Luca Cagnati leader alla Traspelmo

È ancora Luca Cagnati a firmare la Traspelmo. Sabato l'agordino di Canale ha conquistato la terza vittoria consecutiva nella prova della Val di Zoldo. La manifestazione è stata caratterizzata da condizioni meteo difficili, con tanta pioggia e freddo sia nelle ore di vigilia sia poco prima della partenza, tanto che gli organizzatori hanno deciso di far disputare la gara sul percorso alternativo: 13 chilometri e 850 metri di dislivello positivo (altrettanto negativo) con partenza e arrivo a Palafavèra. Niente salita e discesa a Forcella Val d'Arcia, dunque, per garantire la sicurezza di concorrenti e personale lungo il percorso. Il percorso, pur ridotto, comunque nulla ha perso dal punto di vista tecnico, con salite e discese rese ancora più dure dal terreno bagnato e da ampi tratti di fango.
La gara, graziata nelle fasi iniziali da una schiarita, ha visto un terzetto caratterizzare le prime fasi: Luca Cagnati insieme all'altoatesino Alex Oberbacher, secondo lo scorso anno, e al trentino Daniele Felicetti. Dopo aver scollinato sulla prima salita Cagnati ha forzato, rimanendo solo e resistendo al ritorno del piemontese Gabriele Bacchion. Sul traguardo, primo Cagnati in 1h13'44”. Piazza d'onore per Bacchion, staccato di 46” e Oberbacher a completare il podio con 1'0”di distacco. Tra le donne, dominio di Stephanie Jimenez. 1h33'04” il riscontro cronometrico. Sul podio anche Martina Cumerlato e Sabrina Viel, staccate di oltre 5'.

Stephanie Jimenez ©Alessandro Sogne/ti-comunicazione.com

Marco De Gasperi quarto al debutto nella CCC

La CCC è di Thomas Evans: il britannico ha preso la testa della gara a La Flégère e chiuso in solitaria a Chamonix con il tempo di 10h44’32”; alle sue spalle il cinese Min Qi, in testa per tutto il resto della gara e che alla fine paga un ritardo di 5’35”, terzo Pau Capell a 7’54”. Quarta piazza per Marco De Gasperi, alla prima esperienza su una 100 km. Secondo alle spalle di Qi sino a Vallorcine, ha pagato nel finale, una crisi per lui, ma ha tenuto duro, controllando il tentativo di rimonta del francese Germain Grangier. La top ten si completa con il lettone Andris Ronimoiss, la spagnolo Ivan Camps, il britannico Harry Jones, il francese Arthur Joyeux-Bouillon e lo spagnolo Isaac Riera. Arrivate a Chamonix anche le prime donne: vittoria della cinese Miao Yao in 11h57’46”, sulla statunitense Katie Schide in 12h28’42” e la svedese Ida Nilsson in 12h41’37”.


Domenica si corre l'International Rosetta Skyrace

Sold out per la finalissima 2018 del circuito La Sportiva Mountain Running Cup. Domenica l’International Rosetta Skyrace, per numeri e livello, si preannuncia una dodicesima edizione molto tirata. I 300 pettorali messi in palio dallo Sport Race Valtellina sono letteralmente andati a ruba: ad accaparrarsi uno degli ultimi numeri a disposizione il portacolori del Cs Esercito e ambassador Salomon Davide Magnini. Nel frattempo Massimo Zugnoni e il suo staff hanno lavorato sodo per tirare a lucido i sentieri e agghindare a festa il polifunzionale di Rasura. Ora il bel borgo della Valgerola è pronto a ospitare per la quarta volta consecutiva la finale del circuito La Sportiva Mountain Running Cup.
Sui 22,4 chilometri (1740m di salita e altrettanti di discesa) disegnati all’interno del Parco delle Orobie Valtellinesi, oltre al campioncino trentino vedremo al via l’altro alpino Daniel Antonioli, i trentini Gil Pintarelli, Andrea De Biasi, Daniele Cappelletti, Patrik Facchini, Cristian Modena e l’altoatesino Martin Stofner. Ruolo di outsider di lusso per il locale Marco Leoni e il lecchese Mattia Gianola. Gara vera anche al femminile con il ritorno della campionessa rumena Denisa Dragomir che, per l’occasione dovrà guardarsi le spalle dalla locale Elisa Sortini. In lizza per un posto sul podio la bergamasca Daniela Rota, la polacca Wiktoria Piejak e la comasca Arianna Oregioni. Gara nella gara grazie ai traguardi volanti posti all’altezza dell’Alpe Tagliate e in Cima al Pizzo dei Galli. Oltre al Memorial Bruno - Giuliana Martinalli e al Memorial Franco Garbellini, domenica verrà introdotto un nuovo premio per i discesisti che impiegheranno il crono migliore nella picchiata da Cima Rosetta al traguardo di Rasura e un riconoscimento per chi riuscirà a battere i record gara che appartengono al piemontese Paolo Bert 2h09’16” e alla rumena Denisa Dragomir 2h34’15”.


