Tutto pronto per l’Adamello Ultra Trail
Tutto pronto per l’Adamello Ultra Trail, una quinta edizione che si preannuncia un poco più compatta, ma decisamente più spettacolare. Al fine di commemorare l’anniversario della Grande Guerra e ascoltando i feedback ottenuti dagli atleti, ora la prova principe della gara avrà uno sviluppo da 165 km. Ultimi giorni di lavoro sui sentieri di confine tra Lombardia e Trentino. «Faremo passare gli atleti di notte al Passo dei Contrabbandieri a quota 2681 metri – ha esordito Paolo Gregorini -. Sarà la quota più alta toccata, ma ne varrà decisamente la pena. L’ascesa al valico su sentiero interamente militare è mozzafiato e, sotto la luna piena, non potrà che regalare suggestione ed emozione. Il tratto finale, leggermente esposto, sarà illuminato dalle fiaccole a memoria di quello che è stato in segno di pace. Per entrambe le prove lunghe, invece, è programmato il passaggio al Rifugio Corno d’Aola (dopo la salita dalla base vita di Ponte di Legno) e la sistemazione del faticoso tratto che conduce alla malga del Monte Calvo, quest’anno decisamente più agevole». A seguito di queste varianti cambia anche la lunghezza dell'Adamello Ultra Trail, che scende a circa 165 km, mentre resta all'incirca uguale il dislivello (11.500 m D+); stessa distanza (84 km) e stesso dislivello (5700 m D+) dell'edizione passata invece per l'Adamello trail.
Saranno più di 250 i partenti sulle prove long distance: start alle 9 di venerdì dell’Adamello Ultra Trail in piazza IV Luglio a Vezza d'Oglio, sempre alla 9 ma di sabato quello dell’Adamello Trail in piazza XXVII Settembre a Ponte di Legno; come le passate edizioni, grazie alla dotazione a ogni atleta di dispositivo ‘gps tracking’, sarà possibile seguire la gara in tempo reale su www.adamelloultratrail.it.
Olimpiadi 2026, adesso cosa fa l'Italia?
«La proposta è morta qui». Sono le parole del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti sulle Olimpiadi invernali a tre (Milano, Torino e Cortina). Il governo non trova la condivisione tra le tre sedi e decide che la candidatura così come è stata formulata non possa avere alcun sostegno. Tutto questo ufficialmente, in commissione al Senato. Manca una gestione unica, ma condivisa da tutti, una partecipazione alla pari. Così tutto saltato.
Dunque che si fa? Il Governo si tira fuori, Torino è pronta a sfilarsi, potrebbe nascere un asse Milano-Cortina, anzi Lombardia-Veneto ma dovrebbe farsi carico delle risorse economiche necessarie.
Adesso è tutta una questione politica. Torino rientra? Il governo che ha detto no, deciderà poi di sostenere la candidatura a due? In attesa delle decisioni definitive, il Coni deve andare a Losanna a dire cosa farà l’Italia. C’è tempo. Sì ma non troppo. Il prossimo executive board meeting del CIO, quello a Buenos Aires che dirà quali sono le città candidate ammesse, è alle porte, il 3 e 4 ottobre. Mettiamo che l’Italia arrivi ad una soluzione a due o tre sedi e sia ammessa: lo scoglio successivo è quello dell’11 gennaio, la data di scadenza della presentazione delle garanzie chieste dal CIO. Se sarà a due ci saranno le coperture economiche nel caso il governo confermi la linea di non sostenere la candidatura? Dal quel giorno restano tre mesi per completare il dossier definitivo, dopo che il CIO abbia analizzato tutti i progetti della città candidate, facendo anche eventuali richieste di informazioni su risorse, strutture, investimenti. La scelta finale nel congresso dell’11 settembre 2019 a Milano. Ci arriverà la candidatura italiana?
Vola in alto Nadir Maguet
Vola in alto Nadir Maguet: l’argento ai Mondiali di skyrunning è solo l’ultimo dei tanti grandi risultati della stagione estiva del valdostano. Che non è ancora finita.
