualmente accedere a una competizione d’alta quota ugualmente impegnativa che si disputa sugli stessi sentieri e nello stesso periodo della gara regina dell’endurance trail (che fa parte del circuito internazionale 5Legends).
STRANIERI E TOP - Dunque gran sventolio di bandiere internazionali, da quella della Groenlandia a quella del Vietnam, in questa edizione 2018 del Tor des Géants alla quale hanno già aderito numerosi trail runner top. Per l’Italia si può già contare su Franco Collé, Gianluca Galeati, Giulio Ornati, tutti in cerca di rivincita, mentre ancora si è in attesa della decisione di Oliviero Bosatelli, combattuto tra la partecipazione alla gara valdostana, che lo ha visto sempre grande protagonista, e il completamento del circuito 5Legends, che comporta il portare a termine cinque ultra trail durissimi in Paesi e anche contenti diversi. Hanno confermato la loro presenza l’inglese Jezz Brag, Luke Nelson, John Anderson e Joe Grant dagli Stati Uniti, Patrick Delikat e Nahuel Passerat dalla Francia, Galen Reynolds dal Canada, Simon Møller Grimstrup dalla Danimarca, Masahiro Ono dal Giappone. A proposito di Giappone, va sottolineata la preiscrizione al Tor di ben 130 suoi atleti e, se sommiamo gli atleti di altri Paesi vicini, il numero dei rappresentanti dell’Asia orientale è davvero impressionante. Tornando ai big, in campo femminile hanno già dato la loro adesione tutte le prime donne dello scorso anno: Lisa Borzani, Marina Plavan, Sthepanie Case, Silvia Trigueros Garrote, Sonia Locatelli. Tornano anche la pluripremiata Denise Zimmermann e Federica Boifava, lo scorso anno infortunatasi due giorni prima di partire per Courmayeur. Ci saranno inoltre l’australiana Sandra Sukling, la statunitense Linda Quirk e l’olandese Bil Marjolein. Continuando con la lista dei trailer runner più illustri, Jules Henry Gabioud, vincitore del Tor edizione 2011, questa volta ha dirottato il suo interesse verso il Tot Dret, dove dovrà vedersela, al momento, con Giuliano Cavallo, Enzo Benvenuto, Marco Vuillermoz, Jarno Venturini e altri atleti di grosso calibro.
Tracce, 42 itinerari primaverili
Sono ben 42 le proposte di itinerari primaverili con sci e pelli che pubblichiamo nell’inserto Tracce del numero 116 di Skialper di febbraio-marzo (disponibile nell’edicola digitale e acquistabile anche nella versione cartacea sul nostro sito oltre che in edicola), una sezione stampata su carta diversa dal resto della rivista e che occupa le ultime 32 pagine. Un inserto giunto alla sua seconda edizione e ricco di proposte da sfruttare in uno degli anni più nevosi di sempre.
CONSIGLI DA LOCAL - Curato da Andrea Bormida, Tracce unisce gite di ogni livello dalle Alpi Marittime al Friuli, con qualche incursione in Francia, Svizzera, Austria e Slovenia. Gli itinerari sono il frutto dell’esperienza di Bormida e di una serie di corrispondenti locali, come Davide Terraneo, autore di diverse discese di sci ripido, Matteo Donati, direttore della scuola di scialpinismo del CAI di Arona, Andrea Concini, Aspirante Guida alpina, e Andrea Fusari, Guida alpina. Si tratta naturalmente di proposte che abbiamo ritenuto particolarmente adatte al periodo e per ognuno pubblichiamo anche una mappa e tutte le informazioni pratiche.
DALLE ALPI A… - Per questo numero abbiamo inserito anche una destinazione fuori dall’arco delle Alpi e molto gettonata soprattutto lo scorso anno, l’Etna. Gite sempre ricche di fascino quelle tra il fuoco dei crateri e l’azzurro del mare… Non mancano alcuni itinerari ai quali abbiamo voluto dare più spazio come quello alla Punta Piovosa, nel Cuneese, o al Monte Rion - Brèche Esther in Valle d’Aosta o ancora al Pizzo di Coca sulle Orobie. Da non perdere anche la doppia pagina sul curioso Monte Forato, in Friuli, dove i raggi del sole in alcuni momenti filtrano attraverso questo curioso buco nella montagna. Parliamo anche del Monte Triglav, la più alta vetta della Slovenia, un must per ogni montanaro sloveno che si rispetti.
