Addio a Vasco Taldo, grande alpinista d'altri tempi

Il 14 gennaio si è spenta all'età di 81 anni una vecchia gloria dell'alpinismo italiano, il sestese Vasco Taldo se ne è andato pedalando sulla sua bicicletta, altra sua passione oltre all'alpinismo.
Tra le sue maggiori realizzazioni alpinistiche sono da ricordare la spedizione italiana del 1963 alla Torre Centrale delle Torri del Paine in Patagonia con Armando Aste, Josve Aiazzi e Nando Nusdeo; la prima invernale alla parete Nord del Disgrazia nel 1957 partendo a piedi da Chiesa Valmalenco e l'apetura di alcune pietre miliari dell'alpinismo come la Taldo-Nusdeo al Picco Luigi Amedeo in val Torrone e sempre in questa valle la Taldo alla Punta Ferrario entrambe nel 1959.

 


Domenica 19 gennaio 'Sicuri con la neve'

CAI e CNSAS organizzano la tradizionale giornata informativa sul campo

Saranno coinvolte oltre 40 località montane in tutta Italia, in particolare in Piemonte, Lombardia e Toscana, nella 13.a edizione dell'iniziativa di informazione e prevenzione sul campo organizzata da Club alpino italiano e dal Corpo nazionale di Soccorso alpino e speleologico.   

IN MONTAGNA CONSAPEVOLI -
Affrontare la montagna e la neve fresca in sicurezza e con consapevolezza: è l'obiettivo che da anni la giornata informativa Sicuri con la neve, organizzata da Club alpino italiano e Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico, cerca di diffondere tra chi frequenta le Terre alte durante la stagione invernale.  Valanghe, incidenti sulla neve, scivolate sul ghiaccio e ipotermia sono alcuni dei pericoli a cui vanno incontro esperti e principanti di tutte le età, sia sciatori che escursionisti e ciaspolatori.  

40 LOCALITÀ INTERESSATE -
L'appuntamento con la XIII^ edizione di Sicuri con la neve è il 19 gennaio 2014 in oltre 40 località montane di tutta Italia. Dall'Alto Adige alla Sicilia gli appassionati della montagna hanno la possibilità di ricevere utili informazioni e consigli sui comportamenti più adatti da tenere dagli esperti di CNSAS e CAI, oltre a poter assistere a dimostrazioni pratiche nei campi neve allestiti. In particolare sono Piemonte, Lombardia e Toscana le regioni con più località coinvolte nel progetto.  

INFORMAZIONE E PREVENZIONE -
L'obiettivo della manifestazione, che rientra all'interno del progetto Sicuri in montagna, è quello di accrescere la consapevolezza personale riguardo i rischi che si incorrono nella frequentazione della montagna durante la stagione invernale. 'La prevezione è l'unico rimedio per contrastare le disgrazie sulle neve, in particolare quelle causate dalle valanghe', ha dichiarato il Presidente del Soccorso alpino Piergiorgio Baldracco. 'Per educare i frequentatori delle Terre alte bisogna cominciare dai più giovani, con iniziative anche nelle scuole'. A queste parole si è associato il Presidente generale del CAI Umberto Martini.  

LA CRONACA DEL PERIODO NATALIZIO -
I fatti di cronaca dell'ultimo periodo natalizio denunciano infatti una diffusa impreparazione personale nell'approccio alla montagna, soprattutto quando si viene in contatto con la neve fresca. 'E' sufficiente fare pochi passi al di fuori di piste o percorsi battuti per entrare in un altro ambiente che presenta caratteristiche e accorgimenti richiesti molto differenti. Neanche i più esperti sono in grado di fare valutazioni certe sulla sicurezza del terreno quando si trovano sulla neve fresca', dichiara Elio Guastalli, responsabile del progetto. 'I giovani e gli scialpinisti rappresentano i due segmenti maggiormente critici da raggiungere in questa opera di sensibilizzazione, in quanto particolarmente attirati sulle attività nella neve fresca e tra i meno scolarizzati riguardo agli accorgimenti necessari da prendere'.  