«Non ho cambiato granché rispetto al passato, direi solo che ho più esperienza per gestire la gara, e anche una maggiore consapevolezza delle mie possibilità. E questo mi dà tanta più sicurezza».
Il vertical è una garanzia per te, adesso anche le sky sono il tuo pane.
«Vale il discorso di prima. Su certe distanze ho presso maggiore confidenza».
In Scozia?
«Era un chilometraggio un po’ più lungo del mio solito. Sapevo che avevo la gamba, ma in gara è sempre un’altra cosa. Mi ha aiutato il fatto di correre dietro, e con Kilian: è sempre molto regolare, in discesa poi le sue linee sono impeccabili. Aiuta molto avere un campione come lui davanti. In questo momento resta una ‘macchina’: il giorno dopo lui ha fatto la skyline, il tracciato è stato ridotto per carità, ma l’ha corsa e vinta. Io avevo male alle gambe e quasi zoppicavo…».
Ottime sensazioni anche per la stagione dello ski-alp.
«Mah, sono due sport diversi. Certo è che quest’estate mi dice che il motore c’è e mi dice anche come affrontare le gare sulla neve».
Gara e preparazione, come si concilia il tutto?
«Non ho problemi particolari. Faccio il programma di lavoro pianificato con il Centro Sportivo Esercito, vado ai raduni, a parte l’ultimo che era in concomitanza con le gare iridate: l’unica attenzione è quella di programmare al minimo dettaglio l’allenamento dello ski-alp con le gare di skyrunning, il recupero, per non andare fuori giri».
Tante gare in inverno, altrettante in estate, cosa dice la tua testa?
«Quando chiudo lo ski-alp, stacco un mese. Poi però ho bisogno di un pettorale per sentirmi ‘vivo’, e se poi arrivano i risultati allora il tutto non ti pesa per niente. Adesso farò Limone, poi chiudo con Fully, di nuovo un periodo di stop dalle gare, poi si torna in pista sulla neve».
Salomon punta sul rapporto qualità-prezzo con Trailster
Non è passata inosservata a chi ha avuto l’opportunità di visitare uno showroom Salomon. Si chiama Trailster ed è la scarpa d’attacco della casa di Annecy, un modello pensato per avere un punto prezzo consigliato intorno ai 100 euro, che prevedibilmente con le offerte dei negozianti potrà scendere ancora verso i 90-85 euro. Una scarpa che si posiziona dunque sotto il punto prezzo dei prodotti top di Salomon. Ma la sfida non è stata fare un modello economico, ma una scarpa con un buon rapporto qualità-prezzo. E infatti Trailster utilizza soluzioni sperimentate su varianti di successo.
DETTAGLI - La suola è una tradizionale Contagrip con chiodi da 4-5 millimetri, il profilo è di 29-19 mm per un drop di 10 mm e per l’ammortizzazione dell’intersuola si è optato per la combinazione Energy Cell + EVA che garantisce un’ammortizzazione superiore, soprattutto con il passare dei chilometri e non necessariamente per chi sa correre. La tomaia (peso intorno ai 315 gr) non prevede il calzino interiore Sensifit, ha stringhe tradizionali piatte al posto del Quicklace ed è in parte simile a quella della S/Lab Ultra. «I primi chilometri hanno trasmesso buone sensazioni per grip, protezione e ammortizzazione, valido anche il comfort» scrivono i colleghi spagnoli di carrerasdemontana.com che l'hanno già messa ai piedi e contano di provarla a lungo (la valutano utilizzabile fino alla percorrenza notevole di 800-1.000 km). Qualche dubbio invece sulla fasciatura del piede garantita dalle stringhe. Trailster è già in vendita in alcuni selezionati negozi.
