Nel giardino del dio Pen

Su Skialper 105 un inedito e selvaggio itinerario di skyrunning vista mare

Si avvicina l’estate e quella voglia di andare ‘fast & light’ per monti con scarpe da running. Noi le scarpe da sky le abbiamo messe ancora in provincia di Piacenza, sugli aspri e rocciosi crinali che dividono e uniscono al tempo stesso la Pianura Padana e il mare, il Piacentino e la Liguria. Siamo stati tra l’alta Val Nure e il Chiavarese, sopra S. Stefano d’Aveto, nota località di vacanza invernale ed estiva, per un anello di skyrunning di grande pregio ambientale che consente di correre tra laghetti alpini, faggete millenarie da cui la Repubblica marinara di Genova traeva il legname per le proprie navi e i pini mughi, relitti protetti del Quaternario. In Val d’Aveto Emilia e Liguria si toccano e trovano il loro contrappasso: le onde lasciano il posto alle terrazzate con cui i montanari hanno saputo rubare terra all’ingordigia dei monti, ma i borghi ricordano quelli abbarbicati alle scogliere genovesi, tanto sono chiusi nella loro intimità per farsi forza contro una natura che qui è più selvaggia che mai.   

ANELLO -
Il Monte Maggiorasca (il cui nome deriva dalla circostanza che era considerato il maggiore dell’Appennino settentrionale in quanto visibile dal mare e dalla Pianura) è una nave di roccia che punta direttamente ai litorali liguri, traghettando la Padania verso oriente, su quei sentieri che in antichità le carovaniere percorrevano portando al nord olio, spezie e sale e facendo ritorno ad sud con carne e formaggi. Ed è una delle vette toccate dall’anello percorso dai nostri Flavio Saltarelli, Nicola Alfieri e Katia Fori e dal fotografo Davide Ferrari. Il percorso che proponiamo misura 28 chilometri e mezzo e presenta un dislivello complessivo di circa 3.000 metri. Un percorso ad anello in territorio piacentino e genovese che non scende mai al di sotto di quota 1.350 e che per il 70% si snoda sopra i 1.400 metri di quota. La partenza avviene dal Rifugio Gaep nel comune di Ferriere (Pc)  

DISPONIBILE ANCHE SU APP -
 Skialper di aprile-maggio è disponibile nelle migliori edicole e su app. Per ogni info si può scrivere una mail o chiamare il numero 0124 428051. (Per la pagina abbonamenti cliccare qui). Per chi lo volesse acquistare la copia su smartphone o tablet, è sufficiente scaricare la app per iOS o Android e procedere all’acquisto direttamente in-app!   
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Spragna soundtrack

Su Skialper 105 i canali a nord della selvaggia Val Saisiera

«Percorro gli ultimi faticosi metri verso la forcella, un lieve intaglio nella lunga cresta del gruppo del Montasio. Arrivato sul bordo prendo fiato e nel turbinio del vento mi affaccio dall’altra parte. Un lenzuolo bianco ed immacolato, incassato fra imponenti pareti rocciose scende ripido verso valle. Due minuti dopo siamo già dentro che scendiamo all’impazzata nella neve polverosa e leggera per una discesa di 1.300 metri di cui 700 nel fantastico canalone della Huda Paliza. Canalone che fra l’altro è stato sceso per la prima volta negli anni ‘30, probabilmente una fra le prime discese considerate ripide della storia». Inizia così l’articolo di Leonardo Comelli sulla selvaggia Val Saisera e i canali della Spragna, su Skialper 105 di aprile-maggio, già disponibile in edicola e su app iOs e Android.

SEI CANALONI DA NON PERDERE - Se piace anche a voi sciare nei canali ma soprattutto cercate la polvere dove magari altrove non c’è, allora questa valle, la Spragna con i suoi sei canaloni e i suoi pendii esposti a nord fa per voi. Qui si trovano salite, traversate e discese per tutti i gusti, dalla più facile e frequentata come  quella che porta al Lavinal dell’Orso, fino a discese più selvagge o epiche come il Canalone Comici alla forca Berdo che fino ad ora conta solo sei discese. Quasi tutti i canali si possono fare salendo e scendendo lungo lo stesso itinerario, bisogna arrivare in fondo alla Val Saisera, dopo il paese di Valbruna, in Friuli Venezia Giulia.