Domenica è tempo di Maga

La Val Serina è pronta ad ospitare il mondo sky: domenica 2 settembre, infatti l’asd Maga del presidente Davide Scolari proporrà la Maga Skymarathon che quest’anno segna il traguardo dell’edizione numero 11. Una corsa che a Bergamo è diventata icona delle corse a fil di cielo: una crescita costante che vede anche l’introduzione di una prova di ultra distanza che consiste in un percorso di ben 50 km con 5000 metri di dislivello in salita. Una competizione inserita nel calendario delle Skyrunner Italy Series e che rientra in un più ampio ‘progetto mondiale’ che dovrebbe dare i primi frutti nel 2019.
La Maga Skyrace misura 24 km e presenta un dislivello up di 1450 metri, la Maga Skymarathon ha uno sviluppo di 39 km con un dislivello up i 3000 metri, mentre la nuova Maga Ultra Skymarathon – come già spiegato – ha un percorso di 50 km con un dislivello di 5000 metri e ricalcherà in buona parte il tracciato della skymarathon ma con l’aggiunta di alcune bretelle che ne aumenteranno tecnicità e panoramicità.


TDS al polacco Marcin Świerc e alla francese Audrey Tanguy

Sigillo del polacco Marcin Świerc nella TDS: 13h24’00” il suo tempo al termine di una gara molto serrata; ad appena 1’02” lo statunitense Dylan Bowman, a 1’43” il russo Dmitry Mityaev, quarto lo spagnolo Tofol Castaner Bernat, ma il distacco è di oltre 34 minuti, quinto lo svizzero Diego Pazos a più di un’ora. Nei primi dieci i francesi Jérôme Mirassou, Nicolas Duhail, Regis Durand e Julien Chorier con decima piazza per due con il cinese Yanqiao Yun e il venezuelano Moises Jimenez, insieme sul traguardo. Diciottesimo il primo italiano, Giovanni Tacchini del Team Alta Valtellina.
Al femminile la stoccata è quella della francese Audrey Tanguy, magari non troppo conosciuta, ma pur sempre seconda quest’anno alla 90 km du Mont-Blanc e alla MIUT. 16h05’22” il tempo della savoiarda che si mette alle spalle la favorita numero uno alla vigilia, la statunitense Rory Bosio, staccata di 14’14”, con terza l’altra atleta di casa Caroline Benoit ad oltre un’ora. Quarta la statunitense Corrine Malcolm, quinta la canadese Alissa St Laurent con sesta Sonia Locatelli del Team Salomon Italia.


