Valanga sul Manaslu, tra i superstiti anche Glen Plake

Purtroppo tra le vittime un italiano, Alberto Magliano

Una enorme valanga ha investito le spedizioni che stanno affrontando il Manaslu, in Himalaya. I dispersi sono almeno 14. Tra le varie cordate nella zona anche alcuni nomi noti dell'alpinismo e dello sci estremo, tra i quali il freerider statunitense Glen Plake e gli alpinisti italiani Silvio 'Gnaro' Mondinelli e Marco Confortola, per fortuna sopravvissuti e illesi. Risulta tra i dispersi invece la guida alpina e sciatore stremo di Chamonix Rémy Lècluse.

LA MORTE DI ALBERTO MAGLIANO - Chi non ce l'ha fatta, purtroppo, è l'alpinista italiano Alberto Magliano, triestino classe 1945. La notizia è stata confermata dal consolato italiano a Calcutta. La ricostruzione, riportata da tutti i principali quotidiani, parla di un seracco di ghiaccio che si sarebbe staccato prima dell'alba dal fianco della montagna e cadendo avrebbe provocato una valanga che si è abbattuta sul campo base n.3 del Manaslu, che si trova a 7.000 metri di quota, travolgendo i membri della spedizione che stavano dormendo nelle loro tende. In un'intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport Mondinelli ha provato a spiegare la morte di Magliano ipotizzando che «probabilmente la tenda di Alberto era più pesante della nostra dato che conteneva anche delle bombole di ossigeno e quindi il peso le ha impedito di saltar fuori dalla slavina». Intanto proseguono i lavori di ricerca degli scomparsi e i soccorsi ai feriti.

PROSEGUONO I LAVORI DEI SOCCORRITORI - Gli elicotteri sono al lavoro nel luogo dell'incidente per recuperare i cadaveri affiorati, organizzando il recupero di quelli ancora sotto la neve, e trasferendo i feriti, fra cui almeno cinque tedeschi, in ospedali di Khatmandu. 
A questo link un report completo, in inglese: daily.epictv.com


Kilian: Courmayeur-Chamonix in meno di 9 ore

La traversata fa parte di Summits of my life

Partenza alle 3.53 dalla piazza della Chiesa di Courmayeur con un ruolo di marcia impressionante: rifugio Monzino (2.590 m) ore 5.25, salita al Monte Bianco per la via dell'Innominata e successiva discesa a Chamonix, dove è arrivato dopo 8h 42' 57'' dalla partenza. Una 'gitarella' con passaggi fino al V+. Questa l'avventura che si è regalato ieri Kilian Jornet Burgada nell'ambito della seconda uscita legata al progetto Summits of my life.


Kilian, un record durato 10 giorni

Andy Anderson piu' veloce sul Grand teton

Il 12 agosto scorso Kilian Jornet ha battuto il record di salita e discesa sul Grand Teton (4199 metri), la montagna simbolo del Whyoming, negli Stati Uniti. Un record durato… solo 10 giorni. Il 22 agosto, infatti, il ranger Andy Anderson ha fatto meglio di 59 secondi: 2h 53' 02'' contro 2h 54' 01''. Il record di Anderson è avvenuto senza scorciatoie, percorrendo il sentiero, fatto ancora più significativo.


Slackline a 5.000 metri...

L'impresa di Armin Holzer e Allessandro d'Emilia sul Muztaghata

Armin Holzer e Alessandro d’Emilia sono riusciti a portare a termine la loro sfida estrema e hanno raggiunto la quota più alta che sia mai stata raggiunta con la slackline: 5000 metri. Sono partiti insieme a Massimo Braconi a metà giugno per una spedizione con gli sci sul Muztaghata il 'padre delle montagne ghiacciate', nonché seconda vetta più alta del Pamir. «Il motto di Walter ha fatto crescere in me molti sogni: è nata così l'idea di tentare una highline in alta quota. Eravamo sicuri che funzionasse, ma il fatto che per ora ancora nessuno avesse provato a farlo ci rendeva scettici. In realtà lo scetticismo, in seguito, ci ha motivato ancora di più: volevamo essere come grandi uccelli che volano liberi tra quelle alte cime» ha detto Armin Holzer. Dopo giorni di cammino, bufere, sciate stupende, tramonti mozzafiato, hanno trovato l’highline spirit, che non è il fatto di correre veloce e a ogni costo in cima ad una montagna ma andare in posti - e assaporarli in tutta la loro freschezza - dove nessuno probabilmente è mai stato. Così hanno individuato lo spot ideale, sopra una lingua di picchi di ghiaccio che scende lungo l'imponente valle del Muztaghata. Con una slack naturale di 20 metri, senza spit né chiodi, hanno camminato su questa morbida fune mentre si facevano cullare dalle forti termiche.