COVER - La stupenda copertina di Skialper n. 105 è ambientata proprio tra questi canali, con due skialper che disegnano un suggestivo cuore nella neve… viene proprio voglia di andarci! 

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Metti un weekend a Chalet Italia

Su Skialper 105 un foto-reportage

Che cosa c’è dietro a una squadra vincente come quella azzurra di scialpinismo? Soprattutto, come vivono i grandi eventi gli atleti, dai giovani ai ‘senatori’ del gruppo. Una domanda che ci siamo sempre posti tutti. Facile vederli allo start o con le medaglie al collo, sorridenti ma poi… Cosa mangiano? Si preparano loro gli sci? Hanno un massaggiatore al seguito? Dove dormono? Ha provato a dare una risposta il nostro fotografo Stefano Jeantet, che si è intruffolato tra le boiserie e le vetrate panoramiche di un romantico chalet di Les Marecottes, in Svizzera, durante gli Europei. Ne è nato un interessante reportage fotografico pubblicato sul numero 105 di Skialper di aprile-maggio, già disponibile in edicola e su app Android e iOs per dispositivi mobile.

POTERE DELLE IMMAGINI - Un vero e proprio foto-reportage, con grandi immagini e brevi didascalie, perché a volte uno scatto, soprattutto se di un bravo fotografo come Stefano, può più di mille parole. E allora scopriamo gli azzurri in una skiroom molto particolare, un Manfred Reichegger sempre molto sorridente, la camera da letto di Katia Tomatis e Martina Valmassoi, la sala messaggi, i briefing quotidiani, la cucina, ma anche i brindisi per le medaglie, la pausa caffè… Insomma, xx pagine da sfogliare con attenzione!

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L'altro giorno mi è arrivata una mail con su scritto fammi sapere cosa ne pensi... ecco, oggi è il mio compleanno e... Pubblicato da Stefano Jeantet su Mercoledì 6 aprile 2016


Bollettino Valanghe: un bel problema!

Ma la diffusa disinformazione è un problema ancora maggiore

Abbiamo ricevuto e volentieri pubblichiamo un intervento del direttore tecnico di AINEVA, Igor Chiambretti. Si riferisce ad un articolo pubblicato altrove, non su Skialper, ma siamo stai coinvolti dato che il nostro articolo a firma di Renato Cresta di qualche tempo fa aveva suscitato reazioni e commenti da parte di professionisti della montagna che possono essere accomunati a quanto scritto nel suddetto articolo.
Ecco il testo integrale della lettera.

Coloro che credono senza ragione non possono venir convinti con il ragionamento” [J. Randi]  Abbiamo avuto recentemente occasione di leggere su un portale web dedicato alla montagna l’articolo del Sig. Gallo intitolato ‘Bollettino Valanghe: un bel problema!’ e, a favore di una doverosa corretta informazione nei confronti dei numerosi frequentatori della montagna, ci pregiamo esporre alcune considerazioni.
 
Spiace evidenziare che il sig. Gallo dimostri una scarsa conoscenza e comprensione della materia unita ad una superficialità tecnica che non si addice ad un professionista della montagna, a maggior ragione ad un professionista che si considera un comunicatore. In altre occasioni, su altri siti internet, quest’anno anche altri suoi colleghi professionisti della montagna hanno espresso concetti inerenti la sicurezza invernale e nella fattispecie la problematica valanghe in modo superficiale, scorretto e soprattutto senza alcun fondamento tecnico a supporto delle loro personali deduzioni, male interpretando concetti di base che dovrebbero far parte della loro preparazione tecnica e contribuendo ad inculcare negli Utenti dei pericolosi concetti di disinformazione.

