Robert Antonioli e Andrea Prandi abbassano di un'ora il record delle 13 cime

Non è durato neanche una settimana il fastest known time sul percorso da Santa Caterina Valfurva alle 13 cime nel gruppo del Cevedale e ritorno, fatto registrare da William Boffelli e Gil Pintarelli nella notte tra martedì e mercoledì scorso. La scorsa notte, alle 3 in punto, come annunciato, Robert Antonioli e Andrea Prandi sono partiti dalla località valtellinese dove sono arrivati questa mattina poco prima delle 10, fermando il cronometro sul tempo di 6h52'56''. Sullo stesso percorso nel 2018 Antonioli e Stefano Confortola avevano fatto registrare un tempo di 9h52', mentre il best time di Boffelli-Pintarelli era di 7h50'. Il percorso tocca 13 cime oltre i 3.000 metri del gruppo Ortles-Cevedale, con il gran premio della montagna a quota 3.769 metri del Cevedale. Oltre al Cevedale si passa per Pedranzini, Dosegù, San Matteo, Giumella, Cadini, Rocca Santa Caterina, Pejo, Taviela, Linke, Vioz, Palon de la Mare, Rosole.


L'arte del confino

«Faceva più freddo di quanto mi aspettassi. Il sole non aveva raggiunto ancora il fondo del ghiacciaio e una leggera brezza catabatica scendeva dalla testa della conca, penetrando sotto le giacche a vento. Di tanto in tanto il silenzio veniva interrotto. Bastavano pochi minuti e il sole del mattino allentava i vincoli che tenevano legate le pietre, facendone cadere qualcuna. In assenza di altri suoni, si sentiva il rumore di ogni singola pietra che scendeva dalle pareti a diversi chilometri di distanza. Poi la pace veniva cancellata dal ruggito di un seracco che crollava sopra il canale del Cordier sull'Aiguille Verte. Le settimane chiuso in casa avevano dato una spinta fortissima alla mia sensazione di stupore per la bellezza di queste masse di roccia e ghiaccio, ma ero frastornato da un'accozzaglia di emozioni contrastanti. Stare lassù non aveva quel sapore di libertà che mi aspettavo, ma mi sembrava un piacere illecito che potevo solamente sorseggiare per paura di ubriacarmi».

© Ben Tibbetts

Descrive così il sapore della libertà dopo il lockdown Ben Tibbetts su Skialper 130 di giugno-luglio in un bell’articolo sul senso dello stare chiusi tra quattro pareti quando vivi ai piedi del Monte Bianco. L’inglese, autore del bel libro Alpenglow, sui quattromila delle Alpi, ha firmato per Skialper un racconto tra ricordi di quelle lunghe settimane, nelle quali ha avuto la fortuna di potere salire in montagna per lavoro, disegni delle grandi pareti Nord delle Alpi e riflessioni sul mestiere di Guida ai tempi del Covid-19 e il futuro. «Oggi siamo 1.500 guide. È probabile, e credo anche auspicabile, che si possa diversificare, se possibile, in vari settori - ha detto a Tibbetts Philippe Collet, un istruttore dell'ENSA (il centro francese di formazione delle Guide alpine) In ogni caso, data la forza dello choc economico, credo che sia ormai certo che il numero di Guide che potranno vivere di questo lavoro diminuirà notevolmente. Ho la sensazione che la nostra professione si stia muovendo verso qualcosa di più diffuso, che possa interessare un pubblico più ampio rivisitando il concetto di avventure local. Il rapporto con il viaggio e con l’idea di andare lontano per appagare la nostra passione diventerà un argomento di seria riflessione».

