Saper apprezzare il silenzio
«Stavamo attraversando, a 800 metri di quota, il tratto periferico di un ghiacciaio dal nome impronunciabile - sulla carta c’è scritto Øksfjordjøkelen - e la temperatura nell’arco di poche centinaia di metri era crollata di parecchi gradi rispetto ai pendii più vicini alla costa. Davanti a noi, e anche dietro, e di fianco, montagne senza nome rese ancora più cupe dalla luce bassa del sole. A febbraio, oltre il Circolo Polare Artico, il sole si alza ben poco sopra l’orizzonte: anche a mezzogiorno le ombre sono lunghe come al tramonto. Ci stavamo spostando con gli occhi ben aperti e la consapevolezza di essere gli unici esseri umani in giro, a parte la cinquantina di abitanti che occupano il piccolo insediamento portuale e altri quattro sciatori, ospitati come noi da Morten. Per raggiungere la civiltà, da qui, occorrono due ore di traghetto e altrettante di pullman, sempre che il mare non sia agitato o la strada non venga chiusa per le valanghe: e per civiltà sto parlando di Alta, ventimila anime distribuite con una media di cinque abitanti per chilometro quadrato. Ci sentivamo soli, anzi, di fatto lo eravamo: quella solitudine che uno sciatore cerca e, quando la trova, lo posiziona a metà strada tra l’esserne affascinato o intimorito».
Su Skialper 135 di aprile-maggio pubblichiamo lo straordinario reportage di Federico Ravassard da Bergsfjord, un minuscolo villaggio nella wilderness norvegese dove si va a sciare usando anche la barca. «La sera stessa in cui arriviamo capiamo di essere finiti in un lunapark per bambini troppo cresciuti: i canali più vicini sono letteralmente sopra il paese e le pelli si mettono direttamente sull’uscio di casa. Per arrivare a quelli più lontani, invece, ci pensa Nicky, la piccola barca bianca e arancione che usiamo il giorno successivo per muoverci fino al punto di partenza. Il briefing prima di salpare è essenziale ma efficace: se si dovesse cadere in acqua durante la navigazione avremmo non più di una decina di minuti di autonomia prima di passare all’altro mondo per l’ipotermia, sempre nel caso in cui non fossimo già affogati».
Federico è stato ospite nel lodge di Morten Christensen, sciatore e skipper norvegese che ha percorso tutta la costa del Paese in barca a vela, alla ricerca dei migliori sport per unire le sue due passioni. E del silenzio. «A posteriori si capisce che una delle qualità necessarie per vivere qui sei mesi all’anno è la stessa che viene richiesta agli sciatori o ai velisti: sapere apprezzare il silenzio, nella sua accezione più ampia possibile, quella di assenza delle cose. Dei suoni, delle trasmissioni, a volte anche delle altre persone o di attività a esse collegate. Quel tipo di silenzio ti permette di concentrarti di più e di entrare a contatto con l’essenza di quello che stai facendo. La pagina di un libro, uno sci che scorre sulla neve in salita, un’onda che si infrange sullo scafo. Sarebbe superfluo dirvi di venire in un posto come Bergsfjord per le sue montagne incontaminate: il senso di un luogo così sta nel suo essere silenzioso».
Sciatori del secondo tipo
«In fondo tutti sappiamo che esistono due tipi di sciatori. Quelli che smettono e quelli che in realtà non smettono mai. O se smettono è solo per un attimo, per quel periodo che si fa sempre più lungo tra l’ultima lingua di neve e la prima nevicata. Una parentesi, diciamo. Un cartello Torno subito fuori dal locale».
Ecco, visto che ci avviciniamo alla fine della stagione, l’articolo Sciatori del secondo tipo di Saverio d’Eredità, che pubblichiamo su Skialper 135 di aprile-maggio, è proprio d’attualità. Perché è proprio nelle prossime settimane che si vede la vera passione. «Perché di sciatori ce ne sono di due tipi. Ovvero quelli che sciano diciamo fino all’ora legale, la chiusura impianti o finché gli alberi non mettono fuori le foglie, che quando vedono lampeggiare 20 °C sul cruscotto o hanno l’appuntamento del cambio gomme, dicono beh la stagione è finita. E quegli altri.