Chi si reputa ‘Comunicatore’ deve essere molto preparato sull’argomento che tratta e divulgare in modo chiaro e sintetico pochi ma fondati concetti, deve essere pacato ed oggettivo e consapevole che ha importanti responsabilità: comunicare correttamente nel campo della sicurezza in montagna significa  contribuire a creare e/o approfondire una cultura della prevenzione che, non solo in Italia, purtroppo è ancora lacunosa.

A meno che si voglia cavalcare l’onda della notorietà e delle apparenze, magari in seguito a grossi incidenti che alzano l’attenzione nell’opinione pubblica, ed allora ci tiriamo rispettosamente indietro e non abbocchiamo a provocazioni che sostengono solamente quello stesso gioco, che sono fatte solo per poter poi stendere (volutamente) stizzite repliche con lo scopo di incrementare la succitata ricerca spasmodica della notorietà. Per emergere e per essere veramente apprezzati dalle persone intelligenti ci sono altri modi, anche se oggettivamente più faticosi.

A chi vuole cimentarsi a comunicare seriamente in merito alla prevenzione e sicurezza in montagna, ringraziandolo sin d’ora, nell’allegato stilato a cura dei Previsori AINEVA raccomandiamo alcuni sintetici concetti.

I Previsori Valanghe dell’AINEVA elaborano i loro prodotti:
- a seguito di specifica e seria formazione professionale, costantemente aggiornata;
- confrontandosi regolarmente sulle tecniche e sulle procedure più innovative in Gruppi di Lavoro sia nazionali sia internazionali;
- sulla base di oggettivi dati estrapolati dalle 323 stazioni e campi di Rilevamento tradizionali ma soprattutto dalle 373 Stazioni Nivometeorologiche automatiche sparse in alta quota ed in punti opportuni delle montagne italiane, estrapolati dagli oltre 50 Rilievi Itineranti svolti ogni settimana su percorsi scialpinistici (selezionati tra quasi 200 rilievi itineranti possibili e ritenuti rappresentativi) con rilevamento di parametri importanti e tramite l’utilizzo di tecniche e procedure ormai consolidate a livello internazionale (esecuzione di stratigrafie del manto nevoso, vari test di stabilità ed altre osservazioni) eseguiti dagli stessi tecnici degli Uffici Valanghe, da Guide Alpine opportunamente preparate a seguito di specifiche convenzioni con gli uffici AINEVA , personale SAGF-GdF, personale dei parchi o da collaboratori professionisti esterni. Complessivamente, la rete di rilevamento dati delle regioni e province afferenti ad AINEVA è la più fitta presente sul territorio montuoso italiano e non ha nulla da invidiare alle reti di rilevamento dati di Svizzera, Austria o Francia in quanto a densità dei punti di misura o significatività dei dati acquisiti;
- con l’utilizzo di sempre più approfonditi ed affidabili modelli matematici e sistemi informatici;
-… e, soprattutto, assumendosi le responsabilità penali che le norme prevedono per il personale degli Enti preposti al monitoraggio, previsione e prevenzione dei pericoli naturali.

I comunicatori della sicurezza e della prevenzione in montagna:
- hanno il dovere morale di attenersi a corrette norme deontologiche e comportamentali al fine di divulgare correttamente la materia, proprio per contribuire ad evitare “che i media ed i sapientoni si scatenino”;
- … soprattutto senza provocare più danni di quelli che già la cattiva informazione, nel tempo, ha prodotto e senza dar adito a inutili, sterili e anche pericolose polemiche (anzi… rischiose, parlando di valanghe).

Invitiamo il Sig. Gallo e gli altri suoi colleghi professionisti della montagna che recentemente hanno scritto in modo piuttosto superficiale su questi argomenti a continuare nella importante opera di comunicazione approfondendo sempre di più la reale conoscenza, da tutti i punti di vista, di questi argomenti e garantendogli che i tecnici dell’AINEVA rimangono a loro disposizione, e di tutti coloro che lo desiderano, per qualsiasi  delucidazione inerente la neve e le valanghe.
La montagna ha bisogno di tutti per essere compresa nel modo più giusto possibile, ed in particolare ha bisogno di una comunicazione oggettiva, seria e pacata e non urlata, a favore di tutti i suoi frequentatori.

