Campo Base Ferrino

In un’epoca di globalizzazione e delocalizzazione arrivare in un grande capannone alle porte di Torino e trovare interi reparti al lavoro a cucire, tagliare e disegnare articoli sportivi fa una certa impressione. Se poi questi articoli sono tende e zaini che, come la gran parte degli altri prodotti tessili, sono realizzati in Estremo Oriente, lo stupore è ancora più grande. «Dal reparto di progettazione vera e proprio si passa a quello di prototipazione che nella pratica è un piccolo reparto di produzione, mentre al piano inferiore c’è un settore più grande che produce le tende per la Protezione Civile e le organizzazioni umanitarie» dice Marco Chiaberge, responsabile ricerca e sviluppo di Ferrino. Usciamo dalla stanza dove ci sono i computer e si disegnano i nuovi modelli per mettere piede in due stanze attigue dove un piccolo esercito (è proprio il caso di dirlo, visto che Ferrino produce tende e zaini per diversi reparti militari, non solo italiani) è al lavoro. Nel primo vano ci sono i macchinari per i controlli qualità interni, fatti a campione su tutti i prodotti: abrasione, pilling, impermeabilità, trazione, lacerazione, si controlla tutto. Dalla stanza più grande arriva un rumore di macchine da cucire. Su un lato fa bella mostra una grande tenda militare con i montanti gonfiabili. «È un modello che l’esercito francese usa come comando in quota» dice Marco. Alle macchine da cucire si tagliano i pezzi di tessuto per un nuovo zaino da hiking e lo zaino airbag che verrà presentato a Ispo 2019. Non è facile a Torino, che in passato aveva una grande tradizione nell’industria tessile, trovare ancora manovalanza con la giusta esperienza e manualità nel cucire e tagliare ed è proprio questa la sfida e l’orgoglio al tempo stesso di Ferrino. «Le grandi produzioni avvengono poi in Estremo Oriente, ma parte tutto da qui e a Shanghai abbiamo un ufficio con dei dipendenti, dai fornitori arriviamo con un progetto ben preciso che devono solo eseguire, a noi poi spetta controllare la qualità».

©Federico Ravassard

COME NASCE UNA TENDA - Flashback. Torniamo indietro. Prima di arrivare sul mercato uno zaino o una tenda Ferrino,quelli che vediamo esposti in azienda o che stanno prendendo forma nel reparto prototipia,ha una gestazione di un anno, un anno e mezzo. Dipende. Dipende da come vannoi test. Tutto infatti nasce dalle prove sul campo di un ristretto gruppo di Guide alpine eprofessionisti. Il primo prototipo, che poco o nulla ha a che vedere nel look con quello chearriverà sul mercato, viene portato in montagna. Successivamente zaini e tende vengonomodificati sulla base delle indicazioni dei testatori e si valuta con l’ufficio commerciale sesono in linea con le richieste del mercato, poi si passa ai test su un ristretto gruppo di consumer.

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I CAMPI PROVA - Un valido aiuto sono i campi prova allestiti in estate e in inverno al rifugio Toesca, a quota 1.710 metri, in Val di Susa, e in estate al Quintino Sella, a 3.585 metri, nel gruppo del Monte Rosa, per il materiale più tecnico e da alta quota. Dopo questo lungo processo si riprende in mano il prodotto e si producono altri prototipi, fino ad arrivare anche alla giusta palette di colori. I professionisti hanno fatto la storia e la fortuna di un marchio che nel 2020 festeggerà i 150 anni. Le loro esperienze estreme sono state utilizzate per la realizzazione di nuovi prodotti per affrontare l’outdoor nelle peggiori condizioni. Come non ricordare Reinhold Messner, dalla cui esperienza sono nate le migliori tende da spedizione e alta montagna, ma anche Ambrogio Fogar, le traversate in solitaria del deserto di Carla Perrotti, oppure le spedizioni antartiche dell’ENEA, Gnaro Mondinelli o Simone Moro?

©Federico Ravassard

SUL MONTE ROSA - L'elicottero sale veloce, improvvisamente dalle periferie di Torino ci troviamo ai 3.585 metri del Rifugio Quintino Sella al Felik, alle pendici del Castore e del Lyskamm. Qui, da più di vent'anni, Ferrino allestisce un campo base con le tende della linea HighLab, un nome che non è solo una mera esigenza di marketing ma testimone di quello che è a tutti gli effetti un laboratorio in quota. Gli alpinisti di passaggio infatti possono provare il materiale dormendo (gratuitamente) qui per una notte, in cambio il loro feedback viene raccolto su dettagliate schede che tengono conto delle condizioni fisiche dei testatori e di quelle ambientali. I dati vengono poi spediti a Torino ed elaborati dai tecnici per capire come le loro idee si comportino effettivamente sul campo, utilizzate da utenti normali che rispecchiano poi le esigenze del cliente. Già, perché a volte tester di altissimo livello non sono sufficienti, anzi, a volte se ne escono con idee un po' strampalate e non sempre commerciabili: ad esempio i fratelli Franchini, per una spedizione sulle Ande, si sono fatti preparare su misura un sacco a pelo matrimoniale e una tenda monotelo per essere ancora più leggeri. È solo combinando le richieste di alpinisti diversi tra loro che si può arrivare a un prodotto di alta qualità e, allo stesso tempo, perfettamente funzionale. Un esempio? I sacchi a pelo offerti ai fruitori dell'Highlab al Felik sono gli stessi che accompagnano nelle sue spedizioni himalayane Adriano Favre, direttore responsabile del Soccorso Alpino Valdostano e anima del progetto.

LA STORIA - Storia esemplare quella della Ferrino. Torino, 1870, via Nizza 107. Cesare Ferrino è titolare di un negozio di vernici. Alcuni anni prima si è recato in Germania a studiare nuovi procedimenti per la realizzazione di tessuto e tele e ha acquisito un brevetto in esclusiva per l’Italia per rendere totalmente impermeabili le tende. Nasce così la prima produzione industriale per la produzione di tele cerate, spesso utilizzate sulle automobili, per esempio le Fiat. Negli anni però la produzione di tende da campeggio diventerà sempre più importante con modelli specifici per le vacanze o le spedizioni. Oggi, a soli due anni dal centocinquantesimo giubileo, Ferrino ha in catalogo tutto quello che serve per l’outdoor, dall’abbigliamento ai sacchi a pelo, ma tende da montagna e da spedizioni e zaini rimangono il core business dell’azienda torinese.

©Federico Ravassard

Alla Bellagio Skyrace doppietta ruandese

Soleggiata e limpida domenica autunnale sul Lago di Como per la Bellagio Skyrace. Sul percorso di 28,5 km con 1850 metri di dislivello della gara si sono portati subito in testa il portacolori dell’Esercito Daniel Antonioli e il ruandese della Valetudo Serim Jean Baptiste Simukeka, inseguiti da Cristian Minoggio, compagno di squadra di Simukeka. Sul gpm del monte San Primo a quota 1680 metri, al km 12,8, è transitato davanti a tutti Antonioli. Nella discesa però Simukeka ha aperto il gas e nessuno ha potuto resistere al suo forcing.
Sul lungolago Europa, con il sole che si specchiava nel lago, gli applausi sono stati tutti per Jean Baptiste Simukeka, che ha conquistato la quinta edizione della Bellagio Skyrace stoppando le lancette su 2h29’01”. Grazie a un bel recupero nel finale, Cristian Minoggio ha chiuso in seconda posizione con il crono di 2h30’45”. Sull’ultimo gradino del podio è salito Daniel Antonioli, che ogni anno cerca di onorare la gara degli amici di Bellagio; 2h31’32” il suo tempo. Nei migliori dieci Erik Panatti, Paolo Bert, Stefano Rossatti, Michele Tavernaro, Andrea Rota (18 anni), Lorenzo Rota Martir (non ancora diciottenne, è il più giovane in gara) e Clemente Belingheri.
Livello altissimo anche nella gara femminile. La ruandese Primitive Niyirora, talento della corsa in montagna scoperto da patron Giorgio Pesenti, dopo il trionfo alla Zacup si è ripetuta in quel di Bellagio. Una gara in solitaria la sua, che l’ha portata sul traguardo di Bellagio in sole 2h47’10”, nono miglior tempo assoluto. Alle sue spalle è giunta la vincitrice uscente Denisa Dragomir, fuoriclasse rumena tesserata per la Valetudo Serim. 2h50’02” il tempo che le è valso la medaglia d’argento. La russa Natalia Gemperle, campionessa di orienteering, ha chiuso al terzo posto (2h55’29”) anticipando in un lungo sprint Elisa Desco. La classifica femminile prosegue con la beniamina di casa del Bellagio Skyteam Paola Gelpi, Fabiana Rapezzi, la vincitrice delle Skyrunner Italy Series Cecilia Pedroni, Sara Rapezzi, Arianna Oregioni e Sarah Palfrader.
Nella Bellagio Half Skyrace la vittoria assoluta è andata a Massimiliano De Bernardi che ha portato a termine i 14,5 km in 1h12”45” davanti a Lorenzo Beltrami, secondo in 1h13’10”, e Andrea Bonanomi, terzo in 1h18’11”. Quarto Filippo Ugolini e quinto Michele Cornali. In rosa ha vinto Alessia Ravasi di Osa Valmadrera in 1h39’40”, dietro di lei Corinna Mondani (1h39’47”) e Virginia Ortalli (1h40’26”). Quarta Lucia Colciago e quinta Barbara Pozzi.


UTLO, sigillo di Giulio Ornati e Lidia Mongelli

In tantissimi al Vibram UTLO, sempre più internazionale. Nella gara regina sul Lago d’Orta, quella da 120 km, vittoria di Giulio Ornati: il portacolori del Team Salomon chiude in 14h50’06”, nuovo best crono della gara, davanti allo svizzero Walter Manser (15h05’30”), primo lo scorso anno, e al francese Nicolas Pianet (15h18’32”). Sul podio rosa sale sul gradino più alto, Lidia Mongelli in 18h41’24” sulla francese Delphine Cornillat-Avenier in 18h58’07” e la svizzera Denise Zimmermann in 19h35’46”. Carlo Salvetti e Simona Gambaro dettano legge nella 82 km; sul podio maschile gli svizzeri Diego Pazos e Adrian Zurbrügg, su quello femminile la svedese Mervi Heiskanen e la svizzera Vera Nina Schneebeli.
Nella 60 km a segno Davide Cheraz davanti allo svizzero Roberto Delorenzi con terzo Davide Cavalletti; Laura Barale prima nella classifica femminile su Antonella Bignardi e la canadese Flavie Pelletier. Infine nella 34 km affermazioni del marocchino Elhousine Elazzaoui (su Riccardo Borgialli e Stefano Ruzza) e di Erica Ghelfi (su Martina Chialvo e Francesca Ghelfi).


Henry Aymonod detta legge a Fully

Doppietta azzurra a Fully: nel durissimo vertical svizzero a segno Henry Aymonod davanti Manuel Da Col; il valdostano chiude con il crono 30’48”, 31’39” il tempo del cortinese. A completare il podio il francese Camille Caparros in 32’01”. Quarta piazza per Nadir Maguet in 32’15”, quinto lo junior svizzero Aurelien Gay in 32’37”.
Ancora Christelle Dewalle al femminile: successo in 35’38” davanti alla connazionale Jessica Pardin in 37’35”, con la svizzera Victoria Kreuzer sul terzo gradino del podio in 37’54”. Vola la triathleta valdostana Charlotte Bonin, quarta in 38’11, davanti a Camilla Magliano in 38’39”.


ISMF-LGC, la parola ai protagonisti: Marco Mosso

Marco Mosso è il presidente della commissione scialpinsmo in FISI, oltre che membro del direttivo della ISMF. Anche a lui abbiamo chiesto le impressioni sulla querelle FISI-LGC.
«Partiamo dal capitolo calendario FISI: abbiamo una cinquantina di gara in programma, siamo pronti ad accogliere a braccia aperte le prove italiane della LGC, ma devono adeguarsi alle nostre norme. Non è una imposizione, sia chiaro, ma sono le regole dello statuto della FISI, riconosciuto dal CONI. Per noi è un punto fermo perché non possiamo violare il regolamento. Dal punto di vista della Nazionale e dello sci-alpinismo agonistico in Italia, credo che molto sia stato fatto e moltissimo sia da fare. La FISI ha raddoppiato il budget, la consegna dell’Audi a Michele Boscacci, la prima in assoluto per uno scialpinista, la conferma di Karpos, sono per citarne alcuni, credo che siano segnali che lo ski-alp è considerato in federazione».
Sul rapporto ISMF-LGC?
«Continuo a ribadire la mia idea: sono due facce della stessa medaglia e dispiace si sia arrivati a questo punto. Il problema lo conoscete tutti, è stato lo scontro sulle date dei Mondiali e della Pierra Menta. Confermo che era impossibile spostare la data dei Mondiali e alla fine è stato impossibile trovare una soluzione. Ma per la ISMF il valore di questi Mondiali è elevatissimo, non solo come rassegna iridata, ma perché Villar sarà la sede delle gare di Losanna 2020, i giochi olimpici giovanili, come sapete. Saranno Mondiali sotto osservazione del CIO e con i vertici del CIO pronti a seguire la rassegna iridata».


Bellagio Skyrace, domenica si corre

La Nsck1 che si disputerà nel pomeriggio di sabato aprirà le danze del fine settimana bellagino dedicato allo skyrunning. La prova vertical (con uno sviluppo di 4,5 km con un dislivello positivo di 810 metri con il traguardo fissato al Belvedere del monte Nuvolone e con partenza alle ore 15) precederà la gara regina di domenica, la Bellagio Skyrace, prova finale delle Skyrunner Italy Series e penultima prova del circuito Lombardia take your time Serim Valetudo. In programma anche tanti altri percorsi: dalla Half Skyrace alla corsa dei bambini, con passerella finale nei giardini di Villa Melzi.


Sabato è il giorno di Fully

Tutto pronto a Fully: la diciottesima edizione di uno del vertical più conosciuti andrà in scena sabato 20 ottobre. Alle 12 e 10, e 40 secondi partirà l’ultimo dei concorrenti, Thomas Terrettaz, secondo nel 2017 alle spalle di Philip Götsch che firmo l’incredibile crono di 28’53”. Quaranta secondi prima, uno degli attesi più attesi, Nadir Maguet e prima ancora Henri Aymonod, gli svizzeri Andreas Steindl, Martin Anthamatten, Iwan Arnold, Manuel Da Col, l’andorrano Oscar Casal Mir, il colombiano Saul Antonio Padua Rodriguez... A livello femminile ci sono le tre prime dello scorso anno, la francese Christel Dewalle, la svizzera Victoria Kreuzer e l’altra francese Jessica Pardin, con Camilla Magliano pronta a migliorare il quinto posto del 2017. Alle 8 il primo degli oltre 700 atleti al via: Moreno Pesce che ancora una volta è pronto ad affrontare le rampe di Fully.

L’ordine di partenza


ISMF-LGC, la parola ai protagonisti: Alessandro Mottinelli

Alessandro Mottinelli e il suo staff quest’anno entrano in scena con l’Adamello Ski Raid, anche a lui abbiamo chiesto un parere sulla questione ISMF-LGC.
«Non abbiamo trovato l’intesa, i progetti sono diversi e credo non fosse giusto ingannare tutti, continuando una collaborazione che di fatto non c’è. In questo momento la ISMF è tutta concentrata sui percorso olimpico, mentre noi crediamo che gli atleti top siano pochi e serva invece consolidare la presenza con le migliaia e migliaia di agonisti, direi con i milioni di praticanti».
Chiusura dunque?
«Riconosco l’importanza della federazione, ma vedo un po’ una chiusura a riccio e sempre meno blasone con meno presenze in Coppa del Mondo. Detto questo se troveremo nei prossimi anni una disponibilità al dialogo e meno personalismi noi ci siamo».
Novità per l’Adamello?
«Faremo la classica gara giovani al Presena ad inizio stagione: non abbiamo ancora fissato le date perché valuteremo le condizioni di innevamento, potrebbe essere l’ultima domenica di novembre o la prima di dicembre. Per la gara del 7 aprile, la novità più importante sarà quella di una altra gara giovanile in parallelo con quella assoluta, ovviamente su un tracciato ridotto».


Gli azzurri pronti per il primo raduno

Nazionale italiana si inizia. A fine mese fissato il primo raduno degli azzurri. «Partiamo il 29 ottobre - spiega il dt Stefano Bendetti, affiancato nel suo lavoro sempre da Davide Canclini, e dalla new entry, distaccate del Centro Sportivo Esercito, Denis Trento e Manfred Reichegger - allo Stelvio: uno sessione di lavoro di cinque giorni per i Senior e gli Espoir, mentre negli ultimi tre si uniranno anche gli Junior. Poi vedremo a novembre dove andare: è un periodo molto secco (ci ha raccontato che è salito sui ghiacciai trentini per una serie di rilievi, riscontrando un abbassamento di oltre cinquanta centimetri, tantissimo se consideriamo il periodo non certo estivo, ndr) vedremo le condizioni di innevamento». Squadra al completo, assente la sola Katia Tomatis. «Come Senior resta la sola Alba De Silvestro, oltre a cinque Espoir: vedremo nelle prime gare se allargare il gruppo». Sotto osservazione Bianca Balzarini e Elena Nicolini. Ma come mai assente Katia Tomatis? Ce lo ha detto la stessa atleta cuneese. «Divento mamma, sono felicissima, ma quest’anno niente gare…». E allora super-auguri Katy.


Karpos vestirà anche la squadra di ski-alp del Centro Sportivo Esercito

Dopo la Nazionale, Karpos vestirà anche la squadra di ski-alp del Centro Sportivo Esercito. Al Castello Cantore di Aosta, la presentazione ufficiale con il team al gran completo. «Siamo particolarmente orgogliosi – ha dichiarato Alessio Cremonese amministratore delegato di Manifattura Valcismon – di poter condividere con il Centro Sportivo dell’Esercito un anniversario che non era possibile pronosticare quando abbiamo iniziato, 40 anni fa. L’elemento che ci accomuna è la profonda passione e dedizione per quello che facciamo».


Morenic Trail, le impressioni di chi l'ha corsa

Prendere parte al Morenic Trail, correre sull’orma del ghiacciaio e sentirne il respiro, vecchio di millenni, significa diventare il tassello di una storia che inizia moltissimo tempo fa, durante il Pleistocene, e continua ancora oggi. La parola morena riporta alla mente, in maniera quasi inconscia, la geografia delle scuole elementari. E te la rivedi lì, la maestra, mentre spiega che ‘i depositi morenici sono accumuli di frammenti rocciosi, sabbia e argilla trasportati da un ghiacciaio e rimasti lì, a formare colline più o meno alte e estese, dopo il suo scioglimento’. Mai però mi sarei immaginata di scoprire, grazie alla corsa (o meglio, grazie a una gara trail!) che l’anfiteatro morenico più bello e conservato al mondo si trovi in Italia e che sia quello di Ivrea.
La storia ha inizio, per l’appunto, tra un milione e 10.000 anni fa, con il grande Ghiacciaio Balteo che discende dalle Alpi valdostane e dà poi origine nella Pianura Eporediese a questo gigantesco anfiteatro. Con una estensione di oltre 500 chilometri quadrati, esalta i geologi fin dalla metà del 1800, che ne studiano la formazione e il magnifico stato di conservazione.
Ma qual è il collegamento tra questo maxi evento risalente al Quaternario e il Morenic Trail?
Ce lo racconta Stefano Roletti, testa e cuore pulsante di questa gara poco pubblicizzata ma estremamente sentita a livello territoriale. Una gara che nasce dall’innamoramento di un uomo per il territorio, prima ancora che per la corsa. Anche se, diciamocelo, correre è sempre stata una delle sue passioni. La storia di questa gara è piuttosto curiosa, a dircelo è lui stesso. Ama definirsi uomo morenico (e quindi Balteo), orgoglioso delle sue origini. Fisico ambientale, come la compagna Paola, altro tassello fondamentale di questa storia. «Nel 2000 la stragrande maggioranza delle persone del territorio (a parte i geologi e gli appassionati) non aveva la percezione dell’esistenza di questo arco naturale che è l’Anfiteatro Morenico di Ivrea (AMI). Su incarico dell’ATL Canavese e Valli Lanzo ho dato il via a una serie di iniziative finalizzate alla creazione di un’identità territoriale turistica e alla sua promozione, dalle carte territoriali fino alla progettazione e tracciatura permanente di un percorso chiamato Alta Via dell’Anfiteatro Morenico di Ivrea, che percorre tutto l’arco morenico da un estremo all’altro. Nel 2007 l’ATL Canavese e Valli Lanzo viene inglobata dall’ufficio che, per la provincia di Torino, si occupa della accoglienza e promozione turistica e sorge la paura che i 10 anni di lavoro per far nascere l’identità turistica dell’AMI vadano nel dimenticatoio. In dieci anni, tuttavia, gli abitanti avevano già acquisito una consapevolezza territoriale. Essere parte di un territorio unico unisce e rafforza, ed è proprio sulla base di questo sentire comune che nasce, nel 2010, il Morenic Trail. La gara sfrutta i sentieri dell’Alta via e si articola su ben 40 Comuni. Senza istituzioni alle spalle e senza grossi aiuti economici, la gara è cresciuta in questi primi nove anni e continua a funzionare come una splendida orchestra, dove ogni strumento dice la sua e insieme fanno una sinfonia perfetta. Nel 2018 la Regione Piemonte, grazie all’attivo e attento Assessorato allo Sport, diventa partner del Morenic Trail».
Questo clima, di comunanza e appartenenza, è qualcosa che effettivamente traspare. Dai volontari, in primis, davvero entusiasti e sorridenti, capaci di darti la carica a ogni passo. Particolare menzione va fatta per il ristoro di Villate che, tanto per raccontare un aneddoto, ha sfamato un simpatico gruppo di ritirati a suon di hamburger, salamelle, torte dolci e salate, birra e persino vino. Per rendere la delusione di ritiro meno gravosa e perché ‘Così il prossimo anno tornate a trovarci’.
Può una sola persona fare il Morenic Trail? La domanda sorge spontanea…
«Assolutamente no. Il nostro gruppo, Baltea Runner, è un gruppo di appassionati dove ognuno ce la mette tutta per dare il meglio. Io ad esempio mi occupo degli aspetti tecnici del percorso, dei rapporti istituzionali e con la gente, oltre a cercare di inventarmi ogni anno qualcosa capace di rendere la gara sempre nuova e in grado di attirare più persone. C’è chi si occupa della programmazione dei ristori, della tracciatura, chi come ad esempio Andrea, nuovo acquisto, della gestione della assistenza sanitaria degli atleti e così via. In questo lavoro che dura circa un anno siamo affiancati da tutta la gente del territorio (come mi piace dire) da tutta la gente Baltea».
Novità per l’edizione 2019?
«Sì, una cosa che lascerà tutti a bocca aperta. Ma ancora non ve la posso svelare. Posso solo dirvi che sarà una modifica che permetterà di mettersi ancora più in contatto con la natura della orma del ghiacciaio».
E a noi, che guardiamo le foto dei finisher, ritratti come antichi guerrieri con le guance tinte di rosso, non resta che attendere il nuovo anno per scoprire cosa riserverà il 2019.


Adesso è ufficiale, Laetitia Roux dice basta alla Nazionale

Adesso è ufficiale, Laetitia Roux dice basta alla Nazionale e alla Coppa del Mondo. Ma non allo ski-alp, rinnovando con Ski Trab: diciassette titoli mondiali, il primo a quelli di Cuneo nel 2006, 64 vittorie e otto coppe del mondo, è stata lei la regina quasi imbattible. Le sue impressioni in una lunga intervista a grandevoix.fr: voglia di esplorare altri orizzonti, di vivere nuove esperienze, così si legge, ma la volontà di non fermersi completamente, di allenarsi di nuovo e di correre qualche gara. Passa il testimone di capitana ad Axelle Mollaret (che recentemente si è sposata con Xavier Gachet).