Quelli che la stagione per certi versi a quel punto inizia, che si svegliano alle 3:33 e scendono dal letto lacerando i propri sogni per seguirne altri. Che - ça va sans dire - gli sci iniziano la gita sempre sullo zaino». Un racconto leggero su un tipo di sciatore nel quale molti di noi si immedesimeranno. Una riflessione tra il serio e l’ironico, senza la pretesa di dare un giudizio.
«Non è questione di chi sia meglio o peggio, chi ha ragione o chi torto. Anzi, i primi mi sa che se la vivono sicuramente meglio. Sono inseriti nella società, godono di un certo consenso, sono spesso molto bravi perché sciano al posto giusto nel momento giusto e non soffrono il cambio di stagione. Spesso hanno auto ben in ordine, interno ed esterno, e di solito l’arbre magique.
Quegli altri, quelli del secondo tipo invece, l’auto è facile che la puliscano due volte l’anno e tengano i finestrini abbassati a primavera per non svenire dalla puzza di scarpone bagnato. Quegli altri devono sempre trovare una buona scusa e spesso per giustificarsi fanno gli arroganti, ma in realtà soffrono dentro. Avvertono disagio nel caldo che monta, nell’aria opalescente dei pomeriggi di pianura, disorientati dal non poter più seguire linee bianche sui primi rilievi all’orizzonte».
A.R.T.V.A.
E se A.R.T.V.A., la tecnologia più rappresentativa e specializzata per il soccorso e l’autosoccorso su neve fosse un acronimo diverso dall’originale che lega cinque parole riconducibili alla sicurezza di universale applicazione? Il gioco didattico è nato per caso durante una gita con Daniele Fiorelli, ambassador Atomic, Guida alpina, soccorritore e formatore. Un acronimo per rispondere alle problematiche della frequentazione della montagna da parte di un nuovo popolo in arrivo dalle piste, come è successo nello scorso inverno.
«La pandemia e i provvedimenti per contenerla hanno spalancato una porta che ha fatto scoprire a tanta gente qualcosa che neanche sapeva che esistesse: l’Ambiente. Per moltissimi nuovi arrivati il grado di consapevolezza rispetto all’ambiente naturale è sotto lo zero, a causa di una vita trascorsa in assenza di contatti fisici con gli elementi naturali» dice Fiorelli.
Come diretta conseguenza di questa prima considerazione bisogna Responsabilizzare. «A questo giro si è rivelata l’inadeguatezza del nostro sistema educativo, a partire dalla scuola - continua Fiorelli - Mancano del tutto conoscenza e sperimentazione dell’ambiente. Anzi il sistema le ostacola, per esempio con l’iper regolamentazione delle proposte esterne in questo senso. Così come manca pure un’educazione psico-fisica, nella visione allargata alla conoscenza della fisicità personale».
Chi non è pienamente responsabile di quello che sceglie e fa, o non è informato a sufficienza, ha comunque un paio di occhi. E chiunque può ricavare informazioni utili semplicemente guardando il Terreno e ragionandoci quel minimo vitale che può bastare a evitare le scelte più assurde: c’è ombra o sole sulla neve? Come si sono susseguiti durante il giorno? Sto andando verso un terreno ripido o pianeggiante?
Giunti a V è d’obbligo l’associazione regolamentare alla Valanga che, oltre a essere di fatto un fenomeno naturale tipico, frequente, inevitabile in molti casi e luoghi, rappresenta anche uno snodo cruciale nell’immaginario umano legato alla montagna. Alla voce bollettino «la maggior parte di chi inizia a uscire sulla neve neppure sa che esiste, e anche la gran parte degli assidui non lo consulta» continua Fiorelli.