IN ALLEGATO ALCUNE ULTERIORI PRECISAZIONI:

Il Bollettino Valanghe emesso dagli uffici afferenti ad AINEVA è un bollettino di previsione del “Pericolo” che ha valenza a scala sinottica regionale, e cioè su un ampio territorio. E’ rivolto sia alla Protezione Civile, per la conseguente valutazione locale del Rischio su aree antropizzate e vie di comunicazione, sia ai frequentatori della montagna innevata, per le opportune valutazioni personali relative al Rischio che vogliono correre, in funzione dell’attività che vogliono fare sui percorsi che vogliono seguire.

- Il Pericolo valanghe è una condizione oggettiva, relativa alle situazioni di stabilità del manto, espresso secondo la Scala Europea del Pericolo Valanghe, unificata e adottata da tutti i servizi valanghe europei (EAWS) e del resto del mondo; è descritto in termini di diffusione areale del pericolo (aree di distacco) sul territorio in base al grado di consolidamento del manto nevoso (situazione media rilevata), al numero di siti pericolosi sui pendii ripidi, definiti in base alla localizzazione, esposizione e quota. La variabilità spaziale del manto nevoso è un dato di fatto e sarebbe umanamente impossibile fare valutazioni sito-specifiche per ogni singolo tratto di pendio. … Quando si parla di “pericolo” non c’è di mezzo l’uomo.

- Il Rischio valanghe invece, in particolare per i frequentatori della montagna, è relativo all’esposizione  personale al Pericolo (da cui deriverà il grado di rischio) in relazione delle necessarie conoscenze delle attività che si vogliono svolgere, dei luoghi che si vogliono percorrere e dell’ambiente in cui si svolgono, in questo caso ambiente montano innevato. Lo sci alpinismo non è uno sport a rischio zero, alla stregua di tanti altri sport praticati in outdoor (vd. alpinismo, kayak, immersioni subacquee, paracadutismo, volo a vela, etc.) e presuppone una completa consapevolezza, volontarietà e accettazione nell’esposizione al rischio. La libertà di rischiare deve essere massima ma bisogna anche saper assumere la piena responsabilità delle proprie decisioni possibilmente cercando di migliorare, continuamente, il proprio livello di conoscenze e preparazione sull’argomento.

- Il punto è questo: quanto è approfondita nei frequentatori della montagna, anche e soprattutto professionisti, la conoscenza base dei concetti di evoluzione del manto nevoso, variabilità spaziale della stabilità, tipi di sovraccarico e ancor più quanto sono note le esatte definizioni che sottendono la Scala Europea del Pericolo Valanghe, che i previsori valanghe sono tenuti ad osservare nella definizione del grado di pericolo, che non è solo un colore e un numero, ma è soprattutto una distribuzione di fenomenologia descritta mediante avverbi di possibilità/probabilità, distribuzione, quantità?

- Come tecnici ci impegniamo quotidianamente a spazializzare i dati d’innevamento integrati dai rilievi itineranti settimanali (eseguiti anche da noi stessi) e a trasformarli, dopo attente valutazioni, in un grado di pericolo valanghe rappresentativo di un’area e descritto al meglio delle nostre capacità, testandolo poi personalmente mediante attività scialpinistica. Purtroppo, notiamo con amarezza e delusione che tanto sacrificio e impegno viene vanificato in nome di sterili polemiche, ricche di lacune e sintomatiche di una sempre più superficiale conoscenza, urlate anche e purtroppo da professionisti della montagna.

