Da Est a Ovest

«Bianco. Nessun colore ci accompagna, mentre seguiamo l’ago della bussola che ci conduce a Ovest-Nord-Ovest. Whiteout. Niente suoni, tranne il vento che per fortuna oggi soffia più leggero. Per il resto, solo il ritmo degli sci e il nostro fiato. Abbiamo lasciato il fiordo di Isortoq da qualche giorno e siamo in pieno deserto bianco. Tento di interpretare le forme della neve, quando è il mio turno a battere traccia. Creste, buchi, sculture traforate dal vento. Una zampa d’orso. Che ci fa qui, a quasi cento chilometri dalla costa?». Sono queste le emozioni della traversata della Groenlandia, da Est a Ovest. Ne scrive Leonardo Bizzaro su Skialper 118 di giugno-luglio, dedicato alle traversate, disponibile in edicola. Se proprio non lo trovate, potete sempre richiederlo a noi, oppure acquistare la versione digitale.

©Leonardo Bizzaro

AVVENTURA BIANCA - Groenlandia, 14 agosto-10 settembre 2017, autunno a quelle latitudini. La traversata della più grande isola ghiacciata della Terra per Leonardo è un sogno fin da bambino, quando ha letto e riletto un libro sui grandi esploratori e fra tutte è rimasta in testa l’avventura di Fridtjof Nansen, ventisettenne di Christiania (Oslo), il suo viaggio da costa a costa del 1888, nella stessa stagione, da Est a Ovest. Una traversata con notti a -35° e una media diurna tra gli 0° e i -10°. I venti catabatici, che si rinforzano a Ovest sulle pianure canadesi e dall’Islanda sull’Oceano Atlantico a Est, posso frullarti per l’intero viaggio, in continuo contrasto, tanto da avere, dal mattino alla sera, bufera da ogni direzione.  Ci vogliono almeno ventotto giorni per lasciare la traccia degli sci dalla costa Est alla costa Ovest. E Leonardo c’è riuscito…

©Leonardo Bizzaro

MATERIALI - Cosa si usa per una traversata in Groenlandia. Degli sci Åsnes Nansen 190 cm, attacchi Rottefella Backcountry Magnum, scarpe Alfa Polar (abbondanti di almeno tre misure) con solette Woolpower in lana e alluminio… e poi tanto altro. Ne parliamo sul numero in edicola di Skialper!

©Leonardo Bizzaro

 


Nuovo tentativo di record per Emelie Forsberg

Dopo il record a fine giugno, nel giro di pochi giorni, di salita e discesa su Monte Bianco e Monte Rosa, un altro tentativo di fastest known time aspetta Emelie Forsberg. La svedese, compagna nella vita di Kilian Jornet, infatti, partirà alla mezzanotte di oggi per percorrere nel più breve tempo possibile il Kingslden, o Sentiero dei Re, un percorso di 450 km nella Lapponia Svedese che unisce Abisko ad Hemavan. Un sentiero solitamente percorso in 15 giorni… La quota più alta è 1.150 m, la più bassa 330 m. Per Emelie sarà anche un ritorno al passato, visto che quando aveva 19 anni ha lavorato al rifugio Saltoluokta, proprio lungo il Sentiero dei Re. «Il mio amore per la montagna è iniziato da qui, allora non sapevo che sarei diventata una trail runner professionista e ora invece voglio mettermi alla prova proprio nei luoghi dove tutto è iniziato».


Fischer Transalp Tour, il white out non ferma la voglia di avventura

«Gli altri cinque partecipanti sono davvero in arrivo da tutto il mondo. I più lontani sono Tyler dall'America ed Emilie dalla Norvegia. Poi c'è Dany dalla Svizzera, Evelyn dall'Austria e Regina dalla Germania. Le nostre facce hanno tutte un bel sorriso di felicità che però nasconde anche un po' di tensione perché non sappiamo esattamente cosa ci aspetta. Fortunatamente appena mettiamo gli sci ai piedi e iniziamo a muoverci ci si rilassa.  Data la tarda ora, le guide Peter e Stephan iniziano con un passo tutt'altro che rilassatoe rapidamente saliamo verso il primo colle. Purtroppo il meteo ci dà subito un assaggio delle condizioni che ci accompagneranno per tutto il tour: nubi, vento e il temuto white out». Il Fischer Transalp Tour è l'occasione, per pochi fortunati, di attraversare le Alpi con gli sci. Viene organizzato ogni anno e quest'anno c'era anche Giacomo Miglietta, l'unico italiano, che ha raccontato la sua esperienza a Skialper. Ne parliamo sul numero 118 di giugno-luglio.

