In edicola il numero 73

Sempre più Ski-alper

Il quarto numero della stagione è in edicola da questi giorni. Copertina dedicata alla Brenva, risalita sci nello zaino e poi ridiscesa nel servizio all'interno da parte di Pierre Tardivel che ci racconta la sua vita e le sue discese impossibili.
E poi le bambine di Premana, già da piccole innamorate di questo sport: ecco una giornata con loro. Gli itinerari: quelli adatti al mese di marzo: Pizzo di Petto, Palla Bianca, la Cresta Bianca del Cristallo. Continua il confronto fra sci di diversa tipologia: XXL, Medium e Small: quali le differenze sulla neve? A chi sono indirizzati? Pregi e difetti rilevati dai nostri supertecnici Alain e Erik Seletto. E poi la centralità dinamica: come si scia sulle nevi ventate.
Best ager: ad questo numero incominciamo ad occuparci di loro, anzi di noi. I non più giovani che vogliono ancora cimentarsi con grandi raid. Quali materiali, i loro pesi, l'abbigliamento più funzionale.
E poi agonismo con i servizi live dall'Etna e da Andorra. Due personaggi del mondo race raccontati anche con l'aiuto delle nostre immagini esclusive: Daniele Pedrini e Mireja Mirò.
Ancora Renato Cresta che ci parla di valanghe e poi tutte le novità viste all'Ispo di Monaco.
Un numero da non perdere assolutamente, certo.


Ecco il numero 72

In edicola il terzo numero della stagione, finalmente…

Un numero ricco di argomenti, come sempre: dallo ski-alp people con le fate del Brenta, con Naglich che ha effettuato la prima discesa dal St. Elias, con Cattaneo e Lanfranchi due fenomeni dello ski-alp, con Silke Unterkircher intervistata nella sua casa di Selva di Valgardena. E poi le prove sul campo con i Fish 162, il confronto fra gli scarponi Skokum e Titan, la presentazione dei nuovissimi prodotti della Dynafit provati direttamente sulle nevi svizzere. Il test dei guanti da donna con 25 modelli portati sulla neve. Le gare di Pila, Monterosa, Rio Bianco e Vetan. La presentazione dei grandi avvenimenti di fine stagione. Poi itinerari, quelli facili, gli easy. La valanga del Pordoi raccontata a modo nostro, da tecnici ma anche da amici delle vittime di questa tragedia della montagna. E poi forse ancora altro.


