La Sportiva TX 4, in Mid stat virtus

La Sportiva TX 4
In Mid stat virtus

Può una scarpa essere tanto diversa grazie a un solo dettaglio come l’altezza del collarino? Dipende. Sicuramente non perde quanto di buono visto sulle sorelle ‘più basse’, ma acquista punti importanti per un utilizzo più versatile. E per questo è, se non tanto, abbastanza diversa dagli altri modelli della stessa linea. Stiamo parlando di La Sportiva TX 4 Mid GTX, modello mid cut inserito da questa stagione in catalogo accanto a TX 4 e TX 3 (disponibili anche in versione Gore-Tex) e TX 2. Tutte scarpe già più versatili delle approach vecchio stile e apprezzate molto dai nostri testatori (TX 3 è stata giudicato migliore modello della sua categoria nella Buyer’s Guide Summer 2016), però ci mancava proprio la TX 4 Mid GTX e allora abbiamo deciso di metterla alla prova ai piedi di Wolfgang ‘Wolfi’ Hell, Guida alpina altoatesina con un curriculum di tutto rispetto che conosce già bene le sorelle ‘più basse’ ma – anche lui – non aveva mai indossato il taglio mid cut. «È la scarpa giusta per un utilizzo allround perché conserva le ottime doti di grip date dal disegno della suola e dalla mescola Vibram Megagrip, ma grazie al collo più alto è ottima anche per un utilizzo trekking, con zaini sulle spalle, per un tremila estivo su roccia con qualche passaggio tecnico e per le vie ferrate, in poche parole: potrebbe essere l’unica scarpa, grazie anche alle ottime doti di leggerezza». Poche parole che suonano davvero come una sentenza pesante. «Naturalmente non è pensata per essere utilizzata con i ramponi, ma per qualche passaggio su nevaio con i modelli a cuffia non la vedo così male, mentre su roccia, in funzione del tipo di utilizzatore, si può arrivare ai gradi classici come con TX 3 o TX 4» ha aggiunto Wolfi dopo averne saggiato il grip sulla roccia dolomitica umida di un gelido inizio di settembre. Aggiungiamo che proprio la presenza della membrana Gore-Tex nella versione Extended Comfort la rende ancora più adatta per un utilizzo allround, a prova di acqua e umidità. E dalla prossima stagione estiva ci sarà una possibilità di scelta in più con l’arrivo di TX 5 Mid, modello decisamente più orientato verso il mondo hiking e trekking grazie anche a un battistrada dedicato.

TX 4 Mid GTX e TX 3 GTX ©Alice Russolo

FILOSOFIA TRAVERSE X – L’arrivo di TX 4 mid GTX ha reso ancora più ampia la scelta nella categoria approach all’interno del catalogo La Sportiva, che contempla inoltre Hyper GTX, Boulder X e Boulder X Mid. Ma come orientarsi all’interno di un segmento, quello dell’avvicinamento, che diventa sempre più ampio? «Stiamo assistendo in generale a uno spostamento dei gusti dei consumatori che in montagna preferiscono muoversi in velocità e leggerezza con prodotti molto più running/approach oriented che il classico scarponcino da montagna, la tendenza la si nota anche sulle Dolomiti» fanno sapere dall’azienda di Ziano di Fiemme. Ecco perché anche il concetto stesso di approach si è ormai dilatato e alla voce si trovano calzature più come Hyper e Boulder X che prendono ispirazione da prodotti più tradizionali di derivazione Mountain (maggiore struttura, minore sensibilità) e la serie Traverse X che si ispira ai modelli Mountain Running (maggiore comfort, maggiore sensibilità). «L’idea per i modelli TX è nata osservando il fatto che atleti di punta del climbing preferivano usare scarpe da running per attività di avvicinamento grazie alle doti di leggerezza e grip» aggiungono in La Sportiva. Leggerezza e sensibilità che hanno fatto preferire queste scarpe anche a chi pratica scarmbling, come per esempio Anton Krupicka…

TX 4 Mid GTX è ottima anche come scarpa da trekking ©Alice Russolo

LE SORELLE TX 3 e TX 4 sono due scarpe sostanzialmente molto simili, con suola in mescola Vibram Megagrip e identico disegno pensato per favorire il grip su roccia. Differiscono soprattutto per la struttura della tomaia, tradizionale in pelle scamosciata nella versione 4 e in mesh resistente alle abrasioni nella versione 3. Questo comporta anche qualche differenza di peso che va da 380 grammi della 4 a 395 della 3. Tx 2 invece tradisce un’impostazione più spinta verso l’arrampicata e le vie multi-pitch grazie alla suola completamente piatta (sempre in Megagrip) senza tallone scavato, al tessuto knitted, al sistema CS Combo Cord per l’aggancio all’imbrago e al peso di soli 280 grammi. Da questa stagione esiste anche in versione leather (310 grammi).

Suole Megagrip a confronto montate sui diversi modelli di scarpe da approach della linea TX ©Alice Russolo

In Megagrip we trust

Il cuore tecnologico delle scarpe Traverse X è nella suola con mescola Vibram Megagrip. Il valore tecnico di questi modelli dipende molto da questa partnership con l’azienda di Albizzate, specialista delle suole tecniche da montagna e la scelta della mescola non è casuale ma frutto di una stretta collaborazione. Megagrip è, in questo momento, il miglior compromesso tra grip su ogni terreno, con ottime doti in particolare sulla roccia bagnata, e durata nel tempo ed è seconda solo a Idrogrip in aderenza su bagnato, ma questo seconda mescola è più sensibile all’usura. Nei test interni di Vibram, per un utilizzo approach, Megagrip prende quattro punti su cinque alle voci asciutto, bagnato, durabilità, mentre Idrogrip sale a 5 su asciutto e bagnato ma scende a 2 per durabilità. Inoltre Megagrip totalizza uno score di 5 nella stabilità dei chiodi e Idrogrip 3.

La Sportiva TX 4 Mid

Tomaia: pelle scamosciata, bordo di protezione PU Tech Lite 1,5 mm e puntale in gomma protettiva

Fodera: Gore-Tex Extended Comfort

Intersuola: Eva a iniezione ammortizzante

Plantare: Ortholite Approach 4 mm

Allacciatura: Mythos per regolare tensione e volumi di calzata in un unico movimento

Suola: Vibram Megagrip

Peso: 485 gr

Prezzo: 180 euro

www.lasportiva.com


2018, arriva l'età dell'oro del trail?

Quello che succederà nel 2018 con le Golden Trail Series probabilmente bolliva in pentola da qualche tempo. Già nelle ultime stagioni infatti nell’ambiente si era sparsa la voce della nascita di un circuito con le gare di trail più prestigiose. Prove che, in alcuni casi, sono inserite anche nei calendari dello skyrunning. Ora c’è l’annuncio ufficiale: nel 2018 gli atleti top gareggeranno per le Golden Trail Series, un circuito che riunisce le gare più simboliche già esistenti sotto l’ala di Salomon, che del trail può essere considerata l’azienda inventrice. La vera rivoluzione, però, non è il format, accattivante già per il fatto di riunire il gotha del trail, ma una decisa spinta verso il professionismo visto il montepremi di ben 100.000 euro (sì, avete letto bene…). Qualcuno nella tribù potrebbe obiettare che è uno strappo allo spirito trail, ma, puristi a parte, è un ben salto in avanti e, a ben vedere, anche l’ingresso dell’ITRA nell’orbita IAAF va in questo senso.

IL FORMAT - Cinque gare: Zegama, Mont Blanc Marathon, Sierre-Zinal, Pikes Peak e Ring of Steall. Cinque Paesi: Spagna, Francia, Svizzera, Usa, Scozia. Una classifica stabilirà i top 10 atleti uomini e donne che dopo la Ring of Steall voleranno con un accompagnatore alla Grand Final dell’Otter Trail, in Sud Africa. A contare saranno i tre migliori risultati e non è necessario partecipare a tutte e cinque le gare. E poi… 100.000 euro che verranno spartiti in parti uguali tra donne e uomini (una regola che nello sport non è sempre rispettata).