La Sportiva guarda al mondo Ultra

La Sportiva presenta il primo Ultra Running Team internazionale. Se infatti il ‘re’ Anton Krupicka aveva già confermato il commitment aziendale per questa disciplina con il suo ritorno ai colori giallo-neri nel 2016 (ed è in uscita ad agosto un video in Virtual Reality dedicato proprio all’americano), il 2018 vede infatti l’esordio per il brand trentino di un nutrito team di atleti di alto livello impegnati nel mondo endurance. Scorrendo i nomi che fanno parte della rosa del team spiccano quelli di Sacha Devillaz, ventinovenne francese dal grande palmares e affezionato alle ultra-distanze da dieci anni. Appare sulla scena internazionale nel 2014 con un dodicesimo posto alla 80km du Mont Blanc e l’anno successivo conquista un quarto alla CCC. Il 2018 lo ha visto protagonista anche alla Lavaredo Ultra Trail. L’altra grande promessa del team è Roberto Mastrotto: quindicesimo assoluto alla LUT 2018 in 14 ore e 10’, migliorando il proprio record di 40 minuti rispetto all’anno precedente. I prossimi obiettivi? UTMB e Oman ultra Trail a fine novembre. New entry di calibro internazionale anche l’americana Clare Gallagher che da ormai tre anni milita nelle prime posizioni delle gare di ultra distanza più famose al mondo: vincitrice della Leadville100 nel 2016 (gara che dal 2019 sarà sponsorizzata proprio da La Sportiva) e della CCC nel 2017. Già ricco di soddisfazioni anche il 2018: è prima allo Sciacchetrail, ottava a Penyagolosa e guadagna un sofferto ed avvincente nono posto alla LUT.
Spina dorsale del team anche l’altoatesino Christian Insam, presenza fissa già da qualche anno sui podi delle gare endurance più dure: primo posto alla Sky Run Dolomiti nel 2015, quinto nello stesso anno all’Orobie Ultra Trail da 140 km, nel 2016 vince il Trail du Cro (110 km) e si ritira dal Tor des Geants a causa di un infortunio a pochi km dalla fine in seconda posizione. Il suo 2018 inizia con un secondo posto al Garda Trentino Trail (long version) e con un ottimo sesto posto alla Dolomiti Extreme Trail.
Infine new-comer Elisabetta Luchese, che appena affacciatasi sulla scena delle ultra distanze porta a casa nel 2018 una settima posizione all’AIM Energy Trail, è terza al Duerocche Trail e seconda alla 100eLode. Taglia anche il traguardo della LUT come sesta donna italiana in circa 20 ore.
Chiudono la rosa il team gli italiani Francesco Rigodanza, Georg Piazza, Anna Pedevilla, Francesca Pretto, Cristiana Follador e il tedesco Johannes Hinterseer. Si completa così il La Sportiva Mountain Running Team che vede ora atleti impegnati su gare vertical, sky, trail ed ultra: una specializzazione che corrisponde a quella dell’azienda nelle diverse discipline che compongono il mondo della corsa off-road e che prosegue la strategia introdotta già negli anni ’70 nel mondo del climbing, in cui l’azienda è leader nella produzione di calzature d’arrampicata, con atleti e di conseguenza prodotti, dediti alle singole specialità che compongono il caleidoscopio dell’arrampicata sportiva. ,La Sportiva ha infatti da qualche tempo introdotto nella propria collezione diversi prodotti di alta gamma dedicati specificatamente al mondo delle ultra trail come Akasha, Ultra Raptor ed Akyra.


Anthamatten bis alla Ultraks

Secondo successo, dopo quello del 2015, per lo svizzero Martin Anthamatten (che è anche race-ambassador della gara) alla Matterhorn Ultraks, tappa del circuito Migu Skyrunner World Series. Anthamatten sabato ha regolato i conti in 5h00’24’’, lasciando intoccato il record di Marco De Gasperi di 4h42’31’’. Sul podio, nell’ordine, Marc casal Mir e Genis Zapater. Tra le donne successo della spagnola Virginia Perez in 5h56’06’’ seguita dalle connazionali Laia Andreu e Mujika Mayi. La gara di 49 km e 3.600 m D+ ha visto al via 767 concorrenti in arrivo da 36 Paesi.

I vincitori ©Sportograph

Scarpa pensa anche ai bambini con Mojito e Haraka Kid

I modelli che hanno fatto la storia di Scarpa e che già sono dei classici per i genitori. Stesse passioni, stesso stile riconoscibile e qualità garantita, da ottant’anni, ma in versione kid. Alcune scarpe cult del marchio veneto sono infatti disponibili anche per i giovani escursionisti.