La tragedia del Mont Maudit analizzata da Renato Cresta

Alcune considerazioni del nostro esperto di nivologia

Ero alla scrivania, impegnato nel mio lavoro, quando un radiogiornale ha trasmesso la notizia dell’incidente del Mont Maudit: 'una valanga ha travolto numerose cordate; le squadre di soccorso hanno estratto sei morti, …'
Quelle parole mi hanno richiamato alla mente immagini di molti anni fa, quando anch’io mi sono trovato impegnato in quella salita. Verso le due di notte, ero partito dal Rifugio Torino con tre dei miei alpini paracadutisti e, percorsa tutta la Vallèe Blanche, avevamo superato il Col Maudit e, lasciato a sinistra il Mont Blanc de Tacul, avevamo attaccato la rampa che porta al Col du Mont Maudit quando il tempo è rapidamente cambiato e un’improvvisa e violenta bufera di neve e vento mi ha fatto decidere per il ritorno. Sulla base di quel ricordo ho tentato di rappresentarmi lo scenario dell’incidente, ma mi sono accorto che le immagini si riducevano a poca cosa: potevo mettere a fuoco solo  i pochi metri di ghiacciaio illuminato dalle nostre lampade frontali e poi i violenti turbini di neve trasportata dal vento. Un vento a raffiche che proveniva da Ovest, a volte direttamente dal Col du Mont Maudit, a volte lateralmente, dalla spalla rocciosa che da P.te Meulet  discende verso l’Aig. de Saussure e il Glacier des Bossons.

LASTRONE? - Il ricordo di quel vento mi ha fatto subito pensare alla possibilità di un lastrone sul pendio. 'Numerose cordate, molte persone vicine, un lastrone di neve depositata dal vento; la dinamica deve essere stata questa'. Le notizie successive, trasmesse dai telegiornali, hanno inizialmente solamente aggiornato il numero delle vittime, salito a nove. Solo il venerdì, dalle cronache dei giornali, ho appreso che il deposito inglobava blocchi di ghiaccio (intervista alla Guida Alessandro Penco - La Stampa) 'C’era molto ghiaccio in mezzo alla neve, segno evidente che ha ceduto un seracco'.
Questo mi ha fatto pensare che la dinamica del distacco potesse essere diversa da quella che avevo ipotizzato: il distacco è avvenuto a causa della sollecitazione dovuta alla caduta di un seracco, invece che al sovraccarico provocato dalle cordate. Poi, ripensandoci, mi sono anche detto che la valanga, inizialmente di sola neve, poteva aver strappato ghiaccio dalla parete e questo rimetteva in corsa l’ipotesi del sovraccarico sul lastrone.
Poi Meo Ponte, inviato de La Repubblica, riferisce che 'il sindaco di Chamonix sospetta che una cordata passata per prima, due persone che sono state trovate sane e salve sulla cima del Monte Bianco, possa aver tagliato una placca di vento formatasi negli ultimi giorni ed aver quindi originato la valanga'. Mi sembra strano che due alpinisti taglino una valanga di quelle dimensioni e non ne siano travolti o, ancor peggio, che proseguano indifferenti verso la vetta del Bianco. Sono notizie raccolte a caldo dai giornalisti, quindi forniscono dei dettagli importanti ma non un preciso quadro d’insieme, che sarà ricostruito dai periti del Tribunale che ha avviato l’inchiesta. Ci vorrà del tempo per poter ascoltare tutti i sopravissuti e i soccorritori e compiere qualche ricerca sulle condizioni del manto nevoso.