Ski Transalp, da Madonna di Campiglio a Oberstdorf

Si è conclusa a Oberstdorf, in Baviera la Ski Transalp: sette giorni di sci alpinismo da Madonna di Campiglio e la Val di Sole sino alle Alpi tedesche. L’evento, giunto alla terza edizione, è stato organizzato ed ideato da Peter Schlickenrieder, noto ex atleta della Nazionale tedesca di sci fondo e vincitore della medaglia d’argento nella prova sprint alle Olimpiadi invernali 2002 di Salt Lake City. Il tour ha visto quattro esperti sci alpinisti tedeschi impegnati nell’attraversamento delle Alpi in sette difficile tappe, 200 km di lunghezza e  ben 16 mila metri di dislivello totale attraverso le montagne di quattro Stati: Italia, Svizzera, Austria e Germania. L’impegnativa ed affascinante spedizione all’insegna della massima tutela e rispetto della natura è stata allestita in collaborazione con il grande alpinista altoatesino Hans Kammerlander, il Dav (Club Alpino Tedesco) e l’Assessorato bavarese all’Ambiente. La prestigiosa partenza è avvenuta giovedì scorso da Madonna di Campiglio, nel cuore delle Dolomiti di Brenta; due le tappe interamente in Italia: Madonna di Campiglio-Peio Paese (26 km di lunghezza e 1632 metri di dislivello) e Peio Paese-Solda (27 km di lunghezza e 2312 metri dislivello, con l’ascesa ai 3769 metri del Monte Cevedale, tetto del tour). La prima tappa ha portato i quattro scialpinisti Peter Schlickenrieder, Dietmar Rexhausen, Martin Leitner e Patrick Jost da Madonna di Campiglio a Peio Paese, terrazza del Trentino, passando dal versante sciistico campigliano di Pradalago, Passo Genevria, Lago Alto, Passo dell’Ometto, Passo Gardene, Rifugio Artuich, Lago di Stablo, Lago Fazzon ed i caratteristici borghi di Ossana, Fucine e Cogolo in Val di Peio. Il giorno seguente, venerdì 15 gennaio, sono partiti di buon’ora da Peio Paese (metri 1585 di quota) per Solda in Alto Adige: dopo un lungo trasferimento sci in spalla sino al bacino idroelettrico di Malga Mare (mt 2000), hanno calzato gli sci salendo sino al rinnovato Rifugio Larcher al Cevedale (mt 2608) e raggiungendo poi, con difficoltà, la vetta del Monte Cevedale. La grande quantità di neve fresca ed il serio pericolo di valanghe ha infatti costretto l’esperta guida alpina Patrick Jost, responsabile tecnico della spedizione, a variare due volte l’itinerario prescelto per l’ascesa della spettacolare cima. Il notevole tempo perso nella salita al Cevedale, classica meta sci alpinistica da provare in primavera ma non in pieno inverno, non ha però impedito ai quattro tedeschi di svolgere in vetta una pausa ristoratrice dinanzi allo spettacolare panorama di tutte le cime del gruppo dell’Ortles. Con una lunga discesa in neve polverosa Peter Schlickenrieder ed i tre acompagni sono quindi scesi a Solda, nell’omonima valle altoatesina, passando per il Rifugio Casati ed il Rifugio Città di Milano – Schaubachhutte. Nei giorni seguenti la spedizione ha fatto quindi tappa a Scuol in Svizzera, Ischl, Sant Anton am Arlberg e Warth in Austria ed infine Oberstdorf in Germania. L’importante Ski Transalp  ha visto la preziosa collaborazione dell’Azienda per il Turismo delle Valli di Sole, Peio e Rabbi e dell’Azienda per il Turismo  Madonna di Campiglio, Pinzolo, Val Rendena, che hanno fornito ospitalità ed assistenza tecnico logistica alla iniziativa transfrontaliera ideata in piena sinergia con l’ambiente e l’alta montagna.


La tragedia di Canazei

Sei morti per valanghe in Val Lasties

Sei morti: un'altra strage da valanga come molte altre negli ultimi anni. Questa volta è toccata a una squadra del soccorso alpino di Canazei impegnata in un'operazione di ricerca di dispersi nella zona del Piz Boé - Val Lasties. Oltre ai due dispersi - pare si tratti di due alpinisti friulani che erano saliti per scalare una cascata di ghiaccio e non si ha ancora la certezza se fossero attrezzati con ciaspole o sci - hanno perso la vita Erwin Riz, maestro di sci e guida alpina profondo conoscitore di questo vallone, Alessandro Dantone, tecnico del soccorso alpino, Luca Prinoth, guida alpina, Diego Perathoner, tecnico del soccorso alpino. Si sono salvati Fabio Valentini, guida alpina e maestro di sci, Roberto Platter, guida alpina e maestro di sci, Martin Riz, maestro di sci, tecnico del soccorso e atleta dello ski-alp.
Con il nostro esperto Franz Nicolini abbiamo voluto tracciare un quadro il più completo possibile degli avvenimenti prima di trarre conclusioni affrettate frutto di quanto letto sui giornali e sui siti di oggi.
I fatti dovrebbero essere successi più o meno così: ieri nel tardo pomeriggio la fidanzata di uno dei due dispersi ha dato l'allarme per il mancato rientro dei due alpinisti che, a quanto pare hanno risalito la Val Lasties dal basso.
Alle 19.15 con una corsa speciale della funivia viene portata sul Pordoi una squadra di sette soccorritori che si dirigono immediatamente verso la Val Lasties imboccando il ripido canale a sinistra prima della Forcella Pordoi.
A questo punto lo stacco della valanga: in sei vengono travolti mentre Riz riesce a rimanerne fuori - ci faremo raccontare in seguito da Martin come questo miracolo sia avvenuto - e sarà proprio lui a salvare Platter ed estrarlo dal manto nevoso, Fabio Valentini resiste per un'ora e mezza sotto la neve grazie alla bolla d'aria formatasi fra roccia e neve e viene estratto vivo. Per gli altri non c'è nulla da fare.
Questi sono i fatti. Le cause sono certamente da addebitare al forte rischio di valanghe determinato dagli ultimi accumuli di neve forse bagnata dalla pioggia e poi indurita dal freddo che possono scorrere facilmente sugli strati sottostanti se sovraccaricati ulteriormente. A questo va poi unito lo spirito di abnegazione che anima le squadre di soccorso impegnate nel salvare le vite altrui che spesso fa dimenticare di proteggere la propria.
Molto difficile comunque al buio o alla luce delle pile frontali avere una visione globale delle condizioni del pendio e soprattutto poter reagire tempestivamente nel momento dello stacco ammesso che questo sia possibile…
Adesso Canazei piange i suoi morti mentre la valle pullula di turisti illuminata dalle luci natalizie e il carrozzone deve andare avanti comunque.
Le condoglianze della nostra redazione tutta per i ragazzi periti nella valanga e un pensiero in particolare all'amico Diego Perathoner con il quale c'era un legame di stima e collaborazione.