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HARAKA KID - Un successo nel modello per adulti, Haraka Kid sarà apprezzatissima per il suo comfort e la protezione dedicata ai piccoli che non si fermano mai e sono alla ricerca di nuovi percorsi da scoprire. Calzatura per il tempo libero, le passeggiate e l’uso quotidiano.

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Il Memorial Partigiani Stellina parla internazionale

30 anni per il Memorial Partigiani Stellina. Quella del 2018 è l’edizione delle prime volte: prima vittoria norvegese al maschile con il campione europeo del 2015 di corsa in montagna Johan Bugge, e primo successo irlandese al femminile con Sarah Mc Cormack. La gara è ritornata al percorso originario, più lungo (14,3km) con passaggio dalle Grange Sevine, il teatro della battaglia del 1944 dove i partigiani, guidati da Aldo Laghi (alias Giulio Bolaffi), ebbero la meglio sui tedeschi. Gara di testa per Bugge, che dimostra di essere in grande spolvero in vista dei Mondiali in programma a Canillo il prossimo 15 settembre. Primo atagliare il traguardo in solitaria con 50 secondi di vantaggio su Francesco Puppi. Il bronzo è del keniano Timothy Kimutai con Martin Dematteis in scia, quarto. La classifica maschile si completa nelle prime posizioni con il quinto posto di Henri Aymonod, quondi Massimo Farcoz. Cesare Maestri, Matteo Eydallin, Damiano Lenzi e Edward Young a completare la top ten
Successo a sorpresa quello di Sarah Mc Cormack nella prova rosa; l’irlandese, lasciata sfogare la keniana Joyce Mutoni Njeru, quando la salita diventa dura recupera agevolmente il gap e inizia a macinare secondi e poi minuti di vantaggio. Sul traguardo il margine sfiora i quattro minuti: per lei nuovo record del percorso. Prima azzurra al traguardo Gloria Rita Giudici, terza in scia alla keniana e davanti alla francese Anais Sabrie con quinta Erica Ghelfi.


Kilian Jornet padrone del Kima

Kilian Jornet si riprende il record al Trofeo Kima. Il catalano vince per la quarta volta la Grande Corsa sul Sentiero Roma eguagliando il primato di successi di Mario Poletti e lo fa con il nuovo best crono della gara: 6h09’19”.
La pioggia della vigilia, un violento abbassamento delle temperature, un forte vento da nord e i primi fiocchi di neve in quota hanno messo a serio rischio il regolare svolgimento della prova, tappa della Migu Run Skyrunner World Series. Alle prime luci dell’alba il cielo terso portava con sé la temutissima insidia ghiaccio sui valichi più alti. Sicurezza, prima di tutto. Il direttore gara Matteo Colzada e il suo staff hanno controllato i vari punti critici posticipando lo start di un’ora e mezza, prima di dare il definitivo ok. Alle 8.30 show time con tantissimo pubblico in quota e gli atleti più forti subito davanti a dettare i tempi al resto della ciurma. Da affrontare 52 tecnicissimi chilometri con sette passi alpini tutti sopra i 2500 metri. Kilian Jornet era dato come super favorito dei pronostici. Già vincitore di questa gara e detentore del record prima che il nepalese Bhim Gurung glielo soffiasse (6h10’44”), la stella del Team Salomon ha innestato il turbo portandosi in fuga lo scialpinista transalpino Alexis Sevennec. I due hanno corso spalla-spalla sino alla discesa finale, una vera picchiata di 2000 metri che da Passo Barbacan li portava sino all’abitato di San Martino.
Qui Jornet ha sferrato un attacco vincente che gli ha permesso di tagliare il traguardo tra due ali di folla con il tempo record di 6h09’19”. Alla finish line di Filorera applausi a scena aperta anche per il secondo classificato, uno stratosferico Alexis Sevennec (6h11’59”). Sul podio con loro anche lo spagnolo Pere Aurell Bove in 6h20’50”. Hanno trovato un posto nella top ten di giornata anche André Jonsson, Léo Viret, Petter Engdahl, Andy Simonds, Cristian Minoggio, Cody Lind e Samuel Equy.
Al femminile, nessun record. Il tempo da battere resta il 7h36’21” fatto segnare nel 2016 dalla spagnola Nuria Picas. Con l’attesissima svedese Emelie Forsberg fuori dai giochi per una forma fisica non ottimale che l’ha portata ad alzare bandiera bianca, la gara si è vissuta su continui capovolgimenti di fronti. Sulla prima scesa verso la Bocchetta Roma, Ragna Debats ha provato a afre la differenza. Nella traversata in quota Hilary Gerardi ha però innestato le ridotte. Sul finale la sudafricana Robyn Owen ha provato a insediare la sua leadership, ma la Gerardi è rientrata di prepotenza e vinto in 7h37’29”. Secondo posto per Owen in 7h39’01”, mentre terza si è piazzata la nepalese Mira Rai che al termine di una strepitosa rimonta ha chiuso in 7h41’46”. Seguono nell’ordine l’americana Brittany Petterson e Martina Valmassoi.