Le emozioni di Zegama ©Jordi Saragossa

NON SOLO SOLDI - Oltre al valore del montepremi, da segnalare che ogni atleta correrà nelle finali per una causa charity che sceglierà di sostenere. E che il primo comandamento del circuito è la lotta senza quartiere al doping. «Sarà sperimentato il più rigoroso antidoping del mondo dello sport in tutti gli eventi - ha dichiarato Greg Vollet, Salomon Running Global Sports Marketing Manager -. Sangue, capillare, saliva e urina saranno tutti analizzati, testati e confrontati in tutte le gare come controllo reale e longitudinale per i migliori 10 atleti. Per renderlo ancora più severo non accetteremo alcun corticoid TUE per nessuna delle nostre gare».

Alcuni atleti impiagati alla Ring of Steall ©Jordi Saragossa

CONCORRENZA - Come impatterà l’astronave Golden Series sulle Skyrunner World Series che, più dell’Ultra Trail World Tour, sembra essere il circuito in concorrenza? A parte che le due serie non devono necessariamente essere viste in competizione una con l’altra e Zegama, per esempio, fa parte di entrambi i circuiti, è indubbio che le Golden Series lasceranno un segno pesante nella tribù del trail. La stagione 2018 si annuncia ancora più interessante…

Il calendario completo delle Golden Trail Series: www.goldentrailseries.com


Camaleonte Markus Eder

Freestyler o freerider?Faccia a faccia con il più talentuoso skier italiano

Non c'è un granché dietro a quello che facciamo e con queste parole inglesi proviamo un po' a venderlo". Ha risposto così, come un consumato frequentatore di talk show, a una raffica di "slidare un half-pipe, jibbare, tricks, kickers, twin tip" sparatagli addosso da Gigi Marzullo su invito di Fabio Fazio alla trasmissione Che Fuori Tempo Che fa, su Rai Tre, a dicembre. E pensare che Markus Eder, il futuro del freeride e del freestyle, l'unico italiano nel gotha dei park e delle run nella powder, a dire il vero uno dei pochissimi in assoluto al top in entrambe le discipline (e nei powder movie), davanti a una telecamera e ai giornalisti non si trova tanto a suo agio. "Non ero molto tranquillo, avevo paura di fare qualche errore di italiano" ha confessato a freddo. È sempre lui, il ragazzino terribile che faceva gare di sci alpino e che voleva essere capo di se stesso, senza ricevere ordini da un allenatore, che ha scelto il freestyle a 14 anni perché gli piaceva saltare e aveva iniziato a non vincere più tra i pali. E lo stesso che, quando il manager Franz Perini gli ha proposto i primi contratti con gli sponsor, ha voluto parlare in inglese per capire meglio "cose per me molto importanti". Markus Eder, nato a Brunico, ma residente in Valle Aurina, classe 1990, è uno sciatore completo. Nel 2010 si presenta al Nine Knights, con i più forti freestyler del mondo, e vince Big Air & Best Jibber. L'anno dopo Franz Perini lo iscrive al Red Bull Line Catcher, con il gotha del freeride. Non ci crede, non capisce come possa andare a confrontarsi con i big del freeride, lui che arriva dai park e dalla neve dura. Alla fine arriva secondo. "Se ci penso, dico che rimane ancora la mia gara più grande di sempre". Intanto nel 2013 vince la tappa italiana del Freeride World Tour, a Courmayeur. Markus Eder ha fatto il viaggio di Candide Thovex, dal freestyle al freeride, ma anche quello di Kilian Jornet, dalla natura addomesticata delle gare al grande outdoor, quello per esempio dei film nei quali è protagonista sci ai piedi, come Ruin & Rose di MPS Films. Ha sdoganato parole come big mountain e backflip da Fazio come Kilian ha portato il trail e le imprese di Summits of my Life al grande pubblico. Markus è lo skier globale italiano, adulato da Red Bull, con l'inglese come lingua ufficiale sui suoi canali social e quasi il doppio dei follower di Jérémie Heitz su Instagram. Ed è sempre più interessato allo skialp…

Markus, cominciamo con il capire chi sei: un freestyler o un freerider?
"Un freeskier, il termine giusto per definire chi come me fa tutto: freestyle, freeride, scialpinismo".

Giusto, scialpinismo. Qualche tempo fa dicevi che l'andare piano non faceva per te e che dovere camminare tanto per raggiungere le discese non ti piaceva
"Quando ero piccolo la fatica non mi piaceva, ora inizio ad apprezzarla sempre di più. Quest'anno ho fatto 5-6 gite con i miei genitori e naturalmente sono più lento di loro, perché ho sci larghi e scarponi da freeride, ma l'apprezzo sempre di più".

Il park e la neve fresca sono due cose diverse, se dovessi scegliere?
"Credo che, con le giuste condizioni, oggi non avrei dubbio: neve fresca".

Hai scelto di competere ad alto livello nel freestyle e nel freeride, non è sicuramente facile, perché?
"È vero, oggi c'è sempre più specializzazione: chi punta alle Olimpiadi lavora solo nei park, altri sulla neve fresca, io faccio tutto perché sono così, mi piace saltare nei park e farmi una bella run in neve fresca, magari anche una gita scialpinistica. E poi, a differenza di chi fa solo powder, sono molto flessibile e posso sempre allenarmi".

Che cosa ha portato il freestyle nel freeride? Si può dire che il livello fuoripista è salito grazie ai trick fatti nei park come è avvenuto nell'arrampicata sportiva con le palestre?
"Sì, mi sembra un paragone giusto, se provi centinaia di volte i salti nei park, quando magari fuori non ci sono le condizioni, metti le basi per salire di livello nel freeride, impari i trick che ti servono nella neve fresca e poi atterrare sul duro aiuta ad avere la giusta sensibilità per atterrare anche sul soffice della neve fresca".

Sembra difficile da dire, perché il livello è altissimo, ma qual è la prossima frontiera del freeride?
"Jérémie Heitz ha sicuramente ridefinito gli standard della velocità e del big mountain, però si pensa sempre che non ci sia più nulla di nuovo da inventare e invece ogni anno si vede qualcosa di importante. Sicuramente il mio stile è diverso da quello di Heitz, io vado più piano e vedo la montagna come un parco giochi".

Non credi che avere sciato tra i pali ti abbia dato la tecnica di base per salire di livello?
"È probabile, ma quando sei al top ogni gradino in più è sempre difficile, come perdere qualche centesimo tra i pali. Come nello sci alpino o nello scialpinismo, all'inizio della stagione ti senti in forma, ma non sai come andrai realmente, o come andranno gli altri".

Nell'ultimo film, Ruin & Rose, hai sciato anche sulle dune del deserto, vero?
"Sì, in Namibia, ma non è stato affatto facile come pensavo. Abbiamo anche contattato un tedesco che vive là e detiene il record di velocità con gli sci sulla sabbia per avere dei consigli però, quando abbiamo trovato un salto che sulla neve sarebbe stato perfetto, mi sono impiantato proprio sul dente e per riuscire a saltare abbiamo dovuto provare e riprovare".

Sciare in un film e fare una gara è decisamente diverso…
"Sì, io poi sono competitivo e mi piace vincere, ma nei film trovi quel senso di libertà, puoi sciare tutta una montagna e non solo una linea, hai l'elicottero a tua disposizione…".

I film stanno diventando un terzo lavoro…
"Sì, quest'anno infatti farò una sola gara, la Red Bull Cold Rush, dove ci sono salti in neve fresca, freeride e alpinismo. Però mi piacerebbe provare a fare il circuito Freeride World Tour seriamente, non solo un paio di tappe come in passato, è il mio obiettivo per la prossima stagione".

Facebook o Instagram?
"Instagram, mi piace essere up to date e so subito cosa succede dall'altra parte del mondo, per esempio se ha nevicato in Canada".

Il freeride è un'attività con una componente di rischio che non può essere sottovalutata, come ti rapporti con il rischio di valanga?
"Non mi piace rischiare a caso, se faccio un trick o un salto particolare e so che posso cadere, voglio essere sicuro che non ci siano sassi. Quando filmiamo in Alaska cerchiamo di non fermarci nei piani ma di avere sempre vie di fuga per non essere inghiottiti dalle valanghe. Rischio sì, ma con un piano b, senza usare la testa non ha senso. Queste situazioni ti insegnano ad apprezzare la vita e capire cosa ti piace di più".

