Due tiri con David Lama

Intervista con uno dei mostri sacri dell’arrampicata su Skialper di aprile

«Oggi il cielo, col suo azzurro sfacciato, pesa come un coperchio. Il sereno intenso e intonso reclama a viva forza lunghe vie in Dolomiti, mentre invece mi ritrovo in una - seppur bella - falesia tirolese a margine dell’International Mountain Summit.  All'apparenza è una giornata normale; indosso imbracatura, scarpette e sono legato a una corda che scorre per una ventina di metri fra roccia e rinvii. A tenere l'altro capo è un mio coetaneo austriaco. Abbiamo diverse cose in comune oltre all'età: un padre montanaro (Alpi il mio, Himalaya il suo), la corporatura e una passione a 360° gradi per tutto quello che si può fare fra i monti, con una certa predilezione per le strisce di ghiaccio incorniciate da bei graniti. Le differenze risiedono nella lingua e nel livello (competere con chi già a dieci anni saliva l'8a è complicato). E nell'aspetto». Comincia così Alessandro Monaci l’intervista con David Lama sul numero di aprile-maggio di Skialper. Nato nel 1990 da madre austriaca, di Innsbruck, e padre nepalese, guida di montagna, Lama a 10 anni saliva sull’8a e a tredici sull’8c. Nel 2005 ha salito No Future, una via di 70 metri in 8c. Nel 2009 ha tentato di salire in libera la Via del Compressore sul Cerro Torre, in Patagonia, senza successo. Ci è riuscito invece nel 2012 con Peter Ortner. Ecco alcune risposte alle nostre domande…

ALPINISMO - «L’alpinismo per me è più di uno sport. È più un'attitudine verso se stessi, ma anche verso la montagna. Voglio dire, se vuoi arrampicare su una via devi scegliere uno stile e questo stile è fondamentale. La maniera in cui sogno di scalare una montagna è più importante dell'avere successo. Penso che se tenti una qualsiasi via, incontrerai delle difficoltà lungo il percorso e molte persone cercano più di aggirarle che affrontarle. Invece è importante rimanere concentrati sullo stile che si è scelto e se si rivela impossibile salire con i metodi che ci si è prefissati, accettare la sconfitta. Ecco, questa penso sia l'attitudine che l'alpinismo richiede».

ARTIFICIALE - «Forse il free climbing è lo stile più bello con cui si possa arrampicare, perché si affrontano realmente le difficoltà di una parete, senza nessun artificio o aiuto. Ma tutto dipende dalla fantasia che si ha stando sotto una montagna e, mentre ti immagini la linea che vorresti salire, ti immagini anche il modo in cui vorresti farlo. Non necessariamente scelgo sempre lo stesso, trovo che anche l'arrampicata artificiale moderna abbia un suo forte fascino».

SCI - «Mi piace molto. Preferisco lo sci ripido, i canali. Ho fatto anche qualche prima discesa nelle montagne di casa».

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Il ginocchio dello scialpinista e del trail runner

Su Skialper di aprile-maggio le principali patologie dell’articolazione

Parlare delle patologie che possono riguardare il ginocchio richiederebbe di scrivere un corposo libro di ortopedia, su Skialper di aprile-maggio però il dottor Massimo Massarini cerchiamo ha semplificato l’argomento per fornire qualche informazione pratica agli scialpinisti e ai runner che lamentano dolori e fastidi di vario genere a questa articolazione che è tra le più sollecitate sia nella salita, sia nella discesa con gli sci sia nella corsa.

COME E’ FATTO - L’articolazione del ginocchio è composta dal femore, dalla tibia e dalla rotula che si colloca nella parte anteriore nel solco creato dalla conformazione della parte distale del femore ed ha lo scopo di facilitare l’azione del muscolo quadricipite nell’estendere la gamba. Tutte le superfici articolari sono rivestite di cartilagine per ridurre gli attriti tra un osso e l’altro. Tra i condili femorali e il piatto tibiale si trovano due strutture fibrose tondeggianti, i menischi, che hanno la funzione di assorbire i colpi, proteggendo ulteriormente le cartilagini. A stabilizzazione l’articolazione concorrono infine i legamenti: i due crociati, anteriore e posteriore, con la funzione di limitare flesso-estensione e rotazione, e i due collaterali con la funzione di stabilizzazione laterale.

