Salomon, arrivano Supercross e Alphacross

Non più solo Speedcross. Dopo il lancio della versione 5 del fortunato modello Salomon, arriva la nuova collezione Cross che comprende anche Supercross e Alphacross. Tutti e tre i modelli sono disponibili nelle versioni uomo e donna (W) e in diverse soluzioni colore.

Supercross è una calzatura adatta a ogni terreno, con grip aggressivo. Che si tratti di una corsa quotidiana al parco, di una fuga per un sentiero locale o di un percorso più difficile, questa scarpa leggera (310 g) ha un preciso punto di appoggio e una perfetta ammortizzazione. La suola Contagrip è pensata per offrire la migliore trazione su qualsiasi superficie, mentre la protezione anti fango appositamente modellata permette di accumulare chilometri senza rovinare scarpa e piedi. La struttura Salomon SensiFit e il sistema di allacciatura in kevlar Quicklace assicurano una calzata aderente; l’intersuola EnergyCell offre una grande ammortizzazione. Il prezzo consigliato al pubblico è inferiore a Speedcross 5 (130 euro):110 euro (130 euro la versione GTX).

Alphacross, in arrivo in autunno, è una scarpa da corsa ispirata all’outdoor per l’allenamento quotidiano ed è stata progettata per i runner che trovano pace nella natura, che si tratti di un breve allenamento al parco o di sessioni più difficili. Con l’obiettivo di offrire un comfort immediato fin dal primo utilizzo, la calzatura vanta una trazione e una protezione aggressive, ma è leggera (300 g) e abbastanza confortevole da poter essere usata ovunque. La suola Contagrip è caratterizzata da un disegno dell’aletta versatile, ideale per qualsiasi superficie (bagnata o asciutta); l’intersuola EnergyCell assorbe gli urti mentre si corre. Prezzo consigliato al pubblico: 110 euro GTX; 90 euro.


La Grande Muraglia Camuna

«La Grande Muraglia Camuna, così soprannominata per la somiglianza a colpo d’occhio con quella cinese, non ha nulla a che fare con l’Oriente. Come nel caso di quella cinese fu costruita a scopo difensivo, ma, diversamente dai territori che si trovano tra il Passo del Castellaccio e il Passo di Lago Scuro, che durante la Prima Guerra Mondiale costituirono la linea di confine tra Regno d’Italia e Impero Austro-Ungarico, le fortificazioni camune di Valmassa non furono mai terreno di battaglia. Bombardamenti, spari e diversi caduti, ammazzati a volte dalla pallottola nemica, a volte dal freddo inteso, dalla neve e dalle valanghe che travolgevano soldati e ripari. Ma a Valmassa no, questo fortunatamente non accadde». Scrive così Tatiana Bertera nel reportage sul bel trekking in Valcamonica, nel comprensorio Pontedilegno-Tonale che pubblichiamo sul numero 125 di Skialper, di agosto-settembre. Valmassa era la seconda linea, perfettamente fortificata dai militari del Genio militare ma operativa solamente in caso di sfondamento della prima. Le trinceesi innalzano per circa 200 metri verso Ovest per poi fare un evidente angolo retto e inerpicarsi sul versante occidentale della valle. E sono perfettamente conservate. Una scusa in più per partire per un’escursione su queste bellissime montagne.

Tutti i dettagli su Skialper 125 di agosto-settembre.

© Gabriele Facciotti

Pau Capell zittisce tutti all'UTMB

Il nuovo re del Monte Bianco è Pau Capell. Lo spagnolo, al termine di una gara in testa fin dall'inizio, ha vinto la sua prima UTMB con il tempo di 20h19’07’’. Secondo Xavier Thévenard (21h07’56’’) che, partito piano, ha cercato di avvicinare lo spagnolo nella seconda metà di gara, arrivando anche a circa 20’ dalla testa. Al terzo posto il neozelandese Scott Hawker in 21h48’04’’. A seguire, nell’ordine, Tom Owens, Andrew Symonds, Joaquin Lopez, Ho Chung Wong, Masatoshi Obara, Germain Grangier e Javier Dominguez Ledo. Nella gara femminile si avvia a vincere la statunitense Country Dauwalter, seguita, al momento di pubblicare questa news, dalla svedese Krsitin Berglund e dalla spagnola Maite Maiora Elizondo.

