L’UTMB femminile parla italiano: trionfo di Francesca Canepa e quinto posto di Katia Fori

Aspetti Mimmi Kotka o Caroline Chaverot, invece ne viene fuori la più incredibile UTMB per i colori italiani. Nella fredda notte del Monte Bianco parte veloce e lascia tutte dietro la statunitense Magda Boulet, poi costretta al ritiro dopo il Col de la Seigne per una caduta. Intanto dietro di lei le distanze sono minime e piano piano vengono fuori due nomi, quello di Caroline Chaverot e quello di Katia Fori. Alla fine dopo il Grand Col du Ferret la francese si ritira (per lei una stagione tribolata, con settimane senza riuscire a correre, poi la decisione di non partecipare all’UTMB e negli ultimi giorni il rientro in campo). Con Mimmi Kotka ritiratasi quasi subito, Fernanda Maciel che prende distanza dalla Fori, la parmense procede da sola fino a La Giète, quando la raggiunge e supera Francesca Canepa. Da questo momento Francesca rimarrà sempre davanti, con la Fori che perde qualche minuto e si fa raggiungere da dietro da Uxue Fraile del team Vibram, poi dalla francese Jocelyn Pauly e dalla britannica Beth Pacall. Questo sarà l’ordine d’arrivo finale, con la Canepa che regala una incredibile vittoria ai colori azzurri dopo il secondo posto del 2012. Il suo è stato un successo costruito nei minimi dettagli, con una partenza misurata e il ritmo ad aumentare passaggio dopo passaggio in modo graduale, come ai tempi dei primi grandi successi. 26h03'48'' il tempo di Francesca Canepa, 26h40'43'' quello di Katia Fori, mentre al sesto posto si è classificata Juliette Blanchet del Team Vibram.

il doppio femminile ©UTMB/Zoom
Katia Fori durante una sosta ©Martina Valmassoi

Thévenard vince la terza UTMB, ma l'Italia festeggia il settimo posto di Stefano Ruzza

In una cento miglia non si possono mai fare previsioni e all’UTMB ancora meno. L’edizione 2018 è stata probabilmente la più ricca di colpi di scena. I pronostici della vigilia erano per una sfida Kilian-Walmsley. Invece… Invece come in un giallo di Agatha Christie i favoriti (e le favorite) sono spariti uno a uno nel buio della notte, della pioggia e del gelo del Monte Bianco. E alla fine a Chamonix è arrivato ‘en souplesse’ lui, Xavier Thévenard, monsieur UTMB, con tutte le gare di Chamonix vinte e, da questo pomeriggio, con tre UTMB nel palmarès, come D’Haene e Kilian. Chapeau.

RITIRI - Subito a fare ritimo Walmsley, poi a tirare l’altro yankee, Zach Miller, infine nella notte, dalla valle di Les Contamines, un trio formato da Kilian, Miller e Walmsley. A seguirli gli altri big, a partire da Sylvain Court, Luis Alberto Hernando, Xavier Thévenard, Tim Tollefson, Michel Lanne e Jordi Gamito. Il primo a eliminarsi è stato Walmsley (e a confermare che non si può vincere WS100 e fare bene a Chamonix): per lui problemi al Col de la Seigne e la testa della corsa persa, poi nella discesa qualche problema (una storta) per Hernando e ritiro a Courmayeur. Dopo Courmayeur il colpo di scena più inaspettato, il forfait di Kilian Jornet. Per lui una puntura di ape qualche ora prima del via, il tentativo di metterci una pezza (è anche allergico) senza usare medicinali proibiti dalla Wada, la scarpa che entra bene e non dà fastidio, ma da sibuto vomito, impossibilità di mangiare e altri fastidi. Nella salita dopo Courmayeur i problemi sono aumentati, uniti alla fatica a respirare. Ecco dunque che a fare la gara sono stati Zach Miller e Xavier Thévenard, con il primo che ha pagato la salita al Col du Grand Ferret ed è uscito da Champex-Lax con 15 minuti di ritardo dal francese. La passerella rossa verso Chamonix era pronta: 20h44’16’’ il suo tempo. Secondo il sorprendente romeno Robert Hajnal (21h31’37’’) e terzo lo spagnolo Jordi Gamito (21h57’01’’). Ma il bello, per noi italiani, doveva ancora venire, perché uno straordinario Stefano Ruzza (23h02’19’’) ha chiuso al settimo posto. Per l’atleta del Team Vibram una prova maiuscola che rimarrà per sempre nella storia della gara di Chamonix e dei colori azzurri, il secondo migliore piazzamento dopo quelli di Olmo.

 


All'UTMB nasce il Mondiale unico trail-corsa in montagna. Aspettando Kilian e Jim

Si è spesso detto che nel trail è difficile stabilire chi è il più forte perché gli atleti top si dividono su più (troppe?) gare. L’eccezione è stata l’UTMB 2017, la gara delle gare (che ha visto il ritorno di Kilian a Chamonix) e anche l’edizione 2018, la prima con premi in denaro, si avvia su un livello, almeno al maschile, molto simile, malgrado l’assenza di chi l’anno scorso ha zittito tutti: François D’Haene. Ora però proprio da Chamonix, che questa settimana è la capitale mondiale della corsa in natura, arriva una notizia che dovrebbe rendere ancora più competitivo correre tra i monti. In una conferenza stampa congiunta organizzata oggi, le tre più grandi organizzazioni mondiali del settore, IAAF-International Association of Athletics Federations, ITRA-International Trail Running Association e WMRA-World Mountain Running Association, hanno annunciato che nel 2021 verrà organizzato il primo Mondiale unico.

