La strana situazione nivologica di queste settimane

Il parere del Capitano Cresta sugli episodi di valanga e sulle condizioni

La cronaca recente ci ha regalato diverse valanghe, alcune con grande risalto sui media. Ecco il parere del nostro esperto Renato Cresta sull’argomento.

CERVINIA - Riporto dai media: 1. Cervinia è stata avvolta dal soffio di una grande valanga che si è staccata verso mezzogiorno. La nuvola ghiacciata è arrivata alle casse della Cervino spa e si è spinta sino a Cielo Alto, spalancando porte e finestre. La valanga era di notevoli dimensioni e molto veloce, per questo ha generato la grande nube, quell’aerosol di aria e neve che ha oscurato il cielo ed imbiancato anche i muri delle case, ma non ha fatto danni perché la massa solida si è fermata a buona distanza dall’abitato e, quando ha raggiunto la zona residenziale, il “soffio” era ormai in fase di stanca.  2. Valanga di grosse dimensioni raggiunge le piste da sci... È accaduto poco dopo le 20 quando la pista era chiusa e nessuno se ne è accorto. La seconda valanga, che ha preso avvio dalle pendici del Cervino, è arrivata sulla pista di sci numero 5, la più facile tra quelle che da Plan Maison conducono a Cervinia e di questa se ne sono accorti solo gli addetti alla battitura. La pista era chiusa e non risultano persone coinvolte.

LES DEUX ALPES - A Les Deux Alpes, sulle Alpi francesi, una valanga si è abbattuta su un gruppo di studenti della Scuola Superiore di Lione Saint-Exupéry in gita con il loro professore. Sono morti due studenti e un ucraino che sciava sulla pista nera di Bellecombe, ma non faceva parte della comitiva.

IL COMMENTO - Della prima valanga su Cervinia c’è poco da dire: è ben conosciuta e, già da molti anni, sono stati portati a termine interventi a difesa che, a mio parere, sono in grado di proteggere la zona antropizzata anche nel caso di valanghe di grandi dimensioni, nel limite del prevedibile. La seconda valanga di Cervinia e quella de Les Deux Alpes hanno invece qualcosa in comune: entrambe hanno raggiunto una pista di sci. I tre morti di Les Deux Alpes sembrano dare ragione ai soliti giudiziosi benpensanti che diranno che non si deve devastare la montagna per attrezzare piste di sci in zone soggette a valanga, il che equivale a dire che si devono chiudere quasi tutte le piste di sci alpino ed anche alcune piste di sci di fondo. Il legislatore, invece e una volta tanto, ha avuto buon senso perché, prima di rilasciare l’autorizzazione all’esercizio di una pista, richiede una perizia tecnica in cui si certifichi che la pista è esente dal pericolo di valanghe per ubicazione naturale o a seguito di adeguate opere di difesa. In altri termini, si ammette che una pista da sci possa essere interessata da fenomeni valanghivi ma si pretende un progetto di difesa, che può essere di tipo strutturale o gestionale.

La difesa strutturale, come si capisce dal nome, si avvale di strutture come opere fermaneve o di deviazione delle masse nevose, mentre la difesa gestionale si basa su un piano di monitoraggio del manto nevoso, condotto da personale qualificato e secondo procedure omologate. Questo genere di difesa prevede che sia quotidianamente accertata la stabilità del manto nevoso e, nel caso si presentino condizioni che fanno presumere l’approssimarsi di criticità, prescrive l’immediato provvedimento di chiusura della pista e, se del caso, anche dell’impianto che la alimenta. Se approvato, l’applicazione delle misure previste da un PIDAV (Piano di Intervento di Distacco Artificiale Valanghe) può abbreviare i tempi di chiusura, provvedendo alla bonifica del pendio instabile mediante il tiro di sostanze esplosive. Teoricamente, quindi, le piste sono sicure ma … ma può sempre esserci l’errore umano da parte di chi deve prendere la decisione o, ed è più frequente, può mettersi in moto l’incoscienza di chi dovrebbe essere tutelato.