Come cambia il concetto di sicurezza quando sei da solo e quando giri un film?
"Molto, quando vado con un amico ci muoviamo rischiando il meno possibile, anche perché dobbiamo considerare che se succede qualcosa non è facile venire a recuperarci velocemente, con un  team come quello di MPS Films cambia perché ci sono 10-12 persone, Guide alpine, elicottero".

Sei mai rimasto coinvolto in una valanga o hai vissuto un incidente da vicino?
"Fortunatamente no e spero che non mi succeda. Qualche volta, specialmente in Alaska, dove sai che non c'è nessuno sotto, quando le condizioni sono rischiose proviamo a fare partire le cornici, provocando delle piccole valanghe".

Il tuo programma prevede anche un allenamento nelle tecniche di autosoccorso?
"Ne faccio un paio all'anno, di solito uno al Freeride World Tour e quando giriamo i film, ma non sono sicuro che mi verrebbe tanto facile agire in una situazione di pericolo: tra la teoria e la realtà c'è tanto spazio ed emozione e adrenalina giocano brutti scherzi. Per questo dico sempre ai miei amici che si sentono sicuri quando hanno artva, pala e sonda di allenarsi a usarli, tanto. La gente, quando vede i miei film, pensa che sia matto, ma spesso quando si va a fare skialp da noi ci si muove più in pericolo".

Usi sistematicamente un airbag da valanga?
"Sempre quando giro i film, faccio backountry vicino agli impianti o nel Freeride World Tour, per lo scialpinismo ancora no perché è troppo pesante. Per fortuna non ho mai dovuto aprirlo".

Che messaggio lanceresti a chi come te passa dal park alla neve fresca?
"Oltre a quello di portare sempre con sé l'artva e tutta l'attrezzatura tradizionale da autosoccorso in valanga, di tornare indietro se non ci si sente al cento per cento sicuri, non è mai una decisione sbagliata".
 


Capolavoro Dega, sue Limone Extreme e World Series

Al femminile successo dell'orientista svedese Alexandersson

Che gara, what a race! Sono state queste le parole più pronunciate al traguardo della Limone Extreme Skyrace, finale delle Migu Run Skyrunner World Series che, come da tradizione, chiude la stagione dei corridori del cielo a Limone del Garda. Con la differenza che, rispetto alle ultime stagioni, oggi a farla da padrone è stato il bel tempo e il caldo. Un elemento, l’ultimo, che ha aggiunto difficoltà a una gara già lunga (oggi ancora di più, quasi 29 km) e difficile che arriva al termine di una stagione impegnativa per gli atleti. Tutte le salite al sole, con la partenza alle 11 e la temperatura che ha sfiorato i 25 gradi…

DEGA NELLA STORIA -
Non poteva esserci epilogo più bello per la stagione di Marco De Gasperi, atleta simbolo della corsa tra i monti, pluricampione del mondo di corsa in montagna al quale mancava però la vittoria delle World Series. E ci è riuscito a 40 anni. E come ci è riuscito… Gara tutta davanti, passa alla Mughera a una quindicina di secondi dallo spagnolo del team Salomon Jan Margarit. Poi sempre lì, a fare il solletico ai polpacci del ragazzino iberico. Infine la lunga discesa, dove Jan cade e Dega va a prendersi una storica vittoria con una cavalcata a tutta. «Dedico questo doppio successo a Elisa (Desco, ndr), alla bambina che sta per arrivare e a quella che fa già parte della nostra famiglia che mi hanno dato tanta forza» ha detto appena tagliato il traguardo. «Oggi non avrei scommesso nulla su di me, evidentemente le scommesse non sono il mio mestiere - ha aggiunto -, è stata una gara incredibile, in salita Jan andava più forte, poi in discesa purtroppo è caduto: questo me ne ha ricordato uno simile con protagonisti Kilian e Ricardo Meija al Giir di Mont».

LA GARA - De Gasperi (Team Hoka) ha chiuso in 3h07’32’’, Margarit (Salomon) in 3h07’58’’, terzo il tedesco Stefan Knopf (Salomon) in 3h10’51’’. Nella top ten, in ordine, lo spagnolo Oriol Cardona Coll (Dynafit), il tedesco Petter Engadhl (Salomon), lo spagnolo Eduard Hernandez Teixidor, il connazionale Antonio Alcalde (Dynafit), l’inglese Hector Haines (Scott), il bulgaro Kiril Nikolov e Davide Invernizzi (La Sportiva).

CAPOLAVORO ALEXANDERSSON - Quando si è saputo che era in testa pochi sapevo mettere insieme il suo nome e cognome, eppure quella della svedese Tove Alexsandersson è stata una gara che rimarrà negli annali di LImone. E il pedigree dell’atleta classe 1992 non mente: è stata più volte campionessa del mondo juniores di corsa orientamento e anche campionessa assoluta. Il motore c’è e si è visto: 3h31’11’ il suo tempo al traguardo che vuol dire ventiduesima posizione assoluta e soprattutto una grande discesa finale dove, nella speciale classifica downhill Fabio Meraldi, è arrivata dodicesima. Alexandersson è arrivata stremata al traguardo, accasciandosi proprio sulla linea, ed è stata soccorsa dai sanitari, ma è una storia a lieto fine con l’atleta che ha sofferto soprattutto per problemi ai piedi (ha corso con una scarpa per le gare di swim & run). Al secondo posto la tedesca del team Salomon Michelle Maier che ha deciso solo in mattinata, dopo la bella prova di ieri nel vertical, di prendere il via. Michelle, che viene dalle gare di corsa in montagna, era al via della sua prima vera skyrace e ha chiuso in 3h43’03’’. A chiudere il podio l’olandese-catalana Ragna Debats in 3h45’39’’, vincitrice della classifica overall delle World Series. Nella top five anche la britannica Holly Page e la spagnola Sheila Castano Aviles.

PODIO WORLD SERIES - Il podio del circuito Migu Run Skyrunner World Series vede Marco De Gasperi e Sheila Aviles primi davanti ad Aritz Egea, Jan Margarit, Laura Orgué e Ragna Debats.

SKIALPER… - Anche noi eravamo in gara perché ha preso il via il nostro inviato ‘speciale’ Giorgio Pulcini, selezionato nell’ambito di una iniziativa con il title sponsor della gara, Dynafit. Ottimo novantesimo posto per Giorgio che ha doppiato anche il suo tutor, l’azzurro della corsa in montagna Lica Cagnati (e testatore della Outdoor Guide di Skialper), ritiratosi. Altri due nostri testatori erano in gara e sono arrivati vicinissimi: Nicola Giovanelli, ventitreesimo e superato sulla discesa finale dalla Alexandersson, e Christian Modena, ventisettesimo.

10 K - Difficile chiamarla gara di contorno la 10k di Limone visto il livello degli atleti presenti. 170 i partenti. Tra loro tanti amatori, ma anche diversi atleti di grande, grandissimo talento. Ad attenderli 10km di vero skyrunning con 1100m di dislivello positivo e passaggi da fare invidia a tante corse a fil di cielo. Coma da pronostico al maschile i “bad boys” di Andrea Callera hanno subito imposto un ritmo forsennato. Al traguardo di Lungolago Marconi doppietta Salamon. Anche se il chip ha segnalato una differenza impercettibile tra i due fuggitivi, il successo di giornata è andato ex aequo al binomio trentino composto da Marco Filosi e Alberto Vender. Per loro finish time di 51’31”. Terza piazza per una altro loro compagno di scuderia, il lecchese Andrea Rota (52’19”) qui vincitore nel 2016. A seguire Andrea Prandi (Team Hoka) e Romeu Gouveia (Portugal). Al femminile riconferma per la ‘signora Bon Mardion’ Elise Rouchy in 1h04’55”.