L’articolo completo è su Skialper 130 di giugno-luglio, ora in edicola e prenotabile anche nel nostro online-shop


Davide Magnini abbassa il tempo di De Gasperi sull'Ortles

Buona la seconda. Dopo il tentativo di record, sfumato per pochi secondi sul finale, sulla salita da Bormio al Passo dello Stelvio, Davide Magnini mette la firma su un FKT prestigioso e sul terreno a lui più congeniale, quello off road e dell’alta montagna. Poco più di un’ora fa ha abbassato di circa 18 minuti il record di Marco De Gasperi del 2015 da Solda all’Ortles (3.905 m), andata e ritorno. 2h18’15’’ (2h36’ De Gasperi) il crono del trentino, che in salita ha fermato il tempo a 1h35’18’’ ( 1h45’30’’ De Gasperi). Condizioni perfette per Davide che è partito dalla chiesa di Solda intorno alle sette di questa mattina. «Si può fare, non ci credo neanche io, nuovo record» è stata la sua prima affermazione appena arrivato, tra gli applausi dello staff e degli amici. Il percorso misurato dal suo Suunto (il record di De Gasperi è stato certificato dalla International Skyrunning Federation, quello di Davide sembra essere a tutti gli effetti un fastest known time) è di 17,1 km con dislivello positivo di 2.147 metri. Che dire… si può fare.

 


Premiata ditta Boffelli-Pintarelli da record sulle 13 cime

L’idea è venuta a Gil Pintarelli, che ha coinvolto William Boffelli: provare a chiudere l’anello delle 13 cime, in Valfurva, battendo il fastest known time di Robert Antonioli e Stefano Confortola del 2018, di 9h52’’. Era da un paio di settimane che i due atleti del team Crazy ci stavano pensando e un primo sopralluogo settimana scorsa li aveva fatti desistere. «Ci abbiamo impiegato 13 ore, si sprofondava nella neve perché non c’era stato rigelo - dice William Boffelli - Così ci eravamo decisi ad aspettare agosto». Poi l’arrivo di aria più fresca e il tentativo nella notte tra martedì e mercoledì, con partenza dalla piazza di Santa Caterina Valfurva all’una e 22 minuti.

Il giro, per un totale di 37,5 km e 4.172 m D+ tocca 13 cime oltre i 3.000 metri del gruppo Ortles-Cevedale, con il gran premio della montagna a quota 3.769 metri del Cevedale. Oltre al Cevedale si passa per Pedranzini, Dosegù, San Matteo, Giumella, Cadini, Rocca Santa Caterina, Pejo, Taviela, Linke, Vioz, Palon de la Mare, Rosole. Pintarelli-Boffelli hanno fermato il cronometro su 7h50’. «Penso che si possa scendere ancora anche perché in discesa dal Cevedale non abbiamo trovato il percorso più diretto e sicuramente l’abbiamo allungata un po’» aggiunge William. Rimane la soddisfazione per aver portato a termine un giro tra i più classici dello skyrunning. «Alla partenza c’erano nebbia e nuvole basse e abbiamo avuto il dubbio di rimandare, poi d’improvviso, poco oltre i duemila metri, abbiamo lasciato sotto di noi un mare di nuvole e il clima si è fatto più fresco, è stato uno spettacolo. Il momento più duro? Direi sul Cevedale, quando a un certo punto la corda era bella tesa, ma in generale siamo stati una coppia ben affiatata». L’assetto di William e Gil era da fast & light puro con scarpe da skyrunning, ramponcini, picca, imbrago, corda, un litro e mezzo di acqua e qualche barretta. Quanto durerà il loro FKT? Già da settimane si sente dire di un tentativo di Antonioli con Andrea Prandi. C’è come la sensazione che sentiremo parlare ancora di 13 cime…


SCARPA punta sull'avvicinamento veloce con Rapid

A guardarla sembra proprio una scarpa da trail o da skyrunning. La nuova SCARPA Rapid, novità della primavera-estate 2021 appena presentata dall’azienda di Asolo, va a inserirsi nel già ampio segmento approach del marchio. Nomen omen, e infatti sembra essere proprio la velocità l’arma segreta della nuova arrivata e la sua missione gli avvicinamenti veloci. Poi la si può attaccare facilmente allo zaino o all’imbrago e il peso di soli 295 gr (250 gr nella versione da donna), agevola l’opera. Da non sottovalutare i plus in discesa dove si può contare su un prodotto veloce e grippante (suola con mescola in Vibram Megagrip) come una scarpa da skyrunning e con un’intersuola in EVA a doppia densità per attutire gli impatti.

La calzata è avvolgente e precisa, grazie al sistema costruttivo interno Sock-Fit LW by SCARPA che evitapunti di compressione, fasciando il piede e garantendo una maggior stabilità laterale. La tomaia è realizzata in mesh tecnico con gabbia esterna in TPU film termosaldato di sostegno laterale, mesh anti pressione e antiurto sul collarino e linguetta per garantire durata e protezione nelle aree sensibili.