La mia formazione nel mondo della neve è iniziata in Francia nel 1974 e, sempre in questo paese, si è consolidata negli anni successivi con corsi di specializzazione e di aggiornamento e, in diverse occasioni sono anche stato convocato anche come formatore degli addetti alla sicurezza. Conosco la serietà dei corsi di formazione e la severità della concessione delle licenze professionali, che sono rilasciate dopo aver superato un esame davanti ad una Commissione Prefettizia piuttosto severa. Nel caso di Les Deux Alpes, le notizie dei media sembrano concordi nell’affermare che la pista era chiusa e, per l’esperienza personale di cui ho appena detto, ritengo molto probabile che la notizia sia corretta.

Ma la stessa esperienza mi fa presumere che anche qui sia successo quanto ho visto un giorno a Monetier les Bains (comprensorio di Serre Chevalier): un maestro di sci ha rimosso un tratto della rete che chiudeva la pista, ha spostato il cartello di divieto ed ha condotto i suoi allievi lungo una pista chiusa per pericolo di valanghe. Nel caso de Les Deux Alpes non si parla di maestri di sci, quindi la responsabilità della sicurezza dei ragazzi gravava solo sul professore che li accompagnava; se le cose sono andate come descrivono i media, starà indubbiamente passando i suoi guai. Certamente è stata aperta un’inchiesta e la ricerca delle responsabilità sarà un problema di giudici, periti ed avvocati che discuteranno e disputeranno a proposito di imperizia, imprudenza, negligenza ed inosservanza di norme. Quattro parole che sono convinto si possano riassumere in unico termine: incoscienza, che altro non è che un atteggiamento o comportamento di colpevole noncuranza o avventatezza. E questi casi non sono pochi, ma è più facile aggirare il problema e parlare di sfortuna oppure di montagna assassina.

GRAN SAN BERNARDO E SEMPIONE - Due valichi delle infames frigoribus alpes di Tito Livio, due passi delle “Alpi dai freddi infami”, ai quali, un poco per passione ed un poco per moda, molti salgono ancora con gli sci e dai quali alcuni scendono con l’elicottero del Soccorso Alpino. Due incidenti da valanga con due vittime al Sempione e quattro al G. S. Bernardo, tutte italiane. Ricordo che uno dei miei primi istruttori di nivologia, l’Ing. Frutiger di Davos, mi diceva: «Quando sentire questo, io diventare tristo». Non ho nessuna intenzione di far umorismo, voglio solo cacciar via il malumore e lo sconforto, lo spleen che queste notizie mi procurano. Cosa dovevano dire i Bollettini Valanghe per far capire che, in quel settore, la situazione era critica? L'intero contesto non era difficile da comprendere, perché è stata servita una vecchia ricetta; eccovela: 

1. Prendete uno strato di non più di 50 cm di neve, caratterizzato da croste da fusione e rigelo sui versanti soleggiati e da cristalli sfaccettati nelle zone in ombra.

2. Aggiungete da 20 a 60 cm neve fresca, distribuendola nelle zone di confine comprese tra A. Cozie Settentrionali e A. Lepontine.

3. Agitate il tutto nello schaker del vento, meglio se sbattete con raffiche di burrasca provenienti dai quadranti occidentali, generando una forte turbolenza.

4. Il cocktail è pronto.

5. Potete servire su tutti i versanti, disponendo casualmente in lastroni soffici, preferibilmente in corrispondenza di combe, avvallamenti e cambi di pendenza.

Forewarned is forearmed, avrebbe detto un inglese, parole che potremmo approssimativamente tradurre con ‘prima avvisato, prima armato’, una formula di messa in guardia equivalente al nostro uomo avvisato, mezzo salvato.  Eppure…    


Filippo Barazzuol ai raggi x

Il motore e l’allenamento dello skialper piemontese su Skialper 103

Quanto è la massa grassa di un atleta top come Filippo Barazzuol? E la frequenza cardiaca massima? Il massimo consumo di ossigeno? Tutte curiosità alle quali risponde il numero in edicola di Skialper con un interessante articolo del dottor Massimo Massarini di Vitalia Salute, che segue la preparazione e valutazione funzionale dell’atleta piemontese. Un articolo ‘ai raggi x’, con le simpatiche foto di federico Ravassard. «Si parte dal laboratorio. Come in un’auto da corsa prima di tutto bisogna conoscere le caratteristiche del motore e del telaio. Il primo test a cui è stato sottoposto Filippo Barazzuol è quindi quello per la determinazione del massimo consumo di ossigeno e delle soglie aerobica ed anaerobica» scrive Massarini nell’articolo pubblicato nella sezione Up & Down della rivista.