- Proprio gli specialisti della Montagna non dovrebbero dimostrare così scarsa conoscenza dei principi di nivologia, dei concetti di Pericolo e Rischio e loro differenza, dei concetti base della Scala Europea del Pericolo Valanghe, della valenza e peso dei Bollettini Valanghe regionali. Come tecnici che si avvalgono quotidianamente del validissimo supporto di Guide Alpine che si sono opportunamente preparate, personale SAGF, personale dei parchi, collaboratori professionisti esterni e interni, tutto personale preparato e aggiornato dalla stessa AINEVA, sappiamo anche che gli urlatori da social sono la minoranza e ringraziamo i moltissimi professionisti della montagna, che meno tesi a schiacciare tasti sul PC si impegnano quotidianamente a collaborare con AINEVA per un unico e condiviso fine: la prevenzione fatta di conoscenza, informazione e autocritica.

- Sottolineiamo che saremmo ben contenti di continuare a pubblicare sulla rivista Neve e Valanghe, rivista sì prettamente tecnica, contributi più divulgativi prodotti proprio da chi vive e pratica la montagna, per meglio bilanciare il peso scientifico e soddisfare così non solo gli specialisti ma anche gli amatori del mondo della neve. L’abbiamo sempre fatto, nonostante la scarsità di tali contributi, e saremo sempre disponibili a farlo in futuro.  

Il Responsabile Tecnico di AINEVA (Associazione Interregionale Neve e Valanghe) Dott. Geol. Igor Chiambretti ed i Tecnici dell’AINEVA

 

Ripido alla valtellinese

Su Skialper 104 sei classiche di scialpinismo impegnativo in Valtellina

«AAA cercasi skialper con la A maiuscola! Perché in questo articolo le nostre pelli saliranno vette prestigiose, tutte sopra i tremila, distribuite equamente sui versanti della Valtellina e le nostre solette ne solcheranno i versanti più estetici e… divertenti. Tutte le gite proposte richiedono quindi una buona preparazione e la giusta scelta dei tempi, solo a queste condizioni vi regaleranno giornate entusiasmanti. Ciliegina sulla torta, ognuno di questi exploit permette di esplorare un significativo ghiacciaio, in alcuni casi con passaggi spesso impegnativi tra crepacci e seracchi». Inizia così l’articolo sullo scialpinismo impegnativo in Valtellina scritto da Carlo Battista Mazzoleni per Skialper n. 104 di febbraio-marzo.

VETTE SIMBOLO - Alcune discese toccano vette molto conosciute come il Disgrazia, spesso teatro di prime della Guida Alpina local Mario Vannuccini. «Un tempo, anche solo venti o trenta anni fa, quando mi dedicavo intensamente al ripido, certe discese erano meno pericolose di oggi, anche se meno frequentate - ha detto Vannuccini -. Nel caso del Disgrazia, il ghiacciaio di Predarossa più gonfio non lasciava emergere il saltone alla base del canale Schenatti. Oggi quel canale è quasi sicuramente letale in caso di errore. Noi primi ricercatori del ripido avevamo ben chiara la distinzione tra ripido ed estremo: l’esposizione e la pericolosità della scivolata sono le discriminanti più importanti».

SEI DISCESE DA NON PERDERE - Gli itinerari proposti riguardano Cima Piazzi (Naso di ghiaccio NO), Disgrazia (Canalone Schenatti), Gran Zebrù, Punta Kennedy (Canalone della Vergine), Cima Cadini (Nord), Pizzo Coca (Canalone NO). 

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 Skialper di febbraio-marzo è disponibile nelle migliori edicole e su app. Per ogni info si può scrivere una mail o chiamare il numero 0124 428051. (Per la pagina abbonamenti cliccare qui). Per chi lo volesse acquistare la copia su smartphone o tablet, è sufficiente scaricare la app per iOS o Android e procedere all’acquisto direttamente in-app! 

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In edicola Skialper 105 di aprile-maggio

Tante proposte sulla neve ma anche le prime uscite nel verde sul numero 105

È già disponibile su app per dispositivi iOS e Android il numero 105 di Skialper (aprile-maggio 2016, 160 pagine), un’uscita con ancora tante proposte invernali, con una copertina da sogno, realizzata da Leonardo Comelli tra i canali e le rocce increspate di neve della Spragna, in Friuli. Un numero che non dimentica l’estate che si avvicina e le prime uscite fast & light con le scarpe da trail.