LA COMPONENTE VENTO - Nel frattempo possiamo formulare solo ipotesi che hanno lo stesso valore di quelle che molti 'esperti' avranno già espresso in tutti i bar di Chamonix e Courmayeur. In me resta, però, ben vivo il ricordo di quel vento che soffiava da Ovest e ci avvolgeva in turbini di neve, un ricordo che avvalora l’ipotesi del lastrone, la plaque a vent del Sindaco di Chamonix. Nei primi giorni di luglio nel settore occidentale delle Alpi, dal Bianco al Rosa, , il tempo è stato caratterizzato da piogge, temporali e vento e, durante le rare schiarite, si potevano osservare le cime imbiancate di neve già a partire dai 3.500 metri. Ed il maltempo proveniva da ovest, quindi il versante del Tacul era sottovento: ci sono tutti gli ingredienti necessari alla formazione di un lastrone di grandi dimensioni. Lucio Trucco conferma 'I giorni scorsi sono state giornate di vento forte sul massiccio del Bianco' (intervista di D. Genco e E. Martinet - La Stampa). Un testimone spagnolo dice 'Ho visto il seracco staccarsi da metà pendio della montagna'  (Meo Ponte - La Repubblica). La Guida Penco, il primo a giungere sul luogo del disastro, racconta che il deposito è formato da tanta neve: 'Ho calcolato che in qualche punto l’ammasso era profondo anche cinque metri. C’era molto ghiaccio in mezzo alla neve, segno evidente che ha ceduto un seracco'. Il fatto che il deposito contenga frammenti di ghiaccio conferma che non si tratta di un puro crollo di seracco, come quello che, nel 2008, ha fatto otto morti sul Mont Blanc de Tacul, ma di una valanga di neve. Resta da stabilire la causa del distacco, ma il lastrone di neve c’era.

MONTAGNA ASSASSINA?
- C’è stato allora qualche errore umano? I saggi e i benpensanti diranno che il solo fatto di andare in montagna è un errore; gli irriducibili, invece, sosterranno la teoria dell’imprevedibilità, la tesi della “Montagna Assassina”, avanzata dal TG5 delle 20.00, che annunciava la tragedia. E le persone di buon senso? Tutti quelli che hanno veramente un po’ di buon senso non s’includono mai nel mazzo delle cosiddette “persone di buon senso”. Restano solamente quelli che, come me e come chi mi legge, cercano di capire, ma che non erano presenti sul luogo dell’incidente, che non dispongono dei mezzi per recarsi a vedere, che non possono chiedere informazioni ai chi invece c’era. Restano quelli che non possono far altro che riflettere. C’è una cosa che a molti sembra passare inavvertita: alla quota di 4.500 m, la temperatura del mese di luglio è di almeno 20 °C inferiore a quella registrata in un fondo valle sui 1.500 m. La temperatura massima che ho osservato a Macugnaga (1.300 m) in questi giorni di luglio è stata di + 22 °C e la minima di + 9 °C. Questo vuol dire che, sulle vette del Rosa che dominano la località, la temperatura si è aggirata tra i + 2 °C ed i - 11 °C. Sul Maudit, sul Cervino, sul Rosa e sul Bianco, è inverno anche nel mese di luglio e inverno vuol dire freddo, neve, vento, … valanghe. E il caldo che muove i ghiacciai e fa crollare i seracchi? Dove vi è un cambio di pendenza, quindi un cambio di velocità, il ghiaccio si deforma e si spezza e i grandi blocchi triangolari di ghiaccio, che ricordano enormi fette di formaggio (in savoiardo seracs) prima o poi crollano. Sia d’estate, sia d’inverno, il ghiaccio non supera mai gli 0 °C, e si muove “per forza di gravità”. Questa non va mai in ferie, quindi il crollo dei seracchi è un fenomeno che si produce sia d’estate, sia d’inverno; nella stagione estiva è un poco più frequente perché le acque di fusione superficiale possono raggiungere il letto del ghiacciaio e svolgere un certo effetto lubrificante sul fondo, accelerando appena la velocità con cui si muove la massa glaciale.