©Max Kroneck

WHITE OUT - Il maltempo e la poca visibilità sono stati il lei-motiv della Transalp 2018, che purtroppo ha dovuto cambiare più volte programma e non è stata una vera e propria traversata e le gite si sono concentrate nella zona del Dachstein. Ma lo spirito è rimasto quello autentico e la partenza ha visto un interessante fuori programma negli stabilimenti della casa costruttrice austriaca.

©Max Kroneck

COME FUNZIONA - Si parte da un punto e si arriva in un altro, attraversando le Alpi da Nord a Sud o da Sud a Nord in una settimana. Questa la semplice ricetta del TransAlp Tour che il costruttore austriaco di sci organizza dal 2016. Per partecipare bisogna avere un buon allenamento, necessario per superare migliaia di metri di dislivello ogni giorno, una valida tecnica sciistica e candidarsi andando sul sito di Fischer. www.fischersports.com

©Max Kroneck


Val Rosandra, il mountain blues dei triestini

«Sono mitteleuropea, sono pallida come il calcare, che c’entro con il blues? Eppure ne sono esperta, perlomeno di una sua variante peculiare: il mountain blues. Avete presente il ricordo dolente dell’andar per vette quando lo sguardo è oppresso dalla mancanza di pareti? Quella libertà che si respira lassù, quanto la si rimpiange fra le catene del tran-tran quotidiano? (…) Vedo il mare ogni giorno, che ne posso sapere di montagna? Eppure su quello specchio d’acqua si affaccia un porto con ben tre storiche associazioni alpinistiche: la Società Alpina delle Giulie; lo Slovensko Planinsko Društvo Trst, l’associazione slovena, e la XXX Ottobre. Tutte ultracentenarie! Quel porto si chiama Trieste e io - mi presento - sono la Val Rosandra, forra rocciosa che incide il Carso alle sue spalle. Forse ancor più assurda di una valle che parla vi sembrerà una città di mare con una così atavica voglia di Alpe» inizia così l’articolo di Lorenzo Filipaz sulla Val Rosandra, un angolo di montagna, una palestra di arrampicata e oasi naturale perfetta per escursioni, a due passi dal mare del Friuli. Ne Parliamo su Skialper 118 di giugno-luglio.

©Andrea Salini/Outdoorstudio
©Andrea Salini/Outdoorstudio

LA STORIA DELL’ARRAMPICATA - Così vicina al mare, a bassa quota, eppure con un rifugio alpino (si dice il più basso d’Italia…) e soprattutto con pareti dove sono state scritte pagine e pagine di storia dell’arrampicata. In Val Rosandra sono passati Julius Kugy, Napoleone Cozzi ed Emilio Comici tra gli altri. Ma questo angolo alpino a due passi dal golfo di Trieste è anche un ottima palestra per sgranchire i piedi ed ecco che, con ai piedi gli ultimi modelli di scarpe Aku, siamo andati alla scoperta di quattro itinerari molto piacevoli, tra panorami aperti, corsi d’acqua, roccia e tanto verde. Si va dalla ciclabile Cottur al Monte Schena, dal Cippo Comici alla Via delle Acque. Se vi abbiamo messo voglia di partire alla scoperta di questa isola alpina così vicina a una città di grande fascino come Trieste, non vi resta che leggere l’articolo sull’ultimo numero di Skialper.

©Andrea Salini/Outdoorstudio

Sibillini, nelle pieghe dell’Appennino

I Sibillini prendono il loro nome dalla Sibilla, dispensatrice di verdetti profetici, il cui antro, secondo la leggenda, si troverebbe proprio sopra Montemonaco, punto di partenza della grande traversata di questi monti. Il Lago di Pilato era considerato una porta dell’inferno e sui valichi furono perfino costruiti dei muri per impedire il passaggio a maghi e sedicenti streghe. Forse è anche per questo che Guido Piovene, nel suo Viaggio in Italia, ha definito i Sibillini «i monti più misteriosi del centro Italia». E forse è anche uno dei motivi che ha spinto il nostro collaboratore Luca Parisse ad andare ad attraversarli a piedi. Ne parliamo su Skialper 118 di giugno-luglio.