Eccoci infine all’ultima A. L’articolo 426 del Codice penale punisce le condotte dolose o colpose che cagionino valanghe, riducendo la possibilità di analizzare razionalmente i fenomeni, di diffondere informazioni relative ai singoli casi, di formare statistiche locali. «In Italia la valanga è castigata. Così viene a mancare la fase Autocritica sull’accaduto, sulle scelte, sulle conseguenze negli eventi. Chi se la sente di confrontarsi e di condividere, davanti alla prospettiva di una condanna penale? I mancati incidenti non sono censiti perché esiste il reato.
L’articolo completo è su Skialper 135 di aprile-maggio
Robert Antonioli: «I soldi spesi meglio sono quelli dei viaggi»
«Mi piacerebbe provare a diventare Guida alpina, sicuramente. Mi mancano dei pezzi, come il ghiaccio, per esempio, perché da novembre, quando scatta davvero la stagione agonistica dello scialpinismo, rispetto abbastanza rigorosamente le tabelle di Davide Canclini e metto un po’ da parte l’alpinismo, ma d’estate cerco di imparare sempre qualcosa in più, di rubare qualche accorgimento dai miei compagni d’uscita. Anche l’idea dell’allenatore mi affascina: Luca (Dei Cas, scomparso nel 2015 in un incidente in montagna, ndr) ha tolto ore alla sua famiglia per noi quando eravamo adolescenti e a me ha fatto solo del bene. Fare altrettanto io per altri giovani sarebbe una sorta di passaggio di testimone».
Ipse dixit, parola di Robert Antonioli. Siamo stati a trovare il fresco vincitore della Coppa del Mondo di scialpinismo nella sua Valfurva, ci ha anche portato nella baita della nonna che d’estate serve per la fienagione, ma anche buen retiro per qualche festa con gli amici della Forba. Con Luca Giaccone Robert ha parlato del suo futuro, ma anche del presente agonistico e della formula di allenamento del Centro Sportivo Esercito, del passato e dell’infanzia. Robert è un professionista rigoroso, ma non fissato. Se nella chat dello sci ripido o in quella del freeride arriva una chiamata, lui è pronto a rispondere presente se c’è da fare un canalino o per una giornata tutta pow-pow con gli sci larghi. Perché in fondo le gambe vanno ancora più forte se non sei concentrato solo sui numeri di una scheda d’allenamento. E i risultati lo dimostrano. «Questa è fatica che mi piace. La montagna è la mia vita e voglio che continui a essere così anche in futuro. In che modo devo ancora capirlo bene, adesso sono concentrato sulle gare di skialp, ma sarà sicuramente così». Ma dove vuole arrivare il Robert alpinista? «Nel futuro mi ispirano Himalaya e Patagonia, e sarà un discorso da affrontare a fine carriera con l’Esercito e con i membri della Sezione Militare di Alta Montagna che si occupa proprio di quello. Dico sempre che i soldi spesi meglio sono quelli dei viaggi».
L’articolo completo, con le le originali foto di Achille Mauri, è su Skialper 135 di aprile-maggio.
Focaccia & lamine
«Sono gli ultimi giorni dell’anno e quattro millimetri di neoprene ci separano dal contatto diretto con l’acqua. È l’ennesima giornata con il cielo color acciaio, ma non c’è vento e le onde sono buone. L’affollamento in acqua, tra disposizioni di legge e temperature rigide, non è, almeno quello, un problema di questo periodo. Tra un set di onde e l’altro, in acqua si parla delle solite cose: di come l’ultimo mese sia stato un continuo susseguirsi di perturbazioni, di quanto sia fastidioso rimettersi la muta quando è ancora fredda e bagnata ma di quanto sia fondamentale riuscire a concedersi di tanto in tanto una valvola di sfogo, soprattutto adesso che per noi genovesi la montagna, intesa come freeride e neve fresca, è un irraggiungibile miraggio».