COSA DEVE INSEGNARE L'INCIDENTE -
'Ogni storia, ogni racconto deve terminare con la morale', così mi raccomandava il maestro Pareo, mio insegnante alle elementari. E anch’io, memore della raccomandazione di quella bella figura d’uomo, cui ancor oggi sono grato per tutto ciò che mi ha insegnato, propongo la mia morale. Continuiamo ad andare in montagna, ma non limitiamoci a prevedere e provvedere alla sola attrezzatura d’arrampicata. Se su molte montagne vi sono ghiacciai, vuol dire che su quei monti l’inverno vi dura tutto l’anno, ed infatti vi andiamo (o vi dovremmo andare) con abbigliamento pesante, adeguato alle temperature invernali che vi incontreremo. 'La ricerca con l’ARVA, il rilevatore elettronico, non ha dato grossi risultati - spiegano alla Gendarmeria di Chamonix – i corpi li abbiamo ritrovati con le sonde, bucando la valanga palmo a palmo' (Meo Ponte – La Repubblica).  Dove ci sono neve e ghiaccio, da qualche parte è nascosta una trappola. La più comune è la valanga, ma non è la sola: anche un ponte di neve può cedere sotto i nostri piedi, ricoprirci di neve e nasconderci agli occhi dei soccorritori. Non troviamo la scusa che l’ARTVA è un peso in più per lasciarlo a casa: i più pesanti non raggiungono i 250 grammi.

LA MALEDIZIONE DEL BIANCO -
'La maledizione del Bianco' era il titolo con cui, sabato mattina, un telegiornale annunciava la morte per assideramento di due alpinisti sul Monte Bianco. Non voglio commentare il titolo, troppo enfatizzante; poco dopo lo stesso telegiornale annunciava, senza alcuna enfasi, la morte per annegamento di quattro persone. Non mi riesce di entrare nella mentalità di quei giornalisti che gonfiano l’incidente in montagna e banalizzano l’annegamento, anche se, nella stagione estiva, mari, laghi e fiumi sommano più morti di quanti se ne contano in montagna. Vorrei portare invece l’attenzione sulla chiusura del mio commento all’incidente del Mont Maudit: sopra i 4.000 metri è sempre inverno. Secondo i climatologi le condizioni climatiche legate all’incremento di 100 m di quota corrispondono ad uno spostamento di 1° di latitudine verso la calotta polare. Il conto è facile: prendiamo come base la latitudine del M. Bianco 45°30’. Raggiungere il Rifugio Gonella (q. 3.071) vuol dire spostarci verso nord di 30° e trovarci a 75°30’ di latitudine, cioè nel nord della Groenlandia. Raggiunta la Capanna Vallot (4.347) equivale ad essere a 89° di latitudine. Toccare la vetta del Bianco equivale, climaticamente, a raggiungere il Polo Nord.

UN RICORDO PERSONALE -
Pochi giorni dopo essere tornato indietro dal Maudit, con tutto il mio plotone di alpini paracadutisti (48 uomini) ho raggiunto la vetta del Bianco per l’itinerario della Cresta di Bionassay. Alle 7.30 del mattino eravamo tutti in vetta, senza giacca a vento: un tempo straordinariamente bello, senza un filo di vento. L’anomalia meteorologica era questa, non quella della settimana precedente. Un commento, il mio, che vuole essere un invito a pensare a quanto può diventare terribile quell’ambiente. Freddo intenso, bufere di vento, neve fuori stagione (per chi guarda il calendario), ma normale in un ambiente che è climaticamente simile a quello polare e che, come quello, è difficile, a volte impossibile da raggiungere dalle squadre di soccorso.
 