©Luca Parisse

L’ITINERARIO - Partenza da Montemonaco, nel cuore del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. «Purtroppo il terremoto del 2016 l'ha colpita forte, troviamo solo un paio di negozi di prodotti tipici aperti, ma neanche la possibilità di prendere un caffè; in giro zero italiani, solo turisti d'oltralpe» esordisce Parisse. Poi tappa verso il Rifugio Sibilla e l’omonimo monte. «Dopo una sveglia all'alba, siamo pronti per affrontare la lunga cresta dei Sibillini che ci permetterà di ampliare i nostri orizzonti fino al versante umbro e godere della vista sulla piana di Castelluccio da un'insolita angolazione». L’itinerario descritto raggiunge Cima Vallelunga, a quota 2.221 metri e la cresta fino alla cime del Monte Porche, dove il terreno è tappezzato di stelle alpine. Si prosegue poi fino al bivio del Monte di Palazzo Borghese che interseca la cosiddetta Strada Imperiale, il punto di passaggio ideale per i montanari quando i traffici e le comunicazioni si svolgevano su bestie da soma. Sulla cresta è impossibile non notare la spaccatura nel terreno creata dal terremoto del 2016. Il giro ad anello porta poi, volendo, fino all’abitato di Foce.

©Luca Parisse
©Luca Parisse

 UN TRAIL PER TORNARE A SPERARE - In un territorio che merita di essere riscoperto Total Training, una start up innovativa del settore sport endurance, con il supporto del Comune di Montemonaco, ha fatto nascere il Sibilla Trail, in programma 14 luglio, sulla distanza di 15 km e 1.600 m D+ e 10 km e 600 m D+. Informazioni nella sezione eventi del sito www.thetotaltraining.com

©Luca Parisse

La traversata dell'amicizia

L’hanno chiamata la ‘traversata dell’amicizia’. A tentare di traversare le Orobie, come aveva fatto in passato Angelo Gherardi, non è stato infatti solamente il figlio Alessandro (di Zogno), ma insieme a lui c’era Simone Moro. E anche un’altra cordata bergamasca nel corso della stagione ha portato a termine il progetto (a Moro e Gherardi, per la verità, manca un’ultima parte, si sono fermati in prossimità del rifugio Mambretti) partendo addirittura dal Lago di Como, a Varenna. Ne parliamo su Skialper 118 di giugno-luglio, nell’articolo a firma di Tatiana Bertera.

©G.M. Besana
©G.M. Besana

ITINERARIO - Da Ornica fino al rifugio Mambretti, anche se l’obiettivo era Carona, in Valtellina, su e giù per i giganti delle Orobie, macinando anche 2.500 metri di dislivello e su distanze fino a quasi 30 chilometri quotidiani. Questi i dati del duo Moro-Gherardi. A portare a termine la traversata è stata però la coppia di bergamaschi Maurizio Panseri e Marco Cardullo, partiti il 21 aprile da Varenna. Hanno così allungato il tracciato dell’originale traversata compiuta da papà Gherardi nel 1971 e poi nel 1974 arrivando fino a Carona in Valtellina e nelle loro intenzioni future c’è quella di arrivare fino a Corteno Golgi, in Valle Camonica. «Era da tempo che pensavo di ripetere la traversata, partendo però dal lago, sopra Lecco, e arrivando a Corte in Valcamonica. Nella parte di traversata fatta dal Gherardi ci siamo mantenuti il più possibile fedeli al percorso originale» ha detto Panseri. «Non cercavamo record, non c’era nulla di nuovo, nessuna volontà di stabilire una salita record né di strabiliare nessuno - il pensiero di Simone Moro -. Volevamo solo regalarci un viaggio scialpinistico forse poco ordinario tra le montagne di casa, le Alpi Orobie. Abbiamo così deciso di ripercorrere a modo nostro la traccia e l’idea di Angelo Gherardi, papà di Alessandro detto Geko, che nel 1971 realizzò la prima traversata scialpinistica delle Orobie» ha detto invece Simone Moro. Le montagne belle e selvagge si possono trovare anche a due passi da casa, come è solito ricordare Hervè Barmasse, senza bisogno di volare all’altro capo del mondo...

