Trofeo Gino Berniga, sfida di Coppa Italia Giovani

Tanta neve in Val d’Arigna per la decima edizione del Trofeo Gino Berniga, individuale di Coppa Italia Giovani, organizzata dall’Associazione Gino e Massimo, in collaborazione con la Polisportiva Albosaggia. Tre salite, ovviamente con dislivelli diversi per le varie categorie, ma soprattutto powder in discesa, nel tracciato disegnato da guidato dal direttoretecnico Massimo Murada, dal direttore di percorso Giorgio Lanzi e dalla guida alpina Adriano Greco.
Tra i Cadetti conferma per Matteo Sostizzo, al traguardo in 51'17” con un minuto su Alessandro Rossi, con Rocco Baldini a 1'47” a completare il podio. Senza storia la gara femminile con Samantha Bertolina che chiude in 53'34” con un vantaggio di 6’28” su Erika Sanelli e di 6’35” su Camilla Ricetti.
Non sente le fatiche di Coppa del Mondo Andrea Prandi, primo tra gli Junior in 59'09”, piazza d’onore per Stefano Confortola (1h00'41”), terzo Giovanni Rossi (1h02'47”). Nella gara rosa scatenata sulle nevi di casa Giulia Murada (56'45”), con oltre 4 minuti sulla seconda, Giorgia Felicetti, e più di 11 sulla terza, Valeria Pasquazzo. Tra gli Espoir, assenti Davide Magnini e Alba De Silvestro, a segno Daniele Carobbio (su Francesco Leoni e Nicola Bertocchi) e Giulia Compagnoni (su Elisa Presa e Silvia Rivero).
In programma anche la gara senior con le vittorie di Michele Boscacci e Maria Lucia Moraschinelli, con Graziano Boscacci primo Master.

Il podio Cadette
Il podio Cadetti
Il podio Junior femminile
Il podio Junior maschile

Sfida valtellinese nella overall di Coppa del Mondo

Chiuse le gare di Coppa del Mondo, si guarda agli Europei sull’Etna, dove (comunicazione ufficiale dell’ISMF) verranno recuperate le due gare rinviate sinora. Classifica overall maschile che al momento parla italiano, o meglio valtellinese, con Michele Boscacci primo con 355 punti davanti a Robert Antonioli a quota 318. Terzo Oriol Cardona Coll a 272, quindi Anton Palzer a 263 e Xavier Gachet a 256. Sesto e leader Espoir, Davide Magnini a 249.
Al femminile, con le due vittorie sulle nevi di casa, comanda Axelle Mollaret con 506 punti, con un bel margine su Claudia Galicia Cotrina a 341 e Laetitia Roux ferma a 280. Quarta e prima Espoir Alba De Silvestro a 275, quinta Katia Tomatis a 259.
A livello junior guidano la francese Justine Tonso con 310 punti (terza Giulia Murada a 245) e Andrea Prandi con 400 (terzo Sebastien Guichardaz a 184).


Tour del Monscera a Nadir Maguet e Corinna Ghirardi

Condizioni ideali al Tour del Monscera: tanta neve e si gareggia sul tracciato di circa 19 km con 2400 metri di dislivello; cinque salite con la novità di quella alla costa del Verosso, prima della discesa finale a San Bernardo. Nell’edizione numero 35 vittoria di Nadir Maguet che chiude in 2h54'28" con un vantaggio di due minuti su Filippo Barazzuol con terzo Pietro Lanfranchi a 5’34”. Ai piedi del podio Franco Collé e François Cazzanelli, quindi Filippo Beccari, Cristian Minoggio, Davide Galizzi, Francesco Poli e lo svizzero Mirko Pervangher a completare la top ten. Nella gara rosa a segno Corinna Ghirardi in 3h16'35" davanti a Elena Nicolini (3h27'04”) e Monica Sartogo (4h06'53”).