PATOLOGIE - Ci sono patologie degenerative, patologie traumatiche e patologie da sovraccarico. Al primo gruppo appartengono le degenerazioni cartilaginee (condropatia, artrosi). Il dolore generato da artrosi è più marcato la mattina, dopo il riposo notturno, dopo periodi di immobilità, ad esempio alzandosi dopo ore alla scrivania e tende a diminuire con il movimento, almeno fintanto che la lesione cartilaginea è di entità modesta. La condropatia femoro-rotulea è frequente nei giovani e si evidenzia con una lesione della cartilagine che ricopre la faccia interna della rotula. In questo caso, i movimenti che comportano un accentuato angolo di flessione del ginocchio in carico, come ad esempio salire o correre su un pendio ripido, causano dolore. Il secondo gruppo è rappresentato dalle lesioni meniscali e legamentose. In questi casi, un trauma ha causato la rottura parziale o totale di un menisco o di un legamento. Il dolore è acuto ed è accentuato dal movimento. Nel terzo gruppo di patologie che causano dolore troviamo quelle a carico dei tendini: rotuleo, zampa d’oca, quadricipitale. Il dolore causato dalle tendionopatie è prodotto dall’attività fisica e si manifesta soprattutto a freddo, dopo avere interrotto l’esercizio. Tipico è il caso in cui, dopo la gita o l’allenamento, ci si rimette in macchina per un’ora e, alla prima sosta, scendendo dall’auto, si avvertirà dolore e impedimento funzionale: nella parte anteriore del ginocchio per tendiniti del rotuleo o del femorale o nella parte postero-interna per tendiniti della zampa d’oca.

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Ghiacciai, una risorsa in via d’estinzione?

Su Skialper di aprile-maggio un articolo sull’argomento

«Negli ultimi anni il bombardamento mediatico riguardante i cambiamenti climatici ha portato alla ribalta la sorte dei ghiacciai, una delle componenti più spettacolari e affascinanti dell’ambiente montano. Nonostante la superficialità con cui vengono solitamente divulgate le notizie scientifiche, il messaggio che i ghiacciai alpini stiano passando a miglior vita è ormai di pubblico dominio. Però la stragrande maggioranza dei risultati scientifici, spesso raggiunti dopo anni di lavoro e sacrifici, rimangono richiusi negli ambienti accademici nazionali e internazionali senza che neppure gli appassionati di montagna ne possano beneficiare». A scrivere è Riccardo Scotti su numero di aprile-maggio di Skialper. Dunque è vero che i ghiacciaio si stanno ritirando?

LA STAGIONE 2013-14 - Come sono andati i ghiacciai la scorsa estate? A tutti gli appassionati di montagna sarà chiaro il ricordo di un inverno caldo ma umidissimo, con grandi nevicate nel versante sud-alpino centro-orientale seguito da un’estate molto perturbata, povera di sole seppur non particolarmente fredda. Le temperature estive sono il vero giudice supremo della sorte della maggior parte dei ghiacciai mentre i grandi inverni nevosi, da soli, possono solo mettere una pezza un anno ogni tanto. In quest’ottica non vi stupirà sapere che dai primi dati del 2014, bilanci positivi sono stati registrati solo dalla Lombardia verso est. Se neppure con le condizioni tutto sommato abbastanza favorevoli del 2014 i ghiacciai alpini sono riusciti a dare chiari segnali di ripresa, appare ancora più evidente come la loro esistenza sia soltanto una eredità della piccola età glaciale, ovvero corpi di ghiaccio in totale disequilibrio con il clima attuale e destinati a una più o meno rapida scomparsa.

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Kilian, corsa per gli aiuti in Nepal

Un interessante servizio della televisione francese sul catalano

In molto si chiedono che cosa stia facendo Kilian in Nepal e, a dire il vero, ce lo siamo chiesti anche noi. Nessun dubbio, è andato ad aiutare le operazioni di soccorso, ma che cosa sta facendo esattamente? Giusto ieri la risposta del suo ufficio stampa: «As for Kilian, no news! We know that he is safe in Nepal but we don’t have much information about what he’s doing… » (Non abbiamo notizie di Kilian, sappiamo che sta bene, che è in Nepal, ma non abbiamo altre informazioni su quello che sta facendo). Qualcuno, a dire la verità, sui nostri account social, si era dissociato dal coro unanime di approvazione alla decisione del catalano di andare comunque in Nepal ma, al posto di scalare l’Everest, aiutare i terremotati. «Quando ci sono calamità naturali ci vuole gente esperta e spesso si può solo dare fastidio». Questa, in breve, l’osservazione. Curiosando sul web abbiamo trovato un servizio della televisione francese TF1 che mostra Kilian volare in elicottero verso i villaggi distrutti e qualche dichiarazione. Sembra che, intelligentemente, si sia deciso di sfruttare le sue competenze… cioè correre per raggiungere i villaggi più inaccessibili e fornire notizie sulla situazione e i soccorsi necessari. Un video da guardare per chi, naturalmente, conosce il francese.