©Michele Oprandi

La Promenade

Fra i legni lunghi due metri e dieci e i palettoni da 106 millimetri sotto il piede scivolano via cinquant’anni. Come niente fosse. Decenni di vite, senza che la montagna se ne sia neppure accorta. Corse, salite, discese, gare, neve, pioggia e sole. E lei sempre uguale a se stessa. Sempre lì, a due passi da casa. È il 1970, nello sconfinato bianco della Val d’Aosta, in condizioni di neve perfette e abbondanti, tre ragazzi. Guido, Ruggero, Carlo. Ad aprile, primi di sempre, tracciano il loro sogno: attraversare la regione sugli sci, da Champorcher a Gressoney. Tredici tappe, due giorni di sosta per maltempo, 37.000 metri di dislivello. Quando arrivano alla meta, il giorno della Festa del Lavoro, a unirli non è solo la sensazione di aver fatto qualcosa di mai visto. È la certezza di aver fissato un’amicizia. Di averla messa alla prova. Nelle difficoltà e nelle risate.

©Achille Mauri

Anno 2017, mese di maggio. La storia si ripete. Sulle stesse linee che ogni anno decine di persone ripercorrono, sugli stessi passi che gli atleti del Tor des Géants inanellano frenetici, il sogno di Guido, Ruggero e Carlo rinasce. È lo spirito a dettare le regole: nessuna sfida contro il tempo, nessun bisogno di leggerezza per correre più veloci. Lì, a due passi da casa, Shanty Cipolli e Simon Croux decidono semplicemente di ripercorrere quel che qualcuno ha già fatto. Per raccontare a tutti, senza esibizionismi alpinistici. Per divertirsi in stile freeride. E per raccontarlo nel cortometraggio La Promenade. Veronica Balocco e il fotografo Achille Mauri hanno incontrato Shanty e Simon per fare rivivere ai lettori di Skialper quelle emozioni così indelebili. Ne parliamo su Skialper 118 di giugno-luglio.

Simon Croux ©Achille Mauri
Shanty Cipolli ©Achille Mauri

IL FILM - Online su YouTube dallo scorso 29 gennaio, La Promenade (25’ 48”) è il film che racconta i 300 chilometri e 20.000 metri di dislivello percorsi da Shanty Cipolli e Simon Croux nella loro avventura scialpinistica. Prodotto da Grobeshaus Production di Aosta, il video è stato scritto e diretto dal filmaker Michel Dalle, maestro di snowboard. Al suo attivo da un paio d’anni anche il film cAPEnorth, realizzato con la comproprietaria di Grobeshaus, Francesca Casagrande, per raccontare il viaggio su un’Ape Piaggio di due giovani aostani fino all’estremo nord della Scandinavia.

 

https://youtu.be/-Ps_jngsL-A

 

 

 

 


Sentinelle senza frontiere

Poche regole: sci sopra i 100 al centro, divieto di abbigliamento attillato e iscrizioni tramite una lettera scritta a mano. Obiettivo? La ricerca di cose belle: paesaggi, pendii in polvere, momenti di convivialità, sciate al tramonto. E di sciate transfrontaliere. Benvenuti alla Sentinelle, il raduno inventato dalla skibum aristocracy, alias Bruno Compagnet & Minna Riimaki. Skialper era media partner dell’edizione svoltasi a fine marzo e ne parliamo sul numero 118 di giugno-luglio.