Coppa Kleudgen Acquarone a Testino-Cavallo e Orlando-Tornatore

Gara vista mare, la storica Coppa Kleudgen Acquarone. Partenza di Upega in Alta Valle Tanaro, salita al monte Bertrand a quota 2482, con un lungo tratto da percorrere con i ramponi, prima discesa alle Case dei cacciatori e nuova ascesa ai 2150 metri di cima Missun da dove si vede bene il mar Ligure, per affrontare la discesa finale al ponte del Giairetto, dopo 1700 metri di dislivello complessivi. Vittoria di Marco Testino e Marco Cavallo in 2h05’38” su Gianluca Iavelli e Giancarlo Parola (2h11’38”) e su Amos Rosazza Buro e Filippo Blanc (2h11’38”). Al femminile affermazione di Maria Orlando ed Elena Tornatore in 2h49'56”.

 


Alessandro Sandy Marchi e l'arte di shapeare

 Per Alessandro Sandy Marchi, fondatore di Sandy Shapes, lo shapeing potrebbe essere definito quasi una missione visto che nella sua vita ha shapeato e shapea qualunque cosa: surf longboards, skate longboards, sci e - ovviamente - snowboard e splitboard. Le sue mani hanno progettato e plasmato qualsiasi tipo di tavola per scivolare su ogni tipo di superficie. Anche dal punto di vista estetico le sue tavole non passano certo inosservate, coniugando un’anima naturale con un look di design. Scendendo nel dettaglio ricordiamo, per chi se lo fosse perso, che la Zingara - modello split della casa - ha vinto il nostro award Revelation of the Year sulla Buyer’s Guide di questa stagione invernale. Siamo stati a trovare Sandy e a vedere come produce le sue ‘creature’. Ne parliamo su Skialper di febbraio marzo, già disponibile nell’edicola digitale e acquistabile anche nella versione cartacea sul nostro sito.

@Massimo Crivellari

Un lavoro che è anche di contaminazione quello di Sandy, che non si è sottratto alle domande di Luca Albrisi. «Il know how che si è creato mescolando le tecnologie e le shapes di surf, snowboard e sci ha permesso di ottimizzare le curve dei camber e rocker, portando ad esaltare il carattere di ciascun modello o le esigenze del singolo rider e arrivando anche a creare vere e proprie tavole custom - dice Marchi -. Anche il mio studio del parallelismo delle sciancrature deriva del surf come alcune tecnologie come gli slimrails simili agli stepdeck del surf. Molto surf nello snowboard, molto snowboard nello sci, molto sci nello snowboard». E la Zingara? «Zingara… lei ti porterà dove mai nessun’altra ti ha portato. Il nome la descrive; ho voluto creare una geometria twin all mountain che permettesse un approccio molto frontale con la montagna in condizioni estreme e spazi limitati. È l’unico caso in cui siamo partiti dal modello split per poi derivarne anche la versione solida che oggi è la mia tavola più venduta…».

@Massimo Crivellari
@Massimo Crivellari
@Massimo Crivellari

Torna la storica skymarathon sul Monte Rosa

Fabio Meraldi in 4h24’ e Gisella Bendotti in 5h34’. Sono passati 25 anni da quella incredibile (e per i tempi curiosa) gara che ha segnato la nascita dello skyrunning. Da Alagna al Monte Rosa, a quota 4.554 metri. Proprio per celebrare i 25 anni (eravamo nel 1993) ritorna il 23 giugno la Monte Rosa Skymarathon & Alagna Indren Skyrace. Per l’occasione sarà una gara a coppie, in cordata, con 35 chilometri di sviluppo e 7.000 metri di dislivello totale. Prevista anche una prova più corta, la Alagna Skyrace, fino a Punta Indren, a 3.260 metri, con 22 chilometri di sviluppo e 4.000 metri di dislivello totale. La Skymarathon è riservata a un massimo di 150 coppie e le preiscrizioni online sono aperte dal 14 al 28 febbraio (al costo di 150 euro). La skyrace sarà invece una gara singola aperta a massimo 300 atleti, con quota di iscrizione di 70 euro.  Sarà ricco il montepremi, per un totale di 10.000 euro sulla prova a coppie e 3.600 sulla skyrace. Info: www.monterosaskymarathon.com