CHALET ITALIA - La spedizione azzurra ai Campionati Europei di scialpinismo è stata ricca di medaglie. Ma come hanno vissuto gli azzurri l’esperienza in Svizzera? Siamo stati nello chalet che ha ospitato Boscacci & co e li abbiamo seguiti in ogni momento della giornata, dalla sciolinatura ai massaggi, dai festeggiamenti alle cene. Un reportage fotografico di Stefano Jeantet da non perdere.

OMBRE CINESI -
Fuoripista nel bosco sulla neve sparata dai cannoni, ma anche nella polvere ghiacciata del Monte Paektu, al confine con la Corea del Nord, che ospita nel cratere di vetta un grande lago ghiacciato. Un reportage di viaggio dalla Cina, non solo sci ma anche tanti incontri, tradizioni diverse, cibo esotico. E, per non farsi mancare nulla, una valanga. Ecco il reportage della tappa cinese dei ‘Diari del Brac’.

WE DON’T STOP, WE WON’T STOP - Transalp, ovvero attraverso le Alpi con pelli e sci. Abbiamo partecipato all’evento organizzato da Fischer l’anno scorso e ci siamo tornati quest’anno lungo un nuovo percorso, dal Passo Resia a Oberstdorf, in Baviera.

PARADISO DEL RIPIDO - L’Alta Val Susa è uno dei luoghi storici dello sci ripido, dove si è esercitato a lungo anche Stefano De Benedetti. Un piccolo paradiso con discese una volta ritenute estreme e oggi più abbordabili che hanno nella zona del -Ramière-Roc del Boucher una palestra d’eccezione. Vi proponiamo 9 discese da non perdere.

STELVIO - Per la consueta serie degli articoli Alta Via, ecco le proposte di Chicco Pedrini sul ghiacciaio dello Stelvio, per una tarda primavera e un inizio estate all’insegna dello skialp.

MORNING GLORY - Una trilogia ripida in Svizzera, scendendo con gli sci da Weisshorn, Lenspitze e Fletschhorn. Tre vette illuminate da quella luce particolare che solo le mattine di primavera sanno regalare. 

SULL’ALTIPIANO - Le Pale di San Martino disegnano paesaggi unici che solo le forme dolomitiche possono creare. Un quadro dominato da torri di roccia e dune bianche. Tre itinerari per partire alla scoperta dei questo insolito deserto in quota, dalla tradizionale scialpinistica all’uscita di freeride. 

SPRAGNA SOUNDTRACK - I canali della Val Saisera, in Friuli, valgono ben un’escursione. Almeno a giudicare dalla stupende foto di Leonardo Comelli, che sono finite anche in copertina di questo numero. Si scia nello stretto, tra rocce increspate di neve. Un’esperienza ‘steep & deep’ in Friuli assolutamente da non perdere.

DENTRO IL KING OF DOLOMITES - Si chiama così, oppure più semplicemente KOD il contest che si svolge a San Martino di Castrozza. Un contest che unisce fotografia, sci, split e montagna. Ecco il racconto di questa esperienza unica dall’interno, grazie alla testimonianza di un team che ha partecipato.

MADE IN COMÈRA - Snowboard e split made in Lecco. Prodotti artigianali di grande pregio con dietro una storia interessante. Luca Albrisi è andato a scoprire come saranno i modelli in vendita dalla prossima stagione di questo brand ‘indipendent’ alle pendici del Resegone. 

SELVAGGIO BLU - È uno dei trekking più di moda in ambiente mediterraneo. Stiamo parlando del Selvaggio Blu, sulla costa orientale della Sardegna, più che un trekking un insieme di tracce da unire, tra una calata e una faticosa lotta con i cespugli taglienti. Sempre vista mare. Il nostro Federico Ravassard vi spiega come affrontare in autonomia questo percorso particolare.