©Federico Ravassard
©Federico Ravassard

EMOZIONI - «La Sentinelle è un ritrovo di una comunità internazionale di sciatori appassionati di sci di montagna». Comincia cosi il manifesto della manifestazione. Già il fatto che le regole vengano presentate sotto forma di manifesto, quasi come se fosse un'avanguardia artistica, lascia capire che siamo parecchio fuori dai canoni dei comuni eventi scialpinistici. Una visione allo stesso tempo rilassata e ingaggiata dello scialpinismo. Rilassata, perché comunque si sale tranquilli e magari dopo la gita una sigaretta ci scappa pure, per accompagnare la media (le medie, ops) di birra. Ingaggiata, perché comunque se c'è da pedalare lo si fa a testa bassa, magari anche per più di 2.000 metri di dislivello positivo, con picca e ramponi che non rimangono di certo inutilizzati. Paesaggi, pendii in polvere, momenti di convivialità, sciate al tramonto, ma anche quel cappellino che si può comprare solo in un negozio in fondo al Vallese o comunque tutto ciò che può essere stravagante e, diciamolo pure, vagamente hipster. Il manifesto stesso strizza l'occhiolino all'uso incontrollato di camicie di flanella e occhiali da ghiacciaio vintage. La prima edizione si è tenuta a fine marzo in Valgrisenche, Val d'Aosta: una scelta non casuale, dettata da valloni selvaggi, solitamente battuti solo dall'heliski, e dal fatto di essere posta sul confine con la Tarentaise: la natura transfrontaliera dell’andare in montagna è infatti un altro dei capisaldi della Sentinelle. Ci siamo trovati in trenta (da dieci Paesi diversi!), una mattina di metà settimana, per salire al Rifugio Bezzi, che avrebbe fatto da covo per i successivi giorni di scorribande su e giù per le montagne sovrastanti il ghiacciaio. E noi eravamo lì per raccontarvi tutto quello che è successo…

©Federico Ravassard
©Federico Ravassard
©Federico Ravassard

È uscito il numero 118 di Skialper

Traversate. Con gli sci o a piedi, magari a ritmo di corsa. Sulle Alpi, sugli Appennini o in Groenlandia. L’importante è andare e attraversare. Sono tante le imprese di questo tipo chiuse nella scorsa primavera, in alcuni casi cronometro alla mano per tentare di battere un record, altre volte semplicemente per la sana voglia di partire alla scoperta delle montagne inventandosi nuovi itinerari, magari con sci larghi al centro. E Skialper 118 di giugno-luglio, in tutte le edicole e anche nell’edicola digitale di Skialper, è dedicato in buona parte a questo affascinante argomento. Un numero di 176 pagine con lo speciale allegato di 48 pagine sui 90 anni de La Sportiva, estratto del libro celebrativo della ricorrenza realizzato dalla nostra casa editrice.

SENTINELLE SENZA FRONTIERE - Una lettera motivazionale scritta a mano, sci superiori ai cento millimetri al centro obbligatori e vestiti attillati da gara rigorosamente vietati. Sono questi gli ingredienti de La Sentinelle, il raduno inventato da Bruno Compagnet e Minna Riimaki. Nel 2018 l’appuntamento era in Valgrisenche e sulle nevi della Scandinavia. Skialper, media partner dell’evento valdostano, vi fa rivivere quei giorni molto intensi con le parole e le immagini di Federico Ravassard.

©Federico Ravassard

4FACES - Paul Bonhomme è un nome poco conosciuto ai più, eppure la Guida alpina francese si è inventata un’impresa che unisce lo sci ripido al gusto della scoperta e dell’esplorazione. Il progetto 4Faces, in programma a fine maggio, prevedeva di salire e scendere nella stessa giornata su quattro versanti dell’Aiguille Verte, nel gruppo del Monte Bianco. Andrea Bormida ha incontrato e intervistato Paul ad Annecy.

SKI TRANS ALT TIROL - Dal Lago di Garda al Tirolo Orientale, lungo quelli che erano i confini del Tirolo Asburgico. Ecco la bella idea di Alessandro Beber, che si è fatto accompagnare lungo il percorso da altri scialpinisti. Con l’obiettivo di scoprire valli e monti selvaggi, come per esempio la catena del Lagorai, e di fare anche qualche bella sciata senza l’assillo del cronometro. Una traversata dagli ulivi ai ghiacciai.

Persi nell'immensità della traversata del Tirolo Storico ©Matteo Pavana

DER LANGE WEG - Dalle vicinanze di Vienna a Nizza. Con gli sci o a piedi. Ci avevano provato quattro austriaci nel 1971 ed erano arrivati a destinazione dopo 41 giorni, ci hanno provato in sette, con la regia di Red Bull, lo scorso marzo. Sulla Der Lange Weg si è detto e scritto molto e non sono mancate le polemiche: noi abbiamo cercato di viverla da dentro, intervistando uno dei protagonisti, Philipp Reiter.

