Se gli africani vincono anche le skyrace...

I successi africani di oggi alla Zacup, sia nella classifica maschile che in quella femminile, uniti al terzo posto del keniota Kiyaka e allo strapotere dell'Africa ai Mondiali di corsa in montagna, segnano un passaggio importante nella storia di questo sport. Se ugandesi, ruandesi e kenioti si sono presi da anni lo scettro in una displciplina molto atletica e competitiva ma meno tecnica come la corsa in montagna (però i cinque gradini del podio su sei di oggi sono comunque un risultato  impressionante), si è sempre pensato che i trail più tecnici, in particolare le skyrace, fossero rimaste le uniche gare della corsa dove gli europei potessero ancora dire la loro. Il doppio successo di Simukeka e Niyirora alla Zacup deve fare riflettere perché ottenuto in una vera sky, con passaggi tecnici e catene. Tempo fa Marco De Gasperi portò un giovane atleta messicano a correre qui, non conoscendo la reale tecnicità del percorso, e ne rimase sorpreso. I messicani sono sicuramente più arrampicatori di ruandesi e kenioti...

SEGNALE DA NON TRASCURARE - L'evoluzione tecnica degli atleti e delle atlete africane segna un passo avanti, proprio nel giorno in cui a Berlino un altro africano fa crollare il record del mondo nella maratona e sposta sempre più il limite verso la barriera delle due ore. Naturalmente la nostra è una osservazione che non può basarsi su dati scientifici: come per le vittorie delle donne, non abbiamo la riprova che il parterre degli avversari fosse il meglio possibile, anche se - basta guardare la classifica - era di assoluto livello. Rimane il fatto che i record di De Gasperi e Desco non sono stati battuti, seppur quello maschile per poco, e questo incrina in parte il teorema, anche se si entra in un terreno minato fatto di condizioni meteo, temperatura e alte variabili che non rendono perfettamente sovrapponibili i tempi registrati in occasioni diverse. Se poi aggiungiamo che nel 2014 l'eritreo Petro Mamu ha battuto Kilian alla Limone Skyrace, diventa evidente che, quanto più gli africani si avvicineranno alle sky, quanto meno spazio rimarrà per gli europei.

GAP TECNICO - Con oggi il processo di riduzione del gap tecnico entra nella fase due. «Sul tecnico eravamo alla pari, e questa è stata una sorpresa perché pensavo di avere un minimo di vantaggio, ma appena c'era un tratto più corribile scappavano via» ha detto Daniel Antonioli, che conosce le Grigne come le sue tasche ma oggi ha dovuto accontentarsi del secondo posto, che vale comunque il titolo italiano. Rimane il fatto che  la tendenza è chiara. E che la Valetudo continua a scoprire nuovi talenti, dagli africani ai romeni. E la Valetudo è italiana. Fra qualche anno rimarrà l'unico tricolore nelle classifiche delle skyrace? Ovviamente è una provocazione, ma...


Stefano Ruzza, l'uomo del sette

Il sette, lo si sa sa, è un numero magico. E lo è ancora di più per Stefano Ruzza, Team Vibram, autore di una incredibile gara all’UTMB che gli ha regalato un settimo (appunto) posto, miglior risultato italiano di sempre dopo quelli di Olmo. Dico sette perché anche alla Diagonale des Focus del 2014 Ruzza si era classificato in quella posizione, regalandosi una prestazione da incorniciare. «È vero, anche ai Campionati Europei della Trans d’Havet ero arrivato settimo» scherza Stefano mentre sta preparando le valigie per gli Stati Uniti. Negli Stai Uniti Ruzza era già stato anche in primavera, gareggiando in qualche trail locale e alla UROC.

Stefano, ma cosa vai a fare così spesso negli States?

«La mia fidanzata lavora lì, a Baltimora, per questo ora mi faccio un mesetto da quelle parti».

Sette è un numero magico, ma non hai provato ad arrivare sesto?

«Certo, in salita vedevo Evarts davanti, a pochi minuti, prima dell’ultima salita ho spinto molto, ma sono arrivato esausto e ho pensato a difendermi».

Hai scritto che questa volta hai fatto tesoro degli errori del passato nell’allenamento, pre-gara e gestione della competizione, puoi spiegarci meglio cosa intendi?

«Tanti piccoli dettagli, nell’allenamento, nell’alimentazione in gara. Nel 2016 ero andato fortissimo all’inizio, ero sugli stessi tempi di quest’anno, poi ho avuto problemi di alimentazione ed ero un po’ stanco mentalmente, mi ero allenato troppo. Questa volta sono arrivata fresco, convinto di soffrire per 24 ore, perfettamente in forma nonostante l’infortunio della primavera, come alla Diagonale des Focus».

Che infortunio hai subito?

«Sublussazione del cuboide, poi correndoci sopra si sono infiammati peroni e tibiale anteriore, per due mesi ho corso praticamente con una sola gamba. Ho fatto tantissima bici e corso giusto per mantenere il gesto, ma sui sentieri mi sono ritrovato subito a mio agio». 