Nasce così, in acqua ad aspettare l’onda giusta per cavalcarla con il surf, l’idea di andare con la tavola nella prima località raggiungibile da Genova, in un inverno di lockdown, a Santo Stefano d’Aveto. Pochi chilometri e Alberto Carmagnani & crew si ritrovano lontani migliaia di chilometri da quel mare, in un paesaggio che ricorda mete lontane dove la powder è di casa per lunghi mesi. Il viaggio-vicino, con compagni con i quali non avresti mai pensato di andare a disegnare curve nella neve fresca. «Non ero mai andato in montagna con Alessandro, Andrea e Filippo e probabilmente senza le restrizioni del Covid non ci sarei andato mai. Alessandro, surfista e snowboarder con una forte propensione verso la fluidità delle linee, quando eravamo più giovani aveva aperto un negozio di attrezzatura da snowboard sulla spiaggia di Priaruggia che in breve tempo era diventato un riferimento. Andrea è un istruttore di surf torinese, da qualche anno trapiantato in Liguria spinto dalla passione per il mare».
Così, per un giorno, le onde da cavalcare sono quelle disegnate a bordo pista dai gatti delle nevi. «Le nuvole passano veloci e l’arrivo della vecchia funivia è un androne riparato dal vento che ci permette un confortevole cambio di assetto e di finire la meritata, ma decisamente decontestualizzata, focaccia. La discesa è come sempre troppo breve, ma le poche curve della parte alta sono per tutti qualcosa di cui avevamo bisogno e che pensavamo non avremmo vissuto ancora per chissà quanto tempo».
Su Skialper 135 di aprile-maggio il racconto con testo e immagini di una giornata incredibile a due passi da casa.
Appesi a un filo
«Se hai la gamba allenata, Campo Imperatore è la chiave per tornare liberi. Soprattutto se hai la fortuna di vivere in una città come L’Aquila, altrimenti te la rischi. In barba a DPCM, zone gialle, arancioni o rosse, basta andare nella frazione di Assergi e prendere la funivia del Gran Sasso che in questo inverno di località sciistiche chiuse è sempre rimasta aperta. Il segreto è semplice da spiegare: è un trasporto pubblico, come una metropolitana o un tram. Così, rispettate le regole della capienza ridotta, non c’è nessuno che sta a sindacare se sali vestito da sci o con le scarpe da ginnastica e i sacchetti della spesa». Inizia così l’articolo di Luca Parisse sul Gran Sasso e le opportunità che ha offerto a scialpinisti e freerider nell’inverno della pandemia. Diciotto pagine da leggere e soprattutto da guardare che pubblichiamo su Skialper 135 di aprile-maggio.
«Non avrei mai pensato di dovere fare un’ode alla funivia, io che, con la mia compagnia, gli impianti li uso al massimo per cercare qualche linea nella polvere o ridurre il dislivello della pellata - scrive ancora Parisse - Però quella fottuta funivia per noi è stata la lampada d’Aladino per salvare una stagione innevata come poche volte negli ultimi anni. Salire sulle cabine con i vetri graffiati dalle punte degli sci, appannati dentro e gelati fuori, è stato un po’ come prendere l’aereo e volare lontano, in un’altra dimensione. Anche se il viaggio è di poco più di tre chilometri».
La funivia di Campo Imperatore immette nella dimensione uno, quella dei fuoripista dei Valloni o della Valle Fredda, adatti ai freerider e a chi vuole fare pellate molto corte. Poi… poi c’è la dimensione due, quella del Pizzo Cefalone, della Sella del Brecciaio o del Corno Grande, con dislivelli e canali che non hanno molto da invidiare a quelli alpini.
Bon Mardion ed Hermann re dell'Adamello Ski Raid
La settima edizione dell’Adamello Ski Raid porta in dote la seconda vittoria straniera nella storia della prestigiosa gara scialpinistica. Uno dei protagonisti del successo di oggi aveva già calcato il primo gradino del podio nel 2013. Stiamo parlando del francese William Bon Mardion, in questa occasione iscrittosi in coppia con l’austriaco Jakob Herrmann. Erano i favoriti della vigilia ed hanno mantenuto fede al pronostico, giungendo primi al traguardo di Pontedilegno, mentre in campo femminile, come preventivato, si è imposto il team valtellinese del Centro Sportivo Esercito composto da Giulia Murada e Giulia Compagnoni.