Lungo la Der Lange Weg ©Philipp Reiter

LA PROMENADE - In francese significa ‘la passeggiata’ ed è il titolo di un bel cortometraggio sul giro della Valle d’Aosta, da Courmayeur a Courmayeur, di Shanty Cipolli e Simon Croux. Giovanissimi, freerider, i due valdostani sono partiti con lo spirito della scoperta, con sci larghi e vestiti non certo da gara. Veronica Balocco e il fotografo Achille Mauri li hanno incontrati per fare rivivere ai lettori di Skialper quelle emozioni.

Simon Croux ©Achille Mauri

LA TRAVERSATA DELL’AMICIZIA - Con gli sci sulle Orobie, nella Bergamasca, da Ovest a Est. Per ricordare chi, quella traversata, l’aveva inventata. Lo ha fatto Simone Moro, in compagnia del figlio dell’inventore dell’itinerario. Ed è quello che, sempre nella primavera appena finita, hanno fatto Maurizio Panseri e Marco Cardullo, chiudendo il percorso integrale.

TRANSALP - Ormai è un appuntamento fisso: la traversata delle Alpi da Nord a Sud o da Sud a Nord organizzata dalla Fischer. Dal 2015 l’azienda austriaca seleziona appassionati skialper per questa impresa e nel 2018 si partiva dallo stabilimento del marchio austriaco per arrivare in Italia. Purtroppo il maltempo non ha aiutato il progetto, ma il divertimento non è mancato.

DA BORMIO A LIVIGNO - Un nuovo itinerario per collegare con sci e pelli Bormio a Livigno, alla ricerca di neve polverosa e panorami sconfinati. Un itinerario che prevede anche una variante.
È andato a scoprirlo per noi Flavio Saltarelli in compagnia del fotografo Giacomo Meneghello.

HAUTE ROUTE DELLE DOLOMITI - Da San Martino di Castrozza alle Tre Cime di Lavaredo in versione freetouring, usando gli impianti quando possibile, per ridurre il dislivello. Un itinerario nel cuore delle Dolomiti che propone una visione più ‘umana’ delle traversate.

LA GROENLANDIA DA EST A OVEST - Seguendo le orme di Nansen, tra venti gelidi, nebbia e impronte degli orsi. Il racconto di una traversata che per molti è un must, almeno una volta nella vita, di Leonardo Bizzaro.

GLACIER HAUTE ROUTE - La famosissima alta via dello scialpinismo ma… in versione trail, con scarpe da running e attrezzatura da ghiacciaio. Il racconto del viaggio di Kim Strom e dello skyrunner Pascal Egli con le belle foto di Dan Patitucci. Uno spunto per riflettere sullo scioglimento del ghiacciai.

Lungo la Glacier Haute Route

GRANDE TRAVERSATA DEI SIBILLINI - Lungo le creste della Sibilla e del Monte Vettore, alla scoperta di uno degli angoli più suggestivi della catena montuosa e delle valli interessate dal sisma del 2016.

Correndo sui Sibillini ©Luca Parisse/Risk4Sport

FROM ZERO TO DAMAVAND - Benedikt Böhm, manager Dynafit con un passato agonistico, non è nuovo a imprese del genere. Questa volta si è inventato l’ascesa, in bici, a di corsa e con gli sci, dal Marc Caspio al monte Damavand, in Iran, da o a 5.671 metri.

Il Damavand ©YourBigStories

LA STORIA DELLE TRAVERSATE - Dopo tutte queste imprese non poteva mancare un approfondimento di Giorgio Daidola sulle prime traversate delle Alpi e le ripetizioni negli anni: un interessante excursus storico da Paulcke a Bonatti, Bertholet e Rabbia.

L’ITALIA A DORSO DI ASINO - È partito dalla Sicilia e arrivato in Piemonte in compagnia di un asino. Ecco la traversata di Nicola Winkler. Un viaggio attraverso le bellezze e le contraddizioni della penisola, ma anche un viaggio alla scoperta di se stessi.