DONNE - Successo della statunitense Courtney Dauwalter tra le donne in 24h34'26' che ha staccato di un'ora la svedese Kristin Berglund, tallonata a poco più di 7 minuti dalla spagnola Maite Maiora Elizondo, alla prima cento miglia.

CCC - Nella Courmayeur-Champex-Chamonix di ieri vittoria di Luis Alberto Hernando in 10h28’49’’ su Thibaut Garrivier e Jirì Čipa, ventunesimo Stefano Rinaldi, ritirato Marco De Gasperi. Al femminile successo di Ragna Debats in 12h10’33’ su Amanda Basham e Camille Bruyas.

 


Angermund-Vik e Croft vincono la OCC

Mentre si sta correndo la CCC (al momento di pubblicare questa news è in testa il cinese Jasheng Shen, ma nel gruppo di testa, ci sono anche, tra gli altri, Hernando, Lanne, Garrivier e Marco De Gasperi) è tempo di commentare i risultati della OCC, corsa ieri tra Orsières e Chamonix sulla distanza di 55 km e 3.500 metri di dislivello positivo. La vittoria è andata al norvegese del Team Salomon Stian Angermund-Vik in 5h19’24’’ sullo spagnolo Andreu Simon Aymerich e sul cinese Tao Luo. Il podio è racchiuso in sei minuti. Primo italiano Riccardo Montani del Team Salomon in quattordicesima posizione. Tra le donne successo della neozelandese Ruth Croft in 5h50’14’’ davanti alla spagnola Azara García e alla giapponese Yuri Yoshizumi. In questo caso il podio è in oltre 16 minuti. Prima italiana Sonia Locatelli, ventunesima.


A Pablo Villa la TDS, De Gasperi al via della CCC

Ciao Ciao TDS, benvenuta CCC. Finita la prima delle gare più attese della settimana che porta all’UTMB, sale l’attesa per la Courmayeur-Champex-Chamonix. Ieri sera lo spagnolo Pablo Villa ha chiuso in 18h03’06’’ la TDS, salendo sul gradino più alto del podio insieme al russo Dimitry Mityaev e al francese Ludovic Pommeret. All’undicesimo posto Giulio Ornati in 19h44’ 39’’, primo italiano. Al femminile vittoria della francese Audrey Tanguy in 21h36’15’’ sulla statunitense Hillary Allen e la svizzera Kathrin Götz. Prima italiani Scilla Tonetti in quattordicesima posizione con il tempo di 27h56’32’’, ventiseiesima Sonia Glarey.

DEGA AL VIA – Grande attesa dunque per la CC che prenderà il via domani mattina da Courmayuer alle 9. Al via ci sarà anche Marco De Gasperi, quarto l’anno scorso. Obiettivo podio, ma dovrà guardarsi le spalle da tanti potenziali medagliati: Luis Alberto Hernando, Longfei Yan, Jiasheng Shen, Cristofer Clemente, Michel Lanne, Benoit Girondel tra gli altri. Al via anche Stefano Rinaldi. Tra le donne il rientro sui sentieri che contano di Emelie Forsberg che dovrà vedersela con Alisa Mc Donald, Ragna Debats, Brittany Petterson, Gemma Arenas e Ragna Debats tra le altre.


Si corre la TDS aspettando l'UTMB

Mentre si sta correndo la TDS, entra nel vivo la settimana dell’UTMB, con la partenza della gara regina venerdì pomeriggio e alla mattina il via della CCC da Courmayeur, poi giovedì sarà la volta della OCC. La TDS 2019 è una gara ricca di sorprese, con un percorso tutto nuovo, passato da 120 a 145 km. I favoriti? Lo spagnolo Pablo Villa, in testa dopo poco più di 9 ore di gara, il russo Dimitry Mityaev, l’altro spagnolo Tofol Castaner, ma anche i connazionali Jordi Gamito, Pere Aurell, il francese Ludovic Pommeret, il cinese Yanqiao Yun, il norvegese Hallvard Schjølberg e lo svizzero Walter Masner. Tra gli italiani occhi puntati su Giulio Ornati del team Salomon. Al femminile se la giocano Audrey Tanguy, Karin Götz, Hillary Allen, con due italiane che potrebbero lottare per una buona posizione: Francesca Pretto e Sonia Glarey. Nella OCC al via il norvegese Stian Angermund-Vik, il giapponese Rui Ueda, il francese Nicolas Martin e gli spagnoli Eugeni Gil e Pablo Villalobos. Tra le donne la neozelandese Ruth Croft, le spagnole Sheila Aviles e Azara Garcia, la cinese Yangchum Lu.