Garmin annuncia l'arrivo di altri gps multisport da polso solari

Dopo l’introduzione della tecnologia Solar nel 2019 su fēnix 6x, Garmin ha annunciato oggi l’estensione del fotovoltaico a tre serie di prodotti multisport da polso: fēnix 6, Instinct e tacticx Delta. La tecnologia interna, alla quale in Garmin lavorano da un paio di anni e che verrà via via estesa anche ad altre gamme, consiste in una speciale lente trasparente che non inficia in alcun modo l’estetica dei prodotti e prolunga l’autonomia dei prodotti in maniera economica e sostenibile. Un’innovazione non da poco per prodotti che, utilizzando in alcuni casi anche sofisticate mappe a colori, vedono aumentare notevolmente la loro autonomia. Tutti i modelli Solar sono già da oggi in negozio e sugli shop online.

Garmin Instinct Solar

I nuovi Garmin Instinct Solar sono concepiti per un utilizzo sport/outdoor anche in ambiente urbano. Il risultato della combinazione tra la ricarica solare e la nuova modalità di Risparmio Energetico, in condizioni di utilizzo standard come smartwatch, garantisce fino a 24 giorni senza ricarica; autonomia che raddoppia nel caso di esposizione al sole secondo quanto dichiarato dalla casa americana. Oltre alle funzioni già note, i modelli Garmin Instinct includono anche la rilevazione Pulse Ox, per monitorare il livello di ossigenazione del sangue, e la funzione Body Battery, per rilevare il livello energetico dell’utente attraverso il controllo del sonno, dell’intensità dell’allenamento e molto altro. Instinct Solar – Surf Edition è la novità progettata per gli amanti della tavola e delle onde. Permette di conoscere i dati delle maree e l’analisi automatica di onde, velocità e distanze percorse dai surfisti. È stato progettato avvalendosi della collaborazione degli atleti più esperti di questo sport. I nuovi Instinct Solar e Instinct Solar – Surf Edition sono disponibili a partire da un prezzo consigliato al pubblico di 399,99 euro.

Garmin Instinct Solar

Garmin fēnix 6 Solar Edition

Dopo il successo del modello fēnix 6X – Pro Solar, la famiglia degli sportwatch top di gamma Garmin si amplia con i modelli fēnix 6 – Pro Solar e fēnix 6S – Pro Solar che, integrando la tecnologia Power Glass, permettono un utilizzo ancora più prolungato, non solo per la navigazione terrestre e la pratica sportiva, ma anche per attività quotidiane in modalità smartwatch, come l’ascoltare musica o fare acquisti tramite la soluzione di pagamento contactless Garmin Payfēnix 6S – Pro Solar (con cassa da 42 millimetri) ha un’autonomia garantita fino a 9 giorni che si estende con l’esposizione al sole del display. La batteria di fēnix 6 – Pro Solar (con cassa da 47 millimetri), invece, in modalità smartwatch garantisce un uso fino a 16 giorni se adeguatamente ricaricato con la luce solare. Questi i dati dichiarati dalla casa. È disponibile anche la versione fēnix 6 e 6S Solar, che fornisce tutte le funzioni della serie PRO ma senza caratteristiche avanzate come la mappa e la possibilità di caricare musica: un prodotto perfetto per chi desidera allenarsi e fare sport.
Oltre alla tecnologia Solar, i fēnix 6 – Pro Solar e fēnix 6S – Pro Solar prevedono nuovi profili sport dedicati al surf, alla mountain bike e all’arrampicata indoor. Un’evoluzione che apre ancora più vie all’avventura.

- Profilo surf: i surfisti potranno tracciare la linea di ogni onda affrontata, il tempo dell’attività, la velocità massima raggiunta e l’onda più lunga cavalcata. Inoltre, durante una uscita con la tavola nelle zone sorvegliate dal servizio di webcam Surfline, sarà possibile caricare l’attività sul proprio account Surfline e successivamente visualizzarne il video tramite Surfline Session.