ALLA SCOPERTA DELLA VAL ROSANDRA - La chiamano valle e li chiamano monti, anche se a bassa quota, queste alture alle porte di Trieste e dell’Adriatico dove sono state scritte alcune pagine della storia dell’arrampicata. La Val Rosandra è un’oasi di natura con paesaggi spettacolari a due passi dalla città e noi siamo andati a scoprirla a piedi.

SALEWA IRONFLY - La più lunga gara di hike & fly dopo la X-Alps. In pratica si deve chiudere un percorso con dei passaggi obbligati, volando in parapendio oppure camminando. È partita e arrivata nei pressi di Lecco lo scorso maggio. Anche questo vuol dire traversare…

RAIDLIGHT, LA MAISON DU TRAIL - L’azienda francese ha sede tra i prati del massiccio della Chartreuse e il quartier generale è anche il punto di partenza degli itinerari della ‘station de trail’. Quando bisogna testare un nuovo zaino, basta solo uscire dagli uffici e magari farlo provare anche ai trail runner che stanno allenandosi e chiedere loro consiglio per nuovi prodotti. Siamo stati a visitare l’headquarter di una delle aziende simbolo della corsa in natura e dei grandi raid e abbiamo intervistato il fondatore Benoît Laval.

MATERIALI - Una giacca Montura e una Dynafit in Gore-Tex ideali per correre quando c’è il rischio di qualche temporale, ma anche la best seller Scarpa Neutron 2 in versione Gore-Tex. E poi abbigliamento e scarpe Montura per trekking, trail running e mountain bike e la nuovissima New Balance KOM da ultra-trail, oppure la scarpa da approach Salewa Wildfire, con suola Pomoca, e le calzature del prossimo autunno e della primavera-estate 2019 del marchio. Senza dimenticare abbigliamento e scarpe Mizuno provati da chi sta scoprendo il trail proprio ora dopo qualche corsetta su asfalto. Sono questi i test e le presentazioni materiali del numero.

 

 

 


Crolla l'ultimo dogma, premi in denaro all'UTMB

Tre settembre 2012, Courmayeur: prima ‘Assise Mondiale du Trail Running’, in pratica una specie di Stati Generali della corsa in natura, autoconvocati dagli organizzatori dell’UTMB e, a ruota, dalle gare qualificanti. Io c’ero. E ho ascoltato con attenzione quello che i relatori hanno detto e le tante domande - spesso obiezioni - che arrivavano dalla tribuna. Da quegli Stati Generali si può dire che sia nata l’ITRA, International Trail Running Association. Da allora di chilometri ne sono stati corsi tanti e oggi l’ITRA si è accasata in IAAF e i Mondiali di Trail sono sempre più una disciplina del grande mondo dell’atletica leggera. Poco male, anche se all’inizio diversi runner protestarono (ricordate i Mondiali di Annecy?) per la progressiva morte di quello spirito trail che ha sempre reso diverso un ultra-trail da una maratona su strada.

Si può essere d’accordo con un punto di vista o l’altro, però appare evidente la sterzata netta fatta da quel mondo che si era presentato a Courmayeur come il depositario del più puro spirito trail. Nessuna distinzione tra atleti top e pancia del gruppo dissero con insistenza i coniugi Poletti & co: da noi sono tutti benvenuti, ma nessun favoritismo. E poi i Mondiali si sono trasformati in una gara élite - come è giusto che sia, beninteso, se parliamo di Mondiali -. L’ultima novità è probabilmente ancora più sorprendente riascoltando quelle dichiarazioni: da questa edizione l’UTMB distribuirà 35.000 euro di premi in denaro ai primi atleti top, divisi equamente tra uomini e donne. Anche in questo caso non ci vedo nulla di scandaloso visto che parliamo di una gara che fattura milioni di euro e autoproduce le dirette streaming. Però ricordo bene quello che fu detto con convinzione a Courmayeur: nessun premio in denaro, al limite possiamo chiudere un occhio sugli ingaggi. La scelta è arrivata dopo la distribuzione di un questionario agli atleti élite, che ha riscosso il 95% di voti favorevoli. Nessuno di noi è così ingenuo da non capire che UTMB e trail diventano competizioni sempre più globali ed è difficile, se non impossibile, rimanere fuori dalla logica della spettacolarizzazione e del professionismo sportivo. Non credo personalmente che sia una scelta sbagliata e neppure che non si possano cambiare idee. Però in sei anni… ne sembrano passati sessanta. O no?