LA RESPONSABILITÀ È PERSONALE -
Un'ultima finalità di Sicuri con la neve è ricordare che la responsabilità dei gestori delle piste termina nel momento in cui lo sciatore esce dai limiti delle stesse. I gestori non possono garantire la sicurezza di chi scia fuori pista e neanche prevenire la caduta di valanghe causate da chi si avventura sulla neve fresca.   

L'ELENCO DELLE LOCALITÀ -
Consultalo cliccando sul link qui a fianco.  


Nanga Parbat in winter

Tre spedizioni tenteranno la prima salita invernale

La nona montagna più alta della Terra, ossia il Nanga Parbat (8.125 m), è in questo mese di gennaio 2014 al centro dell’attenzione della cronaca alpinistica e lo sarà sicuramente anche durante il prossimo.
Ben tre diverse cordate tenteranno la salita invernale lungo due linee diverse: una costituita dai polacchi Tomaz Mackiewicz, Marek Klonowski, Jacek Teler e Pawel Dunaj; una italiana formata da Simone Moro, David Goettler ed Emilio Previtali; l’ultima dal solitario italiano Daniele Nardi.
Le prime due cordate lungo la via Schell sul versante Sud Rupal, mentre Nardi tenterà la salita solitaria dello spallone Mummery, naturalmente tutte le cordate effettueranno la salita in stile alpino.
Il Nanga Parbat e il K2 sono gli unici due dei quattordici ottomila a non essere mai stati saliti durante la stagione fredda. Il Nanga ha visto ben sedici tentativi di ascensioni invernali dal 1988 ad oggi, tutti falliti.
Va sottolineato che Daniele Nardi tenterà la salita, oltre che in solitaria, lungo una via nuova, lo sperone Mummery, mai percorso da nessuno.


Nuova via di misto a Kandersteg

Robert Jasper apre The Black Death

L’11 dicembre il forte alpinista tedesco Robert Jasper in cordata con Wolfram Liebich ha aperto una nuova via di ghiaccio e misto di elevate difficoltà nella valle di Kandersteg in Svizzera sulla parete Nord-Est del Gallihorns (2.284 m).
La salita, ribattezzata ‘The Black Death’, non molto lunga ma molto intensa, racchiude in 250 m difficoltà fino all’M8 e WI7 su roccia da verificare e ghiaccio di dubbia qualità, aperta oltretutto senza l’utilizzo di spit.
La linea sale sulla Schwarze Wand, una parete nera dove la qualità della roccia lascia molto a desiderare ma dove si sviluppa anche una fantastica colata. Il nome emblematico dato alla via può far capire oltre alle difficoltà tecniche anche la difficoltà a proteggersi su questa roccia.
Una salita su ghiaccio sottile e roccia friabile non per tutti a detta dello steso Jasper, che sul tiro chiave è prima salito in artificiale piazzando chiodi normali, scalandolo poi successivamente in rotpunkt. 


'Neve, compendio di nivologia': un libro imperdibile

L'opera di Renato Cresta e' quanto più' completo in fatto di nivologia

La collana Specialist della nostra casa editrice si è recentemente arricchita di un magnifico volume, unico nel suo genere probabilmente su scala mondiale. Si tratta di ‘Neve, compendio di nivologia’, scritto da Renato Cresta, uno dei massimi esperti di neve e valanghe (leggi l'intervista uscita su La Repubblica all'autore del libro). A proposito del concetto di esperto, abbiamo estratto dalla prefazione dell’autore la sua definizione. «Sono trascorsi ormai quarant'anni da quando André Roch, uno dei miei maestri, mi ha confidato: "Renato, moi aussi j'ai été pris dans une avalanche; moi, j'étais un expert, mais l'avalanche ne le savait pas!" (Renato, anch'io sono stato preso in una valanga. Io ero un esperto, ma la valanga non lo sapeva). Adesso, dopo tanti anni di pratica, anch'io sono considerato un esperto, ma proprio pochi giorni prima di iniziare a scrivere ho sentito qualcuno che, durante una trasmissione radiofonica, diceva che l'esperto è quel tale che, nel suo campo, ha commesso più errori degli altri…».