Francois & Kilian, cosi diversi, cosi

Dopo l’UTMB 2017 nulla sara’ più uguale nelle gare in montagna

Mai nella storia dell’Ultra-trail si era vista una gara con un parterre così alto di atleti al via. Senza mezzi termini, l’UTMB 2017 è stata il Mondiale dei Mondiali dell’ultra-trail. Come ha ben detto Kilian (lo chiamiamo senza cognome, poi spiegheremo perché), nelle gare lunghe di solito sono in due o tre a giocarsi la vittoria, oggi erano almeno in dieci da podio, se non da vittoria. L’importanza dell’evento era nell’aria. Chi ha frequentato le passate edizioni (a proposito, questa è la quindicesima, cifra tonda!) ha sempre fatto lo slalom nella folla, c’è sempre stata la pelle d’oca e l’adrenalina a mille, soprattutto in partenza e all’arrivo, ma quest’anno no, è stata un’altra cosa. «Nel 2014 è stata un’emozione unica, ma non avevo mai visto così tanta gente: pioveva, nevicava, non sono praticamente stato mai solo» ha detto François D’Haene. Il boato al via e all’arrivo è stato unico, gli accrediti stampa contingentati a quota 250 (contro i 200 dell’anno scorso), nei momenti di punta dalla sala stampa è stato impossibile caricare foto e video, ogni spostamento, dalla ricerca di un angolo per fare le foto o le interviste all’affannosa corsa in auto da un rifornimento all’altro, è stato tremendamente più complicato. E non era mai successo.

FRANÇOIS, CHAPEAU! - Diciamolo: la prima UTMB l’ha vinta su un percorso ridotto, veloce e in fondo valle. Poi quando si è ripresentato nel 2014 ha stravinto, demolendo il record dell’anno prima di Thévenard. Se c’erano dei dubbi… Però con Kilian non si era confrontato. La cantilena la conosciamo bene: «re dell’UTMB, però quando c’è Kilian». Fino a oggi c’è sempre stata un termine di giudizio per le gare con e senza Kilian, oggi D’Haene l’ha battuto nella gara più importante e famosa al mondo e ha battuto almeno altri dieci (vogliamo dire venti?) atleti fortissimi. La vittoria di D’Haene è stata pesantissima, non c’è dubbio, un successo senza se e senza ma, il re dell’ultra-trail, se si guarda al lato sportivo, è lui. Vittoria ancora più bella perché ottenuta non da un super atleta giovanissimo, ma da un trentaduenne che si spacca la schiena tra le vigne.

KILIAN, COMUNQUE UN MITO -
A parlare sono prima di tutto i numeri e lo stile. Ti presenti alla gara del secolo, dove tutti hanno il viso tirato, e arrivi al via con lo smartphone e il cappellino con la visiera sul collo, filmi gli altri top in diretta Facebook, scambi delle battute, corri qualche chilometro con il telefonino in mano, trovi anche il tempo di fare i complimenti a un turista per le sue scarpe e di mostrare la palestra di arrampicata, fai la spola avanti e indietro come un cagnolino. Sembri un ragazzino che si diverte, comunque andrà a finire. Tutta un’altra immagine rispetto ai runner ai blocchi di partenza con il viso serio e concentrato. Perché il trail è una festa. Per la prima volta mostri a tutti che cosa vuol dire correre alla partenza della più importante gara al mondo di trail. E poi il tuo video supera (a 24 ore dalla partenza) le 500.000 visualizzazioni. Quello sulla pagina Fb ufficiale dell’UTMB è sopra le 20.000, al netto della diretta in streaming sulla tv della gara. La tua conferenza stampa è stata di gran lunga la più affollata, i post che ti riguardano sulla nostra pagina Facebook quelli che hanno fatto il botto, abbiamo ancora le orecchie piene degli ‘alè Kiliàn’. Sì, con l’accento sulla a, alla francese, perché lo sciovinismo dell’Exagone si ferma davanti a questo catalano considerato ormai figlio adottivo del Monte Bianco. Ecco perché ti possiamo chiamare Kilian e non Kilian Jornet. Perché oggi, lo ripetiamo a caratteri cubitali, ha vinto D’Haene e sulle lunghe distanze è il più forte. Però Kilian significa trail, inteso come il movimento delle gare in natura più in generale, è il simbolo di questo sport e rimane l’atleta più completo, che può permettersi di fare un paio di corsette sull’Everest in pochi giorni, tornare, vincere maratone, vertical e arrivare sempre sul podio delle ultra-distanze. No, ma… stiamo scherzando?

EUROPA-AMERICA 15-0 - Non nascondiamoci dietro a tante buone intenzioni: le ultime UTMB sono state una immaginaria Ryder Cup dell’ultra-trail e quella del 2017 lo è stata ancora di più. Tutti i top statunitensi (stiamo parlando degli uomini) erano schierati al via e nelle conferenze pre-gara non si sono tirati indietro: se siamo qui è perché pensiamo che si possa portare a casa l’agognato trofeo per la prima volta in quindici anni. Invece un bel podio del solito Tollefson, prestazioni notevoli del solito Walmsley, soliti successi nelle gare minori, ma la bacheca rimane senza la gara regina.

DOMINIO SALOMON - Dopo anni nei quali Salomon ha mandato a Chamonix pochi, selezionati atleti (programmati per il podio), il 2017 è stato quello del dominio. UTMB maschile: primo e secondo. TDS maschile: primo. TDS femminile: prima. OCC femminile: seconda. OCC maschile: primo, secondo e quinto. CCC maschile: secondo. YCC maschile: primo. YCC femminile: prima. In pratica, nessun podio solo nella UTMB femminile (ancora non assegnata al momento di scrivere) e nella CCC femminile.

AL POSTO GIUSTO NEL MOMENTO GIUSTO -
Non c’è dubbio, nella vita bisogna avere fortuna e le coincidenze contano. Lo sa bene il concorrente che si è trovato a transitare dal traguardo proprio qualche minuto prima dell’arrivo di D’Haene. Un arrivo così, tra fiumi di folla, con applausi e diretta tv, sembrava uscito da un cartone animato di Holly e Benji e non gli capiterà mai più. Come non sarà più uguale il trail da domani. Guarda caso D’Haene ha fatto una salita a Champex in diretta Facebook dopo l’exploit in partenza di Kilian. Lui che è così diverso dal catalano, più schivo, meno personaggio, meno comunicatore. Così diversi eppure così immensi. A loro e a madame e monsieur Poletti dobbiamo dire grazie, perché oggi è stata scritta una stupenda pagina della storia del trail. E poi Kilian ha dato appuntamento a François l'anno prossimo per lo spareggio: ora hanno tre UTMB a testa... ne vedremo delle belle!


UTMB, Kilian contro tutti

L’ultra-trail del secolo dovra' fare i conti con il brutto tempo

Dell’UTMB 2017 si sono scritti fiumi di inchiostro da mesi. Sarà (meteo permettendo) l’ultra-trail con il più alto livello di atleti al via di sempre. Una gara che dopo anni di bel tempo e tanto caldo sarà quasi sicuramente sotto la pioggia (e forse la neve in quota). Con tutte le possibili variabili e incognite del caso, a partire dai percorsi. I tre vincitori di più di una edizione (escluso il solo Marco Olmo) si sfideranno per la prima volta in una gara che sembra uscita da una simulazione alla Play Station: Kilian Jornet (tre vittorie), François D’Haene (due) e Xavier Thévenard (due, unico ad avere vinto tutte le gare UTMB in un immaginario Grande Slam). Normale che un pronostico per la vittoria finale parta da questo trio delle meraviglie. E anche l’ipotetico podio. Però le gare si corrono, di giorno, di notte, al caldo, al freddo, sotto la pioggia, con le gambe, con la testa e con lo stomaco, che spesso fa le bizze. E cento miglia sono tante per sparigliare per bene le carte. Senza contare che gli altri pretendenti, anche se non hanno il timbro di vincitori, sono di un livello elevatissimo e hanno fame, molta fame… Il via domani alle 18 da Chamonix.