L’OCCHIO DIGITALE - Nella pagina finale la consueta panoramica sulle zone più innevate e gli itinerari più battuti nei mesi scorsi e… sul web.
Caroline Face, 2.000 metri di ghiaccio
La Caroline Face è stata l'ultimo problema alpinistico neozelandese negli anni '70 e, con l'avvento dello sci su grandi pareti, nell’ultimo decennio una delle più grandi linee al mondo rimasta da sciare. Era stata addirittura inserita in una top ten di discese ancora da realizzare, insieme alla sud del Denali (poi scesa da Andreas Fransson), al K2 e altre ancora. L'ultimo tentativo, quello di Andreas Fransson e Magnus Kastengren nel 2013, terminò al Porter con la fatale caduta di Magnus, senza la quale probabilmente i due avrebbero sciato l'intera parete. Il problema è stato risolto lo scorso autunno da Enrico Mosetti, Tom Grant e Ben Briggs e su Skialper 116 di febbraio-marzo, già disponibile nell’edicola digitale e acquistabile anche nella versione cartacea sul nostro sito, lo stesso Mosetti ha scritto un interessante articolo sulla sua discesa.
DIMENSIONI E CONDIZIONI - Il grande problema della Caroline face non è tanto la pendenza, comunque per gran parte della discesa intorno ai 50°, quanto la dimensione della parete: duemila metri di ghiaccio tormentati da seracchi pensili qua e là. Per non parlare delle condizioni: la Nuova Zelanda non è certo nota per il clima mite e, per quanto riguarda il vento, la punta massima registrata in cima all'Aoraki/Mount Cook è di oltre 250 km/h. Senza contare i pericoli oggettivi di una parete simile.
IL GIORNO - «Già dal volo in elicottero la nostra linea sembrava in ottime condizioni e, cosa ancor più importante, il seracco a metà parete non era un muro strapiombante di cento metri, come appariva dalle foto di Tom del 2015, bensì una rampa che finiva su un muro arrotondato» scrive Mosetti. «All'alba del 27 ottobre ci siamo ritrovati a battere traccia nella neve, a tratti fino ben oltre la vita, per raggiungere la cresta est che ci avrebbe condotto fin sotto la cima mediana dell'Aoraki/Mount Cook. Dopo sette ore e mezza di sforzi, finalmente siamo sbucati in cresta. La cosa bizzarra è stata ritrovarsi su una montagna di 3.700 metri, avere l'oceano a meno di dieci chilometri in linea d'aria e al di là dei ghiacciai vedere la foresta pluviale». E poi giù per i 2.000 metri di neve e ghiaccio.
MALTE BRUN - Il gruppo si è anche concesso un’altra prima sulla Zig Zag Route, che solca la Malte Brun, montagna piuttosto prominente che, essendo la più alta, dà il nome a un sottogruppo di fronte al Cook.
Marker vuol fare l'Alpinist(a)
C’è molta attesa attorno al nuovo attacco Alpinist di Marker, il primo, vero, attacchino della casa tedesca che sarà in vendita dalla prossima stagione invernale. Emilio Previtali ha avuto l’opportunità di provarlo per Skialper e sul numero 116 di febbraio-marzo, già disponibile nell’edicola digitale e acquistabile anche nella versione cartacea sul nostro sito, all’interno di uno speciale di più di 30 pagine dedicato alle anteprime 2019 pubblichiamo un ampio articolo su un prodotto che è chiaramente pensato per imprese dove serve la leggerezza, anche sul versante più alpinistico dello skialp.