UTMB, FAITES VOS JEUX – Non c’è dubbio però che la gara regina è quella che attira più attenzioni. Il parterre è sempre di livello e nel 2019 ci sarà ancora Xavier Thévenard, tre volte vincitore e autore del grande slam UTMB, ma ci sarà anche rumeno Robert Hajnal, secondo l’anno scorso, l’americano Tim Tollefson, con i connazionali Alex Nichols, Zach Miller, Hayden Hawks, Jason Schlarb, il polacco Marcin Świerc, vincitore della TDS 2018, il cinese Min Qi, i francesi Sylvain Court, Sylvain Camus, Julien Chorier, Benoit Cori, gli inglesi Tom Owens e Andy Symonds, il neozelandese Scott Hawker. Per l’Italia occhi puntati su Franco Collè del Team Hoka One One e Andrea Macchi. Al femminile occhi puntati su Francesca Canepa, vincitrice 2018, ma anche sulla statunitense Courtney Dauwalter, sulle spagnole Uxue Fraile, Maite Maiora e Nuria Picas, sulla cinese Miao Yao, sulla svedese Mimmi Kotka, sulla statunitense-svizzera Katie Schide. Fa il suo ritorno anche Rory Bosio. Ci saranno inoltre le francesi Juliette Blanchet ed Emilie Lecomte, l’ungherese Ildikó Wermescher e la brasiliana Fernanda Maciel. Purtroppo ha dovuto dare forfait Katia Fori, ma la pattuglia italiana dovrebbe essere rappresentata, tra le altre, da Alessandra Boifava, Chiara Bertina, Basilia Förster e dalla russa d’Italia Yulia Baykova.


Joe Grant al ritmo della natura

«Era il 2011. Stavo correndo lungo il Wonderland Trail, un sentiero di 96 miglia che fa il giro del Mount Rainier, nello stato di Washington. Era notte fonda. All’improvviso due pupille luminose. Un puma. Quella notte io ero la preda e lui il predatore. L’ho perso di vista qualche istante, poi si è fatto vedere di nuovo. Ha giocato con me, ma poteva essere un gioco mortale. Il contrasto con quello che avevo vissuto poco prima era grande, perché per 15 ore ero stato come in una bolla, quei momenti rari che arrivano quando tutto funziona in armonia e il corpo risponde perfettamente. Mi sentivo intoccabile. Provavo una sofferenza che andava oltre il dolore fisico, l’impressione che tutto sfuggisse al mio controllo. Ero nel panico, camminavo, correvo, non avevo idea veramente di cosa fare». Scrive così Joe Grant nell'articolo su Skialper 125 di agosto-settembre per raccontare come l'incontro con un puma, lungi dall'avere provocato un cambiamento delle sue abitudini, lo abbia costretto a ragionare in modo diverso. Un racconto sulla filosofia e i perché della corsa nella natura, dove siamo sempre ospiti e non padroni.


URMA underground

«Oggi URMA è un po’un caso. E siccome URMA è della gente, è difficile darle una direzione precisa. Ma nella testa delle persone c’era una sola idea chiara: dimostrare che intorno alla corsa c’era un modo diverso per stare insieme e che non bisognava avere nient’altro che tanta buona volontà e un tot di amici per creare qualcosa per chi non si rispecchiava sempre e solo nella classica formula iscrizione-certificato-pacco gara-medaglia-classifica-punteggio ITRA» scrive Davide Grazielli, autore dell'articolo insieme a Francesco Paco Gentilucci, con foto di Sara Lando, su Skialper 125 di agosto settembre a proposito della gara clandestina di trail, a inviti, URMA appunto. «Volevamo che fosse uno spunto. Speravamo che la gente di URMA muovesse le chiappe per organizzare altre dieci URMA. O una versione di URMA ancora più bella. O semplicemente nuova. Volevamo che la gente che non c’era, magari anche solo perché non conosceva nessuno, si mettesse a organizzare una URMA diversa, ma altrettanto bella. O che si trovasse il modo di stare insieme un weekend anche senza gareggiare. Magari anche senza correre». Appuntamento in edicola su Skialper 125.