Simone Silvestri bis al Terminillo

Nella skyrace laziale al femminile s'impone Valentina Verini

Nel primo pomeriggio di domenica, con l'arrivo degli ultimi concorrenti, si chiudeva il sipario sulla nona edizione della Terminillo Skyrace, 20 chilometri di corsa in montagna per veri appassionati alla scoperta delle bellezze della montagna di Rieti. 146 atleti al via, 138 al traguardo. Tutti si sono dati battaglia lungo il percorso superando i 1650 metri di dislivello in una giornata molto calda che ha messo a dura prova le capacità di tutti gli atleti, dai professionisti all'ultimo degli amatori. Passa l'anno ma la musica non cambia: transitato con un ampio margine poco prima del cancello orario della Fossa, torna a vincere di un soffio (17 secondi), dopo il successo della passata edizione, Simone Silvestri. Subito dietro una delle più vecchie conoscenze della corsa, plurivincitore e piazzato di tante altre gare, Alessandro Novaria della SDS-Specialisti dello Sport-L'Aquila. Al terzo posto Raffaele Adiutori, dello Sci Club Gransasso. Alle spalle del podio Simone Piferi e Davide De Paulis. Tra i locali buoni piazzamenti di Mauro Pasuch e Giuseppe Bigioni. Tra le donne successo di Valentina Verini, della ASD Parks Trail, in 2h 54' 30'', lontana dal record della scorsa edizione di Elena Bonanno, mamma pochi giorni prima di un secondo bimbo, seguita da una vecchia conoscenza, Emanuela Perilli, anche lei in ripresa da una gravidanza. Al terzo posto Elzbieta Makowiec del Runners Club Anagni; a chiudere il quintetto di testa Silvia Crocetti del gruppo Altaviva e Mara Cecchini della Atletica Amatori Velletri. Alla fine pasta party per tutti e relax sotto il sole al Campo di Altura del Monte Terminillo insieme ai nazionali di atletica della velocità, amici e parenti. Ora è partito il conto alla rovescia per l'edizione del decennale…


Presena, i teli salvano la neve

100.000 metri quadri vengono coperti per evitare lo scioglimento

Ḕ arrivata l’estate e il ghiacciaio del Presena, in uno dei 'santuari' dello scialpinismo, si difende proteggendosi sotto la 'coperta' di teli geotessili sapientemente stesa dagli operai della società Carosello, che impedirà ai raggi solari di penetrare e di sciogliere la preziosa neve. Le operazioni di copertura del ghiacciaio sono iniziate la settimana scorsa e hanno dovuto fare i conti con un meteo assai bizzarro che tra lunedì e martedì ha portato circa 30 cm di neve fresca in quota. In questi giorni, complice il bel tempo, i lavori sono ripresi a pieno ritmo e proseguiranno per tutta la settimana. La copertura del ghiacciaio fa parte di un progetto che coinvolge anche la Provincia Autonoma di Trento, che finanzia per un terzo l’acquisto dei teli e l’innevamento programmato (gli altri 2/3 sono a carico della società Carosello), e l’Università di Trento che monitora e studia gli effetti dei teli.

COME FUNZIONA - La tecnica dei teli geotessili, importata dall’Austria, è stata adottata sul Presena nel 2001. «Allora però erano teli saldati con una tecnica diversa e coprivano solo la parte di ghiacciaio che corre sotto le due sciovie - spiega Giacinto Delpero, presidente della società Carosello. Ḕ dal 2008 che abbiamo iniziato ad usare i teli geotessili: strisce di teli larghi 5 metri e lunghi 70 metri, che vengono stesi con l’ausilio dei gatti delle nevi e termosaldati». Questa estate verrà ricoperta una superficie di ghiacciaio molto vasta, pari a 100.000 metri quadri, che interesserà la parte sciabile e la parte che sostiene gli impianti, particolarmente sensibile in quanto i sostegni in ferro si possono surriscaldare portando ad un rapido scioglimento della neve. I teli verranno rimossi, come sempre, a settembre, prima dell’inizio della nuova stagione invernale.

IMPIANTI APERTI PER IL TREKKING -
La cabinovia Paradiso e la seggiovia Paradiso Presena riapriranno sabato 23 giugno e rimarranno aperte tutta estate per chi desidera visitare la galleria multimediale della prima Guerra mondiale, oppure percorrere le passerelle aeree del Sentiero dei fiori, o semplicemente raggiungere i rifugi in quota e prendere il sole. Gli appassionati di trekking troveranno anche altri impianti aperti durante l’estate: la cabinovia Pontedilegno-Tonale (30 giugno-2 settembre), le seggiovie Valbione (16 giugno-9 settembre), Corno d’Aola (23/24 giugno e dal 30 giugno al 2 settembre) e Roccolo Ventura (30 giugno-1 luglio e 7 luglio-26 agosto e 1 /2 settembre).
 