Una pellata con Eyda

«E pensare che quando ho iniziato ero l’unico a fare ski-alp a Sauze d’Oulx, adesso organizzano le pellate con me». Di rientro dalle gare di Coppa del Mondo a Puy St. Vincent, Matteo Eydallin è stato festeggiato nel suo paese in Valsusa. L’occasione, un incontro con il suo fans club da Besson Sport che adesso apparirà sul suo casco in gara («perché era giusto che ci fosse qualcosa di Sauze ‘addosso’ al nostro campione», spiega Carlo Besson). «In realtà - ancora Eyda - c’è poco da festeggiare in questo avvio di stagione. Ho fatto la stessa preparazione di sempre, ma non sono lì a lottare tra i primi: o vanno tutti più forte o sono diventato vecchio…». Ma adesso arrivano le sue gare, quelle de La Grande Course. «Le farò tutte e quattro con Lenzi, sperando che il Lence si riprenda subito dalla botta rimediata alla spalla nell’individual in Francia. Sono le mie distanze e poi trovo sempre maggiori motivazioni». 14 anni di carriera dove ‘Martello’ in pratica ha vinto tutto quello che uno ski-alper vorrebbe vincere: l’anno scorso oltre a Pierra Menta, Adamello, Mezzalama e Mondiale a squadre, anche la coppa del mondo individual. «Quella generale è una mission impossible per me con sprint e vertical… E non ho mai vinto un oro nell’individual ai Mondiali». Intanto firma autografi, saluta vecchi amici, maestri di sci, allenatori: perché è una festa molto local, in mezzo ai tanti turisti inglesi presenti a Sauze. Poi si esce per le vie del paese, sci nello zaino per andare a pellare. Un giretto sulle nevi di casa, ma piano ‘steppen’ che c’è anche mamma…


Dynafit TLT Speedfit, il livello superiore

Non solo in pista, non solo fuori. Scriviamolo subito: la base progettuale è quella del collaudato TLT 6 nella sua ultima versione, più muscolare. Ma Dynafit non si è limitata a qualche adattamento funzionale ai fondi trattati o ai fuoripista piuttosto pressati delle aree sciabili attrezzate. È vero che lo spoiler fisso in Pebax, non più amovibile come nei precedenti TLT6, è particolarmente adatto alla progressione frontale sulla massima pendenza tipica della pista risalita sulle pelli. Ed è vero anche che questa nuova versione della scarpetta leggera Custom Light è più termica, e che la cosa fa piacere nel freddo buio della notte. Ma la sensazione prevalente è che con Speedfit Dynafit abbia proprio portato TLT 6 a un livello superiore, aggiornato alle tendenze freeski che si fanno strada anche fra i tradizionalisti.

TLT VITAMINIZZATO - L’adozione del nuovo spoiler fisso in morbido Pebax, che rappresenta la novità più visibile, è certamente favorevole al comfort di utilizzo globale. La salita resta sufficientemente agile, e anzi si gode ora anche di una certa risposta elastica a fine spinta. Si perde qualche grado di escursione effettiva del gambetto, più che altro in apertura di caviglia, ma è veramente raro trovarne il fine corsa, anche esagerando. Insomma, siamo ampiamente in touring zone classica ed è possibile anche alzare frequenza e sviluppo del passo in ottica fitness. Ma quello che colpisce è il saldo insediamento del piede nella nuova scarpetta Custom Light: il foam è leggermente aumentato di spessore, ma è anche più tonico e svolge un grande lavoro di supporto insieme ai pad semirigidi alla linguella e al collare. Un piede normale viene fermato con forza e senza vuoti per tutto il suo volume, compresi il tallone e l’avampiede che in TLT6 + Custom Light trovavano più volume e un po’ troppa altezza sopra le loro sedi. Non abbiamo sentito il bisogno di una termoformatura, apprezzandone il supporto generalizzato e ben distribuito già con la forma originale: uno sviluppo di TLT in direzione del controllo in fase ski.