Ecco Ski-alper!

Finalmente in edicola, da domani.

Il primo numero ricco di argomenti, tutti sullo scialpinismo.
Molti i personaggi: da Fabio Meraldi a Franco Maestrini, da Nadia Scola a Emilio Previtali. Un grande test materiali con i top sci da grantour e race. Le prove sul campo con le novità del mercato: scarponi Montain Gignoux, attacchino Haeréo, scarpone Stratos La Sportiva, sci da gara Movement Fish, sci larghi Dynafit.
E poi race con un grande reportage sul Mezzalama.
Perrier e Giacomelli: professionismo, no grazie.
Le più belle skyrunning dell'estate.
Tutti i calendari dello ski-alp.
Renato Cresta ci racconta le grandi nevicate del passato.


Tutti in Marmolada

Affollamento di ski-alper sulla regina delle Dolomiti

A nord est la stagione di scialpinismo è iniziata alla grande. 50 cm di
powder ed una giornata di sole per un appuntamento classico di inizio
stagione qual è la salita a Punta Rocca in Marmolada. Davvero tantissimi gli skialper intenti a ritrovare il feeling con le pelli che si sono dati appuntamento quassù.


Morto l'alpinista bergamasco Roby Piantoni

Faceva parte della spedizione al Shisha Pangma con Greco

Non sono ancora chiare le dinamiche dell'incidente che ha causato la morte di Roby Piantoni mentre si trovava sul Shisha Pangma, la quattordicesima montagna più alta della terra, nella spedizione che, assieme ad Adriano Greco e altri due bergamaschi Astori e Parimbelli, aveva l'obiettivo di scalare la parete sud di questa montagna aprendo una nuova via. 32 anni di Colere si ricongiunge al padre Livio, anch'egli morto durante una spedizione in Sud America.


Ski-alper si nasce...

Anche la maglietta per ribadire un modo di essere

All'inaugurazione dell'Alpstation di Milano la nostra collaboratrice Idalba ha indossato una t-shirt nera con una scritta piuttosto vistosa: dietro, «Sciatori si diventa», e fino a lì nulla di strano, si impara a sciare in pista, i ragazzini vanno alla scuola di sci, quindi allo sci club, i grandi partecipano ai corsi collettivi o apprendono dal maestro e, perché no, anche dalla manualistica, etc. etc. Ma a far pensare era quella davanti: «Ski-alper si nasce». Secondo il nostro punto di vista, infatti, la scelta dello scialpinismo come sport principale sulla neve rispecchia anche un modo di essere. Poi va a finire che ski-alper lo si è sempre, anche quando si vive in città.
Ski-alper vuol anche dire non seguire sentieri e tracce battute, quindi convenzionali. Insomma, un sacco di cose che non stiamo lì ad elencare, anche perché ognuno è ski-alper come gli pare e non vogliamo certo iniziare noi a codificare i modi di essere e di sentirsi.
In ogni caso ski-alper si nasce... E noi dai primi di novembre inizieremo a parlare esclusivamente di Ski-alp e di Ski-alpers con la nostra nuova rivista.