UOMINI - Se è in forma, come ha dimostrato di esserlo nelle gare precedenti (vittoria Hardrock, Marathon du Mont Blanc, Sierre-Zinal), nonostante gli sforzi himalayani di inizio estate, il favorito numero uno resta Kilian. Ogni gara dove corre deve essere vista come una gara che può perdere solo lui. E gli arrivi su gradini diversi dal primo sono veramente una rarità. Qui ha vinto nel 2008, 2009 e 2011, riscrivendo la storia dell’ultra trail. Qui si ripresenta spavaldo nell’anno con il migliore lotto di atleti al via in un vero e proprio all star game del trail. Cento miglia presentano sempre molti imprevisti ma se dovessi puntare qualcosa lo punterei su di lui. Sarà una bella lotta tra François D’Haene, come Kilian del team Salomon, e Xavier Thévenard. Difficile pronosticare chi arriverà primo (o vincerà) come in un ‘clasico’ del calcio. D’Haene è un mostro oltre i 100 chilometri: due UTMB e tre Diagonale des Fous bastano? Thévenard un cecchino infallibile, ha una storia di ottimi risultati in giro per il mondo, ma uno score incredibile ai piedi del Monte Bianco: due UTMB corse e due vittorie, unico ad avere vinto tutte le gare targate UTMB e anche alla 80 km du Mont Blanc non ha fatto male… Probabilmente saranno gli episodi, l’alimentazione, lo stato di forma a decidere la gara, difficile qualsiasi previsione. Terminata l’analisi del dream team, ecco un altro dream team! La mina vagante è sicuramente lo statunitense Jim Walmsley, considerato una delle più belle promesse del trail e indicato dallo stesso Kilian come atleta top per il futuro. Alla Western States 2017 però si è ritirato e forse terreno e adrenalina della UTMB non fanno ancora per lui. Forse. Proseguendo con il dream team: Il lituano Gediminas Grinius, Team Vibram, secondo e quinto a Chamonix, vincitore dell’Ultra Trail World Tour 2016, lo statunitense David Laney, già terzo qui, il connazionale Tim Tollefson, terzo l’anno scorso, Tofol Castanyer, secondo insieme a Miguel Heras nel 2014, lo stesso Heras (secondo anche nel 2013), gli altri statunitensi Zach Miller e Jason Schlarb, vincitore con Kilian della Hardrock 2016, Dylan Bowman, Sage Canaday, Jeff Browning, Andrew Miller, lo spagnolo Pau Capell, il norvegese Didrik Hermansen, l’inglese Andy Symonds, lo svizzero Diego Pazos, Tra i francesi ci sono Julien Chorier (già terzo all’UTMB), Sebastien Chaigneau e Sebastien Camus, poi il veterano portoghese Carlos Sá, lo spagnolo Francesc Solé. Potenzialmente tutti sono da top ten, quasi tutti da podio…

ITALIANI - Dopo lo splendido nono posto dell’anno scorso non può che essere Giulio Ornati il top runner italiano. Nel 2017 è stato diciottesimo alla LUT, diciassettesimo alla Transgrancanaria e ottavo al Madeira Island Ultra Trail. No sarà facile ripetere la prestazione dell’anno scorso, la top ten del 2017 vale come un podio, ma Giulio c’è. Risultano iscritti anche Fabio Di Giacomo, vincitore della The Abbots Way 2017, Ivano Molin (Team Scarpa, ventunesimo l’anno scorso).

DONNE - È normale che, confrontato con il parterre maschile, quello femminile sia meno intrigante. Ma l’UTMB femminile sarà una gara molto interessante, non ci sono dubbi. Perché al via ci saranno la prima e la seconda dell’anno scorso, Caroline Chaverot e Andrea Huser. Perché la Chaverot è la migliore ultra-trailer del momento (nel 2016 un triplete storico: Mondiali Skyrunning Ultra, Mondiali Trail IAU, UTMB…). Sulla carta se la giocheranno ancora loro, con la Chaverot in vantaggio, anche se con un inizio di stagione problematico per la salute ma ampiamente ripagato dalla vittoria alla Maxi Race, alla LUT e alla Hardrock 100. Attenzione però, la svizzera Huser è una stakanovista di gran classe delle ultra-distanze e non molla mai. Al via anche Nuria Picas, un’altra che non molla mai, ma la spagnola qui non ha mai vinto (due secondi posti), ha passato lo scettro di reginetta alla Chaverot e non sembrerebbe potere puntare alla vittoria finale, ma al podio perché no? Bisogna però considerare che è reduce da una spedizione al Makalu dove ha avuto seri problemi di salute. Juliette Blanchet, Francia, è stata quarta l’anno scorso e ha i numeri per fare molto bene. Poi ci sono le tante americane: una pattuglia con il collo pieno di medaglie, ma l’UTMB è l’UTMB: Magda Boulet, Kaci Lickteig (vincitrice della Western States 2016), Aliza Lapierre, Amy Sproston, Stephanie Violett. Tra le top race anche la brasiliana Fernanda Maciel, la spagnola Gemma Arenas e la connazionale Teresa Nimes, la francese Emilie Lecomte, due volte prima alla Diagonale des Fous e prima donna al Tor. Salvo sorprese, il podio dovrebbe essere affare per Chaverot, Huser, Picas, Blanchet con qualche intrusione americana o spagnola. Salvo sorprese, appunto.

ITALIANE - La ‘russa d’Italia’ del team Vibram, Yulia Baykova, ha dimostrato più volte (non solo nella corsa) di che pasta è fatta. L’anno scorso è stata sesta alla CCC, la gara più lunga di livello internazionale che ha corso dopo il rientro nel mondo del trail. Alla Lavaredo Ultra Trail 2017 un ritiro per caduta. Non ha mai corso su questa distanza, si butta nella mischia e darà sicuramente il cento per cento. Difficile prevedere un podio, ma la top ten sì. Martina Chialvo alla CCC del 2016 è stata decima e anche lei si mette in gioco nella regina delle gare.

INCOGNITA METEO - Le previsioni per tutto il periodo dell’UTMB danno tempo perturbato con diverse precipitazioni (anche nevose, in abbassamento fino a 2000/1800 metri) e temperature fresche (fino a 7-11 gradi a quota 1.500). Si correrà sul percorso normale?
 


Monte Bianco, oltre la provocazione di Kilian

I materiali obbligatori voluti dal sindaco di S. Gervais sono la soluzione?

La notizia è di dominio pubblico dallo scorso 17 agosto, per la verità - inizialmente - oscurata dalla terribili news giunte da Barcellona. Però la viralità della foto postata da Kilian Jornet sul suo account Twitter ha portato all’attenzione dei mass media, quasi nessuno escluso, il nuovo regolamento voluto dal sindaco di Saint Gervais che prevede una lista di materiale obbligatorio per la salita sul Monte Bianco. Elenco voluto da Jean-Marc Pelliex dopo uno studio del team giuridico del comune e inserito in una ordinanza municipale dello scorso 17 agosto, dopo che il 15 sul Monte Bianco ha perso la vita un quarantaseienne trail runner cadendo in un crepaccio. La provocazione di Kilian è forte: una foto in vetta al Monte Bianco nudo, con la mano sulle parti intime. L’immagine è del 2012 e accompagnata dalla frase: «Riassumendo, se si sale dal versante italiano è legale?».