SPEEDFIT NON SOLO PISTA - La prontezza sullo spigolo di TLT Speedfit è superiore ai suoi predecessori TLT6 anche per via di una cura ricostituente alle plastiche in zona caviglia, visibile sulla tridimensionalità del gambetto attorno alle boccole. Inoltre il Grilamid scelto per Speedfit è caratterizzato da un alto modulo elastico: chi ha esperienza dei precedenti TLT 6 se ne può accorgere anche al tatto. Si tratta proprio di ciò che serve per tenere giù la caviglia nelle pieghe carving in pista, ma è anche un bel passo avanti nella sensibilità necessaria fuori per dosare la presa sui fondi irregolari. La caratteristica chiusura superiore Dynafit Ultralock 2.0 lavora in bella sinergia con l’omonimo Ultralock Strap, dalla comodissima fibbia azionabile con una sola mano in tensionamento e in rilascio. L’insieme non fa rimpiangere i solidi linguettoni metti-togli TLT 6 perché la spinta in avanti risulta comunque tra le migliori del segmento touring. Insomma, il marketing Dynafit presenta TLT Speedfit con una destinazione prevalentemente pistaiola. Lo capiamo bene dato il successo del fitness touring e sì, ci siamo in pieno per quanto riguarda il touring di resort. Ma TLT Speedfit è anche e soprattutto il TLT 6 portato alla sua piena maturità, nel momento in cui esprime in modo aggiornato le potenzialità del progetto originale. La sua semplicità di utilizzo lo rende amichevole per chi esordisce, ma la performance tecnica può accompagnare fino ai limiti del freeski.

Dynafit TLT Speedfit

  • Materiali: scafo e gambetto in Grilamid ad alto modulo; spoiler anteriore Pebax
  • Taglie disponibili: 22.5 - 30.5 MP
  • Last: 103 millimetri
  • Inclinazione ski set: 15° e 18°
  • Escursione del gambetto: 60°
  • Suola Pomoca stabile in un ampio range di temperature
  • Grafica Dynafit fluo sullo scafo
  • Peso: 1.190 grammi / 27.5 MP
  • Prezzo: 550.00 €

Kilian is back

Kilian is back. Era uno dei più attesi in Coppa del Mondo al rientro dopo l’operazione alle spalle. «Il recupero sta procedendo nel modo migliore - spiega il catalano - nell’individual non ho forzato in discesa, perché il medico che mi sta seguendo in questa fase, mi ha 'imposto' di non usare i bastoni, o meglio di tenerli bassi mentre sono in fase di curva».

Beh, il motore non l’hai perso…
«Ho continuato ovviamente ad allenarmi: queste gare mi servivano per capire a che punto ero in vista nel resto della stagione. Ho deciso che farò gli Europei sull’Etna e poi le tre prove de La Grande Course, Altitoy, Pierra Menta e Tour du Rutor, tutte con Jakob Herrmann».

Hai già qualche idea sull’estivo?
«Qualche prova della Golden Series, magari una ultra».

UTMB?
«Non lo so ancora. Ho in programma una serie di concatenamenti in Pakistan o in Nepal. Tutto dipende dai permessi che avrò. A seconda dei Paese che mi darà l’ok cambieranno i mesi per affrontare la spedizione. E dunque quando avrò il piano definitivo di queste trasferte, mi organizzerò di conseguenza sui programmi estivi».


