«Ho conosciuto Andrea Gallo di persona l’anno scorso, sciando insieme a Gressoney. Dico di persona, perché se uno è torinese e va un po’ in montagna, il suo nome di sicuro l’ha già letto da qualche parte, probabilmente sulle guide Finale 8.0 o Polvere Rosa. Oppure sulle relazioni di falesie storiche come Striature Nereo l’Orrido di Chianocco, spauracchio dei climber torinesi chiamati a confrontarsi con gradi e stili di una volta, quelli su cui si sono espressi come scalatori. O ancora, per chi avesse qualche anno in più del sottoscritto, l’ha trovato sulle pagine della defunta rivista Alp, della quale è stato collaboratore e fotografo per anni. È stato anche l’artefice, insieme ad altri, della creazione della Finale Ligure che conosciamo oggi, un modello di turismo outdoor che ha fatto scuola e che permette agli sciatori tristi di sopravvivere all’autunno e di risvegliarsi in primavera. Insomma, da attore prima e narratore poi, Andrea Gallo è sul pezzo da trent’anni e, anche ora che lavora nei video musicali (il binomio video maker outdoor – musica trap è qualcosa di assurdo e romantico allo stesso tempo) continua a martellare sugli argomenti a lui cari da sempre, quando non è occupato in cose più serie, ad esempio andare in skate e sciare a Punta Indren. Con la scusa di andare ad accaparrarmi una copia della nuova guida Finale 51, sono andato a trovarlo a Gressoney-Saint-Jean per capire cosa ci fosse dietro a un nome scritto sulla copertina di un libro».

Scrive così Federico Ravassard su Skialper 125 di agosto-settembre per introdurre una lunga e davvero interessante intervista ad Andrea Gallo, più che un’intervista una chiacchierata a tutto campo su passato, presente e futuro dell’arrampicata, del Freerider e della montagna più in generale. Un articolo da leggere e rileggere durante la pausa estiva perché «bisogna conoscere la storia di ciò che c’è stato prima di noi, sulla roccia, sulla neve, ma anche in tutto il resto, perché è l’unico modo per capire il presente e sapere dove andare in futuro». #sapevatelo

© Federico Ravassard