OLTRE LA PROVOCAZIONE, IL KILIAN-PENSIERO - La questione è ben più seria di una foto di Kilian nudo in vetta, anche se, come spesso accade, la bagarre dei mass media si è fermata in superficie. Lo stesso Kilian ha pubblicato il 20 agosto un post su Facebook molto dettagliato sull’argomento sicurezza, nell’intento di creare un dibattito sull’argomento. Si tratta di un lungo elenco di consigli, frutto anche dell’esperienza personale di Kilian, che confessa che, quando prova qualcosa di nuovo, il 50% delle volte torna indietro. Si tratta di un insieme di regole di buon senso che molti sicuramente già applicano, ma che nel sensazionalismo moderno spesso si sperdono. Il primo punto è ‘capire’. Capire che l’alpinismo è un’attività con dei rischi e che si svolge in un ambiente in perenne trasformazione, per questo bisogna conoscere il più possibile l’ambiente della nostra escursione. Il secondo punto ‘approccio con umiltà’. Conoscere le nostre capacità, allenarci prima in ambienti protetto, in palestra o su passaggi più facili. Kilian non esclude la possibilità di errori, che fanno parte del processo di crescita. Il terzo punto è ‘imparare’. Mai smettere di apprendere e di osservare. E soprattutto di avere dei mentori. Jornet suggerisce di andare in montagna con Guide alpine e di dedicare una settimana prima della stagione invernale e una prima di quella estiva alle tecniche di autosoccorso in montagna e alla conoscenza della neve e delle valanghe. Punto 4: ‘programmazione e adattamento’. Preparare bene l’escursione, le vie di fuga e le alternative, tornare indietro se non ci sono le condizioni, cambiare percorso se fa troppo caldo e c’è rischio di caduta pietre o se c’è troppa neve, avvisare sempre dove si va se si è soli. Last but not least: ‘accettare’. Accettare la difficoltà delle montagne e i propri limiti. Bisogna farlo prima di iniziare ogni attività. «E certo, l’alpinismo è anche accettazione del rischio, andare verso lo sconosciuto e per alcune salite, magari una o due nella vita dei migliori alpinisti, porta alla decisione di prendere una strada che potrebbe portare alla morte. Vuoi accettare questa possibilità? Prova solo a pensare sei sei pronto e accetta il rischio delle attività che fai» conclude Kilian.

OLTRE LA PROVOCAZIONE, IL MATERIALE OBBLIGATORIO -
A margine della vicenda, polemiche e discussioni, nelle quali è entrato anche l’episodio del 2013, che vide Kilian ed Emelie Forsberg chiamare i soccorsi durante una salita sullo Sperone Frendo all’Aiguille du Midi perché poco equipaggiati per affrontare un repentino cambio delle condizioni meteo, si è perso di vista il provvedimento del sindaco di Saint Gervais, che è il punto di partenza di tutta la querelle. Che cosa prevede? L’utilizzo di berretto, occhiali da sole, maschera da sci, crema solare, casco, frontale, due paia di guanti, abbigliamento per l’alta montagna (giacca isolante e giacca impermeabile, pantaloni da montagna e sovrapantaloni), scarpe da alpinismo ramponabili e ramponi adeguati, imbrago e kit per l’uscita da crepacci, corda, piccozza, GPS (o bussola +  altimetro). Kilian con la sua provocazione voleva portare proprio la discussione su questo argomento. Sono giuste queste regole? O no? E soprattutto, nel grande santuario del Monte Bianco, è giusto vietare? A Chamonix c’è una lunga tradizione di ‘libertè’ e la decisione del sindaco di Saint Gervais la interrompe. Il pensiero di Kilian è chiaro: «La mia esperienza mi dice che regole e divieti sono una soluzione di breve termine ma mai validi sul lungo termine. Ci vuole educazione (per i giovani e gli adulti) e formazione». Di sicuro Kilian non potrà più salire in versione trail sul Monte Bianco, almeno dal versante francese. E nessuno sprovveduto potrà cercare di emularlo. Se lo faranno, saranno ‘fuorilegge’. Ma rimarrà sempre il dubbio se sia giusto limitare la libertà di alcuni per prevenire l’impreparazione di altri e, naturalmente, rimarranno sempre le due fazioni, quella dei proibizionisti e quella dei fautori della libertà, sempre e comunque. E in mezzo scorre la vita, o la morte.


LUT nel segno di Chaverot e Antolinos

Caldo record e primato del percorso di Pigoni al Cortina Trail

Era stato lanciato anche un hashtag #breaking12, per scendere per la prima volta nella storia della più importante gara ultra italiana dotto le 12 ore. Gli atleti in gara oggi tra le Dolomiti di Cortina però hanno dovuto combattere, oltre che contro il tempo, con un altro nemico, il grande caldo. Sole e colonnina di mercurio su valori molto elevati, anche in quota, hanno fatto sentire il loro peso e così, se si esclude una prestazione super di Matteo Pigoni (Scarpa), nel Cortina Trail, gli altri record di percorso sono rimasti imbattuti. La LUT 2017 si chiude nel segno del tricolore, di quello francese sulla gara lunga, con le vittorie di Fabien Antolinos e di Caroline Chaverot, e di quello italiano nel Cortina Trail, vinto da Pigoni e da Silvia Serafini.

LUT - C’era la folla delle grandi occasioni ieri sera alle 23 alla partenza da Corso Italia, il salotto di Cortina. I top davanti, la pancia del gruppo dietro, tra saluti, sfottò e pacche sulle spalle. La lunga notte si è subito mangiata una parte di gara. Ritmi veloci davanti, con lo spagnolo Pau Capell davanti per buona parte della prova. Poi al km 75 circa, il vincitore ha raggiunto il duo di testa formato dallo spagnolo e dallo statunitense Seth Swanson (The North Face). «Ho fatto la mia gara, senza obiettivi di classifica, ma cercando di dare il massimo in ogni sezione, senza sprecare le energie nella prima parte, quando sono arrivato in testa ho capito che avevo le mie possibilità perché Pau Capell era in difficoltà (si ritirerà, ndr), ma Swanson stava bene ed era chiaro che la vittoria si sarebbe decisa negli ultimi chilometri» ha detto il francese del team Mizuno. Vittoria tirata, in 12h32’34’’, con circa due minuti di distacco, e successo importante per il francese. Al terzo posto la sorpresa di giornata, il norvegese Erik-Sebastian Krogvig, del team La Sportiva Norvegia, in 13h09’21’’, che ha tolto per pochissimi minuti (per la precisione 2 e 2 secondi) la gioia del podio a un comunque felicissimo Fulvio Dapit (Team Crazy/La Sportiva): «Per me è come una vittoria, volevo chiuderla e chiuderla bene, non avete idea della fatica che si fa a fare una gara come questa», le sue parole al traguardo. Gara no per due tra i più attesi atleti italiani, Daniel Jung (Scarpa) e Giulio Ornati (Salomon). Il primo si è ritirato a causa di un problema muscolare, il secondo ha chiuso diciottesimo: «Non era giornata, ma volevo comunque arrivare al traguardo» ha detto all’arrivo. Sotto tono anche due top del calibro di Gediminas Grinius (Vibram) e Didrik Hermansen (Asics), dodicesimo e sesto al traguardo. Fatica vera per tutti, anche per una super-domma come Caroline Chaverot, che ha chiuso in 14h05’45’’. La francese del team Salomon, in ombra in avvio di stagione a causa di un problema alla tiroide, ha avuto ragione della neozelandese (Scott) Ruth Croft (14h51’36’’), stremata al traguardo, e di Lisa Borzani (Tecnica, 15h53’59’’). «È stata una gara molto dura, il caldo non ha dato tregua, e ho visto anche tanti uomini davanti a me in difficoltà» ha detto la francese al traguardo. La sua prestazione, anche se non da record e superiore a quella della vittoria del 2015, è di valore, con un dodicesimo posto assoluto. Quarta la francese Maud Gobert, quinta la polacca Ewa Majer.  Al quinto posto della classifica maschile il rumeno Robert Hajnal, all’ottavo e decimo due colonne del trail come Seb Chaigneau e Julien Chorier.

CORTINA TRAIL - Partenza alle 8 e, probabilmente, la gara dove il caldo ha influito di più, perché corsa praticamente tutta a temperature roventi. Condizioni che rendono ancora più importante la vittoria di Matteo Pigoni (Scarpa), con il tempo record di 4h28’52’’. Secondo Enzo Romeri (CMP, 4h37’26’’) e terzo il polacco Pawel Krawczyk (Dare2b, 4h42’31’’). Al quarto posto Christian Modena (New Balance) al fotofinish su Francesco Rigodanza (Spirito Trail). Da segnalare l’ottima prestazione, con il nono posto, di Marco Zanchi, al rientro dopo qualche problema di salute. Doppietta italiana tra le donne con la vittoria di Silvia Serafini (Tornado) in 5h24’56’’ e il secondo posto di Francesca Pretto (Summano), mentre terza è arrivata la francese Gerance Blaut. Settima Fernanda Maciel.