Commenti sulla gara?

«Mi ero preparato una tabella di marcia che ho rispettato quasi al minuto, ho fatto la mia gara, su me stesso e non su altri, come Thévenard ed è risultata vincente. Certo lui ha un ritmo costante, incredibile, è proprio fatto per queste gare».

Dicci la verità, aspiravi a una top ten?

«Onestamente sì, due anni fa ero sui tempi di Zanchi e Ornati, poi ho avuto qualche problema».

Il momento più bello?

«A Trient. Arrivavo da Champex, dove ero dodicesimo e rassegnato a non entrare nella top ten, poi al ristoro c’erano tutti i ragazzi del team Vibram, un tifo pazzesco, meglio che al traguardo, all’uscita ho superato il mio compagno di squadra Xavi Dominguez, prima avevo superato Zach Miller, lì ho capito che stava andando bene».

Che idea ti sei fatto dei ritiri?

«Anche l’anno scorso ha piovuto e fatto freddo, ma quest’anno ho visto gente molto più provata, poi credo che molti dei top siano stati svuotati dalla battaglia all’inizio».

Che scarpa hai usato?

«Hoka One One Speedgoat 2»

Solo una?

«Sì e non ho neppure mai cambiato la maglia, un po’ per scaramanzia, un po’ perché mi sentivo veramente bene e non volevo perdere tempo».

Se andrai sempre più spesso negli States, c’è il rischio che il primo americano a vincere l’UTMB sia tu…

«Ma dai… godiamoci questo settimo posto che non ho ancora metabolizzato, è già molto». 


L’UTMB degli anti-eroi

C’è qualcosa che rende davvero magica l’edizione 2018 dell’UTMB, a mio parere la più bella degli ultimi anni insieme a quella del 2013. È stata ricchissima di colpi di scena e non si può certo dire che i favoriti, diciamo i favoritissimi, abbiano vinto. La notte si è pian piano mangiata tutti quelli che avevano i maggiori auspici del pronostico e ha partorito storie e sogni degni di essere raccontati, quelli di Francesca, Xavier, Stefano e Katia, tre anti-eroi che hanno saputo imporsi, ognuno a modo suo, proprio nell’anno in cui all’UTMB sono arrivati i premi in denaro.

CANEPA - La vittoria di Francesca Canepa, a 46 anni, è di quelle che entrano di diritto nella storia dell’ultra trail. Quando l’abbiamo vista spuntare tutta coperta, giacca lunga e pantaloni lunghi, sulla linea del via, masticando qualcosa (un Buondì, dirà poi...), aveva la faccia da ‘dura’. La sua vera faccia, quella della rabbia, della determinazione, della voglia di ‘mordere’. Quella faccia che le aveva regalato tante soddisfazioni in passato (tra le quali un secondo posto nell’edizione ‘mutilata’ dell’UTMB 2012) e che era stata coperta da una maschera dopo la ben nota vicenda del Tor. Anni difficili - comunque la si voglia pensare sull’affaire - che hanno svuotato Francesca. Però, da lottatrice quale è, non si è mai arresa. Altri, altre, avrebbero gettato la spugna quando i risultati non arrivavano più. Questa vittoria, ottenuta con la strategia e la calma dei forti, partendo tranquilla, seguendo la propria andatura e la tabella di marcia, aumentando il ritmo con il passare dei chilometri e mangiandosi le avversarie una per volta, vale moltissimo. Ed è la più bella storia italiana a Chamonix insieme a quelle di Marco Olmo. Bisogna ammetterlo, in tanti, noi giornalisti per primi, avevamo dato Francesca per finita da tempo, e ci siamo sbagliati. Chapeau.

l'arrivo di Francesca Canepa ©Martina Valmassoi

THÉVENARD - Sfida Kilian-Walmsley? Hernando? No, zitto zitto è arrivato lui, il folletto del Jura, quello che se lo vedi camminare nelle strade di Chamonix ha un’andatura supinatoria che non si può guardare. Quello che pochi mesi fa alla Hardrock 100 stava stravincendo ed è stato squalificato per avere inavvertitamente bevuto un goccio d’acqua pochi chilometri dopo il ristoro, fatto che all’UTMB sarebbe stato sanzionato con qualche oretta di penalità. Il suo score ai piedi del Monte Bianco è impressionante. Ha vinto al primo colpo tutte le gare, dalla CCC alla TDS e ora si porta a casa anche la terza UTMB, eguagliando Kilian e D’Haene. La sola altra apparizione da queste parti, l’anno scorso, gli è valsa il quarto posto… Unico.

Xavier Thévenard ©UTMB/Zoom

FORI - Un quarto, due quinti e un settimo posto. Sì vabbé, ci sarebbe anche un ventinovesimo posto alla prima partecipazione, ma possiamo considerarlo un errore di gioventù. Katia Fori, professione direttrice di banca, a Chamonix è a suo agio. E questa volta ci ha fatti sognare conducendo per buona parte e tenendo testa a Chaverot & co o alle americane. Una bella storia di sport, di passione, di fatica, di forza di volontà e soprattutto di testa. Inimitabile.

Katia Fori ©Martina Valmassoi

RUZZA - Anni e anni ad aspettare questa benedetta top ten, dopo i successi di Olmo e quel decimo posto di Massimo Tagliaferri, poi nel 2016 arriva il nono posto di Giulio Ornati. Poi… arriva Stefano Ruzza, Team Vibram, da Busto Arsizio, uno che non ama le mezze misure, o dà tutto quello che ha o salta. Il settimo posto alla Diagonale des Fous era stato il suo capolavoro, ma questo è ben più importante. È sempre stato uno dei più promettenti ultra-trailer italiani, ora ha definitivamente raggiunto la maturità. Capolavoro.

Stefano Ruzza ©Christophe Angot/Vibram

L’UTMB femminile parla italiano: trionfo di Francesca Canepa e quinto posto di Katia Fori

Aspetti Mimmi Kotka o Caroline Chaverot, invece ne viene fuori la più incredibile UTMB per i colori italiani. Nella fredda notte del Monte Bianco parte veloce e lascia tutte dietro la statunitense Magda Boulet, poi costretta al ritiro dopo il Col de la Seigne per una caduta. Intanto dietro di lei le distanze sono minime e piano piano vengono fuori due nomi, quello di Caroline Chaverot e quello di Katia Fori. Alla fine dopo il Grand Col du Ferret la francese si ritira (per lei una stagione tribolata, con settimane senza riuscire a correre, poi la decisione di non partecipare all’UTMB e negli ultimi giorni il rientro in campo). Con Mimmi Kotka ritiratasi quasi subito, Fernanda Maciel che prende distanza dalla Fori, la parmense procede da sola fino a La Giète, quando la raggiunge e supera Francesca Canepa. Da questo momento Francesca rimarrà sempre davanti, con la Fori che perde qualche minuto e si fa raggiungere da dietro da Uxue Fraile del team Vibram, poi dalla francese Jocelyn Pauly e dalla britannica Beth Pacall. Questo sarà l’ordine d’arrivo finale, con la Canepa che regala una incredibile vittoria ai colori azzurri dopo il secondo posto del 2012. Il suo è stato un successo costruito nei minimi dettagli, con una partenza misurata e il ritmo ad aumentare passaggio dopo passaggio in modo graduale, come ai tempi dei primi grandi successi. 26h03'48'' il tempo di Francesca Canepa, 26h40'43'' quello di Katia Fori, mentre al sesto posto si è classificata Juliette Blanchet del Team Vibram.

il doppio femminile ©UTMB/Zoom
Katia Fori durante una sosta ©Martina Valmassoi

Thévenard vince la terza UTMB, ma l'Italia festeggia il settimo posto di Stefano Ruzza

In una cento miglia non si possono mai fare previsioni e all’UTMB ancora meno. L’edizione 2018 è stata probabilmente la più ricca di colpi di scena. I pronostici della vigilia erano per una sfida Kilian-Walmsley. Invece… Invece come in un giallo di Agatha Christie i favoriti (e le favorite) sono spariti uno a uno nel buio della notte, della pioggia e del gelo del Monte Bianco. E alla fine a Chamonix è arrivato ‘en souplesse’ lui, Xavier Thévenard, monsieur UTMB, con tutte le gare di Chamonix vinte e, da questo pomeriggio, con tre UTMB nel palmarès, come D’Haene e Kilian. Chapeau.

RITIRI - Subito a fare ritimo Walmsley, poi a tirare l’altro yankee, Zach Miller, infine nella notte, dalla valle di Les Contamines, un trio formato da Kilian, Miller e Walmsley. A seguirli gli altri big, a partire da Sylvain Court, Luis Alberto Hernando, Xavier Thévenard, Tim Tollefson, Michel Lanne e Jordi Gamito. Il primo a eliminarsi è stato Walmsley (e a confermare che non si può vincere WS100 e fare bene a Chamonix): per lui problemi al Col de la Seigne e la testa della corsa persa, poi nella discesa qualche problema (una storta) per Hernando e ritiro a Courmayeur. Dopo Courmayeur il colpo di scena più inaspettato, il forfait di Kilian Jornet. Per lui una puntura di ape qualche ora prima del via, il tentativo di metterci una pezza (è anche allergico) senza usare medicinali proibiti dalla Wada, la scarpa che entra bene e non dà fastidio, ma da sibuto vomito, impossibilità di mangiare e altri fastidi. Nella salita dopo Courmayeur i problemi sono aumentati, uniti alla fatica a respirare. Ecco dunque che a fare la gara sono stati Zach Miller e Xavier Thévenard, con il primo che ha pagato la salita al Col du Grand Ferret ed è uscito da Champex-Lax con 15 minuti di ritardo dal francese. La passerella rossa verso Chamonix era pronta: 20h44’16’’ il suo tempo. Secondo il sorprendente romeno Robert Hajnal (21h31’37’’) e terzo lo spagnolo Jordi Gamito (21h57’01’’). Ma il bello, per noi italiani, doveva ancora venire, perché uno straordinario Stefano Ruzza (23h02’19’’) ha chiuso al settimo posto. Per l’atleta del Team Vibram una prova maiuscola che rimarrà per sempre nella storia della gara di Chamonix e dei colori azzurri, il secondo migliore piazzamento dopo quelli di Olmo.

 


All'UTMB nasce il Mondiale unico trail-corsa in montagna. Aspettando Kilian e Jim

Si è spesso detto che nel trail è difficile stabilire chi è il più forte perché gli atleti top si dividono su più (troppe?) gare. L’eccezione è stata l’UTMB 2017, la gara delle gare (che ha visto il ritorno di Kilian a Chamonix) e anche l’edizione 2018, la prima con premi in denaro, si avvia su un livello, almeno al maschile, molto simile, malgrado l’assenza di chi l’anno scorso ha zittito tutti: François D’Haene. Ora però proprio da Chamonix, che questa settimana è la capitale mondiale della corsa in natura, arriva una notizia che dovrebbe rendere ancora più competitivo correre tra i monti. In una conferenza stampa congiunta organizzata oggi, le tre più grandi organizzazioni mondiali del settore, IAAF-International Association of Athletics Federations, ITRA-International Trail Running Association e WMRA-World Mountain Running Association, hanno annunciato che nel 2021 verrà organizzato il primo Mondiale unico.

UN MONDIALE DEI MONDIALI MA SENZA SKYRUNNING - In pratica trail, atletica e corsa in montagna si ritrovano sotto un’unica bandiera per organizzare una vera e propria kermesse di livello planetario della corsa tra i monti. I Mondiali verranno celebrati ogni due anni, invece che ogni anno come avviene ora per trail e corsa in montagna. I dettagli dell’evento verranno decisi nei prossimi mesi in una serie di riunioni congiunte. L’annuncio che cambierà la storia di trail e corsa in montagna è stato dato dai presidenti Sebastian Coe (IAAF), Michel Poletti (ITRA) e Jonathan Wyatt (WMRA). Dopo la nascita delle Golden Series targate Salomon, dopo l’arrivo dei premi in denaro nel santuario dello spirito trail di Chamonix, ecco un annuncio che sancisce in maniera definitiva che il mondo di chi corre per monti sta vivendo un momento di transizione verso la maturità e un maggiore professionismo. Una decisione, quella di Chamonix, che mette nell’angolo un movimento, quello dello skyrunning, che, seppur di nicchia e prevalentemente europeo, continua a suscitare interesse, come ha dimostrato la storica gara sul Monte Rosa di questa estate. Non sarebbe il caso di pensare anche allo skyrunning in un futuro Mondiale dei Mondiali? Ai posteri (e alla ISF) l’ardua sentenza.

TEMPO DI TDS - Intanto questa mattina alle 8 (partenza ritardata di due ore), con il via da Courmayeur della TDS, si entra nel clou delle gare targate UTMB. Sulla start line lo statunitense Hayden Hawks, rimasto in Europa dopo la LUT, il connazionale Dylan Bowman, gli spagnoli Tofol Castanyer e Pablo Villa, i francesi Ludovic Pommeret, Fabien Antolinos, Sylvain Camus, Julien Chorier, il cinese Longfei Yan, il marocchino Zaid Ait Malek tra gli altri. Nella gara al femminile occhi puntati soprattutto su Megan Kimmel e Rory Bosio. Tra le italiane al via anche Sonia Locatelli del team Salomon.

SARÀ TESTA A TESTA KILIAN-JIM? - Venerdì pomeriggio, dopo che nella mattinata si sarà celebrata la partenza della CCC da Courmayeur, Chamonix sarà invasa dalla marea di atleti che prenderanno parte alla gara regina. Al via tra gli uomini nove dei primi 12 dell’edizione stellare 2017. Nei pronostici due nomi sopra a tutti: Kilian Jornet e Jim Walmsley. Sono in forma: Kilian ha vinto - dopo il rientro dall’infortunio patito alla Pierra Menta - la Marathon du Mont Blanc, la Sierre-Zinal e il Kima; Jim è reduce dalla vittoria con record alla WS100. Pronostici? Sarebbe un 50-50, però la storia ha dimostrato che è molto difficile vincere WS100 e fare bene all’UTMB.
E poi ci sono Tim Tollefson, Xavier Thévenard (quarto l’anno scorso, ma nelle precedenti partecipazioni era stato un cecchino infallibile e alla Hardrock 100 è stato squalificato per un episodio molto contestato quando stava andando forte), Luis Alberto Hernando, Zach Miller, Ryan Sandes (il sudafricano ha vinto in tutto il mondo ma a Chamonix non ha mai trovato il giusto feeling..), Gediminas Grinius, Javi Dominguez, Michel Lanne, Sylvain Court, Jordi Gamito, Stephan Hugenschmidt, Sebastien Camus, Scott Hawker, Erik Clavery, Timothy Olson… Senza dimenticare che all’UTMB le sorprese sono di casa.

LA VARIABILE KOTKA - Tra le donne, assente la regina 2017 Nuria Picas per infortunio e visto anche il forfait di Andrea Huser, i pronostici sono per Caroline Chaverot ma attenzione a Mimmi Kotka, irresistibile (e a segno già nella TDS e CCC) ma al debutto sulle 100 miglia. Altri nomi? Clare Gallagher, Kaori Nowa, Uxue Fraile, Amy Sproston, Juliette Blanchet, Emelie Lecomte, Yulia Baykova, Stephanie Violett, Magda Boulet, Ildikò Wermescher, Aliza Lapierre, Kaci Lickteig, Sophie Grant, Francesca Canepa e, al ritorno dopo una lunga assenza da Chamonix, Katia Fori, che ha un quarto e quinto posto in palmarès. Erano altri tempi e gli anni passano, ma i crono dicono che con quelle prestazioni sarebbe ancora forte… Good luck runners!


Il week end da record di Kilian ed Emelie

Compagni nella vita, Kilian Jornet ed Emelie Forsberg amano battere record su record legati insieme, come al Monte Rosa, dove Emelie è stata la donna più veloce di sempre, seppure in coppia, ma anche dividersi. Sempre per fare segnare dei nuovi FKT. Come è avvenuto nello scorso fine settimana. Kilian era nel Lake District, in Inghilterra, Emelie in Svezia. Ed entrambi ce l’hanno fatta.

BOB GRAHAM ROUND - Il Bob Graham Round è un record che resisteva da ben 36 anni, esattamente dal 1982, quando Billy Bland chiuse il percorso di 106 km e 8.200 m in 13h53’. Kilian, partito ieri mattina alle 6, lo ha chiuso in 12h52’. Il Bob Graham è un percorso mitico, nella selvaggia regione dei laghi inglese. Mitico perché per poterlo percorrere bisogna seguire una serie di regole: informare il locale club ed essere accompagnati su ognuna delle 42 cime da qualcuno che possa testimoniare il passaggio. Un’altra tradizione è che uno dei membri del club accompagni il Kilian di turno in ognuna delle cinque sezioni nelle quali viene diviso il percorso. Si parte da Keswick, un villaggio di 5.000 anime. «Avevo in mente il Bob Graham da tempo ma non ero riuscito a provarlo, è stata una giornata dura ma indimenticabile e mi sono reso conto dell’incredibile prestazione di Billy oltre 30 anni fa» ha detto Kilian al termine dell’impresa.

©Mick Kenyon/Racing Snakes
Kilian festeggia con Billy Bland ©Tim Harper

KUNGSLEDEN - Si tratta di un sentiero di 450 km nella Lapponia Svedese, solitamente percorso in un paio di settimane. Emelie Forsberg lo ha chiuso in 4 giorni e 21 ore. Il precedente FKT era dell’ultra runner norvegese Sondre Almdahl, 6 giorni, 2 ore e 51 minuti. Il punto più alto toccato da Emelie è stato il Tjätka Pass, a 1.150 metri. Il Kungsleden si dipana in una delle più grandi e selvagge aree protette europee e spesso bisogna prendere dei traghetti per attraversare i corsi d’acqua. Emelie ne ha presi ben 7. La sua avventura è stata divisa in quattro tappe da 66 a 110 km. Il dislivello totale è stato di 11.117 m e… ha mangiato 25 sandwich al formaggio e 2 torte. Partita alla mezzanotte del 3 luglio, è arrivata al traguardo il 7 luglio. «Non posso credere di averlo fatto, è un sogno che si avvera, ci sono stati momenti difficili, ma non sarebbe una sfida senza le difficoltà, che ti fanno capire quello che stai facendo e te lo fanno apprezzare: sono molto stanca ma ancora più felice» ha detto Emelie.

©Philipp Reiter
©Philipp Reiter

Crolla l'ultimo dogma, premi in denaro all'UTMB

Tre settembre 2012, Courmayeur: prima ‘Assise Mondiale du Trail Running’, in pratica una specie di Stati Generali della corsa in natura, autoconvocati dagli organizzatori dell’UTMB e, a ruota, dalle gare qualificanti. Io c’ero. E ho ascoltato con attenzione quello che i relatori hanno detto e le tante domande - spesso obiezioni - che arrivavano dalla tribuna. Da quegli Stati Generali si può dire che sia nata l’ITRA, International Trail Running Association. Da allora di chilometri ne sono stati corsi tanti e oggi l’ITRA si è accasata in IAAF e i Mondiali di Trail sono sempre più una disciplina del grande mondo dell’atletica leggera. Poco male, anche se all’inizio diversi runner protestarono (ricordate i Mondiali di Annecy?) per la progressiva morte di quello spirito trail che ha sempre reso diverso un ultra-trail da una maratona su strada.

Si può essere d’accordo con un punto di vista o l’altro, però appare evidente la sterzata netta fatta da quel mondo che si era presentato a Courmayeur come il depositario del più puro spirito trail. Nessuna distinzione tra atleti top e pancia del gruppo dissero con insistenza i coniugi Poletti & co: da noi sono tutti benvenuti, ma nessun favoritismo. E poi i Mondiali si sono trasformati in una gara élite - come è giusto che sia, beninteso, se parliamo di Mondiali -. L’ultima novità è probabilmente ancora più sorprendente riascoltando quelle dichiarazioni: da questa edizione l’UTMB distribuirà 35.000 euro di premi in denaro ai primi atleti top, divisi equamente tra uomini e donne. Anche in questo caso non ci vedo nulla di scandaloso visto che parliamo di una gara che fattura milioni di euro e autoproduce le dirette streaming. Però ricordo bene quello che fu detto con convinzione a Courmayeur: nessun premio in denaro, al limite possiamo chiudere un occhio sugli ingaggi. La scelta è arrivata dopo la distribuzione di un questionario agli atleti élite, che ha riscosso il 95% di voti favorevoli. Nessuno di noi è così ingenuo da non capire che UTMB e trail diventano competizioni sempre più globali ed è difficile, se non impossibile, rimanere fuori dalla logica della spettacolarizzazione e del professionismo sportivo. Non credo personalmente che sia una scelta sbagliata e neppure che non si possano cambiare idee. Però in sei anni… ne sembrano passati sessanta. O no?

I PREMI - Il montepremi UTMB sarà di 8.400 euro per sesso (2.000 al primo, 1.500 al secondo, 1.000 al terzo fino ad arrivare a 500 al decimo), quello della TDS di 3.600 euro (1.300 al primo, premi fino al quinto), stesso discorso per la CCC e solo i primi tre con assegno alla OCC (900, 600 e 400 euro).


A Maurer la Salewa IronFly, ma a vincere è stato il pubblico

Con gli ultimi arrivi si è conclusa sabato la prima edizione della Salewa IronFly, la seconda gara di hike & fly più lunga al mondo con 458 chilometri in linea d’aria da percorrere e partenza e arrivo nei pressi di Lecco. Un evento solo alla prima edizione ma che ha avuto una grande eco mediatica ed è stato seguito da tanti appassionati lungo il percorso. Alle 08:57 di sabato mattina è arrivato al traguardo anche Giovanni Gallizia, il primo e unico italiano ad aver completato il percorso, sesto in classifica. La vittoria è andata all’austriaco Christian Maurer, dominatore incontrastato di questa disciplina negli ultimi dieci anni.

L'arrivo di Christian Maurer

GARA PER DURI - La durezza della gara è dimostrata dal limitato numero di atleti che sono riusciti ad arrivare al goal finale di Suello. Alle 10:56 è infatti arrivato in volo l’ultimo finisher, il polacco Michal Gierlach. Quella che nel pronostico di molti atleti avrebbe dovuto essere una competizione da tre giorni è stata resa complicatissima dal meteo, caratterizzato da pioggia, vento e nuvole basse, con previsioni spesso smentite dalla realtà atmosferica. In questa situazione gli atleti hanno dovuto camminare molto più del previsto, e una volta in quota spesso sono stati costretti ad aspettare una finestra favorevole per volare. Dura per tutti, dalla prima posizione fino all’ultima, quella occupata da Carlo Maria Maggia: «Da due giorni il riconoscimento facciale del mio smartphone non mi riconosce più».

il podio

LA CAVALCATA DI MAURER - Alle 15:05 del 16 maggio, 4 giorni, 4 ore e 50 minuti dopo il via, Chrigel Maurer ha concluso da vincitore il percorso. Il campione svizzero ha comandato dal primo all’ultimo giorno di gara. Partito da Lecco la mattina di sabato 15 maggio, Maurer ha passato le boe di Macugnaga - Monte Rosa, Bormio, Presolana prima di atterrare vittorioso a Suello, sede del Club Scurbatt, organizzatore della competizione. La sua è stata una leadership senza incertezze, riuscendo a mantenere a distanza gli attacchi di Von Kanel e Anders, che fino all’ultimo si erano portati a pochi chilometri dal primo posto.

ORGANIZZAZIONE OK - «Ero molto motivato per la Salewa IronFly, perché è una gara nuova che attraversa dei posti molto belli - ha detto Maurer al traguardo -. All’inizio è stata difficile, poi molto facile e poi di nuovo difficile, con molti cambiamenti di paesaggio e diverse opzioni tattiche. La gara è stata gestita molto bene dal team organizzatore che ci ha reso le cose facili per gareggiare e anche lo sponsor Salewa vestendo tutti gli atleti ha dato una bella mano. Sulla strada ho trovato tanti fan che sono venuti a salutarmi e fare il tifo, sembrava di stare alla Red Bull X-Alps. Quindi si vede che molti hanno seguito il live tracking e che alla sua prima edizione la Salewa IronFly è già una gara famosa». Soddisfatti anche gli uomini del club Scurbatt, la società organizzatrice. «Siamo molto felici di aver organizzato questa gara e di tutti gli atleti italiani e stranieri che hanno aderito con entusiasmo - ha detto Martina Troni, presidente -. Soprattutto siamo orgogliosi del successo di pubblico che abbiamo avuto alla nostra prima edizione. Tantissime persone hanno seguito e si sono entusiasmate a questa nuova disciplina che sta prendendo rapidamente piede anche in Italia».

LE REGOLE - Gli atleti potevano gareggiare solo dalle 07:00 alle 20:00, dovendo ripartire la mattina successiva a una distanza non superiore ai 200 metri dalla posizione registrata alla conclusione della giornata precedente. Unica eccezione, la possibilità di utilizzare il night pass, una sorta di jolly disponibile una sola volta per atleta, per continuare a camminare fino alla mezzanotte. Chi volava oltre le ore 20:00 subiva una penalizzazione, così come chi non rispettava le no fly zone, cioè le aree interdette al volo, che erano particolarmente complesse almeno fino alla boa del Monte Rosa.

 

Classifica finale Salewa IronFly
1. Christian Maurer
2. Patrick Von Kanel (+ 06h 15m)
3. Markus Anders (+07h 48m)
4. Simon Oberrauner (+1d 23h 57m)
5. Thomas Friedrich (+2d 01h 44m)
5. Thomas Friedrich (+2d 01h 44m)
6. Giovanni Gallizia (+2d 22h 42m)
7. Michal Gierlach (+3d 00h 41m)
8. Garin Stephane
9. Dario Frigerio
9. Roberto Alberti
11. Nicola Donini
12. Roberto Marchetti
13. Alfio Ghezzi
14. Tiziano Di Pietro
15. Dominika Kasieczko
16. Marc Delongie
17. Bernardo Zeni
18. Peter Kobler
19. Matteo Gerosa
20. Carlo Maria Maggia

Filippo Gallizia - ritirato
Moreno Parmesan – ritirato
Fabio Zappa – ritirato

 


Skyrunning, quattro vertical di Coppa del Mondo in Italia

Da 17 a 11 gare, quattro delle quali avranno un bonus del 50% di punti in più. Queste le due novità del Vertical Kilometer World Circuit che dall’anno scorso è diventato il circus di Coppa del Mondo in ambito Skyrunning, separando le gare only up dal calendario delle Skyrunner World Series. Per la classifica finale varranno i migliori sei risultati.

COSÌ L’ANNO SCORSO – Nel 2017 il ranking maschile ha visto al primo posto il norvegese Stian Argemund, seguito da Patrick Facchini e dallo sloveno Nejc Kuhar, tra le donne successo della spagnola Laura Orgué sulla svizzera Viktoria Kreuzer e su Stephanie Jimenez.

IL CALENDARIO – Quattro le tappe italiane, due delle quali con il 50% di bonus. Si parte il 6 maggio con la Trentapassi Vertical Race (bonus), poi il 10 il vertical della Transvulcania e il 25 quello di Zegama (bonus). Il primo giugno appuntamento con Santana Vertical Kilometer, in Portogallo, il 6 luglio con Face de Bellevarde Vertical, il 20 con Dolomyths Run Vertical Kilometer, a Canazei (bonus) e il 28 con Red Bull K3. Ad agosto si prosegue con Blåmann Vertical di Tromsø, in Norvegia. Finale di stagione con Les KM de Chando, in Svizzera, il 22 settembre (bonus), Verticale du Grand Serre, in Francia, il 30 settembre e tradizionale appuntamento conclusivo a Limone il 12 ottobre. Curioso il fatto che la gara simbolo del vertical, dove sono stati registrati gli ultimi record del mondo in ambito ISF, Fully, non faccia parte del circuito. A conti fatti è come se Kitzbühel non facesse parte della Coppa del Mondo di sci alpino…


Ortovox, nuovo zaino airbag e pala per il 2018/19

Diverse novità in arrivo da Ortovox per l’inverno 18/19 Lo specialista della sicurezza si concentra su comfort e peso ridotto con la pala Pro Light e i nuovi arrivati nella famiglia degli zaini da valanga Avabag, Ascent 40 e 38 S.

PRO LIGHT - Ortovox ha costantemente sviluppato il settore delle pale da valanga nel corso degli anni. Con la nuova Pro Light è stato possibile creare ora una pala molto leggera, compatta e funzionale. Con materiali pregiati, moderni processi di produzione e le scanalature sulla benna e sull’impugnatura è stato raggiunto il peso ideale (440 gr) senza rinunciare alla rigidità torsionale.

AVABAG ASCENT 40 - Per gite di scialpinismo di più giorni ed escurioni sugli sci impegnative: con il nuovo Ascent 40/38 S Avabag, Ortovox completa la collezione di zaini airbag. Anche la variante più grande è improntata al minimalismo pur offrendo la massima sicurezza con una capacità di 40 litri e tre tasche interne che offrono sufficiente spazio di stivaggio.

ABBIGLIAMENTO – Diverse novità anche nei capi per la montagna e lo scialpinismo, all’insegna della lana. Con un peso ridotto e maggiore capacità d’isolamento la giacca Zebru Jacket rappresenta una nuova frontiera della leggerezza. I canali tecnici in stretch nella imbottitura light Swisswool di 70 g/m danno grande elasticità al materiale isolante in lana vergine delle Alpi svizzere. Le piccole celle d’aria assicurano contemporaneamente la massima capacità d’isolamento. Come materiale esterno viene utilizzato un tessuto Stretchtec elastico, traspirante e resistente al vento. Questa combinazione offre un rapporto peso-isolamento imbattibile pur mantenendo la massima libertà di movimento. Da segnalare anche la Tofana Jacket in lana Merino e la linea di baselayer 120 Merino Competition.


François D'Haene, in vino veritas

Non è vero, ma ci credo. Oppure, se volete, non ci credo, ma è vero. A volte le coincidenze sono solo coincidenze, ma nel caso di François D’Haene potrebbero non esserlo e c’è un sottile filo magico che lega i suoi successi a un luogo: Domaine du Germain, comune di St.-Julien-en-Beaujolais, dipartimento del Rodano. Dopotutto ci troviamo a pochi chilometri da Lione, che con Torino e Praga forma un noto triangolo dell’esoterismo. La terra rossa argillosa di queste colline famose per il loro vino allegro e fruttato sembra avere avuto un magnetismo positivo sulla vita e la carriera sportiva del più forte ultra-trailer del mondo. E noi siamo stati tra i pochissimi giornalisti al mondo (gli unici di una rivista specializzata) a potere passare una giornata intera con François D'Haene tra i suoi vigneti. Sul numero 115 di Skialper, di dicembre-gennaio (clicca qui per riceverlo a casa) pubblichiamo un ampio reportage.

François D'Haene nei vigneti del Domaine du Germain ©Federico Ravassard

CINQUE ANNI MAGICI - François e la moglie Carline hanno completamente cambiato le loro vite nel 2012 quando hanno messo tra parentesi le precedenti occupazioni per prendere in affitto le vigne della famiglia di Carline. Da fisioterapista e vignaiolo. Da atleta di buon livello a trail runner più forte del mondo. Guarda caso Il 2012 è il primo dei cinque anni magici. Cinque - altro legame esoterico - come i tralci di ogni vigna di Gamay che possono essere potati ogni anno secondo il contratto di affitto firmato da François e Carline. Prima una bella carriera, con il terzo posto alla CCC del 2006, il podio sfiorato a La Reunion e ai Templiers, il secondo posto alla TNF Australia. Risultati che ognuno di noi farebbe carte false per ottenere, per carità. Ma manca quel numero - uno - nelle gare che contano veramente. Sei uno tra i tanti. Poi improvvisamente nel 2012 arriva la vittoria all’Ice Trail Tarentaise e all’UTMB, il secondo posto all’Endurance Challenge 50 in California, nel 2013 la vittoria alla 80 km du Mont Blanc e alla Diagonale des Fous, nel 2014 il trittico Mt Fuji, UTMB e Diagonale, nel 2016 ancora la Diagonale e la Hong Kong 100, nel 2017 Madeira, Maxi Race d’Annecy e soprattutto l’UTMB dei record, quella che lo consacra, se ci fosse stato ancora bisogno di una prova, come il più forte ultra-trailer del mondo. Di sempre.

DR JEKYLL E MR. D'HAENE - Non si può dire che D'Haene sia uno dei runner più simpatici ed espansivi. Almeno questo è il volto pubblico di un atleta che sembra sempre concentrato e introverso. Avere la possibilità di incontrarlo al Domaine du Germain restituisce un'immagine completamente diversa, di una persona semplice e genuina, con i valori della famiglia e dell'amicizia al primo posto. François invita i suoi amici più stretti a vendemmiare e a provare i primi calici dei suoi migliori cru, va a correre con i vicini quando si allena, ha sempre un sorriso (e una flute) pronti... D'Haene realizza ogni due anni un cartone speciale con tre bottiglie dei migliori millesimati dedicate a tre vittorie. Al Domaine du Germain produce circa 14.000 bottiglie all’anno su un totale di poco meno di cinque ettari di vigne. I suoi vini possono essere acquistati online: domainedugermain.com

I vigneti del Domaine du Germain ©Federico Ravassard

TUTTI GLI UOMINI DI FRANÇOIS - I successi nascono da un piccolo e affiatato team. Jean Michel Faure Vincent è il fidato manager e consigliere, Christophe Malarde il preparatore, con il quale però, più che condividere tabelle e programmi, si consulta quando ha dubbi, Arnaud Tortel il fisioterapista, David Hugot si occupa della gestione degli accordi di sponsorizzazione e Damien Rosso il fotografo di fiducia, compagno di tante avventure.

OBIETTIVO WESTERN STATES - Intanto D'Haene ha già svelato una gara del suo calendario del 2018... Western States Endurance Run, dove troverà anche Jim Walmsley!

La maglia a maniche lunghe che François D'Haene usa sempre nelle ultra ©Federico Ravassard
François D'Haene re dell'UTMB 2017 ©UTMB