Adriano Greco e il progetto Shisha Pangma

Neve sul campo base degli alpinisti italiani

Secondo i bollettini diramati via internet una nevicata sta ostacolando il progetto di Greco, Piantoni, Parimbelli e Astori che prevedeva la salita della parete sud di questa montagna completamente in territorio cinese alta 8027 metri.
La via da seguire non è certa. C'è la possibilità di salire il ripido canalone Loretan - Troillet e di ridiscenderlo con gli sci, oppure percorrere la stessa via per poi abbandonarla e puntare direttamente alla vetta.
In questi giorni i quattro hanno concluso la fase di acclimatamento salendo più volte oltre i 6000 metri. Greco ha anche portato a termine alcune belle scialpinistiche su cime attorno.
I quattro italiani in ogni caso contano di evitare l'uso di portatori e attendono impazienti un miglioramento della meteo.


Ecco il logo definitivo di Ski-alper

Ski-alper si nasce? No, si diventa con il tempo...

Dopo una serie di prove alla fine l'omino nero alla Depero con i pini innevati ha indossato lo zaino rosso ed è un po' meno ingobbito, però sale, sale...
Questo omino verrà stampato su adesivi a forma di scudetto che verranno applicati ai caschi Starlight dell'iniziativa «Salva la tua fantasia». Si tratta di un'idea che portiamo avanti da qualche anno e che finalmente si è concretizzata grazie alla collaborazione con la Camp.
Dovrebbe essere questo il battesimo del logo Ski-alper che oltre ad apparire sulla rivista circolerà sul capo degli scialpinisti che intenderanno effettuare le escursioni con il casco sulla testa, almeno in discesa. Altri adesivi saranno a disposizione per gli amanti di questo tipo di gadget.
Sarà uno dei metodi per fare sì che ci si senta veramente una community, quella degli utilizzatori delle pelli per salire senza distinzione di livello o di età e di sesso.
Ci stiamo rendendo conto che molti approdano allo ski-alp poiché stufi delle piste affollate. Qualcuno arriva dal fondo stufo dell'anello battuto. Qualcun altro ha proprio iniziato a sciare con le pelli...


Super trekking fra Gran Paradiso e Vanoise

Dal Serrù al Nivolet, ma non per la provinciale...

Le bellissime giornate di questa seconda metà di agosto hanno ispirato un grande trekking attraverso le panoramiche cime che separano Piemonte, Valle d'Aosta e Val d'Isère. Ecco in sintesi la descrizione.
Lasciata l'auto nel tornante sopra la Diga del Serrù (2300 m) ci si incammina verso il Rifugio Ballotta. Il sentiero viaggia a curva di livello fino al rifugio, qui si risale la prima balza di rocce - due le scelte: o dal tetto del rifugio e nel canalino di fianco, entrambi i passaggi sono ben attrezzati con corde fisse e scalini di tondino - e si raggiunge il Pian Ballotta da dove si prosegue in direzione ovest risalendo gli sfasciumi che portano sotto il Passo della Losa (2970 m) che si raggiunge dopo aver superato il tratto ripido finale anch'esso ben attrezzato con corde fisse e gradini di ferro.
Panorama stupendo sulla Val d'Isère e sulla Grand Motte, a est tutto il gruppo del Gran Paradiso.
Dal passo si scende seguendo il sentiero che porta al Rifugio Prariond ma solo fino a quota 2700 circa. Ora si ricomincia a salire in direzione nord dopo aver superato un ampio pianoro. Il Colle della Galisia è alla nostra destra. Punto di riferimento da seguire sono delle rocce bianco - giallastre ben visibili anche da lontano solcate dal torrente che sbuca dal sovrastante Ghiacciaio di Bassagne. In questo tratto non c'è più sentiero ma si risale a destra per roccette e sfasciumi per evitare di affrontare il ghiacciaio che in questa stagione è ghiaccio vivo nella parte bassa e presenta qualche spaccatura insidiosa. Sempre superando roccette e nevai si supera il contrafforte che sorregge il ghiacciaio. In questo tratto meglio non spostarsi troppo a destra per evitare di doversi impegnare in un'arrampicata vera e propria.
Ci troviamo nei pressi del Col Basagne (3105 m), rimanendo sul bordo di destra salendo, puntiamo decisamente verso est alla volta della Punta Galisia ben riconoscibile per un grande omino di pietre della vetta. Qui il ghiacciaio non presenta difficoltà alcuna ed è ancora ben coperto di neve. La Punta della Galisia (3346 m) - vetta famosa fra gli amanti dello ski-alp che l'affrontano in primavera partendo dal Benevolo - è un punto panoramico di incredibile suggestione, su di essa si incrociano i confini di Rhemes, Ceresole e Val d'Isère, il colpo d'occhio sulle montagne circostanti è totale a 360°.
Dalla Punta Galisia l'itinerario prosegue in direzione della Punta Bousson (3330 m) ben visibile a nord - est a 600 metri in linea d'aria. Dalla Punta Bousson si deve ora raggiungere la Punta Basei (3338 m) attraverso una cresta di sfasciumi con qualche breve balzo roccioso. Questo tratto richiede molta attenzione dal momento che sia la parte piemontese che quella valdostana sono caratterizzate da un salto notevole - soprattutto verso il Serrù il vuoto è di 700 metri - e a poche decine di metri dalla Punta Bousson ci si ritrova a dover superare un intaglio nella roccia abbastanza problematico che richiede un po' di attenzione anche per la mancanza di buoni appigli per la pessima qualità della roccia. Superato questo ostacolo si prosegue ora sul filo di cresta seguendo delle traccette a destra o sinistra. Nei pressi della testa rocciosa della Basei si prosegue a sinistra attraversando un pendio di sfasciumi non troppo impegnativo e dopo un centinaio di metri ci si ritrova sull'ultimo tratto che si percorre normalmente per salite alla croce della vetta. Ora non resta che scendere lungo il sentiero estivo alla volta del Nivolet dove non rimane che cercare un passaggio per raggiungere l'auto al Serrù. (5 km)