I PREMI - Il montepremi UTMB sarà di 8.400 euro per sesso (2.000 al primo, 1.500 al secondo, 1.000 al terzo fino ad arrivare a 500 al decimo), quello della TDS di 3.600 euro (1.300 al primo, premi fino al quinto), stesso discorso per la CCC e solo i primi tre con assegno alla OCC (900, 600 e 400 euro).


Haley e Skjervheim, uomini da record

Negli ultimi giorni sono stati battuti due record che non sono passati inosservati, quello di velocità nella salita al monte Denali, la vetta più alta del Nord America, con i suoi 6.190 metri, e quello del dislivello in salita e discesa con sci e pelli superato in 24 ore. Tanti numeri messi in fila che però significano molto.

DENALI - Lo statunitense Colin Haley lo scorso 5 giugno è salito sul tetto d’America, passando dallo spigolo Cassin, in 8 ore e 7 minuti. Anche Kilian Jornet, nell’ambito di Summits of My Life, ha raggiunto la vetta del Denali, però le due imprese non sono confrontabili in quanto le vie scelte sono diverse. Kilian nel 2014 impiegò 9 ore e 45 minuti e detiene ancora il record di salita e discesa in 11 ore e 48 minuti.

20.939 METRI IN 24 ORE - Si chiama Lars Erik Skjervheim e lo scorso 20 di maggio, su una pista appositamente preparata della stazione sciistica di Myrkdalen, in Norvegia, ha battuto un record fatto registrare solo qualche mese prima da Mike Foote e che resisteva dal 2009. Skjervheim in 24 ore di salita e discesa, con un team di 15 persone ad assisterlo, ha totalizzato 20.939 metri di dislivello con sci e pelli contro i 18.654 di Mike Foote. Il trentasettenne ha sciato su una pista che, tra andata e ritorno, misurava 3,8 chilometri, con 460 metri di dislivello ed è stato anche compagno di Filippo Beccari all’ultima Pierra Menta, chiusa all’ottavo posto.


Sea to summit, dal Mar Caspio al Damavand

«Il cuore batte forte, il respiro è leggero, i muscoli e le ossa mi fanno male. Pur essendo completamente esausto per lo sforzo fisico della salita, sono sopraffatto da questa incredibile sensazione di gioia ed euforia che ogni alpinista conosce, ma è così difficile esprimerla a parole. Ce l'ho fatta! Sono a quota 5.671 metri e dietro di me ci sono 5.970 metri di puro dislivello con 130 chilometri di fatica. Nelle ultime 14 ore e 20 minuti ogni grammo del mio corpo ha dovuto lavorare per questo risultato e certamente è tra le esperienze fisiche più faticose della mia carriera di alpinista fast & light. Ma ora sono in cima al Damavand. Soddisfatto e distrutto». Sono le parole di Benedikt Böhm, scialpinista e manager Dynafit a raccontare l’emozione di essere arrivato in vetta alla montagna iraniana partendo in bici dalle spiagge del Mar Caspio. Un’impresa che Skialper documenta in esclusiva per l’Italia sul numero 118 di giugno-luglio, dedicato alle traversate.

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IN VETTA - Il giorno giusto è arrivato domenica 9 aprile 2018, a mezzanotte. All’una e tre minuti Benedikt e Alex iniziano a pedalare nella notte senza nuvole. Dopo 120 chilometri in bici inizia la parte a piedi (o di corsa…). Una volta a 4.500 metri però lo sforzo diventa più difficile: l'aria è molto leggera e Benedikt ha la sensazione di non andare avanti. La salita diventa interminabile e le forze vengono meno. Dopo quasi altre tre ore, finalmente vede il punto più alto del Damavand. Ci vorrà ancora un’ora, ma dopo 14 ore e 20 minuti, esattamente alle 3 e 23 del pomeriggio, arriva in vetta. 120 km, 3.300 metri D+ in bici, 4,7 km, 1.160 metri D+ in versione trail e 3.3 km, 1.470 metri D+ con gli sci: questi i numeri della salita al Damavand.

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