LEGGERO E ROBUSTO - Alpinist è un prodotto leggero (245 grammi senza ski-stopper), essenziale e soprattutto solido e robusto, che non ti pianta in asso. Ci sono alcune caratteristiche del prodotto, come la lunghezza di compensazione di quattro millimetri per garantire la sicurezza e il gioco tra punta e fissaggio posteriore dello scarpone quando lo sci viene sollecitato e deformato durante l’uso, che riescono a rievocare la storia e il prestigio di Marker. Altra caratteristica importante: i braccini del puntale dell’attacco Alpinist e della piastrina di base (che dispone finalmente di una dimensione e di una distanza dei fori di montaggio sullo sci di 38 millimetri, ideati per l’uso con aste più larghe dei classici sci race) sono rinforzati con carbonio a fibra lunga che garantisce il 30 per cento di rigidità in più rispetto a un attacco in solo metallo. Alpinist ha la non trascurabile caratteristica di consentire lo scorrimento della talloniera per adattarsi a scarponi di differente misura: il range di movimento è di 15 milillemetri (+/- 7,5). È disponibile con molle di sgancio da 4-9 DIN o 6-12 DIN, c’è lo ski-stopper opzionale ed è compatibile con tutti i rampanti All Pin Tech. Tutte caratteristiche che hanno fatto scegliere Alpinist al pro rider Stian Hagen, che prima usava Kingpin.
Alessandro Sandy Marchi e l'arte di shapeare
Per Alessandro Sandy Marchi, fondatore di Sandy Shapes, lo shapeing potrebbe essere definito quasi una missione visto che nella sua vita ha shapeato e shapea qualunque cosa: surf longboards, skate longboards, sci e - ovviamente - snowboard e splitboard. Le sue mani hanno progettato e plasmato qualsiasi tipo di tavola per scivolare su ogni tipo di superficie. Anche dal punto di vista estetico le sue tavole non passano certo inosservate, coniugando un’anima naturale con un look di design. Scendendo nel dettaglio ricordiamo, per chi se lo fosse perso, che la Zingara - modello split della casa - ha vinto il nostro award Revelation of the Year sulla Buyer’s Guide di questa stagione invernale. Siamo stati a trovare Sandy e a vedere come produce le sue ‘creature’. Ne parliamo su Skialper di febbraio marzo, già disponibile nell’edicola digitale e acquistabile anche nella versione cartacea sul nostro sito.
Un lavoro che è anche di contaminazione quello di Sandy, che non si è sottratto alle domande di Luca Albrisi. «Il know how che si è creato mescolando le tecnologie e le shapes di surf, snowboard e sci ha permesso di ottimizzare le curve dei camber e rocker, portando ad esaltare il carattere di ciascun modello o le esigenze del singolo rider e arrivando anche a creare vere e proprie tavole custom - dice Marchi -. Anche il mio studio del parallelismo delle sciancrature deriva del surf come alcune tecnologie come gli slimrails simili agli stepdeck del surf. Molto surf nello snowboard, molto snowboard nello sci, molto sci nello snowboard». E la Zingara? «Zingara… lei ti porterà dove mai nessun’altra ti ha portato. Il nome la descrive; ho voluto creare una geometria twin all mountain che permettesse un approccio molto frontale con la montagna in condizioni estreme e spazi limitati. È l’unico caso in cui siamo partiti dal modello split per poi derivarne anche la versione solida che oggi è la mia tavola più venduta…».
Kilian is back
Kilian is back. Era uno dei più attesi in Coppa del Mondo al rientro dopo l’operazione alle spalle. «Il recupero sta procedendo nel modo migliore - spiega il catalano - nell’individual non ho forzato in discesa, perché il medico che mi sta seguendo in questa fase, mi ha 'imposto' di non usare i bastoni, o meglio di tenerli bassi mentre sono in fase di curva».
Beh, il motore non l’hai perso…
«Ho continuato ovviamente ad allenarmi: queste gare mi servivano per capire a che punto ero in vista nel resto della stagione. Ho deciso che farò gli Europei sull’Etna e poi le tre prove de La Grande Course, Altitoy, Pierra Menta e Tour du Rutor, tutte con Jakob Herrmann».
Hai già qualche idea sull’estivo?
«Qualche prova della Golden Series, magari una ultra».
UTMB?
«Non lo so ancora. Ho in programma una serie di concatenamenti in Pakistan o in Nepal. Tutto dipende dai permessi che avrò. A seconda dei Paese che mi darà l’ok cambieranno i mesi per affrontare la spedizione. E dunque quando avrò il piano definitivo di queste trasferte, mi organizzerò di conseguenza sui programmi estivi».