Ivrea-Mombarone sotto il diluvio
La terza domenica di settembre per Ivrea e il Canavese è la domenica dell’Ivrea-Mombarone, la corsa in montagna che dal centro di Ivrea arriva in vetta del Mombarone, una corsa di 20 km con 2100 metri di dislivello positivi. Gara che si corre da 42 anni e che in questi anni ne ha viste di tutti i colori, metereologicamente parlando, anche due arrivi sulla neve, ma la bufera d’acqua che si è abbattuta sul percorso, da Andrate alla vetta del Mombarone (sono comunque 10 km e 1500 metri di dislivello) non si era mai vista così intensa. «Abbiamo pensato innanzitutto alla sicurezza dei concorrenti – dice Marco Zodo, presidente degli Amici del Mombarone società organizzatrice dell’evento – quindi dopo un consulto con il responsabile del Soccorso Alpino dislocato sul percorso abbiamo deciso di stoppare la gara a Pian Curtasa a quota 1700 metri per chi non era ancora lì transitato. Avevamo 410 iscritti, 180 sono arrivati in vetta, gli altri verranno classificati con il tempo di passaggio a San Giacomo di Andrate».
Il meteo così inclemente ha così condizionato la gara, non il risultato agonistico, con i favoriti della vigilia comunque a segno anche se con un risultato cronometrico magari leggermente al di sopra delle attese.
Per Massimo Farcoz questo è il primo successo in carriera alla ‘Momba’, con il crono di 2h03’37”. Per l’allievo di Erminio Nicco del Pont Saint Martin una gran gara, in cui ha preso il comando da Andrate e ha aumentato proprio nel tratto da Pian Curtasa alla vetta. Vista la sua età, 25 anni e le sue doti podistiche in montagna, dopo due titoli italiani Promesse nel km verticale, potrebbe essere nella specialità delle lunghe distanze il suo futuro. Un po’ a sorpresa ma con pieno merito sale sul secondo gradino del podio il giovanissimo Gabriele Bacchion in 2h07’47”, podio completato da Edward Young in 2h10’08”. Nella top ten Enzo Mersi in 2h11’30”, Henri Grosjacques in 2h16’07”, Marco Gazzola in 2h16’55”, Silvio Balzaretti in 2h19’34”, Davide Nicco in 2h22’24”, Roberto Giacchetto in 2h23’45” ed Emanuele Coda in 2h23’51”.
All’Ivrea-Mombarone è tornata la recordwoman dell’anno scorso, Camilla Magliano della Podistica Torino, anche se giovedì aveva corso in Scozia il vertical del Mondiale di skyrunning. Ha vinto alla grande in 2h23’32”, confermandosi in ripresa dall’infortunio che le ha fatto perdere tutta la prima parte agonistica dell’anno e forse la maglia azzurra, alla quale deve aspirare il prossimo anno. Alle sue spalle Katarzyna Kuzminska in 2h32’23” e Chiara Giovando in 2h33’27”, con Elisa Arvat in 2h37’20” ed Elisa Almondo in 2h39’52” ai piedi del podio.
Lago Maggiore Zipline Trail a Riccardo Borgialli e Monica Moia
Una terza edizione della Lago Maggiore Zipline Trail all’insegna di un tempo decisamente autunnale. La gara dell’Alpe Segletta di Aurano, organizzata da AVIS Marathon Verbania in collaborazione con l’associazione Terre Alte Laghi, è stata caratterizzata da pioggia e nuvole basse. Nella 25 km ha vinto Riccardo Borgialli, al suo secondo successo dopo l’affermazione del 2016, con il tempo di 1h57’31”, nuovo record sul percorso; il portacolori del Bergteam Salomon si è reso protagonista di un lungo duello con Mauro Stoppini poi classificatosi secondo in 2h01’33”. Borgialli è riuscito a staccare l’atleta di Sport Project VCO a un ristoro: Stoppini si è fermato, mentre Borgialli ha proseguito, conquistando un piccolo vantaggio che poi si è ingigantito fino a raggiungere i quattro minuti. Terzo si è classificato Mauro Bernardini (Atletica AVIS Ossolana) con il tempo di 2h08’03”.
In campo femminile si è imposta Monica Moia in 2h44’23”: l’atleta del GS Bognanco è stata sempre in testa ma la seconda classificata, Francesca Ferrari (AVIS Marathon Verbania, 2h45’42”) è sempre stata piuttosto vicina alla battistrada, rendendo la gara avvincente; in terza posizione Tina Bauce (2h53’48”).
