Sabato si corre sulle Maddalene

Tutto pronto per la decima edizione della skymarathon sulle Maddalene: sabato si correrà sul sentiero Bonacossa, partendo da Senale in provincia di Bolzano per arrivare a Rumo in Trentino, dopo 45 km e 2.905 metri di dislivello. «Quest’anno festeggiamo l’anniversario della gara ideata da Leone Cirolini nel 2008 - spiega Sandro Martinelli, il presidente del comitato organizzatore - per noi una manifestazione importante per valorizzare le nostre montagne. Grazie al sostegno degli sponsor e dei numerosi volontari stiamo ultimando i preparativi».
Il percorso della skymarathon segue per gran lunga il sentiero di quota CAI n. 133 dedicato al conte Aldo Bonacossa, uno dei primi esploratori della regione dell’Ortles. Il punto più alto del percorso sarà toccato dagli atleti sulla vetta del Monte Pin a quota 2.420 metri, nella parte finale del percorso. Partenza programmata per le ore 7 di sabato. Riproposto il gemellaggio con la Suedtirol Sky Marathon, la competizione di corsa estrema che si è disputata lo scorso 28 luglio sulle montagne della Val Sarentino. Per i concorrenti che parteciperanno a entrambe le gare verrà stilata una classifica di combinata.
E per il quarto anno consecutivo verrà ripresentato la Maddalene Mountain Race, un trail di 25 km e 1.500 metri di dislivello. «La gara più breve con ampi cancelli orari permette a più persone di avvicinarsi a questo sport e di partecipare a all’esperienza di corsa sulle nostre Maddalene», così Andrea Martignoni, del comitato organizzatore. La partenza e il traguardo rimangono Senale e Rumo, ma se la prima parte del percorso ricalca in parte la skymarathon e segue il percorso CAI – SAT Aldo Bonacossa nr. 133 fino al ristoro e cancello orario della Malga Kessel, nella seconda i corridori scenderanno fino all’abitato di Proves per poi continuare tra prati erbosi fino al passo Fresna e scendere infine al traguardo di Rumo.

 


Memorial Stellina, domenica appuntamento con la storia

Domenica da segnare col circoletto rosso sull’agenda per gli appassionati di corsa in montagna: è il giorno del Challenge Stellina Race, l’appuntamento in Val di Susa giunto alla trentesima edizione. Un compleanno importante per il Memorial Partigiani Stellina che gli organizzatori hanno deciso di celebrare in primis ripartendo dal percorso originario, quello da cui nel 1989 è partita la storia di una delle manifestazioni più conosciute al mondo, la prima gara di corsa in montagna a essere ufficialmente riconosciuta dalla IAAF. Unica la storia del Challenge, promosso dalla Bolaffi per ricordare la vittoria ottenuta dalla formazione partigiana Stellina, comandata da Aldo Laghi (pseudonimo di Giulio Bolaffi, padre di Alberto), sulle forze nazifasciste sulle pendici del Rocciamelone nell’agosto del 1944 e organizzata, sin dalla prima edizione, dall’Atletica Susa Adriano Aschieris con la collaborazione del campione olimpico di Roma 1960 Livio Berruti, presidente del comitato organizzatore.
Dal punto di vista sportivo, tanti i motivi di interesse. Lo Stellina avrà infatti rilievo mondiale, con il suo inserimento nel neonato World Mountain Running Ranking, senza dimenticare il fatto che proprio a Susa si concluderà la Eolo Mountain Classic Cup, il circuito nazionale promosso dalla FIDAL e di cui per il 2018 fanno parte anche i campionati italiani di Saluzzo e Tavagnasco, entrambi parte, insieme alla Stellina, del Progetto Montagna Tricolore patrocinato dalla Regione Piemonte. A Susa saranno inoltre assegnati i titoli regionali di corsa in montagna lunghe distanze e, per la prima volta, si disputerà il Trofeo delle Province di corsa in montagna.

 


Domenica è il giorno del Trofeo Kima. Parte la sfida a Kilian

Trofeo Kima, ci siamo. Non è solo una gara delle Migu Run Skyrunner Extreme Series, è la sky per eccellenza in Italia. Una gara nata da un’idea della Guida alpina Pierangelo Marchetti e poi concretizzata da sua sorella Ilde, con il supporto di un gruppo di validi amici nella primavera del 1995, il Kima è da sempre considerato il non plus ultra dello skyrunning. Perché è gara mitica? Basta sfogliare l’albo d’oro nel quale spiccano Fabio Meraldi, Mario Poletti, Cheto Biavaschi, Mauro Gatta, Paolo Gotti, Bhim Gurung e Kilian Jornet solo per citare alcuni dei grandi campioni che qui hanno contribuito a rendere celebre il loro nome. Al femminile Morena Paieri, Gloriana Pellissier, Corinne Favre, Emanuela Brizio, Nuria Picas e Kesie Enman la dicono lunga su quanto questa competizione sia prestigiosa.