Un’edizione organizzata in un anno difficile e con alcune defezioni dell’ultima ora causa infortuni e Covid, su un percorso diverso dal tradizionale, che prevedeva 34 km e 3.180 metri di dislivello per la sfida maschile, quindi 30 km e 2.560 metri di dislivello per la competizione rosa. William Bon Mardion e Jakob Herrmann hanno fatto l’andatura sin dalla prima ascesa verso il Passo Tonale e per gli avversari non c’è stato nulla da fare. Sono rimasti al comando in tutte e quattro le salite e nelle quattro discese, portando il loro pettorale numero 6 davanti a tutti, sia ai 2.610 metri di Passo Paradiso, sia ai 3.000 metri di Passo Presena e ai 2.990 metri del Passo Tre Denti, gestendo la leadership anche nella lunga discesa in picchiata del Pisgnanino: 2.000 metri di dislivello negativo fino al traguardo. Il team franco-austriaco sotto lo striscione di Pontedilegno ha chiuso con il tempo di 3h41’57”. La sfida per i rimanenti gradini del podio è stata particolarmente animata. Dopo 12 km di gara, al cambio pelli al termine della discesa che riportava al Passo Tonale, in piazza d’onore c’erano Hoffmann - Verbnjak, superati poi nella lunga ascesa verso Passo Presena da Werner - Anthamatten, che hanno poi mantenuto il secondo posto fino a Pontedilegno. Ancorata alla quarta posizione, dall'inizio alla fine, la prima coppia italiana, composta dal trentino Federico Nicolini e dal valtellinese Andrea Prandi, con gli avversari che li precedevano sempre a vista con circa un minuto di margine. Sul Passo Tre Denti gli azzurri hanno ceduto per crampi ed hanno pensato a gestire le energie fino al traguardo, cercando di tenere a bada il recupero degli esperti Pietro Lanfranchi e Filippo Beccari, capaci sull’ultima ascesa di superare anche gli svizzeri Pierre Mettan e Julien Ancay.
Nel finale dunque le posizioni non sono cambiate e il riscontro cronometrico ha premiato i dominatori di giornata Jakob Herrmann e William Bon Mardion. Il francese si conferma uno dei più grandi skialper di sempre, essendo tornato sul gradino più alto del podio dopo l’affermazione del 2013 conquistata insieme a Mathéo Jacquemod. I vincitori hanno preceduto di 10 minuti e 5 secondi gli svizzeri Werner Marti e Martin Anthamatten e di 12 minuti e 15 secondi gli austriaci Christian Hoffmann e Paul Verbnjak. Quarti a 22’29” Federico Nicolini e Andrea Prandi, quinti Pietro Lanfranchi e Filippo Beccari a 22’35”.
Senza storia pure la sfida al femminile, con le favorite Giulia Murada e Giulia Compagnoni sempre a fare l’andatura e a gestire il vantaggio sulle inseguitrici, dimostrando un buon feeling nonostante la giovane età di entrambe e la prima esperienza con lo stesso pettorale. Le due portacolori del Centro sportivo Esercito hanno concluso con il tempo di 4h11’40”, precedendo di 3’57” la coppia mista formata dalla francese Lorna Bonnel e dalla slovacca Marianna Jagercikova. Sul terzo gradino del podio grande gioia per le due atlete di casa Corinna Ghirardi e Bianca Balzarini, alfiere della società organizzatrice Adamello Ski Team, e capaci di mettersi al collo il bronzo di giornata con un ritardo di 11’08” dalle vincitrici. In quarta posizione poi la coppia formata dall'italiana della Val di Fassa Giorgia Felicetti e dalla polacca Anna Tybor.
Soddisfazione per il Comitato Organizzatore presieduto da Alessandro Mottinelli dell’Adamello Ski Team, che ha voluto fortemente dare vita a questo evento nonostante le mille difficoltà legate all’emergenza sanitaria. Un successo con tanti complimenti ricevuti dalle 160 coppie iscritte in rappresentanza di 12 nazioni. Ora si rinnova l’appuntamento con l’edizione numero 8, che andrà in scena nel 2023 (vista la cadenza biennale) con validità per il prestigioso circuito La Grande Course e Campionato del Mondo su lunghe distanze.