La gara da 11 km ha visto l’affermazione, per il terzo anno consecutivo, di Andrea Agnelli (Caddese Monique Girod, 51’17”) davanti ad Alberto Gramegna (Caddese Monique Girod, 53’29”) e Davide Borghi (53’36”, GAV Verbania); nella gara rosa vittoria per la runner dell’Atletica Susa Jessica Tieghi (1h04’57”) davanti a Chiara Cerlini (1h08’27”) e Cristina Massarenti (Atletica Belinzago, 1h11’57”).
Se gli africani vincono anche le skyrace...
I successi africani di oggi alla Zacup, sia nella classifica maschile che in quella femminile, uniti al terzo posto del keniota Kiyaka e allo strapotere dell'Africa ai Mondiali di corsa in montagna, segnano un passaggio importante nella storia di questo sport. Se ugandesi, ruandesi e kenioti si sono presi da anni lo scettro in una displciplina molto atletica e competitiva ma meno tecnica come la corsa in montagna (però i cinque gradini del podio su sei di oggi sono comunque un risultato impressionante), si è sempre pensato che i trail più tecnici, in particolare le skyrace, fossero rimaste le uniche gare della corsa dove gli europei potessero ancora dire la loro. Il doppio successo di Simukeka e Niyirora alla Zacup deve fare riflettere perché ottenuto in una vera sky, con passaggi tecnici e catene. Tempo fa Marco De Gasperi portò un giovane atleta messicano a correre qui, non conoscendo la reale tecnicità del percorso, e ne rimase sorpreso. I messicani sono sicuramente più arrampicatori di ruandesi e kenioti...
SEGNALE DA NON TRASCURARE - L'evoluzione tecnica degli atleti e delle atlete africane segna un passo avanti, proprio nel giorno in cui a Berlino un altro africano fa crollare il record del mondo nella maratona e sposta sempre più il limite verso la barriera delle due ore. Naturalmente la nostra è una osservazione che non può basarsi su dati scientifici: come per le vittorie delle donne, non abbiamo la riprova che il parterre degli avversari fosse il meglio possibile, anche se - basta guardare la classifica - era di assoluto livello. Rimane il fatto che i record di De Gasperi e Desco non sono stati battuti, seppur quello maschile per poco, e questo incrina in parte il teorema, anche se si entra in un terreno minato fatto di condizioni meteo, temperatura e alte variabili che non rendono perfettamente sovrapponibili i tempi registrati in occasioni diverse. Se poi aggiungiamo che nel 2014 l'eritreo Petro Mamu ha battuto Kilian alla Limone Skyrace, diventa evidente che, quanto più gli africani si avvicineranno alle sky, quanto meno spazio rimarrà per gli europei.
GAP TECNICO - Con oggi il processo di riduzione del gap tecnico entra nella fase due. «Sul tecnico eravamo alla pari, e questa è stata una sorpresa perché pensavo di avere un minimo di vantaggio, ma appena c'era un tratto più corribile scappavano via» ha detto Daniel Antonioli, che conosce le Grigne come le sue tasche ma oggi ha dovuto accontentarsi del secondo posto, che vale comunque il titolo italiano. Rimane il fatto che la tendenza è chiara. E che la Valetudo continua a scoprire nuovi talenti, dagli africani ai romeni. E la Valetudo è italiana. Fra qualche anno rimarrà l'unico tricolore nelle classifiche delle skyrace? Ovviamente è una provocazione, ma...
Doppietta africana alla ZacUp
Doppietta africana alla sesta edizione della ZacUp con i successi di Jean Baptiste Simukeka e Primitive Niyirora: ed è la prima volata nella gara lecchese.