Le valanghe primaverili

Su Skialper di aprile un articolo sui distacchi di fine stagione

«In questa stagione la neve se ne va, rapidamente a fondo valle, più lentamente alle quote più elevate, e questo ritardo ci permette di prolungare la nostra stagione sciistica. Andiamo tranquilli in montagna perché siamo convinti che la neve sia ormai ben assestata, ma questa convinzione rischia di trasformarsi in quel pericolo soggettivo che ora viene definito overconfidence, ossia un’eccessiva fiducia nelle nostre capacità di giudizio delle condizioni della neve. Di solito a maggio viene a cessare anche l’emissione dei Bollettini Valanghe e non possiamo contare neppure (se mai ci abbiamo contato) sulle informazioni che questi ci possono fornire». A scrivere è Renato Cresta, l’esperto di valanghe e sicurezza di Skialper. Sulla rivista di aprile-maggio un ampio articolo sulle valanghe di fine stagione.

CALORE - Sappiamo che il calore della forgia, che riscalda una barra di ferro, permette al fabbro di lavorarla senza difficoltà perché, anche se ancora lontano dal punto di fusione, ha diminuito la resistenza del metallo. Il colore della barra annuncia al fabbro che il ferro è caldo a sufficienza per poterlo lavorare ma, purtroppo, il colore della neve non cambia secondo la temperatura e noi ci accorgiamo che la neve si è riscaldata solo quando la vediamo inumidita dall’acqua di fusione: può già essere troppo tardi, perché la diminuzione della resistenza è iniziata molto prima. Alle nostre latitudini, ogni pendio tra i 30° e i 40° esposto a sud riceve più del doppio della radiazione ricevuta da una superficie piana con la stessa esposizione; questi pendii sono proprio i più graditi per la nostra attività. Gli effetti dell’irraggiamento solare si fanno sentire per non più di 30 cm nel manto nevoso, e anche meno se lo strato di superficie è costituito da grani di piccole dimensioni (< 1 mm), ma questo strato superficiale perde comunque in resistenza e può muoversi in valanga.

VALANGHE DI SUPERFICIE E DI FONDO - Durante una notte serena la superficie della neve si raffredda fortemente e congela la situazione, per cui le ore del mattino sono meno rischiose di quelle che seguiranno. Al sorgere del sole la temperatura dell’aria aumenterà rapidamente e darà inizio al progressivo indebolimento degli strati di superficie, iniziando dai pendii rivolti a levante, per proseguire durante il giorno, fino a interessare l’intera superficie innevata. Potranno così verificarsi due tipi di valanghe: di superficie o di fondo ed entrambe potranno essere di neve a debole coesione oppure a di neve a lastroni, secondo le condizioni del pendio.

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Selvaggia Val di Tovel

Un classico di fine stagione, la Cima di Santa Maria, nel Gruppo del Brenta

Tantissimi sono gli itinerari scialpinistici in Trentino, moltissimi libri sono stati scritti in questi ultimi anni con le gite e le cime più frequentate dagli appassionati.
Ma a fine stagione, dopo avere macinato magari 200.000 metri di dislivello e fatto un numero folle di escursioni, ci accorgiamo che le uscite davvero belle, remunerative, che ci hanno lasciato un ricordo particolarmente intenso e piacevole, si contano sulle dita di una mano. Tra questi sicuramente la scialpinistica primaverile a Cima Santa Maria con partenza dal Lago di Tovel, della quale parliamo dettagliatamente su Skialper di aprile-maggio.