Stranieri favoriti all'Adamello Ski Raid, tante assenze tra gli azzurri - la diretta streaming sul nostro sito
Si annuncia un albo d’oro straniero per l’Adamello Ski Raid 2021 a causa di numerose defezioni per infortuni e positività al Covid tra gli azzurri. Appuntamento domani, sabato 10 aprile, con partenza e arrivo a Pontedilegno e diretta streaming dalle 9,15 nel riquadro in fondo a questo articolo. Fra le 160 squadre iscritte spicca senza dubbio la coppia svizzera formata da Werner Marti e Martin Anthamatten e il team misto formato dal francese William Bon Mardion e dall’austriaco Jakob Herrmann. A tenere in alto i colori azzurri ci saranno Nicolò Ernesto Canclini e Alex Oberbacher, quindi Federico Nicolini e Andrea Prandi. Sempre fra i team stranieri in gara con il pettorale numero 5 e 6 le coppie austriache formate da David Koegler e Daniel Ganal, quindi Christian Hoffman e Paul Verbjak, ed ancora gli svizzeri Pierre Mettan con Julien Ancay e Kilian Granger e Yannik Ecoeur, il team francese con Yoann Sert e Julien Michelon e la squadra tedesca con Finn Koch e Marc Dürr. Da non sottovalutare poi gli esperti Pietro Lanfranchi, che gareggerà con Filippo Beccari. In chiave femminile gli occhi sono puntati sulle due valtellinesi del Centro sportivo Esercito Giulia Compagnoni e Giulia Murada, che dovranno vedersela con il team misto Lorna Bonnel (Francia) e Marianna Jagercikova (Slovacchia), quindi le due spagnole Ana Alonso Rodriguez e Nahia Quincoces, mentre la trentina Elena Nicolini ha dovuto dare forfait, perché non è riuscita ad abbinarsi a una compagna, vista l’assenza all’ultimo momento di Mara Martini. Dulcis in fundo, da non sottovalutare l’esperienza delle due atlete di casa Corinna Ghirardi e Bianca Balzarini dello sci club organizzatore, l’Adamello Ski Team.
Dal punto di vista organizzativo sono stati definiti gli ultimi dettagli ed è tutto pronto per lo start di sabato 10 aprile. La categoria maschile prenderà il via alle 7 davanti al palazzetto dello Sport di Pontedilegno (dove è previsto anche l’arrivo), mentre le donne inizieranno la loro sfida da Passo Tonale alle ore 7.15. Con la conferma delle due partenze differenziate rimangono invariati anche i percorsi di gara: 34 km con 3.180 metri di dislivello la sfida al maschile, quindi 30 km e un dislivello positivo di 2.560 metri per la competizione rosa. I punti più suggestivi in quota: Passo Paradiso (2610 metri), Seletta Sgualdrina (2860 metri), Passo Presena (3000 metri), Lago Mandrone (2400 metri), Passo Tre Denti (2990 metri). Spettacolari e tecniche le discese, fra le quali la Fossa del Diavolo nella prima parte di gara, quindi il discesone finale verso il traguardo. E poi la suggestione del passaggio nella galleria militare per l'occasione perfettamente innevata anche all’interno. La gara sarà trasmessa in diretta streaming anche sul sito www.adamelloskiraid.com
GUARDA LA DIRETTA STREAMING DALLE 9,15 DI SABATO 10 APRILE
Lo scialpinismo protagonista lunedì 12 aprile a Prowinter Digital
Lo scialpinismo sarà protagonista a Prowinter Digital, la piattaforma digitale della fiera B2B dedicata al mondo della montagna che lunedì prossimo 12 aprile sostituirà il consueto evento fieristico a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia. Una giornata dedicata ai temi e alle sfide future che il comparto deve affrontare con tre diversi appuntamenti gratuiti, della durata di circa 90 minuti ciascuno, su tre temi specifici: Skimo Summit, Ski Rental Summit e Probike Summit. Proprio il successo dello skialp come sport a contatto con la natura e a prova di distanziamento nella stagione sciistica della chiusura forzata degli impianti di risalita sarà al centro dell’attenzione alle ore 11.