Alla Fiera dell’Est
«Vattene all’Est da Mosetti e guarda un po’ cosa ci trovi». L’ordine, dalla redazione, era più o meno questo. L’anno scorso ce n’eravamo andati al Sud, quest’anno tocca dirigersi all’Est, quindi, verso le Alpi Giulie. Io, per inciso, abito all’Ovest, a Torino. Vado a sciare su cime alte più di tremila metri, a volte quattromila, molto spesso poi finisco in Francia dove bene o male mi ci ritrovo; al massimo il caffè fa un po’ schifo, ma le montagne hanno sempre la stessa forma. All’Est, invece, non mi ci ero mai fermato d’inverno e come tanti avevo la convinzione che l’Italia finisse a Venezia. Le montagne lì sono basse, squadrate e cattive, come i pugili che se le danno nel retro dei bar di periferia. La maggior parte di esse non arriva neanche a 2.000 metri, per dare un’idea». Inizia così l’ampio reportage di Federico Ravassard sullo sci selvaggio nelle Alpi Giulie che pubblichiamo su Skialper 116 di febbraio-marzo, disponibile nell’edicola digitale e ordinabile sul nostro sito nella versione cartacea.
CON IL MOSE - Saranno montagne basse, almeno per uno che arriva dall’Ovest, però in mezzo a queste montagne è cresciuto uno degli scialpinisti italiani più cool del momento, Enrico Mosetti, detto il Mose. «Classe 1989, sponsorizzato da quel marchio molto hipster di Chamonix che ne riflette in pieno l’immagine, quattro spedizioni all’attivo e discese pazzesche su giganti di cinque o seimila metri in Perù, Georgia e Nuova Zelanda, più un tentativo al Laila Peak in Pakistan, ovvero una delle più belle montagne del mondo. Tutto questo per dire che, insomma, se uno così impara a sciare da queste parti, allora le Alpi Giulie devono avere un qualcosa dentro di selvaggio». Con lui ha sciato e girato Federico, ma non solo…
L’IMPORTANTE È SCIARE - Beatrice, Nicole, Andrea e Samuele hanno tra i 21 e i 22 anni e nella vita, oltre a studiare, sono maestri di sci ma amano anche uscire con le pelli, nella zona di Tarvisio. E sciano… Nei piedi avevano tutti assi e scarponi di una certa massa, si capisce che prima ancora di essere alpinisti loro sono sciatori, anche salendo verso il Montasio con le pelli. È importante sciare anche se è brutto, se la nebbia nasconde tutto. Come al Monte Sart, dove Federico ha avuto come compagno di gita Davide Dade Limongi. Non senza fare prima una tappa al Rifugio Gilberti e conoscere Tschurwi, cuoco e custode di questi monti. Dalle Alpi Giulie non nascono solo scialpinisti forti in discesa: ce ne sono altri che il vento sulla faccia lo sentono anche in salita. Uno di questi, che i lettori di Skialper conoscono bene, è Tadei Pivk, residente a Camporosso.
SENZA CONFINI – Il bello delle Alpi Giulie è che Austria e Slovenia sono dietro l’angolo, ed ecco allora che non ci siamo fatti mancare una sortita in Cariniza con Mose e i suoi allievi del corso di scialpinismo e a Bovec, sul versante sloveno di Sella Nevea, nella valle dell’Isonzo. «Nel fondovalle luccica l’acqua azzurra dell’Isonzo, la stessa che un secolo fa era tinta dal rosso del sangue dei ragazzi mandati a difendere il fronte dalle truppe austroungariche. La Prima Guerra Mondiale qui c’è stata per davvero: basti pensare che uno degli elementi decisivi della disfatta di Caporetto fu un tunnel poco sotto di Sella Nevea che gli austriaci utilizzarono per spostare armi e uomini senza farsi vedere dagli italiani appostati al colle».
SAPORI DELL’EST – All’Alte Hütte a Campo Rosso Roberto Del Negro, proprietario e cuoco del ristorante, oltre a cucinare i deliziosi rigatoni al salto, è la memoria vivente dello scialpinismo giuliano. Gestiva una taverna che era di fatto un punto di riferimento fisso per i giovani scapestrati che si divertivano ad andare su e giù dai monti con mezzi e tecniche a dir poco rudimentali, come degli sci lunghi mezzo metro importati dall’Austria con i quali cercavano di scendere nei canali sopravvivendo in qualche modo fino al fondo. Le pareti del ristorante sono un pezzo di storia: nelle fotografie sono ritratti volti noti come Messner, Casarotto e Kukuckza. Lunga vita allo sci selvaggio.