DUE VARIANTI - Il parcheggio in prossimità del lago lo si raggiunge con 10 chilometri di strada asfaltata che si imbocca nell’abitato di Tuenno, paesino nelle vicinanze di Cles, a 20 chilometri dall’uscita dell'autostrada di San Michele all’Adige, lungo la A 22 del Brennero. La strada riapre generalmente in primavera quando la quota della neve sale attorno ai 1200-1400 metri, solitamente fine marzo-primi di aprile. La salita alla cima si può effettuare da due diversi itinerari, uno più lungo e facile ma che prevede 2.000 metri di dislivello, transitando da Passo della Gaiarda e Malga Spora; l’altro, più corto, che prevede 1.500 metri di dislivello e uno sviluppo più contenuto, ma con gli ultimi 200 metri per raggiungere la cima un po’ più alpinistici, dove è consigliato l’utilizzo di ramponi e piccozza su pendenza mai superiore ai 40 gradi. Si tratta di un itinerario poco difficile, a parte i già citati 200 metri un po’ alpinistici.

SPOT UNICI - «Siamo letteralmente circondati da quelle che sono le più belle cime del Brenta Settentrionale e la gita inizia a darci le prime soddisfazioni dal punto di vista panoramico. Si seguono le indicazioni per Passo della Gaiarda, oltrepassando la rampa subito a ridosso della malga e in 15 minuti ci si trova nell’immensa distesa del 'Campo di Flavona', dominato al centro da uno sperone roccioso a forma di nave: il monte Turrion. Alla vostra destra il gruppo della Pietra Grande e a sinistra finalmente potete ammirare la meta dell'escursione, Cima Santa Maria» scrive l’autore Thomas Martini. Un altro luogo magico è Passo della Gaiarda in un ambiente aperto e selvaggio che dà la sensazione di essere in un deserto nevoso pieno di dune.

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Non sempre i grassi sono ‘cattivi’

Quali e quanti lipidi servono all'atleta? La risposta su Skialper di aprile

«Anche se adesso sembra la causa di tutti i mali, il grasso ci è servito milioni di anni per sopravvivere: come strato sottocutaneo per proteggerci dal freddo, come grasso bruno dei tessuti profondi per generare calore e soprattutto come indispensabile riserva energetica. Il grasso è perfetto per accumulare energia: non trattiene acqua (che pesa), ha un peso specifico basso (galleggia nell'acqua) e, cosa importante, fornisce 9 kcal per grammo di peso contro le 4 di carboidrati e proteine». Inizia così il dottor Alessandro Da Ponte il suo articolo sui grassi e il loro utilizzo negli sport endurance, pubblicato sul numero di aprile-maggio di Skialper.

LA DIETA - In una dieta bilanciata i grassi o lipidi rappresentano il 30% circa della calorie (contro il 55% di carboidrati e il 15% di proteine) con una quota limitata di grassi saturi (quelli solidi di origine animale come il burro per intenderci) a favore di quelli insaturi vegetali che ci forniscono tra l'altro indispensabili vitamine (A, D, E, K, F). Quali e quanti grassi (e quando) servono all'atleta quindi per coprire quel 30% di fabbisogno energetico giornaliero? Certamente vanno del tutto evitati nel pasto prima della gara gara o comunque nelle tre ore precedenti l'attività fisica perché rallentano lo svuotamento gastrico e sono di lenta digestione e assimilazione. A bassa intensità (quindi fino al 60-70% della massima frequenza cardiaca) il nostro organismo utilizza principalmente i grassi come fonte energetica e la caffeina, assunta prima dell'esercizio, potrebbe migliorarne la disponibilità…

OCCHIO AGLI ZUCCHERI - Sono soprattutto gli zuccheri semplici in eccesso (dolci, bevande zuccherate come le bibite gasate) che, facendo liberare insulina, vengono trasformati e immagazzinati in grasso mentre gli acidi grassi omega 3 sono fattori protettivi contro l’osteoporosi. Questo e tanto altro su Skialper di aprile-maggio.

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Avalung mi ha salvato la vita

Su Skialper di aprile-maggio un racconto vero da dentro la valanga

«Inizio subito garantendovi che quanto racconto è assolutamente accaduto. Questo perché io stesso rimarrei un po’ incredulo. Sono un alpinista-scialpinista piuttosto esperto, con un lungo curriculum di escursioni e cime impegnative. Ho fatto parte per diversi anni del Soccorso Alpino. Anche la mia preparazione fisica è elevata in quanto gareggio da anni con gli sci d'alpinismo e ho vinto numerose e importanti gare FISI. Ogni anno metto nelle gambe dai 150.000 ai 200.000 metri di dislivello positivo. Vi espongo tutto questo non per vantarmi - lo prova il fatto che ho deciso di restare anonimo - ma per darvi un quadro completo della situazione e farvi capire che in montagna non sono uno sprovveduto». Inizia così il racconto anonimo di una storia vera, quella di un sopravvissuto alla valanga, su Skialper di aprile-maggio.