La nebbia, che sin dalle prime ore dell’alba ha avvolto le cime, non è riuscita a rovinare la festa del Team Pasturo. Dopo due anni di attesa la ZacUp è finalmente tornata in vetta al Grignone, proponendo ai 377 partenti dell’edizione 2018 il tracciato originale: 27,5 km chilometri con l’impegnativa ascesa ai 2410 metri del Rifugio Brioschi dopo essersi letteralmente issati sulle catene che portano prima allo Zapel de l’Asen e poi alla vetta simbolo di queste montagne. I migliori hanno subito sgranato il gruppo di testa. Al rifugio Bogani, dopo circa 13 km, sono transitati nell’ordine il ruandese Jean Baptiste Simukeka, il keniano Dennis Kiyaka, Daniel Antonioli, Gil Pintarelli e Cristian Minoggio. In vetta al Grignone nessuna sorpresa, Simukeka vantava un 1’ su Antonioli e 2’ su Kiyaka. Nella gara rosa la ruandese della Valetudo Primitive Niyirora ha invece provato a scrollarsi di dosso la trentina del team Laspo Paola Gelpi. Per la new entry della scuderia del patron Giorgio Pesenti un vantaggio parziale di 7’ al gpm della gara. In lizza per un posto sul podio le sue compagne di team Elisa Grill e Cecilia Pedroni.
Al traguardo di Pasturo tanta gente ha accolto Jean Baptiste Simukeka che, dopo avere vinto la ResegUp, ha saputo imporsi anche in Valsassina con un crono di 2h51’37”. Seconda piazza per Antonioli 2h56’20”, mentre terzo si è piazzato il keniano Dennis Kiyaka in 2h59’02”. Alle loro spalle sono poi sfilati Cristian Minoggio, Gil Pintarelli, Paolo Bert, Mattia Gianola, Danilo Brambilla, Erik Gianola e Nicola Giovannelli.
Al femminile netto successo per Primitive Niyirora in 3h36’14”. Sul podio con lei Cecilia Pedroni 3h44’25” e Paola Gelpi 3h46’37”. Nelle cinque anche Elisa Grill e Martina Brambilla.
La gara era anche prova unica di campionato italiano assoluto di skyrunning: titolo a Daniel Antonioli e Cecilia Pedroni; campioni under 23 si sono laureati Riccardo Ciresa e Federica Ardizzoia.
Mondiali corsa in montagna, dettano legge gli africani. Per l'Italia due medaglie pesanti
Imprendibili gli africani. Uganda e Kenia dettano legge ai Mondiali di corsa in montagna in programma ad Andorra. Nella prova di Canillo di sola salita, tre ugandesi ai primi tre posti della gara maschile: oro per Robert Chemonges davanti a Joel Ayeko e Viktor Kiplangat. Quarto il britannico Joe Gray, quinto il norvegese Johan Bugge. Ma l’Italia va comunque a medaglia: argento a squadre - dietro ovviamente all’Uganda - con il settimo posto di Francesco Puppi, l’ottavo di Martin Dematteis, il nono di Bernard Dematteis e il dodicesimo di Nadir Cavagna.
Al femminile, Kenia protagonista con l’oro di Lucy Wambui Murigi e nella classifica per nazioni. Sul podio individuale la svizzera Maude Mathys, con bronzo per la keniana Viola Jelagat. Solo sesta l’austriaca Andrea Mayr dopo sette titoli iridati. La migliore delle azzurre, Elisa Sortini dodicesima.
Seconda medaglia per l’Italia con la squadra juniores femminile che mette in bacheca l’argento. Vittoria per l’ugandese Risper Chebet con quarta Alessia Scaini, quinta Angela Mattevi, nona Gaia Colli e ventitreesima Linda Palumbo. Negli junior maschile ancora tripletta ugandese con Dan Chebet, Mathew Chepkurui e Oscar Chelimo; Italia quinta a squadre con due azzurrini nei venti, Isacco Costa decimo e Giovanni Rossi diciottesimo.
