Molte delle comodità a cui eravamo abituati non saranno disponibili, ma questo significa anche che potrebbero presentarsi piacevoli scenari inaspettati se saremo pronti a coglierli. In fondo, per quanti sarà davvero un deterrente l’idea di non trovare un rifugio o un bar aperto a fine gita? Era bello fermarsi con gli amici a bere una birra dopo una sciata, certo. Per non parlare della comodità di poter pernottare in quota e raggiungere la cima dopo una colazione al caldo. Ma non era ciò che ci motivava a partire e non lo sarà neanche adesso. Anzi, in alcuni casi il rifugio o l’impianto in funzione erano addirittura motivo per cambiare destinazione: il rischio di ritrovarsi in un luogo troppo affollato ha sempre fatto desistere chi dalla montagna si aspetta esperienze di stampo più esplorativo. Perché non riorganizzare questa stagione invernale anomala e ripartire dalle basi, ricordandosi che in fondo tutto quello che serve è un paio di sci ai piedi? Anzi, un paio di sci ai piedi e un pranzo al sacco.
Ed è per questo che su Skialper 134 di febbraio-marzo parliamo di trail-food. Una pratica che nasce tra backpacker e thru-hiker d’oltreoceano dove, a differenza di quanto accade normalmente nei territori alpini, i punti per rifornirsi lungo i più famosi cammini di lunga percorrenza distano normalmente parecchi giorni l’uno dall’altro. Più che di scienza culinaria si tratta di una vera e propria cultura dell’arrangiarsi nella wilderness. E di un modo per produrre meno rifiuti e fare una scelta più consapevole e amica dell’ambiente. Come si fa? Basta avere un essiccatore, ma anche un forno ventilato, con alcune accortezze, può funzionare. Abbiamo chiesto a Elisa Bessega, che si produce il cibo per le sue avventure nella natura, di darci qualche dritta e di consigliarci qualche ricetta. Per esempio quadretti energetici al cioccolato, cous cous e infuso di zenzero e limone. Non resta che comprare Skialper e provare le ricette.