GRAZIE ALL’AVALUNG - Il nostro ‘malcapitato’ proprio qualche settimana prima di rimanere sotto la valanga aveva avuto modo di vedere da vicino un Avalung. Sono ancora le sue parole a descriverlo: «lo scopo è prolungare la disponibilità di ossigeno nel caso si venga travolti da una valanga, grazie a un boccaglio. Quello che ho capito di questo apparecchio è che non si tratta di una riserva di ossigeno, ma di un filtro che recupera aria dalla neve che ti travolge o dallo zaino e ti dà un’autonomia di respiro di circa 20-30 minuti». Il nostro decidere di comprare anche lui un Avalung e un giorno rimane sotto una valanga. Il fatto di potere respirare, a suo avviso, lo ha fatto rimanere lucido e salvato. Ha percorso 350 metri di dislivello in 40 secondi con una velocità che per gli ultimi 25 secondi è stata di 80 chilometri orari… Su Skialper di aprile-maggio il racconto e i pro e i contro provati sul campo.

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Terremoto Nepal, un aiuto subito con Fausto De Stefani

La Rarahil School importante centro di aiuto. Ecco come finanziarla

Dopo il terribile terremoto che il 25 aprile ha devastato il Nepal, è fondamentale intervenire in tempi rapidi. Grazie al progetto Rarahil Memorial School dell'alpinista Fausto De Stefani è possibile dare un aiuto diretto; le nuove strutture della scuola, costruite recentemente coi criteri antisismici occidentali, hanno retto al terribile sisma e sono diventate un importante presidio medico per il primo soccorso e per la distribuzione alimentare di migliaia di pasti caldi al giorno. Se vuoi contribuire ad aiutare la popolazione locale, puoi effettuare un versamento con causale ‘pro terremoto’ su uno dei seguenti conti corrente:

BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI CASTEL GOFFREDO (MN)
IBAN: IT 27 M 08466 57550 000000008029
UNICREDIT BANCA FILIALE DI CASTEL GOFFREDO (MN)
IBAN: IT 79 Y 02008 57550 000101096404
C/C POSTALE 14866461 intestato a: FONDAZIONE SENZA FRONTIERE
ONLUS
Via S. Apollonio, 6 - 46042 CASTEL GOFFREDO (MN)
CF: 90008460207


Vado al Maximo

Su Skialper di aprile Robert Antonioli ha testato il nuovo sci Trab

Ski Trab costruisce sci secondo una filosofia precisa: solo attrezzi che servono per andare in montagna vera, che permettono salite impegnative in assoluto, che facilitano una sciata efficace senza lacune, che risolvono le situazioni impreviste. E con queste premesse è nato anche il ‘maxi’ sci Maximo che arriva fino a 94 mm al centro nella versione 157 cm. Uno sci che abbiamo portato sulla neve e testato in anteprima sul numero di Skialper di aprile-maggio. Con un testatore di eccezione…

TECNOLOGIA DEL LEGGERO FREESKI - Il carattere dello sci viene fornito prima di ogni altra soluzione dall'anima in legno e attorno all'anima Liwood è applicata la collaudatissima struttura cap Piuma Quadriaxial. Niente rocker: tutta la lamina possibile rimane sulla neve a fare il proprio lavoro. «Maximo è più maneggevole e facile di quello che ci si aspetta dalle sue dimensioni. È uno sci ben equilibrato tra centro ed estremità, che lavora sulla neve con continuità lungo tutta l’asta».Parola di Robert Antonioli.

SALITA/DISCESA - Insomma Maximo sembra continuare a offrire le performance concrete della tecnologia Ski Trab. Nel suo rapporto peso-sciabilità, e secondo i criteri attuali, si tratta di un attrezzo per chi punta le risorse sulla discesa più che sulla salita… ma vuole guadagnarsi la discesa di qualità con le proprie gambe. Nella misura 171, centro di gamma, Maximo si contiene in 1.250 grammi e rimane attorno ai 1.300 grammi nella taglia 178 con raggi attorno ai 20 metri.