Questo grandioso tour lo abbiamo chiamato «supertrekking» per via della complessità dei vari passaggi. Ci sono pochissimi tratti alpinistici ma nonostante questo lo consigliamo a persone ben preparate e con una certa esperienza dal momento che non ci si muove sempre su sentieri segnalati.
Indispensabili corda e attrezzature per l'assicurazione, piccozza e ramponi nel caso i nevai e il ghiacciaio Basagne presentino neve dura al mattino. Il casco potrebbe essere utile per evitare di essere colpiti da qualche pietra smossa da eventuali altre comitive nei tratti delle corde fisse e comunque per proteggersi nella cresta finale.

Meglio ricorrere ad una guida alpina (Guide Alpine Gran Paradiso Canavese - www.4026.it) per poter godere al meglio della panoramicità dei luoghi ed evitare il maggior numero di rischi.


Origone si ferma sulla Grande Becca

Dolori alle ginocchia hanno impedito di completare il percorso originario

Il programma originale di Origone prevedeva la scalata del Monte Bianco e del Cervino, per poi concludere la lunga cavalcata sulla cima Dufour, la vetta più alta del gruppo del Monte Rosa in 24 ore. Per due terzi le cose sono andate come pianificato a tavolino. O quasi. Nel tratto in bicicletta, prima, e nell’approccio al Matterhorn, le ginocchia hanno iniziato a dare problemi a Simone Origone, che ha interrotto l’impresa ai 4478 metri della Grande Becca. Resta l’exploit per un’impresa mai tentata e, ovvio, mai realizzata da nessun altro, così come rimane un poco di amarezza nella guida alpina e maestro di sci di Champoluc nel non avere portato a termine la lunga cavalcata. “Quando ho capito che il dolore alle ginocchia non mi avrebbe permesso di andare oltre alla vetta del Cervino – ha raccontato Simone Origone al suo rientro a Cervinia – ho pianto. Pianto per non poter proseguire, pianto per l’allenamento e il tempo che ho dedicato all’impresa, per tutto il lavoro di quelli che mi hanno aiuto in questi mesi e oggi. Ma quando Adriano Favre mi ha comunicato che una volta raggiunta la vetta del Cervino la mia giornata si concludeva lì, ho anche capito che aveva perfettamente ragione: mi ero ripreso, stavo bene, ma l’avvicinamento alla Dufour era un’incognita e non ho proprio idea come avrebbero reagito le ginocchia alle sollecitazioni della discesa.”