- Profilo mountain bike: grazie alla nuova funzione Grit and Flow i bikers potranno tenere traccia di dati specifici per il mondo off-road, tra cui il GRIT, che analizza la tipologia delle caratteristiche del tracciato, e il FLOW, che analizza la fluidità del tracciato.

- Arrampicata indoor: i climber saranno in grado di monitorare il numero di vie effettuate, la distanza verticale percorsa, il tempo di salita, il grado di difficoltà di ogni percorso e molto altro.

La gamma Garmin fēnix 6 – Solar Edition prevede tutte le funzioni più apprezzate della serie esistente, come il monitoraggio completo del riposo, che fornisce un’analisi dettagliata delle fasi di sonno leggero, profondo e REM, il livello di ossigenazione del sangue tramite Pulse Ox, Smart Notification e Garmin Pay.

 I nuovi Garmin fēnix 6 – Solar Edition sono disponibili a partire da un prezzo consigliato al pubblico di 749,99 euro.

Garmin fēnix 6S - Pro Solar

Un concorso fotografico per il calendario delle montagne lombarde

Un concorso fotografico per raccontare con le immagini le montagne più belle della Lombardia nel quale i protagonisti non sono fotografi professionisti, ma gli escursionisti e i frequentatori di queste montagne. È l’idea del marchio di abbigliamento outdoor lecchese Ande che porterà alla realizzazione del calendario 2021Montagne di Lombardia Magnifica Visione e di una mostra a Lecco. «Il progetto vuole dare espressionealle emozioni raccolte dai tanti residenti e visitatori della regione Lombardia - fanno sapere dall’azienda lombarda - Questo concorso vuole essere da stimolo, di forte valorizzazione e sensibilizzazione nei confrontidel territorio lombardo, di tutte le sue bellezze architettoniche e naturali dandone visione attraverso lafotografia».

Ogni mese, da luglio a fine ottobre, saranno selezionate dalla giuria 12 fotografie, 10 tra quelle ricevute e altre due foto in cui l’età sarà un ulteriore parametro di selezione, una realizzata dal più giovane concorrente e una dal più anziano. Le 12 migliori foto e la copertina verranno pubblicate sul calendario, mentre tutte le 48 immagini verranno esposte a Lecco nel mese di dicembre. Gli scatti mensili verranno inoltre pubblicati sui canali social di Ande.

I temi delle foto sono la cima o luogo del cuore, il sentiero del cuore, l’alba più emozionante, il tramonto con gli amici, il trekking, i panorami, la flora, la fauna, le persone che tengono viva la tradizione della montagna, le nuove generazioni e le professioni future della montagna, i prodotti della montagna, l’architettura di montagna e i rifugi.

Info qui


Fabian Buhl, il tuttofare discreto

«La prima volta che ho sentito parlare di Fabian Buhl è stata quando, nel 2016, ha aperto la via Ganesha con uno stile purissimo: dal basso, in solitaria, autoassicurandosi, con appena quattro spit su sette tiri. Per spiegarla meglio, significa porsi prima di partire dei paletti etici molto forti e complicarsi enormemente la vita, sia sul piano mentale che pratico: vuol dire accettare l’idea di poter fare potenzialmente dei voli lunghissimi, o finire in un punto cieco dal quale non sarebbe più stato possibile continuare verso l’alto, magari dopo giorni o settimane di lavoro. E tutto ciò da soli, senza avere qualcuno su cui contare o semplicemente con cui dividersi la fatica». Inizia così l’intervista di Federico Ravassard a Fabian Buhl su Skialper 130 di giugno-luglio.

© Stephan Schumpf

A sorprendere ancora di più è il background di Fabian, ovvero quello di anni di bouldering, spinto ai massimi livelli e poi messo da parte a causa dei troppi infortuni in seguito ad atterraggi violenti. Certo, passare dallo scalare massi alle aperture su grandi pareti in solitaria per evitare di farsi male può sembrare un filo irrazionale, ma se si va a guardare il suo curriculum non bisogna soffermarsi troppo su questi dettagli, anzi, con una visione macroscopica si capisce bene quale sia l’idea di evoluzione di un personaggio così poliedrico. Fabian fa di tutto, e lo fa bene: dai monotiri trad alle spedizioni extraeuropee, dalle vie lunghe sul calcare compatto del Rätikon come Déjà, fino a imprese come quella, più recente, che l’ha visto decollare dalla cima del Cerro Torre in parapendio, con una manovra che lui stesso ha definito piuttosto fortunata.