© Sara Lando
© Sara Lando

La confraternita di Barkley Marathons

C'è una gara che in 34 anni ha visto solo 18 volte un finisher (e mai nessuna donna) su oltre mille iscritti. La più difficile ultra al mondo è qualcosa di completamente fuori dagli schemi. E proprio per questo piace, per quanto sadico possa apparire il pensiero. Tra le colline insulse del Tennessee, nel cuore degli States più profondi, solo in 40 sono ammessi a correre ogni anno, ma le richieste sono molte di più. Già iscriversi è una prova a ostacoli: bisogna mandare un'email a un indirizzo che solo chi ha già fatto la gara può sapere e in un determinato giorno dell'anno. Un segreto che, come nelle più antiche confraternite, viene rivelato con molta parsimonia dai confratelli. Se la propria richiesta viene accettata bisogna pagare un dollaro e sessanta centesimi e si riceve un messaggio che suona più come una condoglianza: purtroppo sei stato ammesso ala Barkley Marathons. Non c'è nulla di particolarmente difficile nel percorso, non un versante nord, non l'alta quota, eppure le statistiche dicono che quella del Tennessee è la peggiore ultra al mondo. «A casa mia i bambini non li lasciavano vincere, se vincevano era perché la vittoria se l'erano meritata». È in questa frase di Lazarus Lake, l'ideatore, il perché filosofico, il comandamento più importante della Barkley Marathons. La ragione storica è diversa. Quando James Earl Ray evase dal vicino carcere di Brushy Mountain e rimase intrappolato in quel dedalo di cespugli e fitta vegetazione, Lazarus Lake disse che lui inello stesso tempo avrebbe percorso cento miglia sulle montagne che conosceva come le sue tasche. «La vera attrazione è che ogni anno arrivano diversi atleti forti e che quasi nessuno la finisce» ha detto Blake Wood, uno dei finisher.

Ne parliamo, con un ampio reportage di 14 pagine e le spettacolari foto di Alexis Berg su Skialper 125 di agosto-settembre.


Andrea Gallo, il futuro ha un cuore antico

«Ho conosciuto Andrea Gallo di persona l’anno scorso, sciando insieme a Gressoney. Dico di persona, perché se uno è torinese e va un po’ in montagna, il suo nome di sicuro l’ha già letto da qualche parte, probabilmente sulle guide Finale 8.0 o Polvere Rosa. Oppure sulle relazioni di falesie storiche come Striature Nereo l’Orrido di Chianocco, spauracchio dei climber torinesi chiamati a confrontarsi con gradi e stili di una volta, quelli su cui si sono espressi come scalatori. O ancora, per chi avesse qualche anno in più del sottoscritto, l’ha trovato sulle pagine della defunta rivista Alp, della quale è stato collaboratore e fotografo per anni. È stato anche l’artefice, insieme ad altri, della creazione della Finale Ligure che conosciamo oggi, un modello di turismo outdoor che ha fatto scuola e che permette agli sciatori tristi di sopravvivere all’autunno e di risvegliarsi in primavera. Insomma, da attore prima e narratore poi, Andrea Gallo è sul pezzo da trent’anni e, anche ora che lavora nei video musicali (il binomio video maker outdoor - musica trap è qualcosa di assurdo e romantico allo stesso tempo) continua a martellare sugli argomenti a lui cari da sempre, quando non è occupato in cose più serie, ad esempio andare in skate e sciare a Punta Indren. Con la scusa di andare ad accaparrarmi una copia della nuova guida Finale 51, sono andato a trovarlo a Gressoney-Saint-Jean per capire cosa ci fosse dietro a un nome scritto sulla copertina di un libro».