Martina Valmassoi ©Salomon

Sabato si corre sulle Maddalene

Tutto pronto per la decima edizione della skymarathon sulle Maddalene: sabato si correrà sul sentiero Bonacossa, partendo da Senale in provincia di Bolzano per arrivare a Rumo in Trentino, dopo 45 km e 2.905 metri di dislivello. «Quest’anno festeggiamo l’anniversario della gara ideata da Leone Cirolini nel 2008 - spiega Sandro Martinelli, il presidente del comitato organizzatore - per noi una manifestazione importante per valorizzare le nostre montagne. Grazie al sostegno degli sponsor e dei numerosi volontari stiamo ultimando i preparativi».
Il percorso della skymarathon segue per gran lunga il sentiero di quota CAI n. 133 dedicato al conte Aldo Bonacossa, uno dei primi esploratori della regione dell’Ortles. Il punto più alto del percorso sarà toccato dagli atleti sulla vetta del Monte Pin a quota 2.420 metri, nella parte finale del percorso. Partenza programmata per le ore 7 di sabato. Riproposto il gemellaggio con la Suedtirol Sky Marathon, la competizione di corsa estrema che si è disputata lo scorso 28 luglio sulle montagne della Val Sarentino. Per i concorrenti che parteciperanno a entrambe le gare verrà stilata una classifica di combinata.
E per il quarto anno consecutivo verrà ripresentato la Maddalene Mountain Race, un trail di 25 km e 1.500 metri di dislivello. «La gara più breve con ampi cancelli orari permette a più persone di avvicinarsi a questo sport e di partecipare a all’esperienza di corsa sulle nostre Maddalene», così Andrea Martignoni, del comitato organizzatore. La partenza e il traguardo rimangono Senale e Rumo, ma se la prima parte del percorso ricalca in parte la skymarathon e segue il percorso CAI – SAT Aldo Bonacossa nr. 133 fino al ristoro e cancello orario della Malga Kessel, nella seconda i corridori scenderanno fino all’abitato di Proves per poi continuare tra prati erbosi fino al passo Fresna e scendere infine al traguardo di Rumo.

 


Franco Michieli, muoversi nell’invisibile

Sperimentare la permanenza nella montagna. Comincia da questa esigenza l’avventura di Franco Michieli con i suoi viaggi. Classe 1962, nato a Milano, ma con una nonna di Agordo, fin dall’infanzia fa delle Alpi la sua seconda casa. Vive la sua prima esperienza significativa come viaggiatore subito dopo l’esame di maturità. Appena finito l’orale parte per attraversare tutto l’arco alpino, da mare a mare, da Ventimiglia fino a Trieste, accompagnato da otto amici che si alternano lungo il tragitto. «Sono contento di aver celebrato un momento così simbolico come l’esame di maturità facendo qualcosa che ha caratterizzato poi tutto il resto della mia vita - dice -. Già da allora la dimensione che volevo esplorare era la durata, per capire cosa succede stando in ambiente alpino per un lungo periodo, 24 ore su 24, il più possibile a contatto con la natura». Da quel momento ha preso avvio una serie infinita di viaggi che hanno portato Franco ad attraversare alcune delle aree più incontaminate e disabitate del pianeta, dalle Alpi alle Ande, alle sconfinate regioni della penisola scandinava. In questo lungo percorso conoscitivo ha abbandonato via via tutto ciò che è superfluo, liberandosi anche degli strumenti tecnologici che oggi il senso comune considera necessari per imprese di questo tipo, in uno sfiorare di perdersi che l’ha portato a ritrovarsi con una consapevolezza più piena di se stesso e della relazione ancestrale che lega l’uomo alle molteplici forme di vita sulla terra.