«Prima di darmi all’arrampicata ho praticato lo sci alpino a livello agonistico fino a 16 anni, poi ho smesso perché non mi piaceva più la pressione di gare e allenamenti. Il contatto con la roccia è quindi avvenuto su uscite tranquille in falesia o su multipitch, senza passare dalle competizioni indoor, poi mi sono focalizzato maggiormente sul bouldering dove ho alzato il livello fino a quando, dopo diverse fratture alle caviglie, mi è stato consigliato di evitare ulteriori impatti forti come quelli che avvengono quando si scala sui blocchi. Da quel momento ho ricominciato a scalare con la corda, ma interessandomi maggiormente all’arrampicata trad o comunque più alpinistica, fino ad arrivare alle spedizioni extraeuropee. Contemporaneamente mi stimolano anche le multipitch dure come Déja, che sono più semplici logisticamente, ma richiedono il massimo dalla condizione fisica».

Ci sono tutti i presupposti per una lettura interessante… L’articolo completo è su Skialper 130 di giugno-luglio, ora in edicola e prenotabile anche nel nostro online-shop

© Sean Villanueva

Le novità Ortovox per l’estate 2021

Con la linea Dry Series, Ortovox presenta la sua prima collezione di zaini resistenti a ogni condizione meteorologica. La nuova giacca e i nuovi pantaloni Westalpen 3L completano la collezione dedicata all’alpinismo su neve e ghiaccio lanciata nell’estate del 2020. Oltre a queste novità, per l’estate 2021 Ortovox punta su articoli già collaudati. Il 75 % della collezione, infatti, sarà costituito da modelli presentati sul mercato per l’anno in corso.

Zaini

La prima linea di zaini meteo-resistenti di Ortovox, dedicata al trekking ad alta quota, all’alpinismo su neve e ghiaccio e all’arrampicata, è impermeabile e non necessita di una cover antipioggia aggiuntiva. Inoltre è completamente priva di PFC. Tre sono i modelli della linea Dry Series, ciascuno con un sistema dorsale dalla lunghezza regolare o ridotta: Peak 40/38S Dry, Traverse 30/28S Dry e Trad 30/28S Dry. Tutti e tre combinano funzionalità e comfort grazie a una struttura studiata ad hoc, dettagli tecnici e comodi sistemi dorsali che permettono la migliore distribuzione del carico. Il materiale esterno e le cuciture termosaldate ad alta frequenza sono impermeabili. Il sottile strato esterno in PU e il rivestimento interno in TPU rendono lo zaino assolutamente impermeabile senza bisogno di un ulteriore trattamento DWR, garantendo completa protezione dell’equipaggiamento stivato nello zaino.

Ortovox Peak 40 Dry

Westalpen 3L

Un sistema adatto a ogni condizione. Con le novità dell’estate 2021, Ortovox completa la collezione dedicata all’alpinismo ad alta quota e alle uscite di trekking più impegnative, aggiungendo un outfit hardshell robusto, tecnico e altamente funzionale: la giacca e i pantaloni Westalpen 3L. La nuova combinazione a tre strati fa parte del sistema Westalpen che si suddivide in hardshell, softshell e un ultimo strato isolante. Grazie al taglio delle maniche e del busto, la giacca antivento e impermeabile con membrana Dermizax NX garantisce la massima libertà di movimento. Ciò significa che è possibile portare le braccia oltre la testa senza alcuna difficoltà anche quando s’indossano l’imbragatura e lo zaino. Le tasche frontali e le cerniere sono studiate per essere facili da utilizzare in ogni momento. Il cappuccio lascia spazio di movimento, è regolabile sia in orizzontale che in verticale ed è compatibile con il casco. Inoltre è possibile regolare l’ampiezza delle maniche e degli orli. Il colletto foderato in lana Merino è più alto dei comuni colletti. Queste caratteristiche rendono la giacca adatta ad affrontare anche le condizioni più avverse. I nuovi pantaloni tecnici sono robusti e adatti per un uso sia estivo che invernale. L’innovativa regolazione della larghezza dell’orlo delle gambe ne aumenta la praticità. Le due possibilità di regolazione interna permettono ai pantaloni di adattarsi rapidamente alla larghezza dello scarpone da sci o, laddove sia necessario indossare i ramponi, agli scarponcini da montagna. Il sistema Quick-Gaiter integrato rende superfluo l’uso delle ghette e il paralamine in Cordura e Dyneema assicura la massima resistenza all’abrasione.