Kilian Jornet vince il vertical di Puy St. Vincent

Rientro vincente per Kilian dopo la pausa per l’operazione alle spalle. Il lupo perde il pelo… ma non il vizio. Il catalano, dopo il quarto posto di giovedì nella individual, ha vinto venerdì mattina il vertical di Coppa del mondo a Puy St. Vincent, in Francia, con il tempo di 27’09’’. Sul podio anche lo svizzero Werner Marti (27’15’’) e l’azzurro Michele Boscacci (27’37’’). Nella top ten, nell’ordine, lo spagnolo Oriol Cardona Coll, Davide Magnini (primo Espoir), gli svizzeri Remi Bonnet e Martin Anthamatten, il tedesco Anton Palzer, Federico Nicolini e lo spagnolo Antonio Alcalde Sanchez. Undicesimo Robert Antonioli, dodicesimo Nadir Maguet. Kilian subito all’attacco su un percorso duro, insieme a Marti, con Boscacci e Magnini che non hanno mollato la presa fino a quando i due di testa hanno guadagnato un po’ di distanza con il catalano che ha distanziato di qualche metro Marti sul finale.

Alba De Silvestro e Davide Magnini

DONNE - Bis della francese Axelle Mollaret, giovedì vincente su Laetitia Roux nell'individual (già ieri influenzata e oggi non al via), in 32’16’’. Sul podio la svizzera Viktoria Kreuzer (32’52’’) e la spagnola Claudia Galicia Cotrina (33’41’’). Ai piedi del podio, nell’ordine, le due azzurre Katia Tomatis e Alba De Silvestro (prima Espoir). A seguire nella top ten le spagnole Marta Garcia Farres e Nahia Quincoces Altuna, la russa Marianna Jagercikova, la svizzera Jennifer Fiechter e la francese Laura Deplanche. Dodicesima Ilaria Veronese, terza Espoir.

Katia Tomatis

JUNIOR - Vittoria di Andrea Prandi in 29’29’’ davanti agli svizzeri Aurelien Gay e Patrick Perreten. Al femminile successo della russa Ekaterina Osichinka in 23’40’’ sulle azzurre Giulia Murada e Giorgia Felicetti.

Andrea Prandi

Alla Fiera dell’Est

«Vattene all’Est da Mosetti e guarda un po’ cosa ci trovi». L’ordine, dalla redazione, era più o meno questo. L’anno scorso ce n’eravamo andati al Sud, quest’anno tocca dirigersi all’Est, quindi, verso le Alpi Giulie. Io, per inciso, abito all’Ovest, a Torino. Vado a sciare su cime alte più di tremila metri, a volte quattromila, molto spesso poi finisco in Francia dove bene o male mi ci ritrovo; al massimo il caffè fa un po’ schifo, ma le montagne hanno sempre la stessa forma. All’Est, invece, non mi ci ero mai fermato d’inverno e come tanti avevo la convinzione che l’Italia finisse a Venezia. Le montagne lì sono basse, squadrate e cattive, come i pugili che se le danno nel retro dei bar di periferia. La maggior parte di esse non arriva neanche a 2.000 metri, per dare un’idea». Inizia così l’ampio reportage di Federico Ravassard sullo sci selvaggio nelle Alpi Giulie che pubblichiamo su Skialper 116 di febbraio-marzo, disponibile nell’edicola digitale e ordinabile sul nostro sito nella versione cartacea.

Nel vento del Monte Sart ©Federico Ravassard

CON IL MOSE - Saranno montagne basse, almeno per uno che arriva dall’Ovest, però in mezzo a queste montagne è cresciuto uno degli scialpinisti italiani più cool del momento, Enrico Mosetti, detto il Mose. «Classe 1989, sponsorizzato da quel marchio molto hipster di Chamonix che ne riflette in pieno l’immagine, quattro spedizioni all’attivo e discese pazzesche su giganti di cinque o seimila metri in Perù, Georgia e Nuova Zelanda, più un tentativo al Laila Peak in Pakistan, ovvero una delle più belle montagne del mondo. Tutto questo per dire che, insomma, se uno così impara a sciare da queste parti, allora le Alpi Giulie devono avere un qualcosa dentro di selvaggio». Con lui ha sciato e girato Federico, ma non solo…