Arriva così nel 1998 alla decisione di attraversare senza l’ausilio di nessuna strumentazione tecnica la regione Sapmi, «il vero nome del territorio che viene normalmente indicato col termine in realtà dispregiativo di Lapponia», ci tiene a precisare. Niente orologio, niente telefono, niente GPS, strumenti di comunicazione o carta geografica, soltanto la propria esperienza, il proprio senso dell’orientamento e le risorse che sono insite dentro ognuno di noi. «Era già da un po’ che stavo pensando a questa svolta e quando ho realmente deciso di metterla in pratica avevo alle spalle numerosi viaggi, tra cui uno in Norvegia a 23 anni e uno in Islanda nel 1991 dove avevo sviluppato la mia capacità di cavarmela e di orientarmi in autonomia». Insieme ad Andrea Matteotti, suo amico da sempre e già compagno anche della prima traversata delle Alpi dopo la maturità, si incammina all’interno di un vastissimo territorio disabitato, grande come tutta l’Italia Settentrionale, da Trieste ad Aosta. Davanti hanno solo tre strade e tre piccoli villaggi; tutto il resto sono percorsi da inventare. «Il terreno ideale per testare questo modo di viaggiare il più possibile libero da ogni condizionamento».

Si trovano da subito a loro agio: 30 chilometri al giorno, con zaino pesante e senza sentieri, praticamente lo stesso itinerario che avrebbero compiuto utilizzando le carte geografiche. La decisione presa è quella giusta, sarà questa la strada da seguire anche per i viaggi futuri. «Ovviamente non si improvvisa niente - commenta Franco spiegandoci la sua tecnica - bisogna partire dalle mappe mentali, quelle che tutti noi inconsapevolmente ci facciamo per orientarci nel nostro quotidiano, ma anche per sognare, ed estenderle su una scala più ampia. Dobbiamo capire le geometrie geografiche che caratterizzano il territorio che vogliamo esplorare: come sono disposte le coste, come è orientata la terra rispetto ai punti cardinali, se ci sono catene montuose, laghi, fiumi, come si alternano e verso quale direzione scorrono. Per avere queste informazioni basterà prendere un atlante oppure basarsi su un racconto attendibile di chi c’è già stato. Prima di partire dovremo imparare anche a utilizzare il sole come bussola naturale, a capire la direzione che indica il soffio del vento, a prevedere il cambiamento del tempo. Sono tutte capacità che oggi sembrano fuori dalla nostra portata perché atrofizzate dall’uso massiccio della tecnologia, mentre in realtà sono insite dentro di noi perché facevano già parte del normale bagaglio di conoscenze dell’uomo arcaico. Dobbiamo solo risvegliarle.