Mondiali ad Andorra, lunghe distanze alla Pierra Menta e cinque tappe di Coppa del Mondo: definito il calendario internazionale ISMF 2020/21

Nonostante l’incertezza legata alla pandemia e la crisi economica, la ISMF ha comunicato oggi il calendario internazionale dello scialpinismo per la prossima stagione invernale. Naturalmente è suscettibile di modifiche in funzione della situazione sanitaria, ma è già un bel punto fermo. L’appuntamento con i Mondiali è dal 26 febbraio al 3 marzo a La Massana, Andorra, mentre la Pierra Menta, dal 10 al 13 marzo, ospiterà la novità Mondiali Long Distance, evento in collaborazione con La Grande Course. Tre appuntamenti in Italia per la Coppa del Mondo: opening a Pontedilegno-Tonale il 19 e 20 dicembre con sprint e vertical, poi si replica il 20 e 21 febbraio al Marmotta Trophy, in Val Martello, con sprint e individual e finali a Madonna di Campiglio dal 25 al 28 marzo con tutte le specialità. Il 29, 30 e 31 gennaio la Svizzera Val de Bagnes ospiterà vertical e individual, ma è da confermare la tappa di Courchevel, in Francia, del 3-6 febbraio con vertical, individual e sprint. World Winter Games militari CISM dal 24 al 27 marzo a Berchtesgaden-Ruhpolding, in Germania. Infine i Mondiali Masters saranno a La Grande Trace, a Superdevoluy, in Francia, l’11, 12 e 13 febbraio, con vertical e team race.


Steve House, l’alpinismo come arte e allenamento

«4100 metri di parete. 5 viti da ghiaccio, 9 chiodi, 6 nut, 3 friend, 50 metri di corda dinamica. 6 giorni di salita, 2 di discesa. I numeri sono freddi e sterili, ma se si è in grado di leggerli raccontano tantissimo anche da soli. Quando nel 2005 Steve House e Vince Anderson hanno scalato la parete Rupal sul Nanga Parbat, l’impresa è risuonata come uno sparo nell’ambiente alpinistico a causa della purezza dello stile, oltre che per l'audacia. Aprire una via del genere in stile alpino, scalando veloci e leggeri, richiede tantissima dedizione. Richiede però anche una forma fisica di ottimo livello, per riuscire a scalare tutte quelle ore (scriverei ‘giorni’ ma si perderebbe il senso di continuità dello sforzo) rimando lucidi ed efficienti». Inizia così l’intervista di Alessandro Monaci a Steve House.

L’alpinismo, da fuori ma anche da dentro, è visto come un’avventura, come un'attività che mette in gioco la testa delle persone. Questo è vero, ed è quello che lo differenzia da uno sport agonistico di resistenza, per quanto duro e lungo sia quest’ultimo: durante una salita come quella di House e Anderson non ci si può ritirare all'improvviso (anche scendere vuol dire comunque fare alpinismo ed essere impegnati in modo non dissimile dalla salita) e lo sforzo, più che un esprimere al meglio le potenzialità dei muscoli, diventa un raschiare il fondo del barile del proprio corpo, cercando di sopravvivere. Questo ha fatto troppo spesso mettere in secondo piano le capacità atletiche di alcuni alpinisti. Se un profano guardando un video di Steck che scala una grande parete nord in circa due ore pensa «che folle!», un alpinista osservando lo stesso filmato dovrebbe chiedersi: «Come si è allenato per essere così veloce?».

È proprio per questo che House ha scritto Allenarsi per un nuovo alpinismo, da poco pubblicato in italiano dalla nostra casa editrice, evidenziando gli errori e le soluzioni nell’allenamento che lo hanno portato a essere uno degli alpinisti di punta degli ultimi anni. Le tecniche e i principi di base non sono nuovi e sono ben spiegati da Johnston, allenatore della nazionale di fondo USA. A Steve è toccato il compito di adattarli all'alpinismo e testarli.