©Federico Ravassard

L’IMPORTANTE È SCIARE - Beatrice, Nicole, Andrea e Samuele hanno tra i 21 e i 22 anni e nella vita, oltre a studiare, sono maestri di sci ma amano anche uscire con le pelli, nella zona di Tarvisio. E sciano… Nei piedi avevano tutti assi e scarponi di una certa massa, si capisce che prima ancora di essere alpinisti loro sono sciatori, anche salendo verso il Montasio con le pelli. È importante sciare anche se è brutto, se la nebbia nasconde tutto. Come al Monte Sart, dove Federico ha avuto come compagno di gita Davide Dade Limongi. Non senza fare prima una tappa al Rifugio Gilberti e conoscere Tschurwi, cuoco e custode di questi monti. Dalle Alpi Giulie non nascono solo scialpinisti forti in discesa: ce ne sono altri che il vento sulla faccia lo sentono anche in salita. Uno di questi, che i lettori di Skialper conoscono bene, è Tadei Pivk, residente a Camporosso.

Sci selvaggio tra le nuvole ©Federico Ravassard

SENZA CONFINI – Il bello delle Alpi Giulie è che Austria e Slovenia sono dietro l’angolo, ed ecco allora che non ci siamo fatti mancare una sortita in Cariniza con Mose e i suoi allievi del corso di scialpinismo e a Bovec, sul versante sloveno di Sella Nevea, nella valle dell’Isonzo. «Nel fondovalle luccica l’acqua azzurra dell’Isonzo, la stessa che un secolo fa era tinta dal rosso del sangue dei ragazzi mandati a difendere il fronte dalle truppe austroungariche. La Prima Guerra Mondiale qui c’è stata per davvero: basti pensare che uno degli elementi decisivi della disfatta di Caporetto fu un tunnel poco sotto di Sella Nevea che gli austriaci utilizzarono per spostare armi e uomini senza farsi vedere dagli italiani appostati al colle».

Al Rifugio Gilberti ©Federico Ravassard

SAPORI DELL’EST – All’Alte Hütte a Campo Rosso Roberto Del Negro, proprietario e cuoco del ristorante, oltre a cucinare i deliziosi rigatoni al salto, è la memoria vivente dello scialpinismo giuliano. Gestiva una taverna che era di fatto un punto di riferimento fisso per i giovani scapestrati che si divertivano ad andare su e giù dai monti con mezzi e tecniche a dir poco rudimentali, come degli sci lunghi mezzo metro importati dall’Austria con i quali cercavano di scendere nei canali sopravvivendo in qualche modo fino al fondo. Le pareti del ristorante sono un pezzo di storia: nelle fotografie sono ritratti volti noti come Messner, Casarotto e Kukuckza. Lunga vita allo sci selvaggio.

Il Mose ©Federico Ravassard

 

 

 

 


Verso una bocciatura dello skialp a Pechino 2022?

Non ci sarebbero nuovi sport nel programma olimpico di Pechino 2022. Questa la notizia filtrata da Pyeongchang dove, in questi giorni pre-olimpici, è tutto un fiorire di riunioni della nomenklatura a cinque cerchi. Secondo quanto riportato ieri da insidethegames.biz, infatti, la decisione è stata ufficialmente annunciata dal responsabile ad interim della commissione CIO (Comitato olimpico internazionale) di coordinamento con Pechino 2022, Juan Antonio Samaranch. «Pechino non ha chiesto di inserire nuovi sport nel programma» ha detto Samaranch e «a noi va bene e non ne proporremo altri». Così riporta il sito web, che però lascia aperto uno spiraglio. Se la decisione dovesse essere confermata sarebbe una pesante doccia fredda per tutto l’ambiente dello scialpinismo. Dalla ISMF, la federazione internazionale dello scialpinismo, fanno sapere di avere ricevuto la notizia come noi tramite internet, ma di non avere nessuna comunicazione ufficiale in merito e confermano che è previsto nei prossimi mesi un incontro con il comitato organizzatore di Pechino 2022.