FAVORITI - 300 atleti ammessi e ovviamente pettorali rapidamente sold out. Riflettori puntati su Kilian Jornet Burgada che punta a riprendersi il record del percorso. Avrà da difendersi dalla pattuglia dei suoi connazionali Pere Aurell, Pau Bartolo, Alfredo Gil Garcia, dai tanti francesi, partendo dagli ski-alper Alexis Sévennec, Leo Viret o Samuel Equy. Oppure il tedesco Florian Reichert, lo svedese Petter Engdahl, il britannico Ricky Lightfoot o il sudafricano Christiaan Greyling. In casa Italia attesa per Cristian Minoggio, e ancora William Boffelli, Stefano Butti, Luca Carrara, Erik Gianola, Nicola Giovanelli.
Ancora più serrata si annuncia la sfida rosa. Emelie Forsberg e Hillary Gerardi in primis, oltre a Ragna Debats, Mira Rai, Malene Haukøy alcune delle atlete straniere più accreditate, ma attenzione alle azzurre con Martina Valmassoi, Chiara Giovando, Cristiana Follador, Maddalena Mognetti o Lucia Moraschinelli.

© Ufficio stampa Trofeo Kima

SICUREZZA - Trofeo Kima non è solo agonismo. Sabato pomeriggio alle 14 si parlerà di tecnologie al servizio dell’uomo e della montagna. Presso il centro polifunzionale della montagna a Filorera il comitato organizzatore della manifestazione in collaborazione con Regione Lombardia, ha promosso una tavola rotonda aperta a organizzatori, atleti e fruitori della montagna. Al tavolo dei relatori Antonio Rossi (sottosegretario regionale con delega ai grandi eventi sportivi), Massimo Sertori (assessore regionale agli Enti Locali, Montagne e Piccoli Comuni), Marino Giacometti (presidente ISF e del Comitato organizzatore del Trofeo Kima), Lorenzo Bertolini (Sete Track), Fabrizio Pina (presidente del Collegio Guide Alpine di Lombardia) e Gianfranco Comi (Presidente Regionale del Cnsas).
Prendendo spunto dal Kima che da quest’anno imporrà un materiale obbligatorio ad ogni singolo atleta e fornirà ad ogni concorrente un gps fornito dalla società valtellinese Sete Track al fine di monitorare in tempo reale l’andamento della gara. L’idea è quella di utilizzare il volano sportivo per lanciare un messaggio a istituzioni e semplici fruitori della montagna: in quota leggeri sì, ma in sicurezza. Alcune tecnologie attuali, estese dal mondo gare a quelle dell’alpinismo e trekking potrebbero infatti ridurre non poco i tempi di intervento in caso di soccorso. Tale tavola rotonda farà incontrare i diretti interlocutori e proverà a compiere un primo step verso l’abbattimento del digital divide e l’implementazione delle infrastrutture tecnologiche al servizio di chi vive in montagna o di chi la frequenta.
Non solo, seguendo le orme dello scialpinismo race, che ha sdoganato all’uso comune l’utilizzo del kit sicurezza pala/artva/sonda, il comitato organizzatore ha imposto un materiale minimo che verrà controllato in partenza e arrivo. Sul Sentiero Roma si correrà con scarpe da trail running, calzini, fuseaux ¾ oppure fuseaux sopra il ginocchio indossati con gambale, guanti, giacca antivento e telo termico al seguito, t-shirt o maglia tecnica sotto il pettorale. Ogni atleta dovrà inoltre presentarsi in partenza con una riserva d’acqua di 1 litro (borraccia a collo largo o camel bag).

©Ufficio stampa Kima

PERCORSO - Il tracciato ovviamente non cambia: 52 km di sviluppo, 8.400 metri di dislivello totale e sette passi tutti sopra i 2500 (quota massima passo Cameraccio a 2.950 metru). Bocchetta Roma, Cameraccio, Camerozzo, Barbacan, valichi alpini da nominare con rispetto. Grazie all’esperienza maturata nelle ultime edizioni e tenendo conto dei consigli utili ottenuti dagli atleti i cancelli orari sono stati uniformati e ritoccati. Anche in questo caso l’aspetto sicurezza di atleti e dei volontari disseminati lungo il tracciato ha inciso non poco sul risultato finale, ma in base ai test effettuati, le barriere sono risultate alla portata di molti skyrunner. Il tempo massimo per concludere la gara sarà di 11 ore. Saranno disposti cancelli orari alla Bocchetta Roma (3h15’), al Rifugio Allievi (6h) e al Rifugio Gianetti (8h). Una grande sfida quella di domenica, preceduta sabato da Kima Trail Running e MiniKima con due tracciati da 14 e 6 km.


Cape Wrath, into the wild

Alcuni lo definiscono il cammino più duro del Regno Unito, titolo conteso con la leggendaria Dragon’s Back, del Galles. Due sentieri diametralmente opposti che affrontano la natura più incontaminata ed autentica dell’Isola Britannica. Avendo già affrontato i 320 chilometri del Galles, correndo sulla schiena del dragone, la Dragon’s Back, non potevo sottrarmi dal confronto con l’altro osso duro di Sua Maestà la Regina Elisabetta: il cammino di Cape Wrath. Questa curiosità e desiderio di affrontare una nuova sfida mi hanno portato, lasciato il Galles nel 2017, a mettere nella lista delle cose da fare il cammino per raggiungere il punto più a Nord-Est del Regno Unito: il leggendario faro di Cape Wrath. L’intero tracciatosi snoda ufficialmente lungo 14 tappe, 400 chilometri e circa 14.000 metri di dislivello. Si parte da Fort Williams, una cittadina turistica ben collegata via treno e bus a Glasgow ed Edimburgo, e si arriva sul promontorio del fiordo di Cape Wrath. Non facciamoci però ingannare da questi numeri, perché hanno un significato completamente diverso da quello che potrebbero assumere sul Continente: qui sono le condizioni del terreno e ambientali a costituire il grosso della sfida. Basti pensare che nemmeno i Romani osarono spingersi alla conquista di queste terre, costruendo i valli di Adriano e Antonino ben più a Sud per proteggere il meridione dell’isola: una terra che nel corso dei millenni è rimasta pressoché immutata, e questo si legge dal fatto che le tracce umane, ancora oggi, sono veramente pochissime.

©Jimmy Hyland/JHPVisuals

L’aspetto principale del Cape Wrath è proprio questo: la solitudine e la vastità degli spazi. Miglia e miglia senza centri urbani e senza alcun supporto, talvolta qualche timida strada e i segni della pastorizia. Boschi di betulla e altre latifoglie, intervallati da chilometri di brughiera e prati verdissimi. Il tutto declinato in ripide ma brevi salite che portano da un colle all’altro, da un fiordo a un altopiano. Dimentichiamoci le ascese di anche mille metri continui delle nostre Alpi: qui è un incessante alternarsi di incontri tra terra e acqua in un gioco di elementi dove l’erba verdissima dei climi umidi si affaccia su lunghe lingue di mare che si addentrano anche per dieci chilometri nella terra ferma. Il correre su questi morbidi sentieri, intervallati da roccia scura e colorati dal giallo vivido delle ginestre autoctone, è un’esperienza inebriante, che fa dimenticare il durissimo prezzo in termini di fatica e adattamento da pagare per raggiungere queste terre. Si vive la Scozia da cartolina, toccando laghi e ruderi che sembrano svelare da un momento all’altro qualche mostro lacustre come Nessie oppure il viadotto di Harry Potter, dove gli appassionati della serie percepiranno ancora di più la magia di una terra in cui il tempo si è congelato. I primi 180 chilometri sono caratterizzati da un maggior dislivello, con ripide salite e discese tra laghi, torrenti, maestose cascate e passaggi sulle spiagge dell’Oceano, per poi risalire di colpo in quota, ma sempre su altitudini massime tra i 500 e i 900 metri. Un paesaggio di primordiale bellezza che fa percepire la forza e lo spirito dei popoli della Caledonia. Questo spirito autentico e primordiale non è minimamente intaccato dal fatto che il Cape Wrath Trail è un percorso mitico e tra il più noti nel mondo. Il motivo è semplice: in pochi possono permettersi di affrontare la brutalità della Scozia.

©Jimmy Hyland/JHPVisuals

Non ci sono marca via, se non per piccoli tratti, ed è assai difficile compierne una singola sezione, in quanto da una tappa all’altra gli spostamenti su strada possono essere molto dispendiosi di tempo e denaro, quasi a dire: se sei in ballo devi ballare. Non si tratta quindi di una versione nordica del Cammino di Santiago e tanto meno di una edizione scozzese del GR20. Qui il concetto di tappa non coincide necessariamente con la presenza di un rifugio, di una cittadina o un supporto esterno. La tappa rappresenta il massimo dei chilometri percorribili ogni giorno. In Scozia con il meteo non si scherza: è indispensabile essere preparati a bruschi cali di temperatura con piogge ininterrotte per giorni, o giornate caldissime dove il sole brucia quanto in alta montagna. L’aspetto positivo è la latitudine: a fine maggio il buio scende attorno alle 23 e c’è luce già alle 4. Alcune guide al Cape Wrath Trail dividono il percorso in 20 tappe, con una media di circa 20 chilometri al giorno, altre scendono a 14, accorpando la parte centrale del percorso in tratti più lunghi. Personalmente trovo corretto questo approccio, in quanto effettivamente ci sono delle sezioni, nella parte centrale, decisamente più scorrevoli e su sentieri ben visibili e compatti. Tratti che nell’economia generale dell’impresa bilanciano bene il grande impegno del dover attraversare sezioni umide o con traccia non visibile. Un altro approccio è quello di iscriversi alla gara a tappe, in 8 giorni con una media di 50 chilometri al giorno: la Cape Wrath Ultra. Diciamolo subito: non è una cosa per turisti. Organizzazione impeccabile ma decisamente rigida nell’applicazione delle regole e dallo stile militare. Ed è stata questa la mia scelta, decisione che nulla ha tolto allo spirito dell’impresa, ma che mi ha consentito di condensare i tempi, alleggerendo notevolmente lo zaino e dandomi la certezza di trovare un pasto caldo e una tenda montata (ma non sempre asciutta) a fine giornata.

©Jimmy Hyland/JHPVisuals

Nel corso degli 8 giorni della Cape Wrath ho incontrato solo 4 coppie di escursionisti che stavano affrontando l’intero cammino, e il motivo è proprio perché bisogna avere una grande preparazione e resistenza per trovarsi a camminare per tutto il giorno sotto la pioggia, senza nessun rifugio o punto di appoggio; per poi arrivare a notte a dover piantare la tenda sotto la pioggia su una superficie bagnata, andare a dormire bagnati e svegliarsi la mattina ancora più infreddoliti e bagnati e riprendere in queste condizioni. Credetemi, almeno due giorni di questo calvario vi toccheranno, ma gli altri, con il sole e la bellezza dei paesaggi, ve li faranno subito dimenticare. Raramente mi trovo a consigliare di acquistare un prodotto o scegliere di affrontare un percorso con la versione organizzata o stile gara rispetto a quella autonoma, anzi nella maggior parte dei casi lo considero un’eresia. In questo caso no. Affrontare questi 400 chilometri in gara non è per nulla una cosa scontata, e vi assicuro che tra navigazione con carta e bussola e un’accoglienza a fine giornata molto essenziale ma efficiente, nulla dello spirito dell’avventura andrà perduto. Sta di fatto che si trova un’organizzazione che almenosi accolla l’onere della tenda e dei pasti a fine giornata e che consente nei giorni di maltempo di ridurre il disagio, permettendo di trascorrere delle notti quasi umane. Resta però il duro risveglio in cui si devono indossare vestiti e scarpe bagnate e fredde del giorno prima.

Ed è qui la grande sida di questo cammino, una sfida che ha tre variabili sconosciute a noi europei del Sud. La prima riguarda il terreno. Bisogna essere preparati ad avere i piedi sempre bagnati, anche in caso di bel tempo. In quattrocento chilometri si devono guadare quasi 100 corsi d’acqua, alcuni anche fino ad altezza della vita, e attraversare di continuo tratti umidi, dove si sprofonda come nella neve fresca. La parola chiave e da imparare è boggy, ovvero quel tappeto erboso o di bassa vegetazione dove nella migliore delle ipotesi fa ploc plocal nostro passaggio e nella peggiore delle ipotesi ci fa sprofondare fino al ginocchio. È una costante di tutto il cammino. I piedi non saranno mai asciutti, statene certi. La seconda riguarda i midge. Sono dei moscerini infami, di dimensioni di gran lunga inferiore alle nostre zanzare e che si muovono in sciami di migliaia. Verso sera o la mattina presto si levano da terra e attaccano ogni centimetro di pelle esposta. Non a caso uno degli elementi fondamentali per le escursioni è la rete protettiva, che deve essere per midgee non per mosquito(zanzare o mosche) in quanto ha una maglia molto più sottile, tanto da sembrare un collant. Credetemi: alle ore del tramonto, in certe zone, potrebbe essere difficile stare all’aperto senza coprirsi il viso con questo strumento, molti indossano anche guanti e pantaloni lunghi. Peggio ancora se gli infami moschini entrano nella tenda. La terza grande variabile è la navigazione: non basta seguire una traccia GPS ma è necessario leggere la carta e fare delle valutazioni sulla conformazione del territorio e scegliere volta per volta il passaggio migliore, laddove non ci sono sentieri. Una vallata con la traccia GPS e la mappa dove si è condotti a costeggiare un torrente sulla destra per poi risalire e valicare un passo non è cosa semplice come appare: se il torrente ha poca acqua potrebbe essere più veloce usarlo come sentiero, piuttosto che affrontare chilometri di pantano in saliscendi. Oppure potrebbe aver senso stare sulla sinistra su quell’invitante tappeto verde… sempre che non si sprofondi fino al ginocchio. Insomma, la lettura della carta, associata al GPS e alla valutazione continua del terreno, è fondamentale. Il bello dell’avventura e della scoperta.

©Jimmy Hyland/JHPVisuals

Dopo giorni di pioggia martellante, un freddo che entra nelle ossa, l’ultimo si arriva finalmente all’agognato faro di Cape Wrath. Qui si trova un piccolo caffè, proprio dentro il faro. Il complesso è poi collegato da una strada militare che in 10 chilometri porta a un barchino che attraversa il fiordo. Un servizio che viene fatto due volte al giorno da una navetta e un barcaiolo della comunità locale. Ed è qui che si ricominciano a vedere i pochi turisti: un elemento piacevole dopo tanti giorni in compagnia di pecore scozzesi e cervi: finalmente rivediamo le capre a due zampe!

 

Cape Wrath

Periodo migliore: maggio-giugno

Attrezzatura necessaria: tenda, sacco a pelo 3 stagioni, sacco da bivacco, materassino, abbigliamento adatto all’escursionismo in aprile sulle Alpi, poncho, guanti e berretto, almeno due cambi completi, repellente per insetti (zecche e moscerini), zanzariera per il volto a maglia fine. Cibo per due giorni.

Siti web:
www.walkhighlands.co.uk/cape-wrath-trail.shtml- Riassume il cammino in un numero di tappe accessibile anche ai camminatori meno veloci.

capewrathtrailguide.org - Guida online e cartacea sul Cape Wrath Trail

www.capewrathultra.com - Affrontare il Cape Wrath Trail in versione gara, ad anni alterni.

©Jimmy Hyland/JHPVisuals

Manny Reichegger padrone dell'Hühnerspiel Vertical-KM

È andata in scena sotto il sole l’ottava edizione della Hühnerspiel Vertical-KM, in programma a Colle Isarco. 90 gli atleti che si cimentano sui sentieri verticali di cima Gallina per domare questa montagna storica della Alta Val Isarco, affrontando un percorso di 2,9 km con un dislivello positivo di 1.000 metri. Al vertice della graduatoria maschile poca storia per il gradino più alto del podio, dove è salito Manfred Reichegger, portacolori della polisportiva Selva dei Molini, che subito dopo la partenza ha imposto un ritmo forsennato, restando solo di poco sopra il suo primato del 2012 (35’04”). A meno di un minuto di ritardo raggiunge il traguardo in seconda posizione il forte atleta della Val Sarentino Thomas Holzer, seguito dalla sorpresa della giornata, Tarcisio Linardi. Completano i top five Lukas Mangger davanti all’atleta della società organizzatrice Roberto De Simone.
Nella gara in rosa dominio di Irene Senfter dei Soltenzflitzer che passa il traguardo dopo 46’32”, lasciandosi dietro Astrid Renzler (47’58”) e Judith Gögele (48’34”).


San Fermo Trail a Elisa Sortini e Henri Aymonod

Tappa del circuito La Sportiva Mountain Running Cup domenica con il San Fermo Trail. Vittoria di Henri Aymonod che chiude i 23 km e 1500 metri di dislivello in 1h29'16”09. Questione di millesimi sul traguardo, visto che i primi tre sono arrivati insieme sotto lo striscione d’arrivo: la classifica dice secondo Martin Dematteis (1h29’16’58), terzo il gemello Bernard (1h29’16”70), tutti compagni di squadra del Corrintime, quarto Daniel Antonioli (1h30’13”), quinto Gil Pintarelli (1h30’41”), quindi Martin Stofner, Alex Cavallar, Gabriele Bacchion, Stefano Pelamatti e Patrick Facchini a completare la top ten.
Nella gara rosa a segno Elisa Sortini in 1h49’40”, con lui sul podio Annelise Felderer in 1h50’35” e Daniela Rota in 1h57’24”, quindi Wiktoria Piejak, Nadia Franzini, Daniela Vassalli, Umberta Magno, Giulia Orlandi e Tiziana Bianchini nelle prime dieci.


Domenica si corre l’Hühnerspiel Vertical-KM

Domenica 19 agosto la sezione skialp del Gossensass organizza l’ottava edizione dell’Hühnerspiel Vertical-KM, la prova verticale sulla montagna di casa di Colle Isarco, al confine con l'Austria. I tempi da battere sono i primati segnati da Manfred Reichegger nel 2012 con 35'04" e da Stefanie Jimenez nel 2017 con 43'05". Oltre al vertical competitivo si terrà anche una marcia per escursionisti. Per chi preferisce la camminata senza cronometro la partenza è possibile dalle 7.30 alle 9.30 in centro a Colle Isarco. Il percorso a scelta salirà fino a quota 1.860 a Malga Gallina e quelli che rientreranno in piazza a Colle Isarco entro le ore 13.30 parteciperanno a un ricco sorteggio a premi. La partenza della gara vertical, con uno sviluppo di 2.9 km su un dislivello positivo di 1.000 metri. si terrà alle ore 9.30 a piazza Ibsen. Le premiazioni si terranno sempre in piazza Ibsen alle ore 13.30. Modulo d’iscrizione e ulteriori informazioni: www.sv-gossensass.org


Ancora Kilian alla Sierre-Zinal

La sesta di Kilian Jornet Burgada: il catalano ancora primo alla Sierre-Zinal, tappa delle Golden Trail Series e prova del World Mountain Running Cup. 2h31’39” il suo crono dopo 31 km con 2.200 metri di dislivello, con un vantaggio di 1’31” sul britannico Rob Simpson e di 1’39” sul keniano Robert Panin Surum. Quarto a 4’14” un ottimo Francesco Puppi, quindi il messicano Juan Carlos Carera, il francese Julien Rancon, Davide Magnini, il britannico Andrew Douglas e lo svizzero Stephan Wenk a completare la top ten. Quindicesimo Marco De Gasperi, diciottesimo Luca Cagnati.
Dal Kenia la prima della graduatoria rosa: a segno Lucy Wambui Murigi in 2h57’54” con un margine di 3’35” sulla tedesca Michelle Maier e di 4’51” sulla svizzera Simone Troxler, quarta la neozelandese Ruth Croft, quinta una brillante Elisa Desco. Nelle prime dieci la statunitense Megan Kimmel, la spagnola Eli Gordon, la svedese Ida Nilsson, la spagnola Laura Orgué e la britannica Victoria Wilkinson. Diciassettesima Silvia Rampazzo, ventiduesima Gloria Giudici.

Francesco Puppi e Davide Magnini ©Martina Valmassoi

LA CLASSIFICA


Alpago Sky Super 3 a Enrico Loss e Stefania Zanon

Enrico Loss e Stefania Zanon firmano la sesta edizione di Alpago Sky Super 3, la sky race che a Chies vuole onorare la memoria di Maudi De March, David Cecchin e Andrea Zanon, i tre ragazzi del Soccorso Alpino caduti sul Monte Cridola il 10 agosto del 2012. Dall'anno successivo, 2013, si corre sui sentieri dell'Alpago, e in particolare su quelli che salgono e scendono dal monte Venàl. Venerdì a Chies sono sono partiti in 117 (arrivati in particolare da tutto il Triveneto ma anche da altre regioni d'Italia) per affrontare una gara spettacolare e tecnica, su un tracciato di 18,8 chilometri e 3.626 metri di dislivello (1.850 quelli positivi) con partenza da Lamosano e arrivo a Chies e con il monte Venàl (2.212 metri di altitudine) a fare da “tetto” e “arbitro” della corsa.
La gara, come consuetudine, è stata di livello tecnico molto buono. Il più veloce di tutti è stato Enrico Loss, classe 1997, (che proprio sulle montagne dell'Alpago aveva vinto nell'inverno del 2017 una medaglia di bronzo ai Mondiali Juniores di ski-alp), atleta che lo scorso anno e due stagioni fa era salito sul secondo e sul terzo gradino del podio dell'Alpago Sky Super 3. Questa volta, finalmente, la vittoria. Il successo è arrivato al termine di una gara accorta che prima, lungo la salita verso il Venàl, lo ha visto contenere a una ventina di secondi il distacco dal friuliano Tiziano Moia (poi saltato a causa dei crampi), e poi lo ha visto scendere con grande sicurezza verso l'approdo finale di Chies dove ha fermato le lancette del cronometro sul tempo di 2h09'11”.
In seconda posizione si è classificato, con il tempo di 2h12'20”, un altre trentino, Francesco Baldessari, già secondo lo scorso anno. A completare il podio un atleta di casa, l'alpagoto Gianpietro Barattin, vincitore delle ultime due edizioni e recordman dell'evento (2h'07'18”, fatto registrare lo scorso anno).
Tra le donne il successo è andato alla bellunese, con un passato di ottimo livello nello sci alpinismo, Stefania Zanon. Per Stefania, in testa dal primo all'ultimo metro, il successo non è mai stato in discussione. Per portare a termine la propria fatica ha impiegato 2h49'11”, lasciando la piazzata, Valentina Loss (sorella di Enrico), a 7'50”. Anche nella gara in rosa il podio è stato completato da un'atleta di casa, Roberta Dal Borgo (3h01'29”).


UMTB, si scoprono i favoriti

Mancano tre settimane al via dell’UTMB e si scoprono le carte sui possibili protagonisti. Una gara fortemente attrattiva oltre-oceano: ben il 24% degli atleti top élite è americano. Gli Stati Uniti si presentano a Chamonix con Jim Walmsley, vincitore della Western States 2018 e leader della classifica ITRA, Hayden Hawks, Tim Tollefson e Zach Miller. Ma il favorito numero resta sempre Kilian Jornet che punta alla quarta vittoria. Con tanti, però, che vogliono arrivare prima di lui, in primis il campione del mondo di trail, Luis Alberto Hernando oppure Xavier Thévenard, Gediminas Grinius, Stephan Hugenschmidt, Michel Lanne, Ryan Sandes, Scott Hawker…
Tra gli italiani al via Emanuele Ludovisi, Roberto Mastrotto, Ivan Geronazzo, Fabio Di Giacomo, Stefano Ruzza, Daniele Fornoni.
Al femminile, sarà una sfida tra la francese Caroline Chaverot, leader della classifica femminile ITRA, la svedese Mimmi Kotka, in formissima da due stagioni, le americane Clare Gallagher, Kaci Lickteig, Magdalena Boulet e Stéphanie Howe; senza dimenticare la catalana Núria Picas, vincitrice nel 2017 o Uxue Fraile. A guidare la pattuglia azzurra Francesca Canepa e Katia Fori.

CCC E TDS - Nella CCC occhi puntanti su Marco De Gasperi: Pau Capell, Cristofer Clemente Mora, Cody Reed, Aurélien Collet, Rob Krar i rivali più agguerriti. Stefano Fantuz, Michael Dola tra gli altri azzurri al via. Nella CCC rosa in gara la statunitense Camille Herron, la svedese Ida Nilsson, la spagnola Maite Maiora e la cinese Miao Yao. Cecilia Flori, Alessandra Boifava, Daniela Bonnet le azzurre inserite nel gruppo delle migliori.
La TDS raduna atleti élite di altissimo livello come Tom Owens, Dylan Bowman, Ludovic Pommeret, Tofol Castaner, Aurélien Dunand-Pallaz, Fabien Antolinos, Diego Pazos, il russo Dimitry Mityaev. Le speranze italiane con Fulvio Dapit, Giuliano Cavallo, Marco Zanchi, Paolo Rossi, Francesco Cucco o Giovanni Tacchini. Tra le donne, le favorite sono le americane, Megan Kimmel, Keely Henninger Yiou Wang e la doppia vincitrice dell'UTMB, Rory Bosio che così avrà così avrà preso a tutte le gare dell'UTMB. In casa Italia al via Sonia Locatelli, Elisabetta Mazzocco, Laura Besseghini.


Il pazzo Ferragosto di Jimmy Pellegrini e Alexander Rabensteiner

Manca meno di una settimana al via del progetto di Jimmy Pellegrini e Alexander Rabensteiner, quello di percorrere tutto il confine dell’Alto Adige a piedi. «L’obiettivo - spiega Pellegrini - è quello di chiudere i 770 km, con un totale di 60.000 metri di dislivello, in dieci giorni. Non sarà facile, perché non ci sono precedenti di questo genere. L’avevano proposto Messner e Kammerlander anni fa, ma si trattava di un giro alpinistico con trasferimenti, incontri e dibattiti sul territorio (era il 1991 quanto hanno portato a termine in sei settimane il giro dei confini dell’Alto Adige, percorrendo, tra scalate ed escursioni, nel complesso 1200 km con circa 100.000 metri di dislivello e scalando 300 vette, ndr); noi non siamo alpinisti, vogliamo solo seguire tutti i sentieri, o almeno le tracce, con le nostre scarpette da trail. Avremo sì qualche passaggio in quota, per esempio nella terza tappa quando saliremo ai 3738 metri della Palla Bianca, ma la maggioranza del percorso sarà piuttosto ‘corribile’. O almeno speriamo che lo sia».
Partenza a Ferragosto da Salorno. «Eh sì, sarà un Ferragosto diverso dal solito - prosegue Pellegrini -. Partiamo dal punto più a Sud e gireremo in senso orario: se volete seguirci abbiamo una pagina Facebook dedicata Sky Run South Tyrol e lì posteremo video, foto e news giorno dopo giorno, oltre poter monitorare i nostri GPS».
Ma non è che volete realizzare in futuro un Tor suditirolese? «Onestamente ci abbiamo pensato - conclude Pellegrini - prima però vogliamo testarlo e cercare di chiudere da programma. Nel futuro chissà».

 


De Gasperi e Magnini sfidano Kilian alla Sierre-Zinal

Domenica è il giorno della Sierre-Zinal, terza tappa del Golden Trail Series e prova del World Mountain Running Cup. 31 km con 2.200 metri di dislivello, da Sierre a Zinal, una classica, e si attende una supersfida, vista la lista iscritti. Nella gara maschile, l'attenzione principale sarà rivolta ancora una volta verso l'atleta Salomon Kilian Jornet. Il catalano ha vinto la Marathon du Mont Blanc e, solo una settimana dopo, ha abbattuto il record del famoso Bob Graham Round nel Regno Unito. Kilian ha vinto Sierre-Zinal ben cinque volte, ma sa che la distanza più breve e il ritmo più veloce rendono la gara una sfida unica. A dar battaglia (sportiva, s’intende) Marco De Gasperi del Team Hoka, il campione World Mountain Running Joseph Grey del Team Nike. E ancora Stephan Wenk del Team Scott, Oriol Cardona Coll del Team Dynafit, Pascal Egli, oltre a Robbie Simpson del team Salomon secondo nel 2017 dietro a Jornet e che recentemente è stato medaglia di bronzo nella maratona su strada ai Giochi del Commonwealth del 2018 sulla Gold Coast australiana.
In casa Italia, occhi puntati e ottime prospettive per Davide Magnini e Davide Cheraz, entrambi del Team Salomon.
Nella gara femminile Ruth Croft del Team Scott (vincitrice del Marathon du Mont Blanc) e Ida Nilsson del Team Salomon (vincitrice a Zegama) si presentano dopo aver vinto le prime due gare della Golden Trail Series.
Anche la campionessa di Sierre-Zinal Lucy Murigi, dal Kenya, e Michelle Maier (Team Adidas), seconda piazzata lo scorso anno e vincitrice del 2016, potrebbero sfidarsi per salire sul podio. Megan Kimmel (Team Salomon) cercherà di consolidare la sua posizione nella Golden Trail Series con un risultato importante dopo che un infortunio l'ha costretta al ritiro a Zegama ed è un po’ calata a Chamonix per finire al quinto posto alla Marathon du Mont Blanc. La sudafricana Meg McKenzie (Team Salomon), ha fatto un'ottima gara a Chamonix concludendo all'ottavo posto e arriva qui con il quinto posto nella classifica generale dei Golden Trail Series.

DIRETTA LIVE A SIERRE-ZINAL - Dopo aver fatto storia trasmettendo live l’intera Marathon du Mont Blanc in tempo reale sui canali di social media di Salomon Running, il team Salomon farà lo stesso da Sierre-Zinal, portando nuovamente la copertura in diretta della gara. Una diretta che vedrà coinvolti Emelie Forsberg e Majell Backhausen, Global Community Manager Trail Running by Salomon. Gli appassionati di trail running potranno guardare la gara sulla Salomon Running Facebook Page e su Salomon TV’s YouTube channel.