Su Skialper 130 di giugno-luglio Alessandro Monaci ha intervistato l'alpinista statunitense per approfondire la sua idea di allenamento e di alpinismo di alto livello. «Poiché l'alpinismo non è competitivo, la durata della carriera di un alpinista è molto più lunga rispetto, per esempio, al ciclismo - ha detto House - Penso che una carriera atletica di 20 anni di alto livello sia possibile per un arrampicatore, anche se solo 5-10 di questi saranno al culmine assoluto».

Interessanti anche le sue considerazioni su alpinismo e professionismo. «Io non ho deciso di essere un alpinista professionista. Infatti, in senso stretto, lo sono stato solo per i pochi anni in cui non ho realmente lavorato. L’idea di essere un arrampicatore di professione mi ha sempre fatto sentire a disagio. Penso sia necessario creare qualcosa di utile nel mondo e non vedo come un alpinista possa creare niente oltre ai propri risultati. Per questo motivo, io ho sempre lavorato. Prima come guida alpina, poi come autore e adesso come allenatore e imprenditore, aiutando gli atleti di sport di montagna ad allenarsi con le migliori conoscenze e pratiche».

Skialper 130 di giugno-luglio, ora in edicola, è prenotabile anche nel nostro online-shop


Scontro per una prima ascensione

«Di rado vie dolomitiche di massima difficoltà si trovano così concentrate su una montagna come sul Civetta. Da decenni la sua bastionata nord-occidentale, lunga sei chilometri e alta fino a 1.200 metri, affascina magicamente l’élite arrampicatoria. Qui già nel 1925 fu scritto un capitolo importante della storia dell’alpinismo, quando con la loro via di VI grado Emil Solleder e Gustav Lettenbauer inaugurarono una nuova epoca dell’arrampicata su roccia. In seguito alpinisti come Philipp, Flamm, Buhl, Aste, Mazeaud, Maestri, Comici, Cassin ed Egger, mediante vie nuove o tempi di percorrenza veloci, hanno letteralmente scritto i propri nomi sulla parete delle pareti. Con le sette vie che portano alla cima principale del Civetta, a metà degli anni Sessanta le possibilità di ascensione non sono però ancora del tutto esaurite. Sembra esserci un problema ancora aperto: una direttissima tra la Philipp-Flamm e la Solleder». Così scrive Markus Larcher nel libro Heini Holzer – La mia traccia la mia vita pubblicato dalla nostra casa editrice nel 2018.

Ed è così che nel luglio del ’67 Heini Holzer con Sepp Mayerl, Reinhold Messner e Renato Reali apre la Via degli Amici in un clima di competizione alpinistica. «Sono un po’ più avanti degli altri, e quando apro la porta del rifugio mi imbatto in Heinz Steinkötter, un alpinista estremo tedesco che ha piantato le tende in Italia. Ci conosciamo. Il mio saluto cordiale incontra una faccia scura, e quando appaiono i miei tre compagni sembra come paralizzato, ammutolisce, è senza parole. Nell’aria dev’esserci qualcosa di scottante» racconta SeppMayerl. Assieme a Steinkötter ci sono altri noti alpinisti: Dietrich Hasse, Jörg Lehne e Hans Heinrich. Hasse e Lehne quasi dieci anni prima avevano compiuto la prima ascensione della diretta sulla parete Nord della Cima Grande e della parete Sud-Ovest della Roda di Vaèl. «Ben presto i nuovi arrivati fiutano l’aria (Mayerl), sebbene Steinkötter mantenga un ostinato silenzio sui possibili obiettivi. L’aria sa di prima ascensione. Senza indugio e in segreto Holzer e compagni cambiano piani. La possibilità, nel frattempo sempre più rara, di una prima ascensione non è cosa che ci si vuole lasciar sfuggire a cuor leggero. Alla fine, con sconcerto degli altri, i quattro annunciano che si cimenteranno con la direttissima.

Su Skialper 130 di giugno-luglio, ora in edicola e prenotabile nel nostro online-shop il racconto della prima ascensione sulla Via degli Amici al Civetta.

Il libro Heini Holzer – La mia traccia la mia vita è acquistabile qui.