Il saluto a Steph di Kilian

Sul blog del catalano l'ultimo ricordo di Brosse

Ciao Steph. Inizia così il blog in lingua di francese di Kilian Jornet nel quale saluta l'amico scomparso domenica sul Monte Bianco. «Mi ricordo del quaderno dove c'era la tua foto, quando andavo al liceo. Mi ricordo quando timidamente ti cercavo per chiederti una foto prima dei grandi campionati… Mi ricordo la tua facilità nelle discese, era sempre facile, in tutte le nevi. Mi ricordo la tua sicurezza, il tuo passo facile quando era difficile. Mi ricordo il tuo sorriso quando eri in montagna». Kilian ricorda anche che Brosse gli ha insegnato più dei tecnici ad andare in montagna, ma che è stato anche e soprattutto maestro di vita, che gli ha insegnato a «inseguire i sogni». Toccante il finale: «Sei partito come vivevi, con un sorriso, senza fare rumore, senza dolore, cadendo come un albero che cade dolcemente. Addio Stef. resterai per sempre nei nostri cuori».
A questo link il testo integrale http://www.kilianjornet.cat/ca/blog/adieu-steph
 


Karl Unterkircher Award

La seconda edizione del prestigioso premio alpinistico

Si svolgerà il prossimo 6 luglio in Val Gardena l'assegnazione del premio per le migliori imprese alpinistiche compiute nel 2010 e 2011 intitolato al famoso alpinista Karl Unterkircher, scomparso nel 2008 sul Nanga Parbat. I nominati dal gruppo dei Catores e dall'Associazione Guide Alpine Val Gardena sono:  

Prima invernale Gasherbrum II 8035 m (Pakistan)
Simone Moro, Denis Urubko (KZ) e Cory Richards (USA) hanno compiuto il 2 febbraio 2011 la prima ascensione invernale del Gasherbrum II con temperature fino a -50°C

Big Walls (Groenlandia)
Apertura di 9 nuove vie nelle Big Walls di Cap Farewell sulla costa sud e ovest della Groenlandia, delle quali la più rilevante e' stata Devil's Brew, una salita di 10 giorni, da parte di Sean Villanueva, Nicolas e Olivier Favresse (Belgio) e Ben Ditto (Usa);  La maggior parte di queste vie partivano dal ponte della propria barca. Per questa straordinaria impresa, fatta a luglio e agosto del 2010, gli alpinisti hanno vinto nel 2011 il Piolet d’Or.

Great Trango Tower 6286m (Pakistan)

Via nuova sulla parete Nordovest del Great Tango Tower, "Parallel World" (VI+ 7b, 2580m) da parte di Marina Kopteva, Galina Chibitok e Anna Yasinskaya dal 22.7. – 9.8.2011 (38 gg. in parete). Per quest’impresa hanno vinto nel 2011 il Piolet d’Or Russo. Sono le prime donne a ricevere questo premio.
www.karlunterkircher.com/it/silke_awards.htm


MIRCO DE COL

Video-intervista a Passo Rolle

La scarsità di neve di quest'inverno, specialmente sulle Dolomiti, ha condizionato anche le interviste di Ski-alper, realizzate rigorosamente sul campo.
Con Mirco De Col ci sarebbe piaciuto passare una giornata nella powder, magari in un ripido (ma non troppo) dei suoi. Ci siamo dovuti invece accontentare di un'ambientazione "di fortuna" a pochi passi dagli impianti di Passo Rolle. Paesaggio comunque spettacolare per questa video-intervista che completa quella pubblicata sul n° 83 di Ski-alper.
 