La partecipazione allo Skimo Summit, come agli altri due eventi, è gratuita ed è sufficiente registrarsi gratuitamente sul sito di Prowinter. Skimo Summit raccoglierà le testimonianze di località, noleggiatori e operatori per condividere le best practice, con l’obiettivo di trovare una soluzione comune e innovativa per regolamentare lo skialp. Tra le testimonianze anche quella del direttore editoriale della nostra casa editrice, Davide Marta, in compagnia di Christoph Engl, CEO di Oberalp Group, Luca Zeni, avvocato e consigliere della Provincia di Trento, Günther Acherer, Presidente dell’Italian Outdoor Group e titolare di Panorama Diffusion e Franco Torretta, Direttore di esercizio di Monterosa Ski.
Engel fornirà qualche dato delle ricerche condotte sui segmenti outdoor in crescita, con un focus specifico sullo scialpinismo, analizzando la natura dei soggetti che lo praticano e i loro obiettivi. Zeni rappresenterà allo Skimo Summit la pubblica amministrazione, sottolineando, da un lato, l’importanza di una regolamentazione giuridica della pratica, dall’altro la necessità di attivare una politica di incentivi e contributi da parte degli enti locali, in grado di premiare gli operatori che si impegnano in progetti di sviluppo della disciplina in sicurezza. Acherer inquadrerà invece i compiti, gli obiettivi e le iniziative che l’associazione dei produttori di abbigliamento e attrezzatura mette in campo, condividendo l’importanza della creazione di aree attrezzate e dedicate allo skialp. Infine Torretta palerà della scelta vincente di Monterosa Ski, che ha creato persorsi di salita per gli skialper frequentati da 10.000 utenti ogni stagione.
https://www.fierabolzano.it/it/prowinter
Lost in Hokkaidō
«Una settimana dopo il nostro arrivo nelle cuore dell'isola ci siamo trovati immersi in una valle stretta e carica di neve e abbiamo sciato su entrambi i lati della strada che la taglia in due. È una valle lontano da tutto, in una delle zone più selvagge e nevose dell’Hokkaido. Era quello che cercavamo: abbiamo pellato e sciato pendii ripidi ricoperti dalla quintessenza delle betulle bianche giapponesi dall’alba alle tenebre. Eravamo solo noi, non una traccia, non uno schiamazzo».
Inizia così l’ampio reportage sull’Hokkaido di Mattias Fredriksson che pubblichiamo su Skialper 135 di aprile-maggio. Frediksson, profondo conoscitore della zona da 15 anni, nel febbraio del 2020 è partito proprio alla ricerca dei luoghi più autentici, lontano dal resort frequentati dagli occidentali dove dopo le nevicate c’è la lotta per tracciare nella neve fresca. Così ha fatto base ad Asahikawa, la seconda città più grande dell’Hokkaido ed è partito alla scoperta di valli lontano da tutto e da tutti e della favolosa cucina giapponese. Quella autentica… Diciotto pagine da leggere ma soprattutto da guardare.
Adamello Ski Raid, ecco le coppie azzurre
L’Adamello Ski Raid in programma il 10 aprile, anche se su un percorso ridisegnato per adattarsi alla situazione pandemica, con rifugi chiusi in quota, è l’unica gara de La Grande Course che andrа in calendario cercando di mantenere lo spirito delle grandi classiche dopo l’annullamento del Mezzalama e la Pierra Menta in un’unica tappa per i nazionali. Sfogliando l’albo d’oro dell’Adamello Ski Raid appaiono i nomi di skialper che hanno fatto la storia di questa disciplina, da Guido Giacomelli a Mirco Mezzanotte, da Martin Riz a Dennis Trento, da Mireia Mirò a Laetitia Roux, da William Bon Mardion a Mathéo Jacquemod, da Jennifer Fiechter ad Axelle Mollaret.
