Il parere del Capitano Cresta sugli episodi di valanga e sulle condizioni

La cronaca recente ci ha regalato diverse valanghe, alcune con grande risalto sui media. Ecco il parere del nostro esperto Renato Cresta sull’argomento.

CERVINIA – Riporto dai media: 1. Cervinia è stata avvolta dal soffio di una grande valanga che si è staccata verso mezzogiorno. La nuvola ghiacciata è arrivata alle casse della Cervino spa e si è spinta sino a Cielo Alto, spalancando porte e finestre. La valanga era di notevoli dimensioni e molto veloce, per questo ha generato la grande nube, quell’aerosol di aria e neve che ha oscurato il cielo ed imbiancato anche i muri delle case, ma non ha fatto danni perché la massa solida si è fermata a buona distanza dall’abitato e, quando ha raggiunto la zona residenziale, il “soffio” era ormai in fase di stanca.  2. Valanga di grosse dimensioni raggiunge le piste da sci… È accaduto poco dopo le 20 quando la pista era chiusa e nessuno se ne è accorto. La seconda valanga, che ha preso avvio dalle pendici del Cervino, è arrivata sulla pista di sci numero 5, la più facile tra quelle che da Plan Maison conducono a Cervinia e di questa se ne sono accorti solo gli addetti alla battitura. La pista era chiusa e non risultano persone coinvolte.

LES DEUX ALPES – A Les Deux Alpes, sulle Alpi francesi, una valanga si è abbattuta su un gruppo di studenti della Scuola Superiore di Lione Saint-Exupéry in gita con il loro professore. Sono morti due studenti e un ucraino che sciava sulla pista nera di Bellecombe, ma non faceva parte della comitiva.

IL COMMENTO – Della prima valanga su Cervinia c’è poco da dire: è ben conosciuta e, già da molti anni, sono stati portati a termine interventi a difesa che, a mio parere, sono in grado di proteggere la zona antropizzata anche nel caso di valanghe di grandi dimensioni, nel limite del prevedibile. La seconda valanga di Cervinia e quella de Les Deux Alpes hanno invece qualcosa in comune: entrambe hanno raggiunto una pista di sci. I tre morti di Les Deux Alpes sembrano dare ragione ai soliti giudiziosi benpensanti che diranno che non si deve devastare la montagna per attrezzare piste di sci in zone soggette a valanga, il che equivale a dire che si devono chiudere quasi tutte le piste di sci alpino ed anche alcune piste di sci di fondo. Il legislatore, invece e una volta tanto, ha avuto buon senso perché, prima di rilasciare l’autorizzazione all’esercizio di una pista, richiede una perizia tecnica in cui si certifichi che la pista è esente dal pericolo di valanghe per ubicazione naturale o a seguito di adeguate opere di difesa. In altri termini, si ammette che una pista da sci possa essere interessata da fenomeni valanghivi ma si pretende un progetto di difesa, che può essere di tipo strutturale o gestionale.

La difesa strutturale, come si capisce dal nome, si avvale di strutture come opere fermaneve o di deviazione delle masse nevose, mentre la difesa gestionale si basa su un piano di monitoraggio del manto nevoso, condotto da personale qualificato e secondo procedure omologate. Questo genere di difesa prevede che sia quotidianamente accertata la stabilità del manto nevoso e, nel caso si presentino condizioni che fanno presumere l’approssimarsi di criticità, prescrive l’immediato provvedimento di chiusura della pista e, se del caso, anche dell’impianto che la alimenta. Se approvato, l’applicazione delle misure previste da un PIDAV (Piano di Intervento di Distacco Artificiale Valanghe) può abbreviare i tempi di chiusura, provvedendo alla bonifica del pendio instabile mediante il tiro di sostanze esplosive. Teoricamente, quindi, le piste sono sicure ma … ma può sempre esserci l’errore umano da parte di chi deve prendere la decisione o, ed è più frequente, può mettersi in moto l’incoscienza di chi dovrebbe essere tutelato.

La mia formazione nel mondo della neve è iniziata in Francia nel 1974 e, sempre in questo paese, si è consolidata negli anni successivi con corsi di specializzazione e di aggiornamento e, in diverse occasioni sono anche stato convocato anche come formatore degli addetti alla sicurezza. Conosco la serietà dei corsi di formazione e la severità della concessione delle licenze professionali, che sono rilasciate dopo aver superato un esame davanti ad una Commissione Prefettizia piuttosto severa. Nel caso di Les Deux Alpes, le notizie dei media sembrano concordi nell’affermare che la pista era chiusa e, per l’esperienza personale di cui ho appena detto, ritengo molto probabile che la notizia sia corretta.

Ma la stessa esperienza mi fa presumere che anche qui sia successo quanto ho visto un giorno a Monetier les Bains (comprensorio di Serre Chevalier): un maestro di sci ha rimosso un tratto della rete che chiudeva la pista, ha spostato il cartello di divieto ed ha condotto i suoi allievi lungo una pista chiusa per pericolo di valanghe. Nel caso de Les Deux Alpes non si parla di maestri di sci, quindi la responsabilità della sicurezza dei ragazzi gravava solo sul professore che li accompagnava; se le cose sono andate come descrivono i media, starà indubbiamente passando i suoi guai. Certamente è stata aperta un’inchiesta e la ricerca delle responsabilità sarà un problema di giudici, periti ed avvocati che discuteranno e disputeranno a proposito di imperizia, imprudenza, negligenza ed inosservanza di norme. Quattro parole che sono convinto si possano riassumere in unico termine: incoscienza, che altro non è che un atteggiamento o comportamento di colpevole noncuranza o avventatezza. E questi casi non sono pochi, ma è più facile aggirare il problema e parlare di sfortuna oppure di montagna assassina.

GRAN SAN BERNARDO E SEMPIONE – Due valichi delle infames frigoribus alpes di Tito Livio, due passi delle “Alpi dai freddi infami”, ai quali, un poco per passione ed un poco per moda, molti salgono ancora con gli sci e dai quali alcuni scendono con l’elicottero del Soccorso Alpino. Due incidenti da valanga con due vittime al Sempione e quattro al G. S. Bernardo, tutte italiane. Ricordo che uno dei miei primi istruttori di nivologia, l’Ing. Frutiger di Davos, mi diceva: «Quando sentire questo, io diventare tristo». Non ho nessuna intenzione di far umorismo, voglio solo cacciar via il malumore e lo sconforto, lo spleen che queste notizie mi procurano. Cosa dovevano dire i Bollettini Valanghe per far capire che, in quel settore, la situazione era critica? L’intero contesto non era difficile da comprendere, perché è stata servita una vecchia ricetta; eccovela: 

1. Prendete uno strato di non più di 50 cm di neve, caratterizzato da croste da fusione e rigelo sui versanti soleggiati e da cristalli sfaccettati nelle zone in ombra.

2. Aggiungete da 20 a 60 cm neve fresca, distribuendola nelle zone di confine comprese tra A. Cozie Settentrionali e A. Lepontine.

3. Agitate il tutto nello schaker del vento, meglio se sbattete con raffiche di burrasca provenienti dai quadranti occidentali, generando una forte turbolenza.

4. Il cocktail è pronto.

5. Potete servire su tutti i versanti, disponendo casualmente in lastroni soffici, preferibilmente in corrispondenza di combe, avvallamenti e cambi di pendenza.

Forewarned is forearmed, avrebbe detto un inglese, parole che potremmo approssimativamente tradurre con ‘prima avvisato, prima armato’, una formula di messa in guardia equivalente al nostro uomo avvisato, mezzo salvato.  Eppure…