FORZA MUSCOLARE - La seconda serie di prove analizza la forza muscolare e la mobilità articolare. Un sistema dotato di accelerometri isoinerziali applicati al corpo dell’atleta permette di tracciare e ricostruire il movimento con assoluta precisione e, nel caso in cui appaiano delle alterazioni o delle asimmetrie, sarà possibile allenare e correggere i movimenti.

ALLENAMENTO E CONTROLLO - Il secondo step del lavoro è quello di pianificare, assieme all’atleta, il piano di allenamento. In genere si formula una proposta di massima per il mese successivo ma si è sempre pronti a modificare i programmi su base settimanale in base al meteo e alle sensazioni sul recupero. Il programma viene trascritto nel sito del cardio-gps usato in modo che sia visibile sia all’atleta che allo staff e controllabile. E i numeri di Barazzuol? Su Skialper c’è tutto, ma proprio tutto…
SALITA - È avvenuta dalla via Migotti, roccia I con tratti di II. Per raggiungere la via, dal rifugio Brentei (ci si arriva in circa 2 ore da Madonna di Campiglio passando dal rifugio Casinei , 3 ore e mezza dalla Val Brenta attraverso la Scala di Brenta) si prosegue verso la Bocca d’Ambiez. L’attacco è proprio prima della Bocca, lungo il tratto finale della ferrata.  



DISPONIBILE ANCHE SU APP - Skialper di dicembre-gennaio è disponibile nelle migliori edicole e su app. Per ogni info si può scrivere una mail o chiamare il numero 0124 428051. (Per la pagina abbonamenti cliccare qui). Per chi lo volesse acquistare la copia su smartphone o tablet, è sufficiente scaricare la app per iOS o Android e procedere all’acquisto direttamente in-app! 



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Steep Cima Tosa

Su Skialper 103 la probabile prima ripetizione del Canalone Ovest

«19 aprile 2015. Era da tempo che Luca percorrendo la strada da Campiglio a Mavignola osservava quella striscia di neve che scende a destra del Crozzon di Brenta. Quel canale inciso nella parete ovest di Cima Tosa, nel cuore del Brenta, è stata sciato negli anni Ottanta da Tone Valeruz, poi le notizie su eventuali ripetizioni si fanno lacunose» Inizia così l’articolo di Wolfgang Hell sulla discesa del Canalone Ovest di Cima Tosa sul numero in edicola di Skialper. 

CINQUANTACINQUE GRADI - 650 metri di dislivello con gli sci su 2.000 complessivi, una calata di una cinquantina di metri e pendenze fino a 55°: questo il menù della discesa di Wolfgang Hell, Luca e Roberto Dallavalle. «Siamo saliti dalla Vedretta dei Camosci per avere un’idea del salto finale, poi su fino in cima dalla via Migotti, molto secca nella scorsa stagione. Per noi sci ripido significa anche ‘by fair means’, vale a dire raggiungere le cime solo con la forza umana, senza alcun tratto utilizzando gli impianti di risalita» ha aggiunto Hell. Si scia prevalentemente nello stretto e la pendenza non molla mai.

SALITA - È avvenuta dalla via Migotti, roccia I con tratti di II. Per raggiungere la via, dal rifugio Brentei (ci si arriva in circa 2 ore da Madonna di Campiglio passando dal rifugio Casinei , 3 ore e mezza dalla Val Brenta attraverso la Scala di Brenta) si prosegue verso la Bocca d’Ambiez. L’attacco è proprio prima della Bocca, lungo il tratto finale della ferrata.  