Il giorno piu' difficile dello scialpinismo

Le squalifiche e le parole di Kilian segnano un punto di non ritorno

C’è un’immagine che meglio di tutte descrive lo stato d’animo del mondo dello scialpinismo agonistico dopo la giornata surreale vissuta ieri a Cambre d’Aze, in occasione della individual di Coppa del Mondo. È la fotografia della premiazione maschile nella quale Michele Boscacci, Robert Antonioli e William Bon Mardion si guardano perplessi, increduli, forse sgomenti. Come surreale è il video di poco più di un minuto pubblicato all’ora di cena sul canale Youtube della federazione internazionale con musica, immagini di gara e del podio femminile che nulla dice di quello che realmente è successo o la comunicazione ufficiale della ISMF giunta in redazione alle 20.09, mentre alla stessa ora il live streaming permetteva a chiunque lo avesse voluto di seguire in diretta le imprese di Goetsch & co alla Vertical Up sulla pista Tulot di Pinzolo. Quella che probabilmente è stata la giornata più nera dello skialp agonistico è stata preceduta da foschi presagi. Pochi giorni prima della gara ci aveva pensato Mathéo Jacquemoud a sparare a zero sulla mancanza di comunicazione e la conseguente perdita di appeal di quello che dovrebbe essere il massimo circuito del nostro amato sport. Poi le voci, incontrollate e incontrollabili come possono essere le indiscrezioni, di un probabile forfait di Kilian dopo la tappa pirenaica, dell’abbandono di Jacquemoud e Viret, degli svizzeri che non sarebbero andati in Turchia. Solo voci, che però rendevano l’atmosfera cupa.

LE PAROLE DI KILIAN - Nessuno però si sarebbe aspettato un finale così tragico. Inutile nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi: i fatti di ieri, comunque li si voglia leggere, rischiano di essere una zavorra molto pesante per il circuito di Coppa del Mondo e le ambizioni olimpiche della ISMF. Le parole scritte da Kilian Jornet in un post su Facebook sono pesantissime e richiedono una presa di posizione della federazione, nell’interesse di tutto il movimento. A parte le incertezze sugli orari della flower ceremony alla quale Kilian dice di non avere partecipato perché era prevista a un’altra ora, Jornet porta alla luce problemi sui quali la federazione deve dare una risposta chiara: «accettiamo la squalifica - scrive Kilian - ma quando le cose non funzionano da tempo, è necessario che vengano rese pubbliche». Il primo problema è quello della comunicazione: «la federazione vende i diritti d’immagine a una compagnia di comunicazione, ma nessuna tv o media vuole pagare care immagini dello skialp, per questo quei pochi minuti che avevamo prima, sono di meno».

LE REGOLE E I GIUDICI - Poi viene quello delle regole, in uno sport con organizzatori spesso volontari «condizioni impegnative in montagna… con errori che possono arrivare dagli atleti e altre volte da problemi di tracciatura, dell’organizzazione o dei giudici… e alcuni giudici hanno la flessibilità di capire se ci sono stati errori da parte degli atleti o altri fattori». Kilian lancia un’accusa pesante: «Uno di loro (dei giudici, ndr), lavora ed è pagato dalla federazione francese ed è giudice internazionale allo stesso tempo, con alcune decisioni di parte». «Alcuni giudici - continua Kilian - sono così intransigenti sulle regole che a volte le decisioni appaiono irreali, come in questo caso, ma non dicono nulla di altre situazioni fuori dalle regole che dipendono dalle loro decisioni. Le norme parlano di un punto di rifornimento, il giudice non era a conoscenza della regola e la questione è stata posta dall’allenatore svizzero al briefing, alla fine è stato chiarito che i punti di rifornimento erano due, contrariamente a quanto previsto dalle norme. La postazione di cambio dove Lenzi è stato penalizzato non aveva una via d’uscita … la partenza delle qualifiche della sprint è alle 8, quando le norme prevedono che debba avvenire dopo le 9».

MURO CONTRO MURO DELETERIO - Non sono da meno le dichiarazioni di Kilia secondo le quali ci sarebbe stata un'ammissione dell’errore da parte dei giudici dopo avere visto un video presentato dagli italiani e la richiesta di ‘non fare troppo rumore’ sulla questione (non è però chiaro se sull’errore o sulla squalifica dei tre atleti). Kilian è l’atleta simbolo di questo sport (la sua pagina Facebook conta più di 600.000 follower contro i circa 10.000 di ISMF World Cup Ski Mountaineering), le sue accuse sono molto precise e una, ormai probabile, uscita dalla Coppa del Mondo sarebbe un colpo da ko. Ignorarle peggiorerebbe solo una situazione che è già complicata.


Luis e Rory, prima volta e tris?

Lo spagnolo grande favorito all'UTMB, qualche dubbio per l'americana

Mancano ormai poche ore. L’appuntamento è domani alle 18 nella piazza della chiesa di Chamonix, quando una marea umana di 2.300 persone prenderà il via in quella che è la più importante gara ultra in montagna al mondo. Che l’UTMB (che da quest’anno è anche il nome ufficiale dell’Ultra-Trail du Mont Blanc) abbia inizio!

GARA - 170 km e 10.000 metri di dislivello (qualcuno dice che in realtà sono meno di 9.000...) per questa classica 100 miglia. Record maschile di François D’Haene (20h11’44’’) e femminile di Rory Bosio (22h37’26’’).

METEO - Le ultime previsioni danno caldo, molto caldo, con 30 gradi in partenza e tempo prevalentemente soleggiato. Nella notte a 2.000 metri sono previsti 15 gradi, 29 all’arrivo con qualche possibilità di pioggia nel pomeriggio di sabato.

UOMINI - Curiosamente non sarà al via nessun vincitore delle ultime edizioni ma… quella del 2016 rischia di essere una delle UTMBi più combattute. Il favorito numero uno sembra essere lo spagnolo Luis Alberto Hernando, secondo l’anno scorso e ritirato nel 2014. L’UTMB è il suo obiettivo stagionale e arriverà al top dopo la vittoria ai Mondiali ISF e alla Transvulcania, con i giusti tempi di recupero. Se dovete scommettere, qualche soldo su Luis Alberto potrebbe essere ben puntato anche se in una cento miglia nulla è mai scontato. Tra gli spagnoli Tofol Castanyer, secondo due anni fa e ritirato l’anno scorso, inizia ad avere i suoi anni e ha puntato tutto sulla gara di Chamonix. Se sarà in forma è da podio. Nel team Salomon è dato al top il sudafricano Ryan Sandes, uomo da poche gare ma sempre ben preparate e raramente sbagliate. L’anno scorso però ha vissuto una delle peggiori stagioni (ritirandosi anche all’UTMB), ora sembra al top e si è allenato a lungo intorno al Monte Bianco. Se è ritornato quello che arrivò secondo all’UTMF e alla Western States è da podio. Più difficile prevedere cosa farà Miguel Heras, secondo nel 2013. Dipenderà dalla forma e dalla testa. Se troverà la giornata giusta anche lui sarà un brutto cliente, ma dei tre top runner Salomon è sicuramente quello meno accreditato, sulla carta, per il podio. Molto folta la pattuglia ‘made in US’. L’uomo che alla vigilia sembra avere le carte in regola per il podio è David Laney, terzo l’anno scorso. La sua prestazione alla Western States non è stata delle migliori (trentesimo) però all’UTMB può fare un’altra gara da podio. Zach Miller è un fuoriclasse, ma metterlo sul podio della sua prima 100 miglia sembra un po’ un azzardo. Piuttosto attenzione a Jason Schlarb (leggi qui l'intervista pre-gara), che ha tagliato il traguardo insieme a Kilian alla Hardrock 100. Proprio il fatto di avere partecipato sole sei settimana fa a una ultra impegnativa come la Hardrock 100 è il grosso punto di domanda e l’accoppiata HR-UTMB in passato ha portato male a tanti big, però… never say never. Tra i top occhio ancora a Didrik Hermansen, norvegese capace di arrivare secondo alla Western States, vincere la LUT e la Transgrancanaria. Ha le carte in regola per una top 3, però è alla sua prima UTMB. Il lituano Gediminas Grinius del Trailrunning Team Vibram non è più una sorpresa. Il podio all’UTMB sarebbe la consacrazione definitiva ed è assolutamente alla sua portata. Il runner del Team Scott Andy Simonds è al top in questa stagione (ha vinto anche la LUT), sarà da capire come si comporterà su questa distanza. Occhio, sempre in casa Vibram, a Javi Dominguez, terzo a sorpresa nel 2013, terzo alla LUT e ai Mondiali ISF.