Matteo Eydallin ha deciso che gareggerà insieme a Davide Magnini. La coppia dovrà guardarsi dai compagni dell’Esercito Michele Boscacci e Robert Antonioli, ed ancora da Federico Nicolini ed Alex Oberbacher, da Nicolò Canclini e Andrea Prandi e poi Pietro Lanfranchi e Filippo Beccari. Questi i primi team italiani, mentre le squadre straniere verranno ufficializzate dopo Pasqua.
In campo femminile Alba De Silvestro sarà in gara con Giulia Murada, quindi Ilaria Veronese con Mara Martini ed Elena Nicolini con Katia Tomatis, senza dimenticare poi le due atlete di casa Corinna Ghirardi e Bianca Balzarini.
In totale dunque oltre 160 coppie, con la starting list che è in via di definizione e che conferma la quota che si erano prefissati gli organizzatori dell’Adamello Ski Team, anche per gestire i protocolli sanitari in materia Covid. Proprio per questo motivo, nonché per la chiusura dei rifugi in quota, è cambiato anche il percorso di gara. Misurerà infatti 34 km, con 3.180 metri di dislivello per la gara maschile e i passaggi più in quota sono previsti ai 2.610 metri di Passo Paradiso, quindi ai 2.860 metri della Selletta Sgualdrina, ai 3.000 metri di Passo Presena, ed ancora ai 2.400 metri del Lago Mandrone, ai 2.990 del Passo Tre Denti. E spettacolari e tecniche sono anche le discese, su tutte la Fossa del Diavolo nella prima parte di gara, quindi il discesone finale verso il traguardo. E poi la suggestione del passaggio nella galleria militare per l'occasione perfettamente innevata anche all’interno. Centro nevralgico dell’Adamello Ski Raid sarа il Palazzo dello sport di Pontedilegno, dove giа da venerdì 9 aprile è previsto l’accreditamento, quindi alle 18 il briefing. Sabato mattina la gara maschile prenderà il via alle 7 proprio nei pressi del palazzetto, mentre lo start della gara femminile è previsto per le ore 7.30 da Passo Tonale. Primi arrivi intorno alle 10.
Go Explore Corsica
I viaggi più belli sono quelli decisi all’ultimo minuto. Deve avere pensato questo Aurélien Ducroz salendo sulla nave ad Ajaccio per ritornare sulla terra ferma quando ha riavvolto il nastro della seconda settimana di gennaio del 2021. «Era da almeno due anni che volevo sciare sulle montagne della Corsica, ma bisogna essere pronti a sfruttare l’occasione giusta e a partire subito». Così quando venerdì 8 gennaio è arrivata la chiamata di Rémi Joset Battini, Guida alpina corsa, non ha avuto nemmeno il tempo di tornare a casa sua, a Chamonix. Dal Sempione, dove si trovava insieme al fotografo Eric Gachet e all’amico Romain Grojean, ha fatto rotta direttamente su Tolone con il van di Eric e domenica sera ha preso il traghetto per Ajaccio. Il tempo di sbarcare e a metà mattina si è subito trovato in 30 centimetri di polvere vista mare, a Ghisoni.
La Corsica è il viaggio perfetto. Perché, in questo momento in cui viaggiare è difficile, è un concentrato di quello che Go Explore è stato in tutti questi anni - della scoperta, dell’esotismo in chiave sciistica - ma dietro a casa. Il viaggio local che, oltretutto, unisce le due passioni di Aurélien, montagna e mare. Perché Ducroz ha due titoli di campione del mondo di freeride e quattro vittorie sul Bec des Rosses, al Verbier Xtreme, ma sulla sua pagina Facebook c’è scritto Aurélien Ducroz Skieur /Skipper. Mentre parliamo al telefono si trova a Caen, dove sta costruendo la sua nuova barca, una Class40 con la quale affronterà la Route du Rhum, da Saint Malo alla Guadalupa, dopo avere partecipato a diverse Transat Jacques-Vabre, portando a casa anche un quarto posto.
Un’avventura vicina ma lontana nell’immaginazione… Su Skialper 135 di aprile-maggio un ampio reportage.