Ascoltare Renato Cresta parlare di neve e valanghe è un’esperienza affascinante. È capitato a tanti professionisti della montagna, maestri di sci, guide alpine, soccorritori, direttori di stazione, che negli anni hanno preso parte ai suoi corsi di formazione. Pochi, però, rispetto all’immenso bacino di appassionati di montagna, fatto di scialpinisti, alpinisti, escursionisti, freerider, ciaspolatori che non hanno avuto questa fortuna. ‘Neve, compendio di nivologia’ permette di rimediare. Un manuale ricchissimo di informazioni, tabelle, grafici, che racchiude in 400 pagine l’esperienza di una vita dell’autore, maturata in anni di studi, situazioni vissute in prima persona sul campo, perizie e soprattutto lezioni. Già, perché il linguaggio estremamente tecnico e divulgativo è proprio quello di chi ha dovuto ingegnarsi per rendere chiara e comprensibile al proprio uditorio una materia tanto complessa ed articolata. Una lettura indispensabile per tutti coloro che amano la neve e la montagna invernale.

‘Neve, compendio di nivologia’ (400 pagine, 35 euro - prezzo comprensivo di spese di spedizione in posta prioritaria) si può acquistare solo on-line sul sito di Ski-alper (nell’apposita pagina dedicata ai libri), oppure contattando il nostro ufficio spedizioni al numero 0124 428051 o con una mail a ordini@mulatero.it. Vi verranno fornite tutte le indicazioni per il pagamento.  


Prima salita del Cerro Marconi Central

Haley e Garibotti aprono La SuperWhillans

Il 17 dicembre 2013 la cordata composta dallo statunitense Colin Haley e dall’argentino Rolando Garibotti ha compiuto la prima ascensione del Cerro Marconi Central in Patagonia.
La salita è avvenuta lungo l’elegante rampa di neve e misto che corre sulla parete Est dove sono state trovate difficoltà tecniche non eccessive grazie alle ottime condizioni di neve e ghiaccio: alcuni tratti a 70° e un tiro di M3 per raggiungere la cresta sommitale.
La via è stata salita dai due forti alpinisti in circa 5 ore è battezzata ‘La SuperWhillans’, oltretutto si tratta anche della prima salita completa del Cerro Marconi Central, del quale l’unica ascensione conosciuta è quella di una cordata argentina lungo la parete Ovest datata 1966 che non raggiunse però la vetta.
Colin Haley aveva già in precedenza tentato di salire lungo questa evidente rampa per ben due volte, la prima nel 2012 fermato dal forte vento e la seconda nel settembre 2013 bloccato dalle pessime condizioni del ghiaccio.


Nel 2013 il CAI ha compiuto 150 anni

Intervista al presidente generale del CAI, Umberto Martini

Per tutto il 2013 si sono susseguite le celebrazioni di un anniversario significativo: il Club Alpino italiano ha compiuto un secolo e mezzo di vita. Si tratta di uno dei Club Alpini più importanti al mondo. L’Italia ospita sul proprio territorio lo sviluppo completo dell’arco alpino, unica nazione europea a godere di questa caratteristica geografica.

E per tutti noi che andiamo in montagna, anche in modo molto sportivo, il CAI è comunque un riferimento inevitabile. Per molti di noi ha anche rappresentato l’ambiente che ci ha introdotto all’alpinismo.
E chi non ha mai messo piede in un rifugio del CAI?

In attesa del discorso di fine anno del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, e del contro-discorso di Beppe Grillo, più modestamente vi proponiamo la nostra intervista al presidente generale del Club Alpino italiano. Che ci racconta qualcosa della nostra storia nazionale, e tocca anche problematiche molto attuali e interessanti per gli scialpinisti.    

LA DATA -
Precisamente mercoledì 23 ottobre 2013 il Club alpino italiano ha compiuto 150 anni. Lo stesso giorno del 1863 nelle sale del Castello del Valentino a Torino, iniziava alle 13 e terminava alle 16 l'assemblea che fu il momento costitutivo del sodalizio, quarto per ordine di nascita tra le società alpine europee. 