OUTSIDERS? -
Un pronostico all’UTMB è quanto di più difficile si possa chiedere. Le edizioni passate sono state ricche di sorprese… Altri uomini da controllare sono sicuramente i francesi, da Fabien Antolinos a Sébastien Camus, Tomas Lorblanchet, Julien Chorier, Aurelien Collet, Ludovic Pommeret, Arnaud Lejeune. Dovrebbero essere in gara anche Jordi Bes, Tim Tollefson, Francesc Solé, Stephan Hugenschmidt…

ITALIANI - Le ultime edizioni sono state un po’ indigeste e dal 2008 siamo fuori dalla top ten (anche se Ivan Geronazzo nel 2014 ha fatto un tempo migliore di Massimo Tagliaferri, che non ha però garantito la top ten). Chi sarà al via nel 2016? Il top runner è Giulio Ornati. Si è preparato a lungo per questo evento e in allenamento ha fatto registrare prestazioni molto confortanti. La gara è un’altra cosa e l’UTMB è ‘un’altra gara’, ma ha tutte le carte per lasciare il segno. Poi ci saranno Marco Zanchi, Ivan Geronazzo e Christian Modena. Nella start list Elite risultano anche: Daniele Fornoni, Matteo Pigoni, Stefano Ruzza, Paolo Rossi, Michele Evangelisti, Nicola Bassi, Gianluca Palli, Ivano Molin, Tomaso Mazzoli, Stefano Bernini.

DONNE - La favorita naturale dovrebbe essere Rory Bosio, vincitrice nel 2013 e 2014 e detentrice del record. Nel 2016 però una sua vittoria non è così scontata e la non buona prestazione alla LUT dimostra che non è al top. Dagli States dicono che nel 2015 è stata impegnata nella realizzazione di un reality quest’anno non ha passato lunghi periodi in zona Monte Bianco per allenarsi… Potrebbe essere l’anno di Uxue Fraile, seconda l’anno scorso o di Caroline Chaverot, ritirata l’anno scorso ma al top nel 2016 con la vittoria alla Transgrancanaria, alla Mont Blanc 80 Km e ai Mondiali ISF. Bisogna vedere se avrà recuperato. Potrebbero essere da podio Denise Zimmermann, terza l’anno scorso, e la connazionale svizzera Andrea Huser. Emilie Lecomte ha due vittorie alla Diagonale des Fous e una al Tor des Géants, sarà sicuramente top ten ma più difficilmente da podio, potrebbe esserlo invece Magda Boulet, statunitense seconda alla CCC 2015 e vincitrice alla WS 2015. Occhio anche alla francese Juliette Blanchet, all’inglese Jasmin Paris, terza ai Mondiali ISF e all’ungherese Ildiko Wermescher. Tra le statunitensi da segnalare anche Aliza Lapierre e Amy Sproston.

ITALIANE - Francesca Canepa, seconda nell’edizione accorciata del 2012, non ha più avuto un buon feeling con l’UTMB nelle edizioni successive. La valdostana ha tutte le carte in regola per fare una buona prova, anche da podio, non ci sono dubbi. Dipenderà dalla gestione in gara e dalla testa, ma qualche soldo lo si potrebbe scommettere. Nelle Elite risulta iscritta anche Federica Boifava. Federica è una fuoriclasse, ma allo stesso tempo un ‘cavallo pazzo’, tutto è possibile…

CCC - Al via domani mattina alle 9 da Courmayeur la CCC, Courmayeur-Champex-Chamonix, 101 km e 6.100 m D+. Tra le donne torna sui sentieri ‘madame UTMB’, Lizzy Hawker. Tra gli uomini occhi puntati sui francesi Michel Lanne, Cyril Cointre, sul greco Dimitrios Theodorakakos tra gli altri. Tra gli italiani fari puntati su Giuliano Cavallo, mentre tra le donne ottime sensazioni per Virginia Oliveri, data al top. Attenzione anche a Cristiana Follador e alla… quasi italiana Yulia Baykova… 


Schlarb: ‘Sono in forma, punto al podio UTMB’

Abbiamo incontrato lo statunitense vincitore della Hardrock

Dopo la vittoria a pari merito con Kilian alla Hardrock 100 lo statunitense Jason Schlarb è uno dei grandi favoriti dell’edizione 2016 dell’UTMB. Però proprio il fatto di avere corso la Hardrock pone qualche ombra sulle sue possibilità di successo ai piedi del Monte Bianco. Le due gare non sono poi così distanti nel tempo e nelle cento miglia il recupero è fondamentale. «Sono sei settimane, i top runner che in passato hanno fatto l’accoppiata mi hanno sconsigliato di fare l’UTMB, però onestamente mi sento bene, anche se in una gara oltre le 20 ore non si puoi mai dire a priori, vedremo» ci ha detto l'atleta del team Julbo nel suo buen retiro - uno chalet immerso nella natura e proprio ai piedi del Monte Bianco - a soli quattro giorni dal via della gara.

Come ti sei preparato nelle ultime settimane?
«Dopo la Hardrock ho riposato due settimane e anche nelle ultime due settimane ho pensato solo a divertirmi. Nelle due settimane tra questi periodi ho corso un po’, facendo anche 50 km e 3.500 metri di dislivello positivo sulle Dolomiti, con un buon feeling».

Sei stato in Europa e anche in Italia, quando sei arrivato?
«A metà luglio, ho girato un po’, sì anche in Italia, nelle Dolomiti e a Susa per il K3, mi piace molto la vostra way of life, anche se mi mette a dura prova perché ho una dieta molto povera di carboidrati e non è sempre facile dire di no a pasta e pizza».

Che aspettative hai dall’UTMB?
«Penso di fare meglio di due anni fa (arrivò quarto ndr), quindi punto al podio, anche se, lo ripeto, finché non parti e non corri è difficile fare una previsione su una cento miglia. Però dopo avere corso sotto le 23 ore la Hardrock penso positivo, credo che sarei anche in grado di vincerla l’UTMB».

Chi temi di più?
«Il favorito è sicuramente Luis Alberto Hernando. Non credo che gli americani, Laney e Miller, abbiano possibilità perché non hanno la giusta esperienza per questo tipo di gara, occhio a Grinius, potrebbe dire la sua».


Bosatelli e Grinius super tra le Orobie

OUT femminile alla Mücková e GTO alla Oliveri

Buona la seconda. Dopo il maltempo della prima edizione e l'interruzione della gara, l'Orobie Ultra Trail 2016, cento miglia da Clusone a Bergamo, con scenografico arrivo in Città Alta, è stata baciata dal sole. La vittoria è andata a Oliviero Bosatelli, secondo l'anno scorso dietro a Marco Zanchi. 24h08'48'' il suo tempo, 1h11'35'' in meno di Guido Carrara e 1h34'53'' in meno di Andrea Macchi, migliore italiano all'UTMB 2015. Tra le donne successo della slovacca Petra Mücková in 31h02'27'' su Marina Plavan in 32h23'03''.

GTO - Nella gara di 70 km, la più gettonata dai big, successo del lituano Gediminas Grinius in 8h35'28'' sullo spagnolo Roberto Gil Lopez (8h50'20'') e su Pablo Barnes 9h03'00''. A seguire Luca Carrara, Carlo Salvetti, Marco Zanchi, Michael Dola, Carlton Rowlands, Riccardo Faverio, Marco Franzini. Al femminile vittoria, l'ennesima stagionale, di Virginia Oliveri, tredicesima assoluta in 10h43'49'' su Sonia Escuriola Reula e Moira Guerini.