Facciamo pace con le montagne

Un messaggio di preoccupazione e speranza in contemporanea da sette cime

Domenica 1 Luglio l’associazione Mountain Wilderness Italia, in collaborazione con la Lega Italiana per la protezione degli uccelli (LIPU), la Federtrekking e varie sezioni del Club Alpino Italiano, organizza la salita di sette importanti vette della Penisola, da dove verrà inviato al Presidente della Repubblica, ai vertici del Governo, alle forze politiche, agli amministratori locali, ai media e a tutti i concittadini un messaggio di preoccupazione e speranza, calibrato sulle diverse - e spesso molto inquietanti - realtà locali, ma allo stesso tempo volto a sottolineare il significato simbolico e culturale proprio di alcune particolari montagne. La nostra Costituzione recita che la Repubblica tutela il paesaggio. Paesaggio inteso nella sua accezione più ampia e identitaria e non come un passivo fondale panoramico di fronte al quale si ritiene lecito perpetrare qualsiasi abuso.

IL VALORE DELLE MONTAGNE -
Al centro del messaggio c’è la richiesta che l’Italia, finalmente, faccia la pace con le sue montagne, riconoscendone, non a parole, ma nei fatti, il valore culturale, naturalistico, ecologico, insieme al fondamentale ruolo formativo, etico e spirituale. Pace con quel che resta di una natura incontaminata, con le sue rocce battute dal vento, con i suoi ghiacciai, con le sue acque libere, con i suoi boschi, con le sue praterie e i suoi altopiani deserti, con la varietà delle specie animali che vi abitano. Ma anche pace con la montagna modellata attraverso i secoli dal tradizionale e sapiente lavoro dei suoi abitanti. Da quattro delle vette prescelte i soci della LIPU libereranno alcuni uccelli provenienti dai centri di recupero dell’associazione; un gesto di inequivocabile significato emblematico e metaforico.

GREENPEAKS ALLA RISCOSSA - L’iniziativa Facciamo la Pace con le Montagne è parte integrante di un progetto più ampio che Mountain Wilderness Italia ha voluto chiamare “I Greenpeaks alla riscossa”, riprendendo il nomignolo scherzoso che venne dato dalla stampa all’associazione nel momento in cui fece per la prima volta la sua comparsa sulla scena dell’ambientalismo mondiale, per sottolinearne il carattere garibaldino e indisponibile a compromessi. Le vette individuate sono: il Monviso, montagna simbolo del Piemonte e di tutti gli alpinisti italiani, la Vetta d’Italia-Glockenkaarkofl- (Altoadige-Südtirol), che con l’occasione verrà ribattezzata Vetta d’Europa-Europaspitze in ricordo di Alexander Langer, il Monte Canin (Friuli), le Alpi Apuane, martoriate dalle cave (Toscana), il Gran Sasso d’Italia e il Sirente (Abruzzo) posti al vertice di due parchi naturali in crisi, il Terminillo (Lazio), minacciato da nuovi piani di sviluppo. Tra tutti coloro che parteciperanno alle singole manifestazioni verranno estratti a sorte due paia di occhiali da alta quota e ghiacciaio messi in palio da GREENVISION.