Tutto sta nel saper cogliere i segnali. L’apparire per un minuto del sole in una giornata di nebbia fitta può indicare la direzione giusta da seguire. Basta avere pazienza, una scorta di viveri sufficiente e un buon sacco a pelo. In questo modo anche una giornata difficile dove sembravano non esserci più punti di riferimento può trasformarsi in un evento straordinario, perché scopriamo di saperci muovere nell’invisibilità». Quello che colpisce è il senso di fiducia in se stessi e nella natura che questo modo di porsi trasmette, una capacità di fidarsi e di affidarsi che non ha bisogno di essere ostentata ma che ti tocca dentro per la sua totale trasparenza e autenticità. Ascoltandolo mi viene spontanea una domanda: Ma non ti sei mai sentito perso? «Paradossalmente i momenti di maggior spaesamento li ho vissuti al ritorno dai miei primi viaggi, rientrando a Milano. Pativo il distacco forzato da quell’ambiente ancestrale che ci fa riscoprire una parte antica e sopita di noi, per calarmi di nuovo nell’ambiente artificiale della città con i ritmi irragionevoli e innaturali imposti dalla società. Anche quando sei in natura capitano i giorni in cui non sai più dove ti trovi, ma con l’esperienza impari a non spaventarti, ad aspettare con calma e pazienza, perché sai che prima o poi la strada giusta in qualche modo si trova, oppure è lei che trova te». Certo, per abbracciare questo modo di viaggiare occorre stravolgere i principi che comunemente diamo per scontati: il bisogno di avere una meta e la necessità di usare tutti gli strumenti disponibili per raggiungerla nel più breve tempo possibile, e a ogni costo. Nella filosofia di Michieli non c’è nessuna meta obbligata, si tratta di entrare in una relazione rispettosa con il territorio che si percorre, l’unica conquista è quella di raggiungere un equilibrio col divenire della natura in quel luogo, di trovare un percorso che sia in armonia con la possibilità di vivere e di restare in vita in quell’ambiente. Per farlo dobbiamo essere disposti ad attendere, a fermarci, a cambiare strada a seconda del variare delle condizioni.

Tra picchi sconosciuti, vagabondaggio a vista in Groenlandia ©Franco Michieli

Ma l’esplorazione della geografia fisica e di quella interiore che Michieli ha portato avanti nella sua ricerca durante tutti questi anni non è solo silenzio e contemplazione, è anche racconto e condivisione. «Sì sono due aspetti della stessa esperienza. C’è il viaggio con il suo bisogno di silenzio per entrare in contatto con l’intensità delle rivelazioni che fa vivere, e c’è la necessità di raccontarlo, trascorso un tempo sufficiente per metabolizzarlo, perché è solo condividendolo che si ridona al fluire degli eventi quello che si è imparato, trasformandolo in una conoscenza comune. Anzi lo stare così tanto immersi nella natura diventa la base per una nuova comunicazione umana, radicata nella concretezza dell’esperienza, mentre oggi, nell’epoca della virtualità, la maggior parte della parole che utilizziamo rischia di essere astratta e svuotata di contenuti, prestandosi quindi a strumentalizzazioni, fraintendimenti e conflitti». Michieli ha declinato la sua esigenza di raccontare il viaggio in molti modi: con le conferenze, i libri e i documentari, con i corsi per le aspiranti Guide alpine in Sudamerica sulle Ande, con i seminari dell’associazione Movimento Lentoo con altri enti e con i viaggi d’autore in collaborazione con la Compagnia dei Cammini.

Anche il suo ultimo libro Andare per silenzi riflette proprio su questi temi, sul compenetrarsi di solitudine e compagnia nel rapporto con le montagne e con la natura, e di come da questo rapporto nasca una forma di spiritualità primordiale, capace di superare le barriere artificiose che spesso costruiamo. «Viaggiando tanto ho imparato che le nostre vere radici non sono quelle culturali date da pochi secoli di storia, ma sono quelle naturali, molto più antiche e profonde. Io penso all’umanità come a un grande albero millenario. Le diverse culture sono i rami tutti diversi che nascono però da un medesimo fusto che rappresenta il nostro cammino evolutivo e affonda le radici in un’origine comune. Soltanto partendo da qui si può capire chi siamo davvero, per non sentirsi più soli ma parte di una totalità più grande di noi. Questo è quello che più di tutto mi hanno insegnato i miei viaggi, tutte le volte che ho provato la gioia di sentire che la mia casa erano le montagne aperte che mi stavano intorno. Ed è un motivo sufficiente per continuare a viaggiare, almeno fino a quando avrò davanti un altro orizzonte sconosciuto da esplorare».