Scrive così Federico Ravassard su Skialper 125 di agosto-settembre per introdurre una lunga e davvero interessante intervista ad Andrea Gallo, più che un'intervista una chiacchierata a tutto campo su passato, presente e futuro dell'arrampicata, del Freerider e della montagna più in generale. Un articolo da leggere e rileggere durante la pausa estiva perché «bisogna conoscere la storia di ciò che c’è stato prima di noi, sulla roccia, sulla neve, ma anche in tutto il resto, perché è l’unico modo per capire il presente e sapere dove andare in futuro». #sapevatelo

© Federico Ravassard

Prima e dopo la LUT

«Dopo aver finito, mi sono seduto per alcuni minuti e il duro sforzo, il caldo e la nausea che avevo combattuto nelle ultime 15 ore mi hanno finalmente sopraffatto. Così mi sono trovato nella tenda del pronto soccorso, dove mi hanno preso la pressione del sangue e infilato una flebo. Ok, ho pensato, è normale e probabilmente aiuterà comunque la mia ripresa. Dopo un po ' tutto quello che volevo era tornare in albergo e fare un pisolino. Avevo appena finito una corsa sotto il gran caldo correndo tutta la notte; avere caldo, provare nausea e sonno mi sembrava abbastanza ragionevole. Poi in realtà sono riuscito a vomitare. Mi sentivo molto meglio! Ma a un certo punto hanno deciso di farmi un ECG. Non avevo dolori al petto, e assolutamente nient'altro che caldo e sonno. Inoltre non parlo italiano e non capivo cosa stessero dicendo o facendo. Mi sono ritrovato in un'ambulanza diretta all'ospedale locale. A questo punto ho intuito cosa stava succedendo e ho cercato di spiegare che il mio ECG ha alcune anomalie che sono state ben studiate, nulla di cui preoccuparsi per un atleta di resistenza. Ma non parlo italiano. A un certo punto ho persino provato lo spagnolo. Poi mi dicono che potrei aver avuto un infarto e devo andare in elicottero in un ospedale più adatto. Sono ancora sicuro al 99 per cento che non ci sia assolutamente nulla di sbagliato, ma quando si parla di attacco di cuore quell’uno per cento diventa molto più ampio. Così via sull’elicottero, ed era la mia prima volta! E in un paesaggio così bello! Tranne che sono stato legato in una barella e non ho visto nulla. (…) Alla fine, niente infarto, ma ero disperso in un ospedale, non so bene dove».

Scrive così John Kelly, uno dei finisher dell'ultima La Sportiva Lavaredo Ultra Trail. La sua è solo una delle tante storie che si intrecciano ai piedi delle Dolomiti. Storie che su Skialper 125 di agosto-settembre abbiamo voluto raccontare con (poche) parole e (tante) immagini di facce e corpi prima e dopo la gara. Nelle foto di Federico Ravassard.

© Federico Ravassard

Le ragioni di Franco Faggiani

In tanti lo conoscerete perché cura l'ufficio stampa del Tor des Géants, in molti perché ha scritto due deliziosi romanzi nei quali, per un verso o per l'altro, la montagna fa sempre capolino: La manutenzione dei sensi e Il guardiano della collina dei ciliegi. Ma la vita stessa di Franco Faggiani è un romanzo, nel quale i monti hanno una parte importante. Per farvelo conoscere meglio, su Skialper 125 di agosto-settembre l'abbiamo fatto intervistare da un altro scrittore, Simone Sarasso. Un ritratto assolutamente da non perdere.

La manutenzione dei sensi – il primo dei libri in ordine cronologico – narra la storia di come la vita di Leo, scrittore, padre, vedovo e amante del quieto dislivello venga prima stravolta dall’arrivo di Martino – ragazzino in affido con la Sindrome di Asperger. E di come, successivamente, dopo un trasferimento in quota, lo scrittore riesca a riappropriarsi di quella vita sopita dal dolore.

Il secondo, Il guardiano della collina dei ciliegi – recentissimo (è in libreria dal 2 maggio scorso) – è la storia del più antico maratoneta del Paese del Sole Levante. E di come, senza desiderarlo minimamente, sia passato da giocarsi una medaglia alle Olimpiadi a vivere in una sorta di eremo all’aria aperta (la collina del titolo) espiando un peccato che chissà se aveva veramente commesso.

Scrive Sarasso: «Perché un giornalista affermato improvvisamente si mette a leggere e – soprattutto – a scrivere libri in cui la montagna e comunque la natura non mancano mai? L’ho chiesto a Franco e lui m’ha risposto con una storia, la storia della sua vita. Il genere di storia che suscita non poca invidia, anche nei più zen».

Non resta che leggere l'articolo completo su Skialper 125 di agosto-settembre...