LA SALITA ALLA VETTA D'EUROPA - Nell'ambito dell'Operazione Greenpeaks: FACCIAMO PACE CON LE MONTAGNE Il 1° luglio Mountain Wilderness salirà la Vetta d’Europa-Europaspitze. In onore di Alexander Langer. In contemporanea l’associazione salirà altre sei vette italiane: dal Monviso al Terminillo. Il primo luglio Mountain Wilderness del Trentino Alto Adige – Südtirol e del Veneto salirà la Vetta d’Europa – Europaspitze per invitare tutti i cittadini europei a auperare ogni confine ed i tanti conflitti che ci limitano. Il nome della vetta che richiamiamo segue le indicazioni che ci ha lasciato Alexander Langer, il testimone più lungimirante, più attivo, più profondo della cultura della pace e della convivenza nelle Alpi: Vetta d’Europa – Europaspitze. E questo Langer lo fece il 4 giugno 1989, pochi mesi prima della caduta del Muro di Berlino, portando in vetta una targa bilingue: “Vetta d’Europa-Europaspize. Pace tra gli uomini e con la natura. Friede den Menschen. Brüderschaft mit der Natur”. E lo fece insieme all’eurodeputato bavarese Karl Partsch e a molti sudtirolesi di lingua tedesca e di lingua italiana, per dare il segno concreto del superamento dei confini e delle barriere etnico-linguistiche. Dalla vetta vogliamo lanciare un segnale di pace e fratellanza che superi ogni divisione etnica.
Vetta d’Europa-Europaspitze perché ponte di convivenza. Vetta d’Europa-Europaspitze perché ponte di confronto fra culture e lingue diverse. Vetta d’Europa-Europaspitze per richiamare la complessità della ecoregione alpina. Vetta d’Europa-Europaspitze per investire anche a livello locale, Province, Länder, Comuni, nei contenuti, nelle linee guida proposte dai protocolli della Convenzione delle Alpi.
Nella nostra salita alla “Vetta d’Europa-Europaspitze” vogliamo ricordare questo grande e minuto uomo che ha saputo, tramite l’impegno, con la coerenza dell’esempio, trasmetterci i valori più profondi della convivenza; e che ci aveva indicato, già allora, la via maestra per rifondare la politica, per portare la politica accanto alle persone, per costruire politica capace di risolvere i problemi delle persone. Temi oggi ancor più drammaticamente attuali. Escursionisti ed alpinisti di Mountain Wilderness, ma anche di altre associazioni, amici del CAI si porteranno sabato 30 giugno al rifugio Tridentina per pernottare. La mattina successiva tutto il gruppo unito salirà la Vetta d’Europa-Europaspitze per lasciare nel libro di vetta una pergamena che ricordi ai futuri scalatori i valori che hanno contraddistinto l’attività politica, sociale, culturale di Alexander Langer. Mountain Wilderness Italia E’ opportuno segnalare all’associazione l’adesione alla iniziativa per poter permettere a tutti una adeguata assistenza sia nel pernottamento che durante la salita. Referenti della organizzazione saranno il vicepresidente Giancarlo Gazzola, cell. 340.5982442 e Luigi Casanova, cell. 348.3592477. Logistica. Arrivare in Valle Pusteria (Altoadige-Südtirol) ed in prossimità di Brunico trovate le indicazioni per la statale della Valle Aurina- Ahrntal. Ci si porta fino a loc. Casere (40 km.) e si parcheggia l’auto (quota 1595). In circa 2 ore e 45 minuti ci si porta al Rifugio Tridentina-Birnlücken Hütte, quota 2445. Pernottamento.
Salita alla vetta su sentiero n° 13 in un’ora e 45 minuti, assenza di vertigini e attrezzati per la sicurezza, quota 2912. 


Kilian show per il sogno di una vita

Lo spagnolo ha presentato in diretta streaming Summits of my life

Non si può certo dire che Kilian non sia 'tecnologico'. Aveva annunciato da tempo la presentazione del suo progetto 'Summits of my life' in diretta streaming. E lo ha fatto alle 18 di oggi. Con la possibilità di porre domande e continui aggiornamenti Twitter. Dal 2012 al 2015 dunque il forte scialpinista e skyrunner spagnolo ha un progetto ambizioso: scalare e scendere alcune delle montagne simbolo della Terra nel minor tempo possibile. Inoltre fare alcune traversate dei massicci simbolo con discese da sogno sugli sci, come Ski-alper aveva anticipato già nel primo pomeriggio (
leggi l'articolo
). Il 2015 riserverà l'impresa più impegnativa, la salita e discesa nel minor tempo possibile dell'Everest, 8.488 metri.  Kilian Jornet Burgada ha detto che aveva da tempo il progetto nella sua testa e che non significherà il ritiro dalle gare. «Questa è una delle sfide della mia vita, sono più un montanaro che un runer» ha detto e ha aggiunto che la sua più alta ascensione è stata sul Kilimandjaro, di corsa, e che non ha avuto problemi. Kilian, che ha anche presentato il bellissimo trailer che potete vedere cliccando sull'immagine, ha citato Bonatti e 'l'alpinismo degli uomini' contro 'l'alpinismo della tecnica' dicendo che cercherà di essere più nudo possibile davanti alla natura. .