Anton Palzer primo alla Südtirol Drei Zinnen Alpine Run
Anton Palzer e Michelle Maier sono i vincitori della Südtirol Drei Zinnen Alpine Run 2018. Il vi a davanti alla Casa Sesto, con nebbia alta e temperature attorno ai 13 gradi, tempo perfetto per una corsa in montagna Dopo il tradizionale giro del paese un gruppetto di sei concorrenti, formato da Palzer, Luca Cagnati e Hannes Perkmann, dai due keniani Robert Surum e Francis Njoroge e l'austriaco Manuel Seibald, già vantava diversi metri di vantaggio sul gruppo. Dopo circa 10 chilometri e 30 minuti di tempo, al Rifugio Fondo Valle è arrivato un gruppo ridotto a cinque con Njoroge, Surum, Palzer, Perkmann e Cagnati.
Iniziata la salita, presto Palzer e Perkmann hanno staccato gli altri corridori.
Sul tratto che conduce al Rifugio Comici, Palzer è riuscito a distanziare anche Perkmann, guadagnando un vantaggio di circa un minuto sull'inseguitore. Dietro a loro, Cagnati e Njoroge. Giunto al punto più alto della gara, la Forcella Pian di Cengia, Palzer aveva accumulato un vantaggio di due minuti. Ormai era chiaro che nulla avrebbe impedito al bavarese di vincere. E infatti, dopo 1h29’31” Anton Palzer, che a marzo aveva vinto la gara di scialpinismo Drei Zinnen Ski Raid, ha tagliato il traguardo accaparrandosi la vittoria. Con un ritardo di 2’08”, Luca Cagnati si è classificato secondo, mentre Hannes Perkmann ha completato il podio classificandosi terzo (1h33’01”).
Al femminile, Michelle Maier si è rivelata straordinaria. Dopo solo una settimana dal secondo posto nella Jungfrau Marathon, pochi metri dopo il via ha staccato il gruppo, ha mantenuto le distanze per tutti i 17,5 chilometri con 1350 metri di dislivello e ha tagliato il traguardo davanti al Rifugio Locatelli a 2405 metri di altitudine dopo 1h42.34. Con questo tempo, Michelle Maier ha battuto il record stabilito nove anni fa dalla neozelandese Anna Frost di 25 secondi. Al secondo posto la svizzera Victoria Kreuzer con un tempo di 1h48’21”. Nel 2014, l'elvetica aveva vinto la corsa in montagna nelle Dolomiti, mentre nel 2016 si era classificata terza. Il terzo piazzamento della Südtirol Drei Zinnen Alpine Run 2018 è andato a Petra Pircher in 1h53’08”.
Il re è ancora Kilian Jornet, ma il Mago è argento
Il re è ancora Kilian Jornet: il catalano vince in Scozia la Salomon Ring of Steall, il Mondiale ISF di skyrace. Ci ha provato Nadir Maguet, fortissimo, determinato, che alla fine è argento a 1’31”, mettendosi alle spalle il norvegese Stian Angermund-Vik. Quarta piazza per il francese Alexis Sévennec, quinto lo svizzero Pascal Egli, quindi il polacco Bartlomiej Przedwojewski, gli svizzeri Rémi Bonnet (all’attacco nelle fasi iniziali) e Marc Lauenstein, il britannico Sebastian Batchelor e lo spagnolo Jan Margarit a completare la top ten.
Al femminile oro per la svedese Tove Alexandersson, davanti alle britanniche Victoria Wilkinson a 7’33” e Holly Page a 11’19”.
Albion e Debats campioni mondiali ultra
Il primo atto dei Mondiali di skyrunning scozzesi, ieri, ha visto il maltempo protagonista, che ha costretto ad evitare la cima del Ben Nevis, accorciando la gara a 47 km e 1.750 m D+ in luogo dei 52 previsti. Il titolo ultra è andato al britannico Jonathan Albion e all’olandese Ragna Debats. 3h48’02’’ il tempo di Albion, argento per lo svedese André Jonsson e bronzo per l’intramontabile Luis Alberto Hernando. Al femminile argento pe soli 4’ per la spagnola Gemma Arenas e bronzo per l’Ecuador con Maria Mercedes Pila. Primo italiano Riccardo Montani, diciassettesimo, seguito da Luca carrara, ventunesimo. Prima italiana Katia Fori, ventiquattresima. Al via 478 runner di 41 Paesi.