NEL GIARDINO DEL DIO PEN - Tra Emilia e Liguria, tra il Piacentino e la ligure Santo Stefano d’Aveto: un anello da affrontare in stile trekking tradizionale o fast & light, con panorami che spaziano dalla pianura al mare e tanto, tanto verde. Non l’abbiamo provato con due trailer doc: Katia Fori e Nicola Alfieri. 

UP & DOWN - Pierra Menta, finali di Coppa del Mondo, querelle Tor des Geants: nella sezione dedicata al mondo delle gare non manca nulla. Neppure un’interessante intervista a Mathéo Jacquemoud.

QUESTIONE DI SCARPONI - Il nuovo Dynafit TLT7, ma anche Arc’Teryx Procline, senza dimenticare il restyling dello Scarpa F1: tutti modelli che hanno qualcosa di realmente innovativo: leggere per credere. 

OPINIONI - L’impresa di Simone Moro al Nanga Parbat ma anche la valanga al Monte Nevoso: sono gli argomenti delle opinioni di Alessandro Monaci e Leonardo Bizzaro su due argomenti molto dibattuti.

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Il nostro avvocato parla di responsabilita' e skialp

Conferenza di Flavio Saltarelli a Ziano di Fiemme

Sabato 12 marzo a Ziano di Fiemme, alle ore 20 nella Sala della Cultura, conferenza del nostro collaboratore, l’avvocato Flavio Saltarelli su ‘Una “valanga” di responsabilità’, riferita al mondo dello scialpinismo.


Gerry e Mattia: Campari, assi e nessun filtro

Su Skialper in edicola una intervista a due giovani protagonisti del ripido

«Il nostro incontro non è stato su un pendio innevato, nemmeno su un impianto di risalita. È stato con un giro di cocktail argentino Coca&Fernet in un locale milanese. I ricordi non possono essere nitidi, una serata di proiezioni di discese di pente raide in snowboard, la presentazione di un libro… sì c’erano altri amici! Empatia, entrando nella consuetudine del ‘questo lo offro io’ e il gioco era fatto: si è iniziato a combinare giri e discese per le Alpi. Il bello delle passioni comuni: diventano un pretesto e poi con Gerry e Tia in montagna si va bene davvero. Pochi eccessi, si ragiona, a volte si rinuncia, cosa assai difficile e preziosa. La parte più complicata diventa la gestione del mese di maggio: le telefonate, i dubbi meteo, meteoblu, meteoverde, meteo orange, lì sì, ma anche quella parete sembra buona e manca. Un delirio. Ogni primavera. Ma poi quando la discesa l’hai fatta, si capisce e si scusano gli eccessi di questa passione. I due soggetti in questione infatti sono prima di tutto due appassionati sciatori: perché quando a fine settembre chiami Gerry per arrampicare e lui ti risponde con una foto di un qualche colosso del Vallese reso verglassato da un temporale estivo, l’unica cosa che ti impedisce di riattaccare è che quella passione ce l’hai pure tu». Comincia così l’intervista di Andrea Bormida a Davide ‘Gerry’ Terraneo e Mattia Varchetti su Skialper 104 di febbraio-marzo. Due amici off piste e nella vita con all’attivo tante discese di valore dai 45 gradi in su.

CURRICULUM - Couloir Coolidge al Monviso, (1.200 m 45/50°), Tour Ronde - parete nord (350 m 50/55°) e Canale Gervasutti (400 m - 45/50°), Disgrazia - parete nord (600 m - 50/55°) ma anche la nord del Fletschhorn e del Lenzspitze o del Gran Paradiso o la ovest   dell’Eiger. Sono solo alcune delle discese del duo, spesso sciate insieme. 

IL RIPIDO PER GERRY - «In primis ci tengo a dire che amo lo sci, dal freeride, allo skialp classico fino al ripido (anche la pista in dicembre). Il ripido per me, e credo per Mattia, è il punto di arrivo di un lungo percorso che inizia con la pista, poi con il freeride, poi con lo scialpinismo. È il culmine della carriera di uno sciatore: per molti invece è l’inizio, infatti poi dai video e dalle foto si vedono tecniche di curva non molto cristiane ahahah! Le difficoltà non sono di certo paