Mammut Barryvox, arriva il nuovo firmware BarryHeart 3.0

Mammut ha appena rilasciato il nuovo firmware BarryHeart 3.0 per i dispositivi ARTVA Barryvox, in gran parte basato sui feedback ricevuti dagli utenti. Questo nuovo aggiornamento del software, gratuito recandosi prezzo i punti vendita autorizzati entro il 31 dicembre 2018, introduce diverse funzioni. Riportiamo di seguito le funzionalità dal comunicato stampa ufficiale del marchio svizzero distribuito in Italia da Socrep.

Aggiornamento da dispositivo a dispositivo:consente la condivisione da dispositivo a dispositivo dell'aggiornamento del software BarryHeart. La funzione di aggiornamento da dispositivo a dispositivo consente agli utenti Barryvox di condividere facilmente le nuove funzionalità con altri utenti Barryvox.  L'aggiornamento può essere effettuato molto facilmente e indipendentemente dall'accesso alla rete o ad un punto di servizio

Requisiti di base:

  • Carica della batteria in entrambi i dispositivi maggiore del 30%.
  • È possibile eseguire un solo aggiornamento per volta nello stesso stabile o entro un raggio di 50 m
  • Solo tra dispositivi della stessa regione w-link

Barryvox S - istruzioni per l'aggiornamento da dispositivo a dispositivo:

  1. Spegnere entrambi i dispositivi.
  2. Accendere il dispositivo con il firmware più recente (3.0), selezionare nel menù delle impostazioni Aggiornamento da dispositivo a dispositivo premendo il pulsante marcaggio.
  3. Seguire la finestra di dialogo sullo schermo, sul dispositivo da aggiornare, premere e tenere premuto il pulsante marcaggio e al contempo spostare l’interruttore principale da OFF a SEND. Rilasciare il pulsante marcaggio dopo 2 secondi.

Barryvox - istruzioni per l'aggiornamento da dispositivo a dispositivo:

  1. Spegnere entrambi i dispositivi.
  2. Sul dispositivo con il firmware più recente (3.0) tenere premuto il pulsante marcaggio e al contempo spostare l'interruttore principale da OFF a SEND. Tenere premuto il pulsante principale fino alla comparsa sul display della parola UP.
  3. Il dispositivo è ora pronto per trasferire l'aggiornamento. (Premere il pulsante marcaggio, se non è necessario eseguire alcun aggiornamento)
  4. Sul dispositivo da aggiornare, premere e tenere premuto il pulsante marcaggio e al contempo spostare l’interruttore principale da OFF a SEND. Rilasciare il pulsante marcaggio dopo 2 secondi.
  5. L'installazione del firmware sul dispositivo verrà avviata e il progresso verrà visualizzato in percentuale sull’indicatore in alto a sinistra dello schermo.

Il test di gruppo è vivamente consigliato prima dell'inizio di ogni tour per verificare il corretto funzionamento di ogni dispositivo

Test di gruppo: avviene mediante facili istruzioni animate. Il test di gruppo Barryvox può essere attivato rapidamente e facilmente per controllare la frequenza di trasmissione dei vari dispositivi all'inizio di un tour assicurandosi in questo modo che tutti i dispositivi siano in modalità SEND.

La distanza da mantenere dal  dispositivo da controllare, viene sempre indicata sul display così da garantire sempre la chiara distinzione dei singoli segnali durante l’effettuazione  del test.

Conferma di trasmissione SEND

Se ci troviamo in uno spazio ristretto che impedisce il classico test, è possibile ora verificare in ogni caso che tutti gli apparecchi siano in trasmissione anche sotto il metro di distanza

Barryvox S Pro Check: controlla un'ampia gamma di parametri di segnale e trasmissione. Barryvox S Pro Check consente il calcolo rapido e preciso della frequenza di trasmissione e della durata dell'impulso e intensità dell’impulso di un Artva. Questa funzione fornisce un’ulteriore sicurezza al gruppo, soprattutto se si utilizzano dispositivi datati a 1 o 2 antenne. Aiuta quindi a identificare immediatamente Artva non conformi agli standard richiesti dalla EN 300 718-1.

Modalità di ricerca alternativa Barryvox S (analogico):nove livelli di amplificazione ottimizzano l'impiego del tono analogico durante la ricerca in modo preciso ed affidabile.

La modalità di ricerca alternativa (analogico) mostra sul display distanza e direzione del soggetto travolto con il più forte  segnale, riproducendo il tono di ricerca analogico. Viene usato principalmente quando una distinzione affidabile tra i segnali dei diversi  soggetti travolti non è più possibili utilizzando la modalità standard (digitale).

Ottimizzazione delle interferenze: meno disturbi da dispositivi elettronici durante la ricerca. Grazie all'elevata resistenza alle interferenze del ricevitore Barryvox® ai vari  dispositivi elettronici quali smartphone, telecamere, lampade frontali, radio, gps, ecc. vengono ridotti gli errori di direzione e distanza, evitando l’apparizione di “segnali fantasma” durante la ricerca.

Aumento delle prestazioni: l'ultimo aggiornamento BarryHeart 3.0 per i dispositivi Barryvox include importanti migliorie del software:

  • maggiore precisione e velocità nell'analisi del segnale
  • migliore affidabilità di marcatura in caso di sovrapposizione dei segnali
  • visualizzazione della direzione ottimizzata dopo la ricezione del primo segnale (comportamento migliorato in caso di rotazioni di 180 °)
  • struttura dell'elenco dei soggetti travolti migliorata e velocizzata visualizzazione della durata della batteria rivista

Kaptiva di nome e di fatto

Il nome è già una dichiarazione d’intenti: Kaptiva. Ed è la più attesa (Bushido II permettendo) tra le nuove scarpe da mountain running La Sportiva per la primavera-estate 2019. La più attesa perché va a occupare una casella che era libera e sarà esattamente al centro dell’offerta della casa di Ziano a partire dall’anno prossimo. Calzata normale, per piedi medi, medio-lunghe distanze, è proprio sopra alla Bushido II e sotto alla Ultra Raptor e alla Unika per calzata e distanze. Insomma, una versatile per coprire la fetta più interessante del mercato, quella dove c’è fermento negli ultimi anni. Non facciamo i nomi delle competitor, ma se avete letto la nostra Outdoor Guide vi renderete contro che la concorrenza è ampia e che qui si gioca il futuro del mountain running. Scarpe versatili, ben ammortizzate, leggere e veloci, pensate per accontentare il runner di medio alto livello, ma ben apprezzate anche dai top, magari fino a distanze un po’ più lunghe rispetto a quelle per le quali sono concepite. Siamo curiosi di metterla ai piedi durante i test della prossima Outdoor Guide, ma intanto l’abbiamo fatta calzare per una prova in anteprima a Michele Tavernaro, atleta del Team La Sportiva. Il terreno del nostro test sono stati sentieri e single track di Passo Rolle, curiosamente proprio quell’enorme parco avventura naturale dove il patron de La Sportiva, Lorenzo Delladio, avrebbe voluto creare un vero e proprio Outdoor Paradise, con percorsi segnalati per trail running, skialp e tanto altro. Un campo prove valido, con continue salite e discese che spezzano il ritmo e terreno grassoe umido, molto temuto dalle suole. Michele poi ha continuato a usare le Kaptiva nei suoi allenamenti dei giorni successivi. «È un compromesso molto interessante tra leggerezza e protezione, è un modello per correre a ritmi alti, il piede rimane sempre leggero, però allo stesso tempo il piede è a prova di urto e anche la sensibilità da sotto, molto buona, non è mai fastidiosa». Per atleti top dunque, che vogliono sempre leggere il terreno e andare veloci, ma anche per il medio livello, che potrà avere ai piedi una cattivama allo stesso tempo protettiva. «Se dovessi posizionarla, la metterei senza dubbio tra le scarpe prestazionali e per atleti di buon livello, non ho dubbi, però il cushioning è sempre valido, non è secca come altre scarpe simili, è sicuramente un modello da gara, direi per skyrace e, per i top, anche fino alle skymarathon». Ci sono altri due aspetti che hanno ben impressionato Michele. «Ho apprezzato particolarmente il collarino che sostituisce la linguetta, che avvolge sempre bene la caviglia e previene l’entrata di brecciolino o sassi, soprattutto su terreni accidentati e poi un plauso va fatto alla suola, è difficile trovare tanta versatilità». Michele ha infatti provato Kaptiva a lungo anche dopo il nostro test, impegnandola su roccia asciutta e bagnata, fango, erba: «Va bene ovunque, difficile trovare dei punti deboli o terreni meno adatti» la sua conclusione. Kaptiva fino in fondo!

©Alice Russolo

La Sportiva Kaptiva

Peso: 280 gr
Drop: 6 mm
Tomaia: mesh stabilizzante anti-deformazione + rinforzi senza cuciture
Intersuola: EVA a compressione e inserti in TPU stabilizzanti e antitorsionali + inserto rock guard in EVA bi-denistà
Suola: FriXion White con Impact Brake System e tasselli predisposti per il montaggio dei chiodi AT Grip Spike per la corsa invernale

©Alice Russolo

Dynafit punta su Ultra Set Up e Feline Up Pro

Dynafit presenta per la prossima stagione il nuovo Ultra Set Up, il top di gamma per le gare di corsa in natura della collezione primavera-estate 2019. Il set è composto dalla Glockner Ultra GTX Shakedry JKT, che sfrutta la collaudata e leggerissima tecnologia di Gore-Tex per proteggere dal vento e soprattutto dall’acqua, ma allo stesso traspira molto bene e permette di indossare lo zaino sotto, grazie alla possibilità di espanderla con il sistema a cerniera ZipOver. Poi c’è la Glockner Ultra S-Tech S/S Tee M, pratica e comoda maglia tecnica con tasche e con zip frontale utile per la ventilazione e soprattutto i Glockner Ultra 2IN1 Shorts M, con diversi vani e un pantaloncino interno aderente senza cuciture. A completare il set lo zaino Ultra Pro 15, ricco di tasche e con una pratica estensione che protegge l’addome nelle discese e scompare in un taschino sullo spallaccio quando non serve. Non mancano gambali e proteggi braccia (Ultra Kneeguard e Ultra Arm Guard), banda Performance Dry headband 2.0, calzini Ultra Cushion e la principale novità 2019 per i piedi, la Feline Up Pro. «I materiali sono molto piacevoli a contatto con la pelle e il fit molto valido, soprattutto quello dei pant, ancora migliorato rispetto alla collezione 2018, le tasche per riporre gel o le chiavi quando ci si allena non mancano» dice Peter Kienzl, atleta del team Dynafit, terzo all’ultimo Tor des Géants, che ha già potuto provare il set.

SI CHIAMA UP, MA VA BENE ANCHE IN DISCESA - È la grande novità del 2019. La Feline Up Pro, solo 230 grammi di peso, in teoria va a sostituire nel catalogo Dynafit la Vertical Pro, la scarpa di punta per le gare only up. Ed è stata in effetti pensata anche per questo, ma non solo, perché i primi test dicono che potrebbe essere un’ottima scelta pure in chiave skyrace. A favore delle prestazioni in salita la grande tenuta sul terreno, reattività, precisione e leggerezza. Per la prima volta in un prodotto della casa del Leopardo delle nevi è stata utilizzata per il battistrada la nuova tecnologia Vibram Lite Base che permette una riduzione dello spessore e fino al 25% del peso. Il design intelligente dei tasselli e la mescola Megagrip sono pensati per una perfetta aderenza anche su terreni impegnativi e su superfici bagnate o sconnesse. Il drop è di 4 mm e trasferisce al runner la sensazione di un contatto diretto con il terreno che agevola la reattività e rende più preciso ogni passo. Un’altra caratteristica della Feline Up Pro è la speciale calzata Narrow Minimal Fit, aderente e precisa come un guanto nella zona della punta e sul tallone. Una variante particolarmente leggera dell’Heel Preloader, il rinforzo diagonale sviluppato dal brand per l'area del tallone, migliora l’aderenza, agevolando il naturale movimento della corsa. Soletta interna in Ortholite e sistema di allacciatura rapida, con linguetta elastica per riporre i lacci. Il modello Unisex sarà disponibile dalla primavera 2019 a un prezzo consigliato al pubblico di 185 euro.

Dynafit Feline Up Pro

Millet Light Rush, non solo leggera

Ne avevamo letto le lusinghiere recensioni nei test dei colleghi francesi di Trails Endurance Mag e non vedevamo l’ora di provarla, visto che non siamo riusciti a farlo nella Outdoor Guide. Stiamo parlando di Millet Light Rush, la nuova scarpa da trail con suola Michelin del marchio francese. Abbiamo organizzato un primo contatto facendola mettere ai piedi di Stefano Trisconi, uno dei decani del mondo del trail italiano e nostro storico testatore. Una prova per prendere le misure del nuovo gioiellino made in France, in attesa di metterla alla frusta nella Outdoor Guide 2019.

TOMAIA - Che dire… le premesse sono interessanti. Light Rush non passa inosservata grazie alla tomaia in un materiale molto particolare, Matryx, vale a dire un intreccio di fili di nylon e di kevlar che danno vita a un insieme molto resistente alle abrasioni senza appesantire la struttura che è davvero light, con valori di circa 260 gr.

ALLACCIATURA - L’allacciatura è di stile speedlace e la suola Michelin ben disegnata, con tasselli non troppo alti, pensati per la trazione davanti e per frenare dietro. Il drop è di 6 mm. Altre particolarità sono il tirante che unisce i rinforzi della tomaia sopra alla stringatura, poco sotto il collo del piede, e l’elastico ferma lacci, molto pratico.


©Andrea Salini/Outdoorstudio

PRIMO CONTATTO - «È sicuramente una scarpa leggera, non affatica mai il piede e asseconda ritmi veloci, nonostante questo non è per niente secca, ma ben ammortizzata, pur rimanendo sempre bassa sul terreno, e la suola sembra valida, soprattutto su sentieri e terreni trail di media tecnicità» dice Stefano, che la utilizzerebbe sia su distanze medio-corte che più lunghe. La stringatura è uniforme, «bisogna abituarsi al tirante centrale, che tiene ben fasciato il piede e davanti le forme sono abbastanza ampie per chi, come me, ha i piedi magri». In definitiva? Stefano vorrebbe provarla in gara. Sembra proprio una scarpa no problem, per atleti dal medio livello in su e la tomaia è davvero innovativa. Quando si parte?

Millet Light Rush
Peso: 260 gr
Tomaia: Matryx nylon/kevlar
Intersuola: EVA
Drop: 6 mm
Prezzo: 149,95 euro

©Andrea Salini/Outdoorstudio


Suunto 9, per chi non ha fretta di tornare a casa

È la nuova macchina da polso per chi si avventura in prestazioni XXXL della durata di più giorni e in effetti con Suunto 9 gli amanti delle ultra di qualsiasi tipo, dal Tor alla RAAM, saranno felici di non dover più preoccuparsi di ricaricare la batteria ogni giorno. Questa è la principale caratteristica del nuovo cardio-GPS finlandese, per il resto i miglioramenti e le differenze rispetto ai modelli della serie Spartan di cui avevamo già testato su Skialper il Trainer Wrist hr e Sport Wrist hr baro sono poco visibili ma solide e niente affatto modaiole: nessun controllo della musica o app varie. In continuità con la linea Spartan sono le dimensioni della cassa ed i materiali, identico il design e il display, sempre tre i pulsanti per accedere alle varie funzioni, che sono ora leggermente più grandi, e in più c’è il touch screen che può facilitare le operazioni in alcune situazioni.

SUPER DURATA - In concreto, il focus di Suunto è stato di estendere la durata della batteria con ricezione del segnale GPS fino a 120 ore e le prove che abbiamo fatto, settando opportunamente la frequenza di acquisizione del segnale, sembrano confermare questa straordinaria riserva di carica. Il progetto è partito da un cambio radicale dell’hardwear con l’adozione di una nuova batteria proprietaria e si è esteso al software con funzioni che permettono di selezionare veri e propri piani di gestione della riserva. Il truccoè quello di utilizzare nella modalità Endurance ed Ultra la tecnologia Fused-GPS che consente di diluirel’acquisizione dei segnali dai satelliti ogni 60 o 120” e di mantenere una buona accuratezza della traccia utilizzando gli altri segnali provenienti dal giroscopio, dalla bussola e dall’accelerometro. Questa funzione è disponile solo per le attività di Corsa e Hiking in quanto nella bici mancano le accelerazioni di cui il software ha bisogno per stimare velocità e, di conseguenza, la distanza.

TRACKING E NAVIGAZIONE - Disegnare e caricare itinerari dal sito Movescount è semplice ed intuitivo. Compiuta l’operazione, iniziando una qualsiasi attività si può selezionare la modalità di navigazione itinerari e si visualizzerà la traccia da seguire assieme alle pagine dati relative all’attività prescelta. La visualizzazione della traccia ha uno zoom dinamico che permette, se ci si allontana dall’itinerario, di continuare a visualizzare la propria posizione in riferimento al percorso. In mancanza di percorsi precaricati si potrà utilizzare la visualizzazione breadcrumleper avere sotto controllo la traccia e per un eventuale ritorno (trackback). Attenzione, se si intende usare le funzioni di navigazione è obbligatorio selezionarle all’inizio perché una volta partiti con la registrazione di un’attività non è più possibile inserire questa funzione. Peccato che Suunto 9 non offra una versione cartografica che sarebbe graditissima con un display così grande.

LE PAGINE DATI - Le pagine dati per le oltre 80 attività sono già precaricate, tuttavia è facile modificarle collegando l’orologio al pc e entrando in Movescount. Da segnalare che le pagine scorrono solo in avanti, ciò significa che se in un’attività ci sono quattro pagine e si passa dalla 1 alla 2 , per tornare alla 1 bisogna visualizzare la 3 e la 4.

AFFIDABILITÀ DEI DATI - Distanze ed altitudine sono rilevate con grande precisione grazie alla presenza di GPS e barometro. Le tecnologie proprietarie fused-Alti e fused Speed aumentano ulteriormente l’accuratezza e la velocità di reazione nelle variazioni di altitudine e velocità. L’orologio ricevuto per il test è arrivato con fascia cardio e così è stato testato. Nessuna sorpresa, la fascia Suunto è confortevole e leggera e la velocità di accoppiamento con l’orologio è rapida. Abbiamo voluto però utilizzare l’orologio anche senza fascia visto che è dotato di lettore ottico della FC al polso e qui le cose non sono andate altrettanto bene. Così come rilevato su altre marche, la tecnologia con lettore ottico per la rilevazione del battito cardiaco non è ancora sufficientemente precisa durante lo sport. Abbiamo infatti misurato in parallelo il dato utilizzando un cardio collegato alla fascia toracica ed il Suunto 9 con lettura al polso: i dati sono stati diversi, con differenze di decine di battiti. In sintesi, ci sentiamo di dire che la rilevazione della FC al polso va bene per monitorare lo stile di vita o il sonno ma durante lo sport usare la fascia è imperativo.

LIFESTYLE MONITOR - Oltre a tutte le funzioni dedicate alle varie attività sportive, Suunto 9 è anche un validissimo lifestyle monitor. I suoi sensori gli consentono infatti di acquisire informazioni sull’attività fisica svolta quotidianamente e sulla qualità del riposo notturno. I dati di passi giornalieri, calorie, ore di sonno e FC media vengono registrati in continuo e grazie al collegamento bt con l’app Sports Tracker vengono salvati e visualizzati in intuitivi report grafici.

Ci È PIACIUTO? - Senz’altro sì, Suunto si è dimostrata negli anni molto affidabile, a parte qualche episodio legato all’uscita della prima serie Spartan. Con il 9 ci sembra di essere tornati alla stabilità della linea Ambit che per anni è stata il riferimento nel mondo dell’outdoor. Le molteplici attività sportive precaricate lo rendono uno strumento versatile e adatto a seguirci in ogni sport come nella vita di tutti i giorni. Suunto 9 ha chiaramente mostrato il DNA dell’azienda che consiste nel ricercare il miglioramento continuo della prestazione tecnica senza alcuna concessione modaiola e generalista. Siamo sicuri che la coerenza premi anche se il numero dei duri e puri è ovviamente limitato.

Adatto a: chi ….torna a casa tardi.

Non adatto a: polsi piccoli e sportivi occasionali in cerca di gadget alla moda

Adatto anche: triathleti, scialpinisti, ciclisti, ecc..

Suunto 9 Baro

 


Salomon punta sul rapporto qualità-prezzo con Trailster

Non è passata inosservata a chi ha avuto l’opportunità di visitare uno showroom Salomon. Si chiama Trailster ed è la scarpa d’attacco della casa di Annecy, un modello pensato per avere un punto prezzo consigliato intorno ai 100 euro, che prevedibilmente con le offerte dei negozianti potrà scendere ancora verso i 90-85 euro. Una scarpa che si posiziona dunque sotto il punto prezzo dei prodotti top di Salomon. Ma la sfida non è stata fare un modello economico, ma una scarpa con un buon rapporto qualità-prezzo. E infatti Trailster utilizza soluzioni sperimentate su varianti di successo.

DETTAGLI - La suola è una tradizionale Contagrip con chiodi da 4-5 millimetri, il profilo è di 29-19 mm per un drop di 10 mm e per l’ammortizzazione dell’intersuola si è optato per la combinazione Energy Cell + EVA che garantisce un’ammortizzazione superiore, soprattutto con il passare dei chilometri e non necessariamente per chi sa correre. La tomaia (peso intorno ai 315 gr) non prevede il calzino interiore Sensifit, ha stringhe tradizionali piatte al posto del Quicklace ed è in parte simile a quella della S/Lab Ultra. «I primi chilometri hanno trasmesso buone sensazioni per grip, protezione e ammortizzazione, valido anche il comfort» scrivono i colleghi spagnoli di carrerasdemontana.com che l'hanno già messa ai piedi e contano di provarla a lungo (la valutano utilizzabile fino alla percorrenza notevole di 800-1.000 km). Qualche dubbio invece sulla fasciatura del piede garantita dalle stringhe. Trailster è già in vendita in alcuni selezionati negozi.


Offerta cinese per il gruppo Amer Sports

La notizia è più da giornale economico che sportivo. Ma tant’è. Il gruppo cinese Anta, secondo quanto riportato da alcuni organi d’informazione specializzati, avrebbe fatto un’offerta per l’acquisto della finlandese Amer Sports Corporation, la holding che controlla tanti marchi del mondo sportivo, della neve soprattutto. Salomon e Atomic per intenderci, ma anche Armada, Suunto, Arc'teryx, Wilson… e da poco anche Peak Performance. Un’offerta, fatta insieme alla società asiatica di private equity FountainVest Partnersm, di circa 4,7 miliardi di euro (40 euro per azione). Un colosso sul mercato cinese, con un giro d’affari di oltre 2 miliardi di euro nel 2017, dove oltre a prodotti con il marchio Anta, ha l’esclusiva per la Cina per Fila (l’azienda nata nel Biellese, ora in mani coreane) e Descente.


Salomon cerca influencers da inserire nella propria famiglia di sportivi

AAA, cercasi maggiorenni, sciatori, trail runner. Segni particolari: influencer con una rilevante presenza sui social ed eccellenti doti di comunicatore e di creatore di contenuti. Potrebbe essere questo l’annuncio dell’ultima campagna lanciata da Salomon per cercare nuovi testimonial da inserire nella propria famiglia. Sì, quella di cui fanno parte anche, per citarne solo due, Kilian ed Emelie. Solo che questa volta l’hashtag TimeToPlay potrebbe scriverlo proprio il ragazzo o la ragazza della porta accanto.

L’INIZIATIVA - Il brand francese è un universo multi-sportivo nelle discipline outdoor ed è storicamente orientato dalla mission di arricchire la vita degli sportivi permettendo loro di sperimentare, mettersi alla prova e progredire. E proprio questo obiettivo è all’origine della nuova campagna di recruiting di influencers che partirà a settembre 2018. «Sappiamo che non si impara a giocare da soli, spesso è la smisurata passione dei più esperti, degli influencers, che permette agli altri di crescere e divertirsi – dicono alla casa di Annecy -. Lo sport è innanzitutto un gioco, prima con se stessi e poi con gli altri. E per questo Salomon vuole dare terreno fertile a chi ha l’entusiasmo di coinvolgere la propria community o di generarne di nuove. Ispirare, condividere e progredire nel proprio sport preferito». L’iniziativa precede il coinvolgimento in tutti quei momenti in cui il brand è a contatto con i propri clienti, per esempio durante gli eventi oppure sui canali digitali. Il gruppo selezionato avrà con sé gli strumenti più efficaci e interessanti per alimentare la propria passione e poterla trasmettere agli altri, dando così il personale contributo alla crescita del proprio sport preferito. I nuovi membri della famiglia Salomon saranno dunque il volto del marchio nelle comunità sportive rilevanti. Potranno condividere con i rispettivi follower la propria passione sportiva attraverso i social network, attivando e ispirando inoltre i clienti nelle comunità locali e nei momenti sportivi competitivi, oltre a fornire feedback su tutto quello che Salomon mette in campo, compresi i prodotti, aiutando così il brand a migliorare ulteriormente.

COME CANDIDARSI - Salomon ha predisposto una specifica piattaforma Web (http://salomon-ambassador.com) attraverso la quale gli interessati possono iscriversi compilando l’apposito modulo online. A chiusura della campagna i professionisti del Brand selezioneranno i migliori candidati… e con loro inizierà un nuovo ed entusiasmante percorso in pieno spirito #TimeToPlay.


Salewa inventa il 'piumino di lana'

«La nostra missione è sviluppare prodotti innovativi per gli alpinisti e gli appassionati di montagna partendo da quelle che sono le nostre radici. Questo approccio, che abbiamo ereditato dalla cultura locale, ci differenzia dai tanti marchi di montagna presenti sul mercato. Noi viviamo e lavoriamo nel cuore delle Dolomiti: la cultura alpina di queste montagne e le sfide alpinistiche che esse ci propongono sono la nostra fonte di ispirazione. Il nostro legame con il territorio è fortissimo e unico». Parola di Stefan Rainer, General Manager di Salewa.

LANA HI-TECH - Non deve quindi sorprendere che uno dei focus di ricerca e sviluppo di Salewa sia diventato l’utilizzo, per il proprio abbigliamento tecnico, della lana - un materiale generalmente associato al folklore alpino ma non alle alte prestazioni. Dal 2009 Salewa collabora con il Tirol Bergrettung (il soccorso alpino del Tirolo austriaco) per testare la lana delle pecore alpine tirolesi come imbottitura per proteggere dal freddo i soccorritori di montagna durante le lunghe operazioni di salvataggio. Grazie a questa collaborazione e ai rapporti privilegiati con ii leader tecnologici di settore, Salewa ha messo ha punto il TirolWool Celliant, un’mbottitura ibrida composta da lana ricca di lanolina e fibre di poliestere caricate con minerali termoriflettenti, che ha il vantaggio di tenere al caldo più a lungo. Questa tecnologia si è rivelata talmente efficace da sostituire nelle collezioni da alpinismo le imbottiture sintetiche.

LAVORAZIONE A MAGLIA FITTA - Ma quando si è trattato di sviluppare nuove giacche imbottite da escursione che potessero offrire prestazioni e funzionalità innovative in un segmento dominato dai piumini leggeri, oltre che dalle proprietà termoregolanti della lana, Salewa si è fatta ispirare dalla secolare competenza locale su questo materiale. «Nella nostra casa, le Dolomiti, la tradizione vuole che la lana venga lavorata in modo specifico - spiega Stefan Rainer -. Grazie alla lavorazione a maglia fitta Sarner, non solo la lana continua a proteggere dal freddo anche se si inumidisce, ma non lascia passare il vento e la pioggia leggera. In questo modo vengono risolti proprio i noti punti deboli dei piumini. Per quanto riguarda il design e la funzionalità, il nostro approccio è stato del tutto innovativo e in linea con le aspettative di un pubblico attivo in montagna ma dai gusti progressivi e urbani. Come si vede ad esempio nella originale cerniera diagonale della giacca Corda da donna». Per alzare il livello delle prestazioni e rendere i propri ‘piumini in lana’ adatti a un utilizzo escursionistico, Salewa ha accoppiato alla maglia con lavorazione Sarner una fodera in jersey antivento elasticizzato, che aumenta il livello di confortevolezza e protezione rispetto alle giacche tradizionali in sola lana.

TECNOLOGIA VERDE - Un ulteriore punto sottolineato da Salewa a favore dell’utilizzo della lana, è che si tratta di un materiale rinnovabile prodotto rispettando il benessere delle pecore, al contrario di quanto accade con le note criticità relative al trattamento che subiscono le oche da piuma. «Gli aspetti ambientali e di benessere degli animali fanno parte integrante della nostra cultura aziendale e delle aspettative dei nostri clienti - continua Stefan Rainer -. Nel caso delle giacche in Sarner, ci siamo impegnati a usare solo lana riciclata, che proviene soprattutto dalla Val di Funes. Inoltre pulizia, lavaggio e cardatura vengono svolte in Italia, per avere una logistica corta che riduca per quanto possibile le emissioni di CO2».

 


I nuovi Garmin serie GSMAP 66

I nuovi palmari della serie GPSMAP 66 di Garmin sono i dispositivi ideali per chi ama vivere avventure all’aria aperta. Caratterizzati da un display dalla grande visibilità e da una batteria di grande durata, dispongono di un abbonamento gratuito a BirdEye Satellite Imagery per visualizzare immagini reali in alta risoluzione dell’area di interesse, scaricabili attraverso connessione WiFi. I nuovi strumenti per la navigazione di Garmin sono resistenti all’acqua, agli urti e alle temperature più estreme e hanno un display a colori da 3 pollici perfettamente leggibile anche sotto la luce diretta del sole. GPSMAP 66 è robusto e resistente, concepito per le condizioni climatiche e termiche più estreme, antiurto e impermeabile, il compagno di viaggio perfetto per le avventure outdoor.

POSIZIONE ACCURATA - I due palmari sono compatibili con il sistemadi posizionamento satellitare  Galileo, che va ad affiancare i tradizionali serviziGPS e GLONASS, a garanzia di un’acquisizione della posizione ancora piùprecisa e rapida, anche in situazioni critiche come zone frondose o canyonprofondi. In modalità Spedizione le batterie dei nuovi GPS supportano il tracciamento del segnale fino a una settimana. Dotati di connessioni Wi-Fie  Bluetooth, i nuovi strumenti Garmin permettono di scaricare gratuitamente, e senza la necessità di sottoscrivere alcun abbonamento, le mappe  BirdsEye Satellite Imagery offrendo agli utenti la possibilità di visualizzare sul display immagini satellitari della zona che si sta esplorando, così da poter facilmente individuare sentieri, parchi, radure, postazioni per la caccia e tanto altro ancora. Il modello GPSMAP 66st è inoltre dotato di  mappe TopoActive Europe precaricate, in modo da offrire una visuale dettagliata della morfologia del territorio prestando attenzione a fiumi, vette e linee costiere.

NUOVA APP GARMIN EXPLORE - Grazie alla nuova applicazione GarminExplore sarà possibile accedere a strumenti e funzionalità aggiuntive per lanavigazione, per la pianificazione del viaggio, per il download di una mappa ela condivisione dei dati. Scaricando la cartografia relativa al proprio percorso,Garmin Explore permetterà di monitorare il tragitto anche in modalità offline.Grazie alla connessione Bluetooth con GPSMAP 66 (o altro dispositivo Garmincompatibile), sarà possibile visualizzare la posizione su Garmin Explore anche in assenza di copertura telefonica e, inoltre, inviare al dispositivo le pianificazioni di percorso e i waypoint, gestire tracce e molto altro.La connessione Bluetooth permette la sincronizzazione anche con Garmin inReach Mini, il comunicatore satellitare Garmin, per inviare e ricevere messaggi o lanciare un SOS direttamente dal display di GPSMAP 66. L’applicazione precaricata Wikiloc permette di accedere a più di 9 milioni di percorsi, selezionati da una community di appassionati, e di scaricarli direttamente nel proprio GPSMAP 66. E per chi ama unire l’esplorazione al gioco, Geocaching Live trasferisce in automatico migliaia di punti Geocache  per divertirsi con una entusiasmante caccia al tesoro.

PER OGNI AVVENTURA - Dotata di sensori ABC (altimetro a calibrazione automatica o manuale, barometro e bussola), la nuova serie di palmari Garmin prevede una batteria con un’autonomia fino a 16 ore in modalità GPS. Integrati anche una torciaLED e un beacon SOS che possono essere utilizzati per segnalare la propria posizione in caso di necessità. Inoltre, collegando i propri GPSMAP 66s e GPSMAP 66st al proprio telefono cellulare via Bluetooth sarà possibilericevere direttamente sul dispositivo informazioni sulle previsionimeteorologiche e rappresentazioni grafiche animate del trend meteo, velocitàe direzione del vento, tutte variabili che potrebbero risultare molto preziosenell’ottica di un’avventura all’aperto.I nuovi dispositivi Garmin GPSMAP 66s e GPSMAP 66st saranno disponibili nel quarto trimestre 2018 a un prezzo consigliato al pubblico rispettivamente di 399,99 euro e di 449,99 euro.

Garmin 66st
Garmin 66s

Scarpa pensa anche ai bambini con Mojito e Haraka Kid

I modelli che hanno fatto la storia di Scarpa e che già sono dei classici per i genitori. Stesse passioni, stesso stile riconoscibile e qualità garantita, da ottant’anni, ma in versione kid. Alcune scarpe cult del marchio veneto sono infatti disponibili anche per i giovani escursionisti.

MOJITO KID - Già amata ai piedi di mamma e papà, Mojito è disponibile per tutte le bambine e tutti i bambini che prendono a esempio lo spirito outdoor e d’avventura della propria famiglia: colore, come Mojito deve essere, e qualità eccellente per accompagnare tanti primi passi nella scoperta del mondo. Mojito Kid è la calzatura globale per tempo libero, sport, viaggio e uso quotidiano per le nuove generazioni.

TOMAIA Realizzata in pelle scamosciata idrorepellente con puntalino di protezione.

ALLACCIATURA Extended Lacing estesa fino in punta di derivazione climbing, per massima personalizzazione e comfort di calzata, trattenuta da fori e occhielli.

SUOLA Spyder Kid con intersuola e battistrada in gomma Vibram®.

Taglie: 25-37 (no mezze taglie)

Peso: 230 g (mezzo paio tg. 31)

Prezzo al pubblico suggerito: euro 90

HARAKA KID - Un successo nel modello per adulti, Haraka Kid sarà apprezzatissima per il suo comfort e la protezione dedicata ai piccoli che non si fermano mai e sono alla ricerca di nuovi percorsi da scoprire. Calzatura per il tempo libero, le passeggiate e l’uso quotidiano.

TOMAIA In pelle scamosciata idrorepellente

ALLACCIATURA Classica con fori.

SUOLA Scarpa Speed Kid con intersuola in EVA e battistrada in gomma con protezione in punta integrata.

Taglie: 26-36 (no mezze taglie)

Peso: 220 g (mezzo paio tg. 32)

Prezzo al pubblico suggerito: euro 80

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RaidLight, bienvenue à la maison du trail

«Se fossimo a Grenoble questa domanda non me l’avresti fatta». La risposta, seppur con toni gentili, è di quelle che ti spiazzano. Un attimo di pausa e aggiunge: «è normale non trovare lavoro sotto casa, diciamo che i nostri collaboratori arrivano da un cerchio che ha un raggio anche superiore ai venti chilometri, come avverrebbe a Grenoble o a Chambery». Come, abbiamo fatto 321 chilometri nella pioggia e nella nebbia, ci siamo arrampicati fin quassù a 900 metri di quota tra boschi e mucche che pascolano, nella vallée du trail, per sentirci dire che essere qui o in una città per un’azienda simbolo del mondo del trail e del fast & light nella natura è la stessa cosa? Sul tavolo ci sono prototipi di zaini e di bastoni buttati lì alla rinfusa, alla parete pettorali ingialliti della Diagonale des Fous, maglie da running in cornice e una campana tibetana. Siamo nell’ufficio di Benoît Laval, fondatore e CEO di RaidLight, a Saint-Pierre-de-Chartreuse, mille anime e un’atmosfera bucolica. Sembra di essere in un film di Claude Chabrol, nella Francia più profonda. Anche l’hotel Beau Site sembra uscito da un quadro d’antan e quando siamo arrivati in camera, nella notte del 15 di maggio, i caloriferi erano accesi. Qui, a parte la famosa certosa e il verde liquore, non c’è nulla. A parte la RaidLight e la prima station de trail al mondo.

©Andrea Chiericato

Passi il municipio e sulla sinistra, sotto il bosco, c’è un grande prato con una costruzione moderna, con ossatura in legno, e 240 metri quadrati di pannelli fotovoltaici. Dal 2011 è il quartier generale di RaidLight che proprio quest’anno festeggia i 20 anni. A Saint-Pierre-de-Chartreuse, se sei l’anima di un marchio affermato come RaidLight, non ci arrivi per caso. «Questo è vero, come è vero che RaidLight è cresciuta insieme alla mia carriera di trail runner». Laval è uno dei primi corridori off road. Originario della regione parigina, laureato in ingegneria tessile a Lille, ha iniziato subito a correre. Un po’ di tutto, pista, strada, siepi. Però c’erano tre cose che lo incuriosivano: la natura, la difficoltà e la distanza. Ecco perché ha sentito il richiamo della montagna e si è trasferito vicino alle Alpi ed ecco perché dalle siepi è passato alla Diagonale des Fous e alla Marathon des Sables. Le soddisfazioni non sono mancate con un podio a La Réunion e la maglia della nazionale francese di trail. «Però non ho fatto il trail runner e successivamente creato un marchio, ma è venuto tutto insieme: prima ho lavorato per un’azienda che produceva zaini per conto terzi, poi ho iniziato ad aggiungere tasche e personalizzare i prodotti per i miei raid e nel 1999 è nata la RaidLight». Dopo qualche anno sono in cinque a cucire zaini, poi diventano dieci. Intanto Benoît consuma tante suole (e continua a consumarle) in giro per il mondo. «Non avrei corso in posti così lontani senza la RaidLight e la RaidLight non sarebbe quello che è senza i miei viaggi, andare in Giappone per incontrare il distributore locale e correre una gara ultra ti permette di conoscere a fondo le abitudini dei runner di quel Paese».

©Andrea Chiericato

Con la crescita bisogna cambiare quartier generale e le idee sono chiare: andare in montagna, dove si possa uscire dall’ufficio in pausa pranzo e provare subito i prototipi degli zaini sui sentieri. Vengono presi in esame ben 50 comuni, in tanti fanno ponti d’oro, ma la RaidLight verrebbe confinata nella zona industriale. Invece Benoît vuole che l’azienda abbia le porte scorrevoli in entrata e in uscita verso il paese e i trail runner. La nuova sede deve essere anche il cuore della prima station de trail, un concetto innovativo oggi replicato in un’altra trentina di località in tutto il mondo. Il motto del marchio è share the trail running experience, condividi l’esperienza del trail running. E la condivisione, partage in francese, è alla base della filosofia e del successo di RaidLight, anche ora che fa parte di un grande gruppo come Rossignol che fattura oltre 300 milioni di euro. Il sogno si è trasformato in realtà, con 40 delle 55 persone impiegate che lavorano a Saint-Pierre-de-Chartreuse e 15.000 visite all’anno alla station de trail.

©Andrea Chiericato

Diciamolo, Raidlight è uno di quei posti dove un outdoor addicted vorrebbe lavorare e la condivisione non è una trovata del direttore marketing. Una di quelle aziende modello in vetta alle classifiche del dove si lavora meglio. Produce zaini, bastoni, abbigliamento e scarpe per trail e raid (e dal 2019 verrà rinnovata completamente tutta la linea di scarpe) e per entrare negli uffici bisogna passare dal negozio che vende tutti i prodotti, ma affitta anche E-bike e attrezzatura da scialpinismo in inverno. Subito all’ingresso ci sono delle grandi mensole con decine di scarpe da trail, zaini e bastoni. Non le affittano, se vieni a fare trail puoi provare tutto gratuitamente. Da un lato c’è un grande schermo touch che riproduce gli itinerari trail della stazione, con mappa tradizionale o satellitare e tutti i dati. Dall’altra parte un altro schermo è collegato direttamente con il sito e permette, appena tolte scarpe e zaini, di inserire la propria scheda test del prodotto. Di fronte la macchinetta del caffè, dove dipendenti e turisti possono scambiare quattro chiacchiere e condividere le loro esperienze. Dall’altra parte dell’ingresso c’è la palestra con i tapis roulant per correre quando c’è brutto tempo, ma soprattutto ci sono spogliatoi, docce e armadietti. Anche qui è tutto in condivisione, ci vengono i dipendenti quando vanno a correre o a fare skialp in pausa pranzo, ma con un paio di euro possono usufruirne gli utenti della station de trail e lasciare anche il portafoglio o le chiavi dell’auto. La partenza degli itinerari e le mappe sono proprio all’ingresso, sotto il porticato.

©Andrea Chiericato

La condivisione, nell’era del web e dei social media, ha diversi risvolti e direzioni. C’è il trail runner che arriva in negozio ed esce con un prototipo da provare e c’è quello che propone via web prodotti nuovi. Dalla sezione team del sito (team.it.raidlight.com), infatti, si accede al R&D collaborativo, dove ci sono dei forum su argomenti specifici e ognuno può proporre la sua idea. Periodicamente vengono anche organizzati dei workshop in azienda per personalizzare i propri prodotti con utenti selezionati. Da questa processo è nato, per esempio, lo zaino Evolution 2. Ci sono muri che dividono, ma per fortuna non tutti. All’ingresso del reparto R&D sorgerà un muro dei post-it dove ogni dipendente potrà mettere il suo personale foglietto con un’idea prodotto. Sorgerà in una stanza dove ci saranno tessuti e macchine di prototipazione in modo che chiunque lavori in RaidLight, se ha un’idea, possa provare a svilupparla con le sue mani. «Condividere vuol dire ascoltare chi pratica il trail, non solo gli atleti top - aggiunge Laval -. Per esempio il primo bastone ripiegabile lo abbiamo lanciato sul mercato noi, ma è un’idea che arriva da un nostro cliente che ci ha proposto di commercializzarlo, invece le tasche sugli spallacci degli zaini per mettere i flask sono arrivate dalla collaborazione con Marco Olmo».

La condivisione è ormai una pratica collaudata a Saint-Pierre-de-Chartreuse e sul web. Ma nella testa di Benoît Laval ci sono altre sfide. Mentre parliamo ha tra le mani un iPhone. «Vedi questo smartphone? Ha solo due tasti, è il massimo dell’ergonomia e del design, se avesse tanti tasti non sarebbe così. Noi abbiamo fatto lo stesso ragionamento quando abbiamo iniziato a produrre una linea di zaini in Francia. Meno può significare meglio». Quella della produzione in Francia è un’altra bella sfida vinta da RaidLight e la possiamo toccare con mano scendendo al piano terra. Qui nel 2013 è stato creato un atelier per la produzione di zaini che impiegava 3 persone che sono già diventate 10. Sono tutte del paese o di molto vicino, ma non c’erano più le competenze tessili e per questo il lavoro di formazione è stato importante. A oggi l’88 per cento degli articoli di Raidlight e della sorella Vertical (abbigliamento e zaini per hiking e skialp) sono prodotti all’estero, da qui possono uscire circa mille zaini al mese e dal 2015 la produzione è stata di circa 24.000 pezzi. Una finestra guarda sul negozio in modo che anche dal punto vendita si possa osservare la produzione: anche questa è condivisione. Quando si è deciso di produrre in Francia la sfida ha riguardato tutto il processo industriale. «Abbiamo ridotto le ore di lavoro manuale, che sono quelle che incidono di più sui costi, pensando a prodotti minimalisti e utilizzando le tecnologie più all’avanguardia, come le macchine per il taglio laser dei tessuti» dice Laval. A Saint-Pierre-de-Chartreuse vengono realizzati i modelli top di gamma come il Responsiv 10, perché meno vuol dire meglio. Non è un laboratorio di prototipazione, ma una vera linea industriale dalla a alla z utilizzata soprattutto quando gli zaini vengono lanciati sul mercato e non raggiungono quantità che giustifichino una produzione in Cina. E poi l’atelier è il cuore dell’ultima idea RaidLight: la personalizzazione della grafica del proprio zaino Responsiv 10L o 18L o della fascia Pass-Mountain. Dal sito si accede alla sezione customise it dove si inserisce la foto che si vuole sublimare sul prodotto. E in tre settimane il prodotto è a casa del cliente. Share the trail running experience.

VETERANO DEL TRAIL - Classe 1972, è dal 1999 che Benoît Laval calca i sentieri del trail e soprattutto dei grandi raid e ancora oggi non si fa mancare tre-quattro gare all’anno, in giro per il mondo. Nel palmarès un terzo posto alla Diagonale des Fous e un nono alla Marathon des Sables, oltre alla maglia della nazionale francese di trail. Ha iniziato con il Défi de l’Oisans, ma non si è fatto mancare nulla, neppure il vertical sull’Empire State Building o sulla Tour Eiffel o la 100 km su strada e i 400 km del deserto del Gobi. «Quello che mi è sempre piaciuto dei trail e dei raid è la possibilità di viaggiare e scoprire nuovi paesaggi» dice. Viaggiare, cambiare ogni volta, ma una gara è rimasta nel cuore. «La Diagonale des Fous, per il paesaggio, per il pubblico». Benoît è uno dei più competenti osservatori della trasformazione del mondo del trail negli ultimi 20 anni.«È vero, è cresciuto, una volta oltre i 100 km c’era solo la Diagonale, oggi ogni fine settimana c’è una cento miglia, il calendario andava da aprile a ottobre, oggi non c’è pausa e ci sono gare che sono diventate dei veri e propri business. Però si trovano ancora eventi basati sul volontariato e i tempi dei top non sono tanto diversi, è cambiata la densità di atleti forti e per questo una volta arrivavi tra i dieci all’UTMB e oggi con la stessa prestazione no, ma perché in tanti hanno crono simili, non perché le performance siano cambiate molto».

IL DREAM TEAM - RaidLight ha un Dream Team di atleti top che comprende, oltre al fondatore Benoît Laval, Nathalie Mauclair, Antoine Guillon, Christophe Le Saux, Elisabet Barnes e Rachid El Morabity. Tutti atleti di grande valore e con palmarès importanti. Nathalie tra il 2013 e il 2017 ha portato a casa i trofei di due Diagonale des Fous, una TDS, una UTMB, due medaglie d’oro ai Mondiali di trail, due secondi posti alla Marathon des Sables e il terzo posto a UTMB, Hardrock 100 e Western States. Antoine Guillon, tra le tante gare dal 2002, può vantare ben sei podi e una vittoria alla Diagonale des Fous e quattro alla TDS, oltre a un terzo posto al Tor des Géants e una vittoria al Grand Raid du Cro-Magnon. Elisabet Barnes? Basta dire che ha vinto due volte la Marathon des Sables… Christophe Le Saux ha corso e continua a correre in tutto il mondo e in Valle d’Aosta lo conoscono bene visto che è stato due volte terzo e una volta secondo al Tor des Géants. Infine, last but not least, Rachid ha vinto sei Marathon des Sables, delle quali le ultime cinque consecutivamente. Non esiste solo il Dream Team però, perché ognuno, tramite il sito, si può iscrive al team e diventare parte della grande comunità RaidLight. E poi c’è il Chartreuse Trail Festival, a fine maggio, un insieme di gare, compreso un simpatico color trail per bambini e famiglie, che attirano un migliaio di persone tra questi monti. E gli atleti del Dream Team. Curiosamente tutti i top sono degli anni ’70, se si esclude la Barnes, del ’77, ed El Morabity, anni ’80, gli altri sono dell’inizio del decennio. In pratica coetanei di Laval. «È un caso, non li ho conosciuti in gara, a parte Le Saux, li abbiamo scelti perché incarnano l’idea di trail come avventura prima ancora che come sport e vittoria o perché, come Nathalie, sono persone comuni, madri di famiglia con un lavoro che hanno saputo arrivare al vertice; per intenderci anche Kilian rientrerebbe in questa categoria di atleti amanti della natura prima di tutto» dice Laval.

Presentazione della nuova collezione di Radlight con Christophe Le Saux

STATIONS DE TRAIL - Saint-Pierre-de-Chartresue è la prima di una trentina di station de trail, un concept che prevede itinerari suddivisi per difficoltà e segnalati, servizi come docce e spogliatoi, un sito e una app con cartografia e la community dove è possibile condividere i propri giri e allenamenti. Nella Chartreuse ci sono itinerari da 6 a 30 km, un vertical, uno stadio del trail con percorsi studiati per l’allenamento, dalle ripetute ai circuiti per la velocità e la resistenza. Le altre destinazioni sono in Francia, Belgio, Svizzera, La Réunion, Cina e Spagna.
stationdetrail.com

Presentazione della nuova collezione di Radlight con Christophe Le Saux