L'idea di fondare una società alpinistica nazionale risale in realtà a qualche mese prima, nell'agosto 1863, in occasione dell’ascensione alla vetta del Monviso compiuta dallo statista biellese Quintino Sella con Paolo e Giacinto di Saint-Robert e Giovanni Barracco. Il Sodalizio divenne presto d'interesse nazionale, assumendo l'attuale denominazione di ‘italiano’ nel 1867.    

L'INTERVISTA -
Tra decine di celebrazioni, eventi, convegni, premi e commemorazioni, siamo andati a parlare con Umberto Martini, presidente nazionale del CAI.  
Il Club Alpino Italiano ha compiuto nello scorso ottobre un secolo e mezzo di vita.  Per chiunque vada in montagna, anche senza la tessera blu con i sacri bollini annuali, il CAI è almeno una presenza immanente. Se non per storia, impatto e presenza nel sociale, almeno per l’impressionante rete di rifugi che costellano le alpi italiane, in gran parte di proprietà del Club. Ma questa non basta per spiegare l’influenza culturale che il CAI tuttora esprime su buona parte del mondo dei frequentatori della montagna.   

I tempi cambiano sempre più velocemente e la rivoluzione digitale propone altre forme di ‘associazionismo’. Il CAI rischia di risultare lento rispetto all’attualità, anzi lo è senz’altro e in misura evidente. Ma questo ritardo fisiologico sembra riguardare l’establishment e gli organi centrali mentre sul campo, nelle sezioni, la vita è meno ingessata e i giovani presenti nei consigli sezionali propongono iniziative più in linea con i tempi.   

Ski-alper si occupa di montagna sotto diverse angolazioni e non può ignorare un anniversario di oggettivo valore simbolico.  Siamo andati a Milano presso la sede centrale e abbiamo incontrato il presidente del Club Alpino Italiano, Umberto Martini.    

Quali sono state le fasi storiche che hanno caratterizzato questi 150 anni di vita del Club Alpino Italiano?

«Sono state sostanzialmente tre: fino alla prima guerra mondiale la fase dei fondatori e dei pionieri dell’alpinismo ‘sociale’, con la diffusione del Club su tutto il territorio nazionale.  Poi gli eventi politici nazionali hanno coinvolto anche il CAI: l’alpinismo inteso come affermazione, conquista, competitività, e una nascente forma sportiva hanno caratterizzato il Club. È stato anche un periodo di allargamento della base sociale a larghi strati della popolazione. Il ventennio fascista ha coinciso con questa popolarizzazione dell’alpinismo, ma i presupposti esistevano da prima. Il processo è proseguito anche dopo la seconda guerra mondiale. Sempre in questa fase, dopo la guerra ha ripreso piede un’impostazione culturale ed esplorativa, oltre a quella alpinistica pura.  Una terza fase è stata influenzata dalla tecnologia e dal conseguente benessere diffuso. Tante specializzazioni sono nate dall’offerta di strumenti che prima non erano disponibili per tutti: basti pensare alla diffusione delle racchette da neve, della mountain bike, dello stesso sci».  

In un suo intervento lei ha parlato di 150 anni di storia con vittorie e sconfitte. Vengono subito in mente due episodi che hanno coinvolto CAI e pubblica opinione: la conquista del K2 da una parte, e la vicenda Bonatti dall’altra.
«La vicenda Bonatti è stata una polemica trascinatasi inutilmente, per troppo tempo, e una lunga ricerca ha infine chiarito la verità condivisa. La conquista del K2 nel 1954 è stata ancora il prodotto dell’alpinismo di conquista caratteristico dell’epoca precedente. A parte Bonatti, che era il più giovane, gli altri alpinisti erano cresciuti prima della guerra e in quel clima. Però è stato un punto culminante della nostra storia e ha avuto effetti molto importanti in termini di orgoglio e identità nazionali. L’Italia, Paese sconfitto, coglieva così un successo organizzativo e dimostrava al mondo le capacità e la forza di volontà degli italiani».  

Qual è lo stato di salute del CAI?

« Il CAI è uno spaccato della società e quindi risente dei tempi di crisi. Anche ma non tanto come numero di iscritti – c’è una leggera flessione -, quanto come difficoltà di continuare a gestire i servizi di cui si occupa: Soccorso Alpino, la rete dei rifugi, la segnaletica dei sentieri. La gestione avviene sempre più in forma volontaristica, diventa più difficile garantire lo stesso livello di servizi, e poi si porrà anche un problema generazionale. Quindi se si vorranno mantenere attive queste facilitazioni, più che il CAI sarà la società a doversi dotare di mezzi per continuare a garantirle se vuole continuare a fruirne».  

Quali flussi riconoscete all’interno dell’associazione?

«Anche per questo aspetto riconosciamo al nostro interno il tema dell’invecchiamento della popolazione. Maggiore aspettativa di vita attiva e denatalità italiana comportano un forte incremento, anzi una moltiplicazione sul territorio delle attività dei gruppi ‘seniores’».  

Come si sta muovendo il CAI di fronte ai sempre più frequenti tentativi di limitazione della libertà di andare in montagna?

«Siamo sensibili all’argomento e ospitiamo anche fisicamente un osservatorio per la difesa della libertà di frequentazione della montagna. A livello centrale sediamo a un ‘tavolo permanente’, il gruppo parlamentare degli amici della montagna. Ma i problemi risiedono a livello locale: sono gli amministratori, i sindaci, che hanno il potere di imporre divieti. Dopo ogni incidente in montagna, e la relativa risonanza mediatica dovuta all’impatto particolare sull’immaginario collettivo – la ‘montagna assassina’ – la soluzione più facile e immediata sembra quella di imporre divieti. Ma sarebbe come chiudere le strade dopo gli incidenti».  

Secondo voi esistono reali pericoli di limitazione della libertà?

«Direi di no. Come nasce, poi si spegne. Si tratta di informare bene chi deve decidere, perché spesso non conoscono i termini del problema. Il CAI finora è stato ascoltato, 150 anni di ben operare ci danno credito».  

Scusi, ma lei conosce l’appellativo ‘caiano’? …una specie di affettuoso sfottò rivolto verso una certa rigidità istituzionale, o verso il ritardo a cogliere le novità dal campo quando si presentano.

«Ma il CAI non è più così. Lo era, ma oggi l’atteggiamento è molto meno conservativo rispetto ad altre epoche. Cerchiamo di vivere la società per quella che è».    


First Light

Prima invernale per Kennedy e Huey

Il filmato dell'incredibile invernale dei due forti statunitensi Hayden Kennedy e Jesse Huey.


Statunitensi in azione in Nepal

Adamson e Wright aprono due nuove vie su Lunag West e Pangbuk North

Nel mese di ottobre 2013 i due alpinisti americani Scott Adamson e Christofer Wright hanno aperto due nuove vie di misto in Nepal.
Le due nuove salite, entrambe su pareti alte 1000 m, sono state ribattezzate Open Fire (V WI5 M3) sul Lunag West e Purgation (VI WI6+ M6) sul Pangbuk North, due montagne di 6500 m.
Il Lunag West è stato salito lungo il canalone che corre lungo la parete Sud-Est, salita e discesa sono avvenute in 26 ore no stop, con solo un paio di ore di riposo passate in un crepaccio al riparo dal vento gelido.
Dopo aver riposato una settimana i due statunitensi sono ripartiti per Nord-Est del Pangbuk Nord, dove hanno trovato difficoltà maggiori con tiri fino all’M6 e ghiaccio verticale di scarsa qualità; qui la salita è stata effettuata con un bivacco su una piccola cengia dove sono riusciti a montare la tenda. Anche qui non è mancata la lotta contro vento e freddo intensi e una discesa molto delicata per via dell’espostissima cresta sommitale.
Bisogna sapere che il Pangbuk Nord è stato in passato oggetto di polemiche: la prima salita del 2009 è stata contestata per mancanza di foto convincenti e di una descrizione precisa della via di salita, questo ha portato diverse persone a ritenere che la vetta non fosse stata raggiunta all’epoca.


Prima invernale di 'The Demon' in Scozia

Salita dal forte scozzese Greg Boswell

Il 7 dicembre 2013 lo scozzese Greg Boswell ha compiuto la prima ascensione invernale della via The Demon a Coire an Lochain nei Northen Corries in Scozia. Si tratta di una via estiva su roccia e precisamente di una via trad aperta nel 1983 da Brian Davison e Andy Nisbet gradata E2, di cui Boswell ha dato l’interpretazione con piccozze e ramponi durante la stagione fredda con la parete completamente incrostata di neve. Le difficoltà incontrare sono di IX, 9 gradi scozzesi. Greg Boswell è uno dei più forti climber su misto dell’intero Regno Unito, date un 'cchiata al seguente filmato di EpicTv per farvi un idea del personaggio.

Mixed Climbing Man Machine Greg Boswell


La discesa della Biancograt al Piz Bernina

Il filmato di Max Zipser e Alex Hoffmann

Il 16 giugno 2013 Max Zipser e Alex Hoffmann hanno sciato, entrambi con splitboard, la mitica Biancograt al Pizzo Bianco.
La Biancograt è la cresta più famosa e rinomata delle Alpi Centrali e durante la stagione estiva è letteralmente presa di mira dagli alpinisti. Ciò che rende famosa questa salita è il sinuoso serpentone di neve che porta in vetta al Pizzo Bianco, ossia l'antecima del Bernina, per raggiungere il quale si percorre poi un tratto su roccia e misto. La parte nevosa è quella che da anche il nome di Biancograt alla cresta stessa e fu sciata per la prima volta dall'eroe di altri tempi Heini Holzer nell'ormai lontano 1973.
Sfruttando le eccezionali condizioni di questo giugno 2013 Zipser e Hoffmann hanno effettuato questa spettacolare e particolare discesa che conta sicuramente ben poche ripetizioni. I due, dopo aver dormito alla capanna Tscherva, alle 2 del mattino erano già in piedi verso il loro obiettivo.
Con condizioni di neve eccezionali e dopo aver superato il tratto di misto dopo la Fuorcla Prievlusa che da accesso al serpentone nevoso, hanno inizato la discesa dalla vetta del Pizzo Bianco (3.990 m), effettuando poi tre doppie da 40 m nel tratto di misto prima menzionato rimettendo la tavola ai piedi sui ripidi pendii che riportano poi alla Tscherva.
Max Zipser alla domanda su quale sia stata la motivazione che l'ha spinto a compiere questa discesa ha risposto: 'l'inverno sembra non finire mai, perchè dovremmo smettere di sciare!'    


Nuova Linea sulla Ovest del Sass Pordoi

Corrado Pesce e Jeff Mercier salgono 'Ghost Dog'

In questo inizio dicembre 2013 Corrado Pesce e Jeff Mercier hanno salito 'Ghost Dog' sulla parete Ovest del Sass Pordoi, effettuando molto probabilmente la prima ascensione di quell’incredibile colata che si forma di tanto in tanto sulla Ovest. I due, giunti direttamente da Chamonix, hanno dato vita a questa linea di salita a più riprese in tre giorni per un totale di 800 m di dislivello e difficoltà di WI6/M5/6a. Pesce e Mercier hanno dapprima salito la via Fedele, dando un'occhiata più da vicino alla colata e lasciando il materiale e le corde. Il giorno dopo hanno attaccato e salito la cascata fino al cengione, dal quale sono usciti prima che il sole iniziasse pericolosamente a battere sulla via ed infine, l’ultimo giorno, sono ritornati e hanno dato l’assalto finale, salendo gli ultimi 200 m che restavano per raggiungere la vetta. Tra l’altro va sottolineato che per l’italo-francese Corrado Pesce è stata la prima esperienza dolomitica.