Ma Simone Origone ha compiuto comunque un’impresa: “Peccato per i problemi accusati da Simone – ha sottolineato Adriano Favre, responsabile tecnico della Fondazione Mezzalama – e che non sia riuscito a concludere il progetto, ma quello che ha fatto oggi è un assoluto exploit. In 17 ore scalare il Monte Bianco, affrontare un tratto di discesa con gli sci, compiere il trasferimento in bicicletta e salire sulla cima del Cervino, non è una cosa da tutti i giorni, e soprattutto per pochi atleti. Mi preme sottolineare la discesa con gli sci, dal Dôme de Goûter al rifugio Gonnella, effettuata in piena notte, su pendenze del 55% e con il solo ausilio della lampada frontale. Un aspetto che dimostra la grandissima abilità di Simone sugli sci e la perfetta conoscenza della montagna tipica delle Guide: un uomo di montagna a 360°, oltre che un’atleta eccezionale.”

A mezzanotte in punto, dai 993 m di Les Houches – Chamonix, è scattata la rincorsa all’impresa di Simone Origone. Con un ritmo da fantascienza ha raggiunto i 4810 m del Monte Bianco alle 4.36 del mattino; raggiunto il Dôme de Goûter, l’inizio della discesa con gli sci per raggiungere il rifugio Gonnella, una discesa dove, per ammissione dello stesso Origone: “Ho preso qualche rischio, ma su quelle rocce che l’hanno strappato alla vita ho potuto salutare il mio amico Paolo Obert.”

Alle 6, Adriano Favre apre il contatto radio per fornirgli l’assistenza logistica nella discesa con gli sci, ma Simone rispondeva che lo stava aspettando al Gonnella, dove si stava rifocillando e cambiando scarpe e vestiti. Alle 7.30, in netto vantaggio sull’originaria tabella di marcia, Origone inforcava la bici e si lanciava, anche in questo caso a ritmo elevato, nel trasferimento che, dopo 100 km di strada, l’avrebbe portato ai piedi del Cervino. Nella salita da Châtillon ai 2050 metri del Breuil, Origone è stato affiancato da Alain Seletto, metronomo del pedale, che l’ha accompagnato lungo i tornanti della strada
della Valle del Marmore. Da poco passate le 11, l’arrivo a Cervinia e il pit stop all’albergo dell’amico Egidio Sertorelli; cambio di vestiario e di scarpe e poi via, nuovamente in bicicletta fino al campo da calcio per attaccare la normale del Matterhorn, sempre in compagnia di Alain Seletto, fino ai piedi dalla capanna Carrel. Nel frattempo, il dolore al ginocchio si acuiva e un rifornimento probabilmente errato causava anche dolori allo stomaco. Alle 14.35, lo obbligava a riposare per un quarto d’ora. Lo stesso Lucio Trucco lo costringeva a riprendere l’ascesa al Cervino e, dopo un decina di minuti di grande difficoltà, i due iniziavano a progredire a ritmi altissimi verso i 4478 m della Grande Becca, cima toccata alle 17 in punto. I suggerimenti di Adriano Favre prevalevano sulla voglia di Simone Origone, ora in condizioni eccellenti, di proseguire l’avventura e l’elicottero con lo stesso responsabile tecnico della Fondazione Mezzalama a bordo andava a recuperare le due guide alpine sulla punta del Cervino. All’arrivo al golf di Cervinia dell’elicottero, un gran numero di persone che, dopo tante ore con le pupille nei cannocchiali e nei binocoli a osservare la parete della Grande Becca, si radunavano per applaudire i protagonisti della giornata.
Voglio ringraziare tante persone – ha detto Simone Origone appena sceso
dall’elicottero e abbracciato alla guida alpina che avrebbe dovuto accompagnarlo nell’ascesa alla Dufour, Joris Turini dalla tantissima gente che lungo i tornanti da Châtillon a Cervinia mi ha incitato e dato forza per continuare; ad Adriano Favre, Alain Seletto, Lucio Trucco, Joris Turini, il gruppo di finanzieri che mi ha atteso sul Cervino e a tutti quelli che mi hanno aiutato in questi mesi di allenamento e nel tentativo di oggi. Mi spiace non aver concluso il progetto nel quale, io a Adriano, abbiamo creduto fino in fondo; ma sono anche molto felice per il calore e gli incitamenti di tutti quelli incontrati in
questi chilometri da me percorso, da Chamonix a Cervinia. Grazie a tutti.