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Kilian cancella il record all’Everest

Il catalano e’ partito oggi per aiutare la popolazione nepalese

Kilian Jornet ha deciso di continuare il viaggio in Nepal in programma per tentare il record di salita e discesa dell’Everest, ultima prova di Summits of my Life, ma con un cambio nel progetto. Questo l’annuncio odierno, con un breve comunicato stampa: «Dopo il tragico terremoto del fine settimana in Nepal, abbiamo deciso di modificare i nostri programmi… sicuramente non seguiremo il planning previsto. Vogliamo collaborare, nel limite del possibile, e portare aiuto nelle zone remote e di montagna». Un riferimento al Paese colpito dal terremoto: «Il Nepal è un Paese che è rimasto nel nostro cuore e per questo abbiamo deciso di continuare il nostro viaggio». Kilian dovrebbe arrivare in Nepal domani.

 


Il Gran Paradiso non può attendere

Su Skialper di aprile sci ripido su 3 versanti e un tour skialp di 15 ore

Il Gran Paradiso è l’unico 4.000 interamente italiano e, nelle giornate serene, ben visibile da Torino. «4.061 metri tutti italiani, una montagna dal nome affascinante che può essere sciata da tutti i versanti, a patto di essere preparati e saper cogliere l’attimo. 4.061 metri che si affacciano sulla pianura del nord ovest, in modo discreto. Non la ammaliante mole bianca del Monte Rosa o la irriverente silhouette del Cervino, senza neanche l’inconfondibile sagoma del Monviso che, pur mancando l’appuntamento con la fatidica quota di 150 metri, risulta essere assai più invadente nella skyline della pianura piemontese» scrive Andrea Bormida nell’articolo sul numero di aprile-maggio di Skialper. Un ampio dossier su linee scelte anche da grandi dello sci ripido come Stefano De Benedetti e Remy Lecluse.

PARETE EST - La parete est del Gran Paradiso è uno specchio: riflette i primissimi raggi del sole ed è così visibile dalla maggior parte delle montagne valdostane e, se uno sa dove guardare, anche di taglio da Torino. La sua conformazione, liscia, regolare, solare ai primi raggi, garantisce che nel periodo giusto (che può andare da fine aprile a giugno) spesso si trovi quella neve che tutti gli amanti di pendii ripidi e di sci primaverile si augurano di sciare. Una sciata bellissima, su pendenze che flirtano con i 50° nella parte alta.

PARETE NORD-OVEST - Così evidente, è forse il lato meno riservato della montagna. Con le forme sinuose della cresta sommitale domina la valle e invita. Per lo sciatore un vero sogno: pendenze fino a 55°, con le condizioni del seracco sommitale di questi anni, la parete nord ovest è il più bel lenzuolo che si potrebbe sognare di rigare: regolare, ampia, guarda dall’alto pendii perfetti, è un’attrazione irresistibile e sa di esserlo! Come le belle donne sa fare la preziosa, può permettersi di non concedersi subito, insomma ti fa penare: il suo innevamento è il vero cruccio! Visto che è decisamente ripida e completamente glaciale, la neve assai di rado aderisce in modo sufficiente per poter permettere una bella sciata.

PARETE SUD - A essere precisi è la parete sud del Roc. Cima di 4.026 m, satellite della cima principale, a pochi metri da essa. Ed è perfettamente visibile da Torino… un vero e proprio sogno metropolitano con pendenze fino a 50°.

LE VIE NORMALI -
Per chi invece non vuole stressarsi nella ricerca delle condizioni, o semplicemente vuole calzare i propri assi a 4000 m nel cuore della Valle d'Aosta per concludere la stagione scialpinistica, il Gran Paradiso rappresenta un valore sicuro su cui investire in termini di neve e paesaggio. Due sono le vie normali che salgono dalla Valsavaranche.

IL TOUR DEL GRANPA - Un itinerario di 15 ore attorno al Gran Paradiso, un periplo perfetto per chi ha gambe e allenamento. Ecco la proposta che chiude il dossier, perché per divertirsi non è obbligatorio cercare lo sci ripido. Partenza e ritorno da Valnontey, 4.400 metri di dislivello: è la proposta di Silvio Bertone e Fabrizio Pistoni.

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