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Sciata bedda su a muntagna

Su Skialper un ampio reportage sull’Etna con sci e pelli

«Ultima ora di lezione. Sopporto ancora con infinita pazienza i miei clienti inglesi che scoppiano a ridere appena sentono che il loro maestro di sci è siciliano e per la centesima volta in questa stagione mi sento ripetere: ‘Can you ski in Sicily?’. Sorrisetto di circostanza e rispondo: ‘Yes, you can’. A Courchevel, nella stazione dove lavoro come maestro di sci, è ormai fine stagione e, mentre i miei colleghi sono già con la testa al mare e qualche bella spiaggia dove scaldare le ossa, io ho un solo pensiero: chiudere la mia stagione invernale con qualche scialpinistica sulla mia ‘bedda’ montagna: l’Etna!» comincia così l’articolo di Marco Tomasello sull’Etna sul numero di Skialper di dicembre-gennaio. Un reportage da leggere tutto d’un fiato, con le splendide foto di Davide Dal Mas e consigli da insider per salire con le pelli e scendere con gli sci. Marco, infatti, conosce molto bene ‘a Muntagna’ ed è anche guida vulcanologica…

PUNTA LUCIA - Quello di Punta Lucia è uno dei fuoripista più belli del vulcano. 1.700 metri di dislivello tra half-pipe naturali, vecchi crateri e antiche colate laviche per finire con uno slalom naturale tra le betulle, il tutto su una stupenda neve primaverile. Come premio… una grigliata di pesce nel centro storico di Catania e un giro per i numerosi pub del centro.

VALLE DEL BOVE - Il versante sud dell’Etna è la zona più frequentata e conosciuta del vulcano. Complice di tale successo la presenza della funivia dell’Etna che in estate attira migliaia di visitatori e in inverno consente di arrivare a quota 2.500 metri senza usare le pelli di foca. Dopo una breve salita con le pelli, ci si ritrova sull’orlo della Valle del Bove, un enorme anfiteatro vulcanico lungo otto chilometri e largo quattro da dove partono numerosi canalini con pendenze costanti dai 30 ai 40 gradi e dislivelli fino a 1.000 metri quando l’innevamento è buono…

INCREDIBILE ETNA - Quello che rende unico sciare sull’Etna è il passare nello stesso giorno dalla neve e dai fenomeni di un vulcano attivo a un bagno nel mare cristallino, ritrovandosi la sera a passeggiare in città barocche ricche di monumenti e templi testimoni delle numerose culture che hanno attraversato questa splendida isola. Alla faccia degli inglesi…

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Nuova discesa sul M. Bianco per Kilian e Vivian Bruchez

I due hanno sciato il versante sud-ovest dell’Aig. du Chardonnet a Natale

Decisamente un Natale diverso quello di Kilian e di Vivian Bruchez che, proprio nel giorno della natività hanno disegnato quella che è la prima discesa nota della faccia sud-ovest dell’Aiguille di Chardonnet, nel gruppo del Monte Bianco. Un itinerario impegnativo, che unisce sci e alpinismo, con 850 metri di dislivello e pendenze intorno ai 40-45 gradi. In tre punti bisogna disarrampicare, per un totale di una cinquantina di metri. La salita è stata aperta nel 1925 da Armand e Georges Charlet, insieme a Camille Devouassoux e Roger Frison-Roche. Secondo quanto dichiarato da Bruchez a Montagnes Magazine, salita e discesa hanno richiesto otto ore, con un’ora e mezza di discesa e i due avevano già fatto un tentativo a inizio dicembre ma non erano arrivati in vetta. 
 
 

 

Steep Christmas in Chardonnet
Thanks Vivian Bruchez Steep Skier-Mountain Guide to find and share this line, finding snow between rock towers on the west face of Chardonnet. A great way to spend Christmas day!
Posted by Kilian Jornet on Sabato 26 dicembre 2015


Enrico Mosetti, dalle Alpi Giulie al Peru'

Su Skialper intervista a uno dei giovani protagonisti dello sci ripido

Enrico il ‘Mose’ Mosetti, goriziano, leva ’89. Gli sci come gioco fin da bambino: a 14 anni ha abbandonato le piste e iniziato con lo skialp, la prima discesa un po’ ripida a 17, il canalone Huda Paliza, solo e in gran segreto. La scorsa stagione in generale pochi exploit sulle Alpi? Allora riscaldamento sulla Est del Triglav e poi Sperone della Brenva sul Bianco e infine via in Perù a spaccare per davvero e portarsi a casa le più belle discese del 2015 in solitaria: lo scivolo dell’Artesonraju, la montagna della Paramount per intenderci,  e la ovest del Tocllaraju, 50° e più nell’aria sottile dei 6.000 m. Andrea Bormida ha intervistato questo giovane protagonista dello sci ripido su Skialper di dicembre-gennaio. Un articolo da non perdere con le splendide foto di Leonardo Comelli e Caroline Gleich.

LE ALPI GIULIE - «È qui che ho mosso i primi passi in montagna e ancora prima sono stato portato in giro dentro uno zaino... Sono a tutti gli effetti una seconda casa, negli ultimi anni forse anche la prima casa. Le Giulie sono montagne poco conosciute, poco addomesticate e ancora selvagge. Nonostante la bassa quota - il Triglav è la cima più alta (2.863 m) - le nevicate sono spesso abbondati, a fine aprile succede di trovarsi con ancora diversi metri di neve a 1.800 metri, questo anche grazie al fatto che siamo piuttosto vicini al mare… Le possibilità sono davvero tante, dal canalone di mille metri a 40° alla parete super esposta a 55°. Certo, a volta bisogna aspettare diversi anni per trovare le condizioni, ma questo un po' dappertutto».

PROGETTI - «Prendendo spunto da quello che ha fatto Chris Davenport in Colorado, mi è venuta l’idea di sciare tutte le montagne sopra i 2.400 metri della regione. Come detto non sono montagne alte ma ce ne sono parecchie, ho scelto i 2.400 metri non a caso; sempre ispirandomi a Davenport, ho preso la misura in piedi. Lui aveva 14.000 piedi, circa 4.200 metri, io ho fatto due conti e una misura interessante era 8.000 piedi, poco più di 2.400 metri. Molte delle 56 montagne in lista le ho già sciate, l'idea è però di farle tutte in una stagione e magari quelle già sciate lungo un altro itinerario». 

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Monte Piselli, la polvere inaspettata

Su Skialper in edicola discese molto panoramiche vista mare

«Una delle cose che ho imparato viaggiando con i miei sci in giro per il mondo è che spesso la neve fresca la si può trovare nei posti più inaspettati. A volte non è necessario viaggiare per migliaia di chilometri per trovare posti dove lasciare la propria traccia nella neve profonda in mezzo a panorami mozzafiato». Inizia così il racconto di Martino Colonna, con le stupende foto di Lorenzo Alesi e Tania Montani, oltre a quelle dello stesso Colonna, su Monte Piselli. La ‘montagna dei fiori’, quando arrivano le correnti giuste, sa regalare sciate ‘canadesi’, con powder a volontà vista mare Adriatico… 

NEVE BALCANICA -
Monte Piselli, grazie alla sua posizione unica a ridosso del mare, è infatti la prima montagna che incontrano le fredde correnti balcaniche che rilasciano qui l’umidità che hanno caricato passando sull’Adriatico. Talvolta si imbiancano anche le spiagge di San Benedetto del Tronto e sembra che la neve in città ad Ascoli Piceno sia una ricorrenza abbastanza consueta. Nei boschi e nelle zone esposte ad ovest, sottovento rispetto alle correnti balcaniche, si determinano condizioni eccezionali di powder. Le discese sono per tutti i gusti, dalla faggeta al campo aperto, dai più ripidi canali sotto il Costone, fin giù alle quote più basse dove il pendio diventa dolce e disseminato di caciare. Le caciare sono dei piccoli edifici circolari di pietra utilizzati dai pastori come rifugio e per la lavorazione dei formaggi. 

SLALOM TRA LE NEVIERE -
Sciando nei boschi bisogna di tanto in tanto stare attenti alle neviere, delle grandi buche di forma conica scavate nel terreno. Nel passato, dopo ogni nevicata, la neve veniva accumulata all’interno di questi buchi, pressata e poi coperta con foglie e rami secchi. Con il passare del tempo, una volta diventata ghiaccio, veniva tagliato a blocchi e trasportato verso valle. Fino agli anni Cinquanta, durante l’estate, si scoprivano le neviere e con i muli si trasportavano a valle i blocchi che venivano utilizzati per l’industria del baco da seta, per le gelaterie di Ascoli e per mantenere fresco il pescato a San Benedetto. 

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Tamara, the big Heidi

L’ex scialpinista e ora specialista degli ottomila su Skialper di dicembre

«Si dice che per capire una persona, niente sia utile come recarsi nella sua casa ed osservare quello che essa vede ogni giorno. Ho avuto la possibilità di fare qualcosa di simile, salendo - in un’atmosfera a dir la verità un po’ da gita scolastica - al rifugio gestito dai Lunger, il Latzfonserkreuz, in Alto Adige e in cui la figlia ha lavorato fin da piccola. Si trova a poca distanza da Bressanone, fra pascoli dalla dolce pendenza e un santuario settecentesco a cui lei è particolarmente devota». Comincia così l’articolo-intervista di Alessandro Monaci a Tamara Lunger, ex scialpinista agonista e seconda donna italiana da avere scalato il K2, impegnata proprio in queste settimane nel tentativo di salita invernale al Nanga Parbat con Simone Moro. Ecco quale anticipazione.

RICORDI DELLE GARE DI SKIALP - 
«Nel 2009 avevo molta pressione, ma anche tanti dolorini. E quindi è stata così dura che non ho fatto più niente e la gente mi diceva: ‘Come mai ora vai solo a spasso?’. Questo mi ha fatto davvero male. Mi ricordo di una gara in coppia in cui ho detto alla mia compagna: ‘Oggi ci facciamo una bella giornata. Non cerchiamo di essere veloci, godiamocela’. Siamo arrivate penultime e lì secondo me ho fatto vedere a tutti che non me fregava un cavolo di cosa loro pensassero di me. Anche se il periodo è stato duro, ho imparato tanto. Adesso mi sento molto più forte»..

ALLENAMENTO -
«Non mi alleno mai con un piano, ma secondo il meteo, il tempo che ho e la voglia. È molto meglio, perché non mi va di perdere questa passione. Non devi essere troppo precisa, anche se una volta bevi cinque birre o mangi mezzo chilo di cioccolata, non c’è niente di male. Se ti tieni, ce la fai per un certo periodo, ma poi rovini tutto perché la vita diventa troppo dura e non puoi seguire più il tuo istinto e di conseguenza perdi la libertà». 

UOMINI - «
Mi trovo decisamente meglio con gli uomini, perché dopo qualche giorno non ti vedono più come donna. Sei un climber e non c’è più sesso, no? E quindi ti raccontano le loro storie con le ragazze o morose. E tu sei lì a ridere». 

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A come agonismo

Su Skialper di dicembre-gennaio abbigliamento agonistico e consigli dei pro

«Sicuramente nel mondo agonistico l’attrezzatura è importante, bisogna avere del materiale consono per affrontare con rapidità e sicurezza la gara. La preparazione è fondamentale, chi pratica già lo skialp è abituato ai dislivelli ma magari non affrontati con le pulsazioni cardiache al di sopra del normale, quindi è necessario mantenere il fondo aerobico di base andando a inserire dei lavori anaerobici, con cambi di ritmo durante la salita, bisogna cercare di affinare la tecnica di discesa adattandola ai materiali da gara. La tecnica di salita e discesa è una componente veramente importante e affinandole si ha un risparmio energetico notevole che vuol dire minuti in meno». A parlare è l’ex DT della nazionale Oscar Angeloni. Vertical, Individual o gare a coppie conquistano tanti amanti della montagna e dello sport. Un pubblico eterogeneo perché c’è chi pratica regolarmente skialp ‘touring’ e ogni tanto vuole mettersi alla prova con il cronometro, ma anche chi arriva dalla corsa o dal fondo e utilizza lo scialpinismo come allenamento invernale, magari solo nelle gare vertical. Ma come affrontare al meglio allenamenti e gare? Su Skialper in edicola ecco qualche ‘dritta’ di pro, medici e allenatori e soprattutto, le ultime proposte delle aziende per quanto riguarda tute, guanti, caschi, ramponi, piccozze & co nelle stupende foto di Federico Ravassard.

PRIMA E DOPO - «Prima della gara è bene essere coperti in modo da fare un riscaldamento adeguato e non arrivare in partenza con i muscoli ancora freddi, appena finita la gara è bene coprirsi per fare il classico defaticamento» dice Oscar Angeloni. Fondamentale, a detta di tutti, cambiarsi subito la maglietta intima bagnata al traguardo. «Prima della gara è ottimo avere con sé uno strato in Primaloft da lasciare alla partenza/arrivo e, quando si termina, maglietta di ricambio e di nuovo il Primaloft (giacca e pantalone)» dice Katia Tomatis. Robert Antonioli invece segnala il metodo ‘tedesco’, utilizzato spesso da Palzer & co. «Nel warm up di solito tengono solo la parte alta della tuta e si riscaldano con la maglietta intima, poi la sostituiscono prima del via per non essere già sudati sotto».

QUALCHE GRAMMO IN PIÙ… - «Il peso è importante ma bisogna sempre trovare il giusto feeling con l’attrezzo, alle volte leggerezza non equivale a una migliore prestazione, se si ha uno sci molto leggero sicuramente si è avvantaggiati sulla salita ma se poi in discesa è insciabile si va a perdere il tempo guadagnato» dice Oscar Angeloni. Sono della stessa idea anche gli azzurri. Per Katia Tomatis è «meglio qualche grammo in più e uno sci più sciabile... non sono i 10-20 grammi che ci fanno vincere o perdere». «Chi inizia o non ha velleità di classifica può usare sci tipo i Syborg di La Sportiva che pesano magari 100 grammi in più ma sono decisamente più sciabili». «Sci gara top o appena sotto, però la leggerezza è fondamentale in gara» secondo Robert Antonioli.

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Fernanda Maciel ancora sull'Aconcagua

La brasiliana tenterà la salita e discesa in velocità a fine gennaio

L’anno scorso un primo tentativo non riuscito. Ora Fernanda Maciel, la runner brasiliana, cercherà ancora di salire e scendere in velocità l’Aconcagua, vetta più alta del Sud America. Il suo obiettivo? Secondo quanto dichiarato a carreraspormontana.com, 12 ore in salita e 5 in discesa. La brasiliana si sta preparando studiando le reazioni del suo corpo allo sforzo fisico in alta quota e facendo tesoro degli errori del primo tentativo. Come pacer avrà Nicolàs, la stessa persona che ha aperto la strada a  Karl Egloff, detentore del record di salita e discesa (11h52’). Le date probabili del tentativo di record sono il 22-24 gennaio. Intanto la Maciel ha anche dato qualche indicazione sul suo possibile calendario agonistico 2016: nella lista dei desideri Marathon des Sables, Western States, Buff Epic Trail e UTMB.  


Metti un Torrone nel Forno

Su Skialper di dicembre una interessante discesa in Engadina

Ci sono posti talmente belli, dal punto di vista paesaggistico e sciistico, da richiamare l’attenzione di non pochi, anche all’interno della ristretta cerchia dei collaboratori di Skialper. Come, per esempio, la selvaggia Val Forno, in Engadina, e soprattutto la discesa della parete Nord del Pizzo Torrone Centrale, che raggiunge in alcuni punti i 50°. Si tratta di una valle con una lunga e coreografica lingua glaciale raggiungibile dal passo Maloja o, con scollinamento, dalla Valmalenco. Una valle particolare anche dal punto di vista sciistico, con lungo e noioso avvicinamento e discese veloci quanto avvincenti… Non c’è dubbio però che la regina delle discese in zona è proprio quella disegnata in quello scivolone bianco che scende dritto sulla Nord del Pizzo Torrone Centrale, sciato da Roberto Ganassa con gli amici Beno, Vale e Caspoc e da Davide ‘Gerri’ Terraneo e Mattia Varchetti. La stessa zona è stata più volte battuta anche da un altro collaboratore di Skialper, Marco Romelli, con itinerari alternativi ma altrettanto interessanti. In redazione sono arrivate le proposte di tutti questi ‘skialper’. Quale scegliere? Facciamo un lavoro a 4, anzi a 6 mani? Non sempre facile… Alla fine abbiamo optato per la varietà fotografica di Roberto Ganassa che ha fotografato la montagna da più angolazioni e gli itinerari alternativi di Marco Romelli per avere un dossier più ampio. Non abbiamo però voluto tralasciare la discesa di Gerri e Mattia, pubblicando un box all’interno dell’articolo nel quale hanno raccontato anche la loro esperienza sul Torrone. Come spesso accade, coordinare diverse persone ed esperienze comporta la sensibilità di un direttore d’orchestra… ed è successo che la foto di apertura, di Gerri Terraneo, ritragga in realtà Mattia Varchetti in perfetta azione sul Torrone e non i personaggi ai quali fa riferimento l’articolo principale. Una scelta dell’ultimo minuto perché le condizioni del canale ci sembravano migliori in quella foto. Però ci siamo dimenticati la didascalia…

SCIVOLONE BIANCO - «A me e a Vale mancano ormai solo 20-30 metri per raggiungere i compagni al colle, Caspoc è pronto per la discesa ma non capisco come mai ci saluti dall’alto - scrive Roberto Ganassa a proposito della Nord del Torrone -. Potrebbe fare quattro o cinque curve e poi salutarci, ma quando lo guardo partire capisco il perché: è sceso diritto senza curvare, ad alta velocità. Non sono riuscito nemmeno a fargli una foto. Poi parte anche Beno ma con molta più calma. Comunque in poco tempo è in fondo alla parete. Vale parte e adesso tocca proprio a me, a meno che scenda dal versante opposto (fattibile) in Val Torrone, dunque in val di Mello. L’unica opzione rimane quella di provare a curvare su questo scivolone. Dopo le prime curve mi accorgo che è proprio uno spettacolo e allora mi lascio andare e recupero fiducia, cominciando a divertirmi».

PANORAMICO MONTE FORNO - Tra gli itinerari alternativi proposti da Marco Romelli, invece, il Monte del Forno (3.214 m) e la Cima di Rosso, parete nord (3.366 m). Il primo ha una difficoltà BSA e 640 metri D+, il secondo difficoltà alpinista AD e BSA per la discesa normale e circa 1.600 m D+.

ALTRE POSSIBILITÀ -
Il Monte Sissone (3.330 m) è forse il più abbordabile dei giganti allineati presso il circo superiore del Vadrecc dal Forno. A partire dal Passo Sissone, sull’itinerario di discesa qui descritto per Cima di Rosso, seguire la cresta nord (gli ultimi metri con i ramponi). La Cima di Castello (3.375 m) e la Cima dal Cantun (3.354 m) sono fattibili entrambe valicando il Pass dal Cantun, a nord-ovest del Torrone. Si tratta di itinerari primaverili lunghi, complessi, con passaggi delicati: quando le condizioni sono buone (aprile-maggio), non si può chiedere di meglio!

DISPONIBILE ANCHE SU APP - Skialper di dicembre-gennaio è disponibile nelle migliori edicole e su app. Per ogni info si può scrivere una mail o chiamare il numero 0124 428051. (Per la pagina abbonamenti cliccare qui). Per chi lo volesse acquistare la copia su smartphone o tablet, è sufficiente scaricare la app per iOS o Android e procedere all’acquisto direttamente in-app!

A questo link la presentazione completa del numero


Kilian, obiettivo 112 case in Nepal

Il catalano sta cercando di raccogliere i fondi per ricostruire Langtang

Sabato scorso, a Barcellona, c’è stata la prima di Langtang, il terzo film della serie Summits of my Life, il resoconto dell’ultimo viaggio in Nepal, subito dopo il terremoto della scorsa primavera, quando il catalano ha portato soccorso alle popolazioni della valle di Langtang. Kilian doveva tentare il record di salita e discesa sull’Everest ma il tragico evento ha portato all’annullamento della spedizione e a un viaggio umanitario. Ora l’obiettivo, per il quale Kilian sta cooperando con SOS Himalaya, è quello di costruire 116 case con la tecnica nepalese Jasta Pata. Tutti i proventi della serata di presentazione di Barcellona verrano devoluti per la causa e si spera di raccogliere 58.080 dollari. Il costo principale dell’operazione, circa il 64% del totale, riguarda il trasporto dei materiali, perché per raggiungere la valle è necessario l’elicottero. Basta pensare che una casa costa 180 dollari, mentre il volo dell’elicottero, che può trasportare il materiale necessario per 3,7 case, costa 1200 dollari.
 

 

Tanta emoció, solidaritat, inspiració... és difícil reflexar el que es va viure ahir a la presentació de #Langtang, però... Posted by Summits of my life on Domenica 13 dicembre 2015


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