UN MONDIALE DEI MONDIALI MA SENZA SKYRUNNING - In pratica trail, atletica e corsa in montagna si ritrovano sotto un’unica bandiera per organizzare una vera e propria kermesse di livello planetario della corsa tra i monti. I Mondiali verranno celebrati ogni due anni, invece che ogni anno come avviene ora per trail e corsa in montagna. I dettagli dell’evento verranno decisi nei prossimi mesi in una serie di riunioni congiunte. L’annuncio che cambierà la storia di trail e corsa in montagna è stato dato dai presidenti Sebastian Coe (IAAF), Michel Poletti (ITRA) e Jonathan Wyatt (WMRA). Dopo la nascita delle Golden Series targate Salomon, dopo l’arrivo dei premi in denaro nel santuario dello spirito trail di Chamonix, ecco un annuncio che sancisce in maniera definitiva che il mondo di chi corre per monti sta vivendo un momento di transizione verso la maturità e un maggiore professionismo. Una decisione, quella di Chamonix, che mette nell’angolo un movimento, quello dello skyrunning, che, seppur di nicchia e prevalentemente europeo, continua a suscitare interesse, come ha dimostrato la storica gara sul Monte Rosa di questa estate. Non sarebbe il caso di pensare anche allo skyrunning in un futuro Mondiale dei Mondiali? Ai posteri (e alla ISF) l’ardua sentenza.

TEMPO DI TDS - Intanto questa mattina alle 8 (partenza ritardata di due ore), con il via da Courmayeur della TDS, si entra nel clou delle gare targate UTMB. Sulla start line lo statunitense Hayden Hawks, rimasto in Europa dopo la LUT, il connazionale Dylan Bowman, gli spagnoli Tofol Castanyer e Pablo Villa, i francesi Ludovic Pommeret, Fabien Antolinos, Sylvain Camus, Julien Chorier, il cinese Longfei Yan, il marocchino Zaid Ait Malek tra gli altri. Nella gara al femminile occhi puntati soprattutto su Megan Kimmel e Rory Bosio. Tra le italiane al via anche Sonia Locatelli del team Salomon.

SARÀ TESTA A TESTA KILIAN-JIM? - Venerdì pomeriggio, dopo che nella mattinata si sarà celebrata la partenza della CCC da Courmayeur, Chamonix sarà invasa dalla marea di atleti che prenderanno parte alla gara regina. Al via tra gli uomini nove dei primi 12 dell’edizione stellare 2017. Nei pronostici due nomi sopra a tutti: Kilian Jornet e Jim Walmsley. Sono in forma: Kilian ha vinto - dopo il rientro dall’infortunio patito alla Pierra Menta - la Marathon du Mont Blanc, la Sierre-Zinal e il Kima; Jim è reduce dalla vittoria con record alla WS100. Pronostici? Sarebbe un 50-50, però la storia ha dimostrato che è molto difficile vincere WS100 e fare bene all’UTMB.
E poi ci sono Tim Tollefson, Xavier Thévenard (quarto l’anno scorso, ma nelle precedenti partecipazioni era stato un cecchino infallibile e alla Hardrock 100 è stato squalificato per un episodio molto contestato quando stava andando forte), Luis Alberto Hernando, Zach Miller, Ryan Sandes (il sudafricano ha vinto in tutto il mondo ma a Chamonix non ha mai trovato il giusto feeling..), Gediminas Grinius, Javi Dominguez, Michel Lanne, Sylvain Court, Jordi Gamito, Stephan Hugenschmidt, Sebastien Camus, Scott Hawker, Erik Clavery, Timothy Olson… Senza dimenticare che all’UTMB le sorprese sono di casa.

LA VARIABILE KOTKA - Tra le donne, assente la regina 2017 Nuria Picas per infortunio e visto anche il forfait di Andrea Huser, i pronostici sono per Caroline Chaverot ma attenzione a Mimmi Kotka, irresistibile (e a segno già nella TDS e CCC) ma al debutto sulle 100 miglia. Altri nomi? Clare Gallagher, Kaori Nowa, Uxue Fraile, Amy Sproston, Juliette Blanchet, Emelie Lecomte, Yulia Baykova, Stephanie Violett, Magda Boulet, Ildikò Wermescher, Aliza Lapierre, Kaci Lickteig, Sophie Grant, Francesca Canepa e, al ritorno dopo una lunga assenza da Chamonix, Katia Fori, che ha un quarto e quinto posto in palmarès. Erano altri tempi e gli anni passano, ma i crono dicono che con quelle prestazioni sarebbe ancora forte… Good luck runners!


Il week end da record di Kilian ed Emelie

Compagni nella vita, Kilian Jornet ed Emelie Forsberg amano battere record su record legati insieme, come al Monte Rosa, dove Emelie è stata la donna più veloce di sempre, seppure in coppia, ma anche dividersi. Sempre per fare segnare dei nuovi FKT. Come è avvenuto nello scorso fine settimana. Kilian era nel Lake District, in Inghilterra, Emelie in Svezia. Ed entrambi ce l’hanno fatta.

BOB GRAHAM ROUND - Il Bob Graham Round è un record che resisteva da ben 36 anni, esattamente dal 1982, quando Billy Bland chiuse il percorso di 106 km e 8.200 m in 13h53’. Kilian, partito ieri mattina alle 6, lo ha chiuso in 12h52’. Il Bob Graham è un percorso mitico, nella selvaggia regione dei laghi inglese. Mitico perché per poterlo percorrere bisogna seguire una serie di regole: informare il locale club ed essere accompagnati su ognuna delle 42 cime da qualcuno che possa testimoniare il passaggio. Un’altra tradizione è che uno dei membri del club accompagni il Kilian di turno in ognuna delle cinque sezioni nelle quali viene diviso il percorso. Si parte da Keswick, un villaggio di 5.000 anime. «Avevo in mente il Bob Graham da tempo ma non ero riuscito a provarlo, è stata una giornata dura ma indimenticabile e mi sono reso conto dell’incredibile prestazione di Billy oltre 30 anni fa» ha detto Kilian al termine dell’impresa.

©Mick Kenyon/Racing Snakes
Kilian festeggia con Billy Bland ©Tim Harper

KUNGSLEDEN - Si tratta di un sentiero di 450 km nella Lapponia Svedese, solitamente percorso in un paio di settimane. Emelie Forsberg lo ha chiuso in 4 giorni e 21 ore. Il precedente FKT era dell’ultra runner norvegese Sondre Almdahl, 6 giorni, 2 ore e 51 minuti. Il punto più alto toccato da Emelie è stato il Tjätka Pass, a 1.150 metri. Il Kungsleden si dipana in una delle più grandi e selvagge aree protette europee e spesso bisogna prendere dei traghetti per attraversare i corsi d’acqua. Emelie ne ha presi ben 7. La sua avventura è stata divisa in quattro tappe da 66 a 110 km. Il dislivello totale è stato di 11.117 m e… ha mangiato 25 sandwich al formaggio e 2 torte. Partita alla mezzanotte del 3 luglio, è arrivata al traguardo il 7 luglio. «Non posso credere di averlo fatto, è un sogno che si avvera, ci sono stati momenti difficili, ma non sarebbe una sfida senza le difficoltà, che ti fanno capire quello che stai facendo e te lo fanno apprezzare: sono molto stanca ma ancora più felice» ha detto Emelie.

©Philipp Reiter
©Philipp Reiter

Crolla l'ultimo dogma, premi in denaro all'UTMB

Tre settembre 2012, Courmayeur: prima ‘Assise Mondiale du Trail Running’, in pratica una specie di Stati Generali della corsa in natura, autoconvocati dagli organizzatori dell’UTMB e, a ruota, dalle gare qualificanti. Io c’ero. E ho ascoltato con attenzione quello che i relatori hanno detto e le tante domande - spesso obiezioni - che arrivavano dalla tribuna. Da quegli Stati Generali si può dire che sia nata l’ITRA, International Trail Running Association. Da allora di chilometri ne sono stati corsi tanti e oggi l’ITRA si è accasata in IAAF e i Mondiali di Trail sono sempre più una disciplina del grande mondo dell’atletica leggera. Poco male, anche se all’inizio diversi runner protestarono (ricordate i Mondiali di Annecy?) per la progressiva morte di quello spirito trail che ha sempre reso diverso un ultra-trail da una maratona su strada.

Si può essere d’accordo con un punto di vista o l’altro, però appare evidente la sterzata netta fatta da quel mondo che si era presentato a Courmayeur come il depositario del più puro spirito trail. Nessuna distinzione tra atleti top e pancia del gruppo dissero con insistenza i coniugi Poletti & co: da noi sono tutti benvenuti, ma nessun favoritismo. E poi i Mondiali si sono trasformati in una gara élite - come è giusto che sia, beninteso, se parliamo di Mondiali -. L’ultima novità è probabilmente ancora più sorprendente riascoltando quelle dichiarazioni: da questa edizione l’UTMB distribuirà 35.000 euro di premi in denaro ai primi atleti top, divisi equamente tra uomini e donne. Anche in questo caso non ci vedo nulla di scandaloso visto che parliamo di una gara che fattura milioni di euro e autoproduce le dirette streaming. Però ricordo bene quello che fu detto con convinzione a Courmayeur: nessun premio in denaro, al limite possiamo chiudere un occhio sugli ingaggi. La scelta è arrivata dopo la distribuzione di un questionario agli atleti élite, che ha riscosso il 95% di voti favorevoli. Nessuno di noi è così ingenuo da non capire che UTMB e trail diventano competizioni sempre più globali ed è difficile, se non impossibile, rimanere fuori dalla logica della spettacolarizzazione e del professionismo sportivo. Non credo personalmente che sia una scelta sbagliata e neppure che non si possano cambiare idee. Però in sei anni… ne sembrano passati sessanta. O no?

I PREMI - Il montepremi UTMB sarà di 8.400 euro per sesso (2.000 al primo, 1.500 al secondo, 1.000 al terzo fino ad arrivare a 500 al decimo), quello della TDS di 3.600 euro (1.300 al primo, premi fino al quinto), stesso discorso per la CCC e solo i primi tre con assegno alla OCC (900, 600 e 400 euro).


A Maurer la Salewa IronFly, ma a vincere è stato il pubblico

Con gli ultimi arrivi si è conclusa sabato la prima edizione della Salewa IronFly, la seconda gara di hike & fly più lunga al mondo con 458 chilometri in linea d’aria da percorrere e partenza e arrivo nei pressi di Lecco. Un evento solo alla prima edizione ma che ha avuto una grande eco mediatica ed è stato seguito da tanti appassionati lungo il percorso. Alle 08:57 di sabato mattina è arrivato al traguardo anche Giovanni Gallizia, il primo e unico italiano ad aver completato il percorso, sesto in classifica. La vittoria è andata all’austriaco Christian Maurer, dominatore incontrastato di questa disciplina negli ultimi dieci anni.

L'arrivo di Christian Maurer

GARA PER DURI - La durezza della gara è dimostrata dal limitato numero di atleti che sono riusciti ad arrivare al goal finale di Suello. Alle 10:56 è infatti arrivato in volo l’ultimo finisher, il polacco Michal Gierlach. Quella che nel pronostico di molti atleti avrebbe dovuto essere una competizione da tre giorni è stata resa complicatissima dal meteo, caratterizzato da pioggia, vento e nuvole basse, con previsioni spesso smentite dalla realtà atmosferica. In questa situazione gli atleti hanno dovuto camminare molto più del previsto, e una volta in quota spesso sono stati costretti ad aspettare una finestra favorevole per volare. Dura per tutti, dalla prima posizione fino all’ultima, quella occupata da Carlo Maria Maggia: «Da due giorni il riconoscimento facciale del mio smartphone non mi riconosce più».

il podio

LA CAVALCATA DI MAURER - Alle 15:05 del 16 maggio, 4 giorni, 4 ore e 50 minuti dopo il via, Chrigel Maurer ha concluso da vincitore il percorso. Il campione svizzero ha comandato dal primo all’ultimo giorno di gara. Partito da Lecco la mattina di sabato 15 maggio, Maurer ha passato le boe di Macugnaga - Monte Rosa, Bormio, Presolana prima di atterrare vittorioso a Suello, sede del Club Scurbatt, organizzatore della competizione. La sua è stata una leadership senza incertezze, riuscendo a mantenere a distanza gli attacchi di Von Kanel e Anders, che fino all’ultimo si erano portati a pochi chilometri dal primo posto.

ORGANIZZAZIONE OK - «Ero molto motivato per la Salewa IronFly, perché è una gara nuova che attraversa dei posti molto belli - ha detto Maurer al traguardo -. All’inizio è stata difficile, poi molto facile e poi di nuovo difficile, con molti cambiamenti di paesaggio e diverse opzioni tattiche. La gara è stata gestita molto bene dal team organizzatore che ci ha reso le cose facili per gareggiare e anche lo sponsor Salewa vestendo tutti gli atleti ha dato una bella mano. Sulla strada ho trovato tanti fan che sono venuti a salutarmi e fare il tifo, sembrava di stare alla Red Bull X-Alps. Quindi si vede che molti hanno seguito il live tracking e che alla sua prima edizione la Salewa IronFly è già una gara famosa». Soddisfatti anche gli uomini del club Scurbatt, la società organizzatrice. «Siamo molto felici di aver organizzato questa gara e di tutti gli atleti italiani e stranieri che hanno aderito con entusiasmo - ha detto Martina Troni, presidente -. Soprattutto siamo orgogliosi del successo di pubblico che abbiamo avuto alla nostra prima edizione. Tantissime persone hanno seguito e si sono entusiasmate a questa nuova disciplina che sta prendendo rapidamente piede anche in Italia».

LE REGOLE - Gli atleti potevano gareggiare solo dalle 07:00 alle 20:00, dovendo ripartire la mattina successiva a una distanza non superiore ai 200 metri dalla posizione registrata alla conclusione della giornata precedente. Unica eccezione, la possibilità di utilizzare il night pass, una sorta di jolly disponibile una sola volta per atleta, per continuare a camminare fino alla mezzanotte. Chi volava oltre le ore 20:00 subiva una penalizzazione, così come chi non rispettava le no fly zone, cioè le aree interdette al volo, che erano particolarmente complesse almeno fino alla boa del Monte Rosa.

 

Classifica finale Salewa IronFly
1. Christian Maurer
2. Patrick Von Kanel (+ 06h 15m)
3. Markus Anders (+07h 48m)
4. Simon Oberrauner (+1d 23h 57m)
5. Thomas Friedrich (+2d 01h 44m)
5. Thomas Friedrich (+2d 01h 44m)
6. Giovanni Gallizia (+2d 22h 42m)
7. Michal Gierlach (+3d 00h 41m)
8. Garin Stephane
9. Dario Frigerio
9. Roberto Alberti
11. Nicola Donini
12. Roberto Marchetti
13. Alfio Ghezzi
14. Tiziano Di Pietro
15. Dominika Kasieczko
16. Marc Delongie
17. Bernardo Zeni
18. Peter Kobler
19. Matteo Gerosa
20. Carlo Maria Maggia

Filippo Gallizia - ritirato
Moreno Parmesan – ritirato
Fabio Zappa – ritirato

 


Skyrunning, quattro vertical di Coppa del Mondo in Italia

Da 17 a 11 gare, quattro delle quali avranno un bonus del 50% di punti in più. Queste le due novità del Vertical Kilometer World Circuit che dall’anno scorso è diventato il circus di Coppa del Mondo in ambito Skyrunning, separando le gare only up dal calendario delle Skyrunner World Series. Per la classifica finale varranno i migliori sei risultati.

COSÌ L’ANNO SCORSO – Nel 2017 il ranking maschile ha visto al primo posto il norvegese Stian Argemund, seguito da Patrick Facchini e dallo sloveno Nejc Kuhar, tra le donne successo della spagnola Laura Orgué sulla svizzera Viktoria Kreuzer e su Stephanie Jimenez.

IL CALENDARIO – Quattro le tappe italiane, due delle quali con il 50% di bonus. Si parte il 6 maggio con la Trentapassi Vertical Race (bonus), poi il 10 il vertical della Transvulcania e il 25 quello di Zegama (bonus). Il primo giugno appuntamento con Santana Vertical Kilometer, in Portogallo, il 6 luglio con Face de Bellevarde Vertical, il 20 con Dolomyths Run Vertical Kilometer, a Canazei (bonus) e il 28 con Red Bull K3. Ad agosto si prosegue con Blåmann Vertical di Tromsø, in Norvegia. Finale di stagione con Les KM de Chando, in Svizzera, il 22 settembre (bonus), Verticale du Grand Serre, in Francia, il 30 settembre e tradizionale appuntamento conclusivo a Limone il 12 ottobre. Curioso il fatto che la gara simbolo del vertical, dove sono stati registrati gli ultimi record del mondo in ambito ISF, Fully, non faccia parte del circuito. A conti fatti è come se Kitzbühel non facesse parte della Coppa del Mondo di sci alpino…


Ortovox, nuovo zaino airbag e pala per il 2018/19

Diverse novità in arrivo da Ortovox per l’inverno 18/19 Lo specialista della sicurezza si concentra su comfort e peso ridotto con la pala Pro Light e i nuovi arrivati nella famiglia degli zaini da valanga Avabag, Ascent 40 e 38 S.

PRO LIGHT - Ortovox ha costantemente sviluppato il settore delle pale da valanga nel corso degli anni. Con la nuova Pro Light è stato possibile creare ora una pala molto leggera, compatta e funzionale. Con materiali pregiati, moderni processi di produzione e le scanalature sulla benna e sull’impugnatura è stato raggiunto il peso ideale (440 gr) senza rinunciare alla rigidità torsionale.

AVABAG ASCENT 40 - Per gite di scialpinismo di più giorni ed escurioni sugli sci impegnative: con il nuovo Ascent 40/38 S Avabag, Ortovox completa la collezione di zaini airbag. Anche la variante più grande è improntata al minimalismo pur offrendo la massima sicurezza con una capacità di 40 litri e tre tasche interne che offrono sufficiente spazio di stivaggio.

ABBIGLIAMENTO – Diverse novità anche nei capi per la montagna e lo scialpinismo, all’insegna della lana. Con un peso ridotto e maggiore capacità d’isolamento la giacca Zebru Jacket rappresenta una nuova frontiera della leggerezza. I canali tecnici in stretch nella imbottitura light Swisswool di 70 g/m danno grande elasticità al materiale isolante in lana vergine delle Alpi svizzere. Le piccole celle d’aria assicurano contemporaneamente la massima capacità d’isolamento. Come materiale esterno viene utilizzato un tessuto Stretchtec elastico, traspirante e resistente al vento. Questa combinazione offre un rapporto peso-isolamento imbattibile pur mantenendo la massima libertà di movimento. Da segnalare anche la Tofana Jacket in lana Merino e la linea di baselayer 120 Merino Competition.


François D'Haene, in vino veritas

Non è vero, ma ci credo. Oppure, se volete, non ci credo, ma è vero. A volte le coincidenze sono solo coincidenze, ma nel caso di François D’Haene potrebbero non esserlo e c’è un sottile filo magico che lega i suoi successi a un luogo: Domaine du Germain, comune di St.-Julien-en-Beaujolais, dipartimento del Rodano. Dopotutto ci troviamo a pochi chilometri da Lione, che con Torino e Praga forma un noto triangolo dell’esoterismo. La terra rossa argillosa di queste colline famose per il loro vino allegro e fruttato sembra avere avuto un magnetismo positivo sulla vita e la carriera sportiva del più forte ultra-trailer del mondo. E noi siamo stati tra i pochissimi giornalisti al mondo (gli unici di una rivista specializzata) a potere passare una giornata intera con François D'Haene tra i suoi vigneti. Sul numero 115 di Skialper, di dicembre-gennaio (clicca qui per riceverlo a casa) pubblichiamo un ampio reportage.

François D'Haene nei vigneti del Domaine du Germain ©Federico Ravassard

CINQUE ANNI MAGICI - François e la moglie Carline hanno completamente cambiato le loro vite nel 2012 quando hanno messo tra parentesi le precedenti occupazioni per prendere in affitto le vigne della famiglia di Carline. Da fisioterapista e vignaiolo. Da atleta di buon livello a trail runner più forte del mondo. Guarda caso Il 2012 è il primo dei cinque anni magici. Cinque - altro legame esoterico - come i tralci di ogni vigna di Gamay che possono essere potati ogni anno secondo il contratto di affitto firmato da François e Carline. Prima una bella carriera, con il terzo posto alla CCC del 2006, il podio sfiorato a La Reunion e ai Templiers, il secondo posto alla TNF Australia. Risultati che ognuno di noi farebbe carte false per ottenere, per carità. Ma manca quel numero - uno - nelle gare che contano veramente. Sei uno tra i tanti. Poi improvvisamente nel 2012 arriva la vittoria all’Ice Trail Tarentaise e all’UTMB, il secondo posto all’Endurance Challenge 50 in California, nel 2013 la vittoria alla 80 km du Mont Blanc e alla Diagonale des Fous, nel 2014 il trittico Mt Fuji, UTMB e Diagonale, nel 2016 ancora la Diagonale e la Hong Kong 100, nel 2017 Madeira, Maxi Race d’Annecy e soprattutto l’UTMB dei record, quella che lo consacra, se ci fosse stato ancora bisogno di una prova, come il più forte ultra-trailer del mondo. Di sempre.

DR JEKYLL E MR. D'HAENE - Non si può dire che D'Haene sia uno dei runner più simpatici ed espansivi. Almeno questo è il volto pubblico di un atleta che sembra sempre concentrato e introverso. Avere la possibilità di incontrarlo al Domaine du Germain restituisce un'immagine completamente diversa, di una persona semplice e genuina, con i valori della famiglia e dell'amicizia al primo posto. François invita i suoi amici più stretti a vendemmiare e a provare i primi calici dei suoi migliori cru, va a correre con i vicini quando si allena, ha sempre un sorriso (e una flute) pronti... D'Haene realizza ogni due anni un cartone speciale con tre bottiglie dei migliori millesimati dedicate a tre vittorie. Al Domaine du Germain produce circa 14.000 bottiglie all’anno su un totale di poco meno di cinque ettari di vigne. I suoi vini possono essere acquistati online: domainedugermain.com

I vigneti del Domaine du Germain ©Federico Ravassard

TUTTI GLI UOMINI DI FRANÇOIS - I successi nascono da un piccolo e affiatato team. Jean Michel Faure Vincent è il fidato manager e consigliere, Christophe Malarde il preparatore, con il quale però, più che condividere tabelle e programmi, si consulta quando ha dubbi, Arnaud Tortel il fisioterapista, David Hugot si occupa della gestione degli accordi di sponsorizzazione e Damien Rosso il fotografo di fiducia, compagno di tante avventure.

OBIETTIVO WESTERN STATES - Intanto D'Haene ha già svelato una gara del suo calendario del 2018... Western States Endurance Run, dove troverà anche Jim Walmsley!

La maglia a maniche lunghe che François D'Haene usa sempre nelle ultra ©Federico Ravassard
François D'Haene re dell'UTMB 2017 ©UTMB

 


La Sportiva TX 4, in Mid stat virtus

La Sportiva TX 4
In Mid stat virtus

Può una scarpa essere tanto diversa grazie a un solo dettaglio come l’altezza del collarino? Dipende. Sicuramente non perde quanto di buono visto sulle sorelle ‘più basse’, ma acquista punti importanti per un utilizzo più versatile. E per questo è, se non tanto, abbastanza diversa dagli altri modelli della stessa linea. Stiamo parlando di La Sportiva TX 4 Mid GTX, modello mid cut inserito da questa stagione in catalogo accanto a TX 4 e TX 3 (disponibili anche in versione Gore-Tex) e TX 2. Tutte scarpe già più versatili delle approach vecchio stile e apprezzate molto dai nostri testatori (TX 3 è stata giudicato migliore modello della sua categoria nella Buyer’s Guide Summer 2016), però ci mancava proprio la TX 4 Mid GTX e allora abbiamo deciso di metterla alla prova ai piedi di Wolfgang ‘Wolfi’ Hell, Guida alpina altoatesina con un curriculum di tutto rispetto che conosce già bene le sorelle ‘più basse’ ma – anche lui – non aveva mai indossato il taglio mid cut. «È la scarpa giusta per un utilizzo allround perché conserva le ottime doti di grip date dal disegno della suola e dalla mescola Vibram Megagrip, ma grazie al collo più alto è ottima anche per un utilizzo trekking, con zaini sulle spalle, per un tremila estivo su roccia con qualche passaggio tecnico e per le vie ferrate, in poche parole: potrebbe essere l’unica scarpa, grazie anche alle ottime doti di leggerezza». Poche parole che suonano davvero come una sentenza pesante. «Naturalmente non è pensata per essere utilizzata con i ramponi, ma per qualche passaggio su nevaio con i modelli a cuffia non la vedo così male, mentre su roccia, in funzione del tipo di utilizzatore, si può arrivare ai gradi classici come con TX 3 o TX 4» ha aggiunto Wolfi dopo averne saggiato il grip sulla roccia dolomitica umida di un gelido inizio di settembre. Aggiungiamo che proprio la presenza della membrana Gore-Tex nella versione Extended Comfort la rende ancora più adatta per un utilizzo allround, a prova di acqua e umidità. E dalla prossima stagione estiva ci sarà una possibilità di scelta in più con l’arrivo di TX 5 Mid, modello decisamente più orientato verso il mondo hiking e trekking grazie anche a un battistrada dedicato.

TX 4 Mid GTX e TX 3 GTX ©Alice Russolo

FILOSOFIA TRAVERSE X – L’arrivo di TX 4 mid GTX ha reso ancora più ampia la scelta nella categoria approach all’interno del catalogo La Sportiva, che contempla inoltre Hyper GTX, Boulder X e Boulder X Mid. Ma come orientarsi all’interno di un segmento, quello dell’avvicinamento, che diventa sempre più ampio? «Stiamo assistendo in generale a uno spostamento dei gusti dei consumatori che in montagna preferiscono muoversi in velocità e leggerezza con prodotti molto più running/approach oriented che il classico scarponcino da montagna, la tendenza la si nota anche sulle Dolomiti» fanno sapere dall’azienda di Ziano di Fiemme. Ecco perché anche il concetto stesso di approach si è ormai dilatato e alla voce si trovano calzature più come Hyper e Boulder X che prendono ispirazione da prodotti più tradizionali di derivazione Mountain (maggiore struttura, minore sensibilità) e la serie Traverse X che si ispira ai modelli Mountain Running (maggiore comfort, maggiore sensibilità). «L’idea per i modelli TX è nata osservando il fatto che atleti di punta del climbing preferivano usare scarpe da running per attività di avvicinamento grazie alle doti di leggerezza e grip» aggiungono in La Sportiva. Leggerezza e sensibilità che hanno fatto preferire queste scarpe anche a chi pratica scarmbling, come per esempio Anton Krupicka…

TX 4 Mid GTX è ottima anche come scarpa da trekking ©Alice Russolo

LE SORELLE TX 3 e TX 4 sono due scarpe sostanzialmente molto simili, con suola in mescola Vibram Megagrip e identico disegno pensato per favorire il grip su roccia. Differiscono soprattutto per la struttura della tomaia, tradizionale in pelle scamosciata nella versione 4 e in mesh resistente alle abrasioni nella versione 3. Questo comporta anche qualche differenza di peso che va da 380 grammi della 4 a 395 della 3. Tx 2 invece tradisce un’impostazione più spinta verso l’arrampicata e le vie multi-pitch grazie alla suola completamente piatta (sempre in Megagrip) senza tallone scavato, al tessuto knitted, al sistema CS Combo Cord per l’aggancio all’imbrago e al peso di soli 280 grammi. Da questa stagione esiste anche in versione leather (310 grammi).

Suole Megagrip a confronto montate sui diversi modelli di scarpe da approach della linea TX ©Alice Russolo

In Megagrip we trust

Il cuore tecnologico delle scarpe Traverse X è nella suola con mescola Vibram Megagrip. Il valore tecnico di questi modelli dipende molto da questa partnership con l’azienda di Albizzate, specialista delle suole tecniche da montagna e la scelta della mescola non è casuale ma frutto di una stretta collaborazione. Megagrip è, in questo momento, il miglior compromesso tra grip su ogni terreno, con ottime doti in particolare sulla roccia bagnata, e durata nel tempo ed è seconda solo a Idrogrip in aderenza su bagnato, ma questo seconda mescola è più sensibile all’usura. Nei test interni di Vibram, per un utilizzo approach, Megagrip prende quattro punti su cinque alle voci asciutto, bagnato, durabilità, mentre Idrogrip sale a 5 su asciutto e bagnato ma scende a 2 per durabilità. Inoltre Megagrip totalizza uno score di 5 nella stabilità dei chiodi e Idrogrip 3.

La Sportiva TX 4 Mid

Tomaia: pelle scamosciata, bordo di protezione PU Tech Lite 1,5 mm e puntale in gomma protettiva

Fodera: Gore-Tex Extended Comfort

Intersuola: Eva a iniezione ammortizzante

Plantare: Ortholite Approach 4 mm

Allacciatura: Mythos per regolare tensione e volumi di calzata in un unico movimento

Suola: Vibram Megagrip

Peso: 485 gr

Prezzo: 180 euro

www.lasportiva.com


2018, arriva l'età dell'oro del trail?

Quello che succederà nel 2018 con le Golden Trail Series probabilmente bolliva in pentola da qualche tempo. Già nelle ultime stagioni infatti nell’ambiente si era sparsa la voce della nascita di un circuito con le gare di trail più prestigiose. Prove che, in alcuni casi, sono inserite anche nei calendari dello skyrunning. Ora c’è l’annuncio ufficiale: nel 2018 gli atleti top gareggeranno per le Golden Trail Series, un circuito che riunisce le gare più simboliche già esistenti sotto l’ala di Salomon, che del trail può essere considerata l’azienda inventrice. La vera rivoluzione, però, non è il format, accattivante già per il fatto di riunire il gotha del trail, ma una decisa spinta verso il professionismo visto il montepremi di ben 100.000 euro (sì, avete letto bene…). Qualcuno nella tribù potrebbe obiettare che è uno strappo allo spirito trail, ma, puristi a parte, è un ben salto in avanti e, a ben vedere, anche l’ingresso dell’ITRA nell’orbita IAAF va in questo senso.

IL FORMAT - Cinque gare: Zegama, Mont Blanc Marathon, Sierre-Zinal, Pikes Peak e Ring of Steall. Cinque Paesi: Spagna, Francia, Svizzera, Usa, Scozia. Una classifica stabilirà i top 10 atleti uomini e donne che dopo la Ring of Steall voleranno con un accompagnatore alla Grand Final dell’Otter Trail, in Sud Africa. A contare saranno i tre migliori risultati e non è necessario partecipare a tutte e cinque le gare. E poi… 100.000 euro che verranno spartiti in parti uguali tra donne e uomini (una regola che nello sport non è sempre rispettata).

Le emozioni di Zegama ©Jordi Saragossa

NON SOLO SOLDI - Oltre al valore del montepremi, da segnalare che ogni atleta correrà nelle finali per una causa charity che sceglierà di sostenere. E che il primo comandamento del circuito è la lotta senza quartiere al doping. «Sarà sperimentato il più rigoroso antidoping del mondo dello sport in tutti gli eventi - ha dichiarato Greg Vollet, Salomon Running Global Sports Marketing Manager -. Sangue, capillare, saliva e urina saranno tutti analizzati, testati e confrontati in tutte le gare come controllo reale e longitudinale per i migliori 10 atleti. Per renderlo ancora più severo non accetteremo alcun corticoid TUE per nessuna delle nostre gare».

Alcuni atleti impiagati alla Ring of Steall ©Jordi Saragossa

CONCORRENZA - Come impatterà l’astronave Golden Series sulle Skyrunner World Series che, più dell’Ultra Trail World Tour, sembra essere il circuito in concorrenza? A parte che le due serie non devono necessariamente essere viste in competizione una con l’altra e Zegama, per esempio, fa parte di entrambi i circuiti, è indubbio che le Golden Series lasceranno un segno pesante nella tribù del trail. La stagione 2018 si annuncia ancora più interessante…

Il calendario completo delle Golden Trail Series: www.goldentrailseries.com


Camaleonte Markus Eder

Freestyler o freerider?Faccia a faccia con il più talentuoso skier italiano

Non c'è un granché dietro a quello che facciamo e con queste parole inglesi proviamo un po' a venderlo". Ha risposto così, come un consumato frequentatore di talk show, a una raffica di "slidare un half-pipe, jibbare, tricks, kickers, twin tip" sparatagli addosso da Gigi Marzullo su invito di Fabio Fazio alla trasmissione Che Fuori Tempo Che fa, su Rai Tre, a dicembre. E pensare che Markus Eder, il futuro del freeride e del freestyle, l'unico italiano nel gotha dei park e delle run nella powder, a dire il vero uno dei pochissimi in assoluto al top in entrambe le discipline (e nei powder movie), davanti a una telecamera e ai giornalisti non si trova tanto a suo agio. "Non ero molto tranquillo, avevo paura di fare qualche errore di italiano" ha confessato a freddo. È sempre lui, il ragazzino terribile che faceva gare di sci alpino e che voleva essere capo di se stesso, senza ricevere ordini da un allenatore, che ha scelto il freestyle a 14 anni perché gli piaceva saltare e aveva iniziato a non vincere più tra i pali. E lo stesso che, quando il manager Franz Perini gli ha proposto i primi contratti con gli sponsor, ha voluto parlare in inglese per capire meglio "cose per me molto importanti". Markus Eder, nato a Brunico, ma residente in Valle Aurina, classe 1990, è uno sciatore completo. Nel 2010 si presenta al Nine Knights, con i più forti freestyler del mondo, e vince Big Air & Best Jibber. L'anno dopo Franz Perini lo iscrive al Red Bull Line Catcher, con il gotha del freeride. Non ci crede, non capisce come possa andare a confrontarsi con i big del freeride, lui che arriva dai park e dalla neve dura. Alla fine arriva secondo. "Se ci penso, dico che rimane ancora la mia gara più grande di sempre". Intanto nel 2013 vince la tappa italiana del Freeride World Tour, a Courmayeur. Markus Eder ha fatto il viaggio di Candide Thovex, dal freestyle al freeride, ma anche quello di Kilian Jornet, dalla natura addomesticata delle gare al grande outdoor, quello per esempio dei film nei quali è protagonista sci ai piedi, come Ruin & Rose di MPS Films. Ha sdoganato parole come big mountain e backflip da Fazio come Kilian ha portato il trail e le imprese di Summits of my Life al grande pubblico. Markus è lo skier globale italiano, adulato da Red Bull, con l'inglese come lingua ufficiale sui suoi canali social e quasi il doppio dei follower di Jérémie Heitz su Instagram. Ed è sempre più interessato allo skialp…

Markus, cominciamo con il capire chi sei: un freestyler o un freerider?
"Un freeskier, il termine giusto per definire chi come me fa tutto: freestyle, freeride, scialpinismo".

Giusto, scialpinismo. Qualche tempo fa dicevi che l'andare piano non faceva per te e che dovere camminare tanto per raggiungere le discese non ti piaceva
"Quando ero piccolo la fatica non mi piaceva, ora inizio ad apprezzarla sempre di più. Quest'anno ho fatto 5-6 gite con i miei genitori e naturalmente sono più lento di loro, perché ho sci larghi e scarponi da freeride, ma l'apprezzo sempre di più".

Il park e la neve fresca sono due cose diverse, se dovessi scegliere?
"Credo che, con le giuste condizioni, oggi non avrei dubbio: neve fresca".

Hai scelto di competere ad alto livello nel freestyle e nel freeride, non è sicuramente facile, perché?
"È vero, oggi c'è sempre più specializzazione: chi punta alle Olimpiadi lavora solo nei park, altri sulla neve fresca, io faccio tutto perché sono così, mi piace saltare nei park e farmi una bella run in neve fresca, magari anche una gita scialpinistica. E poi, a differenza di chi fa solo powder, sono molto flessibile e posso sempre allenarmi".

Che cosa ha portato il freestyle nel freeride? Si può dire che il livello fuoripista è salito grazie ai trick fatti nei park come è avvenuto nell'arrampicata sportiva con le palestre?
"Sì, mi sembra un paragone giusto, se provi centinaia di volte i salti nei park, quando magari fuori non ci sono le condizioni, metti le basi per salire di livello nel freeride, impari i trick che ti servono nella neve fresca e poi atterrare sul duro aiuta ad avere la giusta sensibilità per atterrare anche sul soffice della neve fresca".

Sembra difficile da dire, perché il livello è altissimo, ma qual è la prossima frontiera del freeride?
"Jérémie Heitz ha sicuramente ridefinito gli standard della velocità e del big mountain, però si pensa sempre che non ci sia più nulla di nuovo da inventare e invece ogni anno si vede qualcosa di importante. Sicuramente il mio stile è diverso da quello di Heitz, io vado più piano e vedo la montagna come un parco giochi".

Non credi che avere sciato tra i pali ti abbia dato la tecnica di base per salire di livello?
"È probabile, ma quando sei al top ogni gradino in più è sempre difficile, come perdere qualche centesimo tra i pali. Come nello sci alpino o nello scialpinismo, all'inizio della stagione ti senti in forma, ma non sai come andrai realmente, o come andranno gli altri".

Nell'ultimo film, Ruin & Rose, hai sciato anche sulle dune del deserto, vero?
"Sì, in Namibia, ma non è stato affatto facile come pensavo. Abbiamo anche contattato un tedesco che vive là e detiene il record di velocità con gli sci sulla sabbia per avere dei consigli però, quando abbiamo trovato un salto che sulla neve sarebbe stato perfetto, mi sono impiantato proprio sul dente e per riuscire a saltare abbiamo dovuto provare e riprovare".

Sciare in un film e fare una gara è decisamente diverso…
"Sì, io poi sono competitivo e mi piace vincere, ma nei film trovi quel senso di libertà, puoi sciare tutta una montagna e non solo una linea, hai l'elicottero a tua disposizione…".

I film stanno diventando un terzo lavoro…
"Sì, quest'anno infatti farò una sola gara, la Red Bull Cold Rush, dove ci sono salti in neve fresca, freeride e alpinismo. Però mi piacerebbe provare a fare il circuito Freeride World Tour seriamente, non solo un paio di tappe come in passato, è il mio obiettivo per la prossima stagione".

Facebook o Instagram?
"Instagram, mi piace essere up to date e so subito cosa succede dall'altra parte del mondo, per esempio se ha nevicato in Canada".

Il freeride è un'attività con una componente di rischio che non può essere sottovalutata, come ti rapporti con il rischio di valanga?
"Non mi piace rischiare a caso, se faccio un trick o un salto particolare e so che posso cadere, voglio essere sicuro che non ci siano sassi. Quando filmiamo in Alaska cerchiamo di non fermarci nei piani ma di avere sempre vie di fuga per non essere inghiottiti dalle valanghe. Rischio sì, ma con un piano b, senza usare la testa non ha senso. Queste situazioni ti insegnano ad apprezzare la vita e capire cosa ti piace di più".

Come cambia il concetto di sicurezza quando sei da solo e quando giri un film?
"Molto, quando vado con un amico ci muoviamo rischiando il meno possibile, anche perché dobbiamo considerare che se succede qualcosa non è facile venire a recuperarci velocemente, con un  team come quello di MPS Films cambia perché ci sono 10-12 persone, Guide alpine, elicottero".

Sei mai rimasto coinvolto in una valanga o hai vissuto un incidente da vicino?
"Fortunatamente no e spero che non mi succeda. Qualche volta, specialmente in Alaska, dove sai che non c'è nessuno sotto, quando le condizioni sono rischiose proviamo a fare partire le cornici, provocando delle piccole valanghe".

Il tuo programma prevede anche un allenamento nelle tecniche di autosoccorso?
"Ne faccio un paio all'anno, di solito uno al Freeride World Tour e quando giriamo i film, ma non sono sicuro che mi verrebbe tanto facile agire in una situazione di pericolo: tra la teoria e la realtà c'è tanto spazio ed emozione e adrenalina giocano brutti scherzi. Per questo dico sempre ai miei amici che si sentono sicuri quando hanno artva, pala e sonda di allenarsi a usarli, tanto. La gente, quando vede i miei film, pensa che sia matto, ma spesso quando si va a fare skialp da noi ci si muove più in pericolo".

Usi sistematicamente un airbag da valanga?
"Sempre quando giro i film, faccio backountry vicino agli impianti o nel Freeride World Tour, per lo scialpinismo ancora no perché è troppo pesante. Per fortuna non ho mai dovuto aprirlo".

Che messaggio lanceresti a chi come te passa dal park alla neve fresca?
"Oltre a quello di portare sempre con sé l'artva e tutta l'attrezzatura tradizionale da autosoccorso in valanga, di tornare indietro se non ci si sente al cento per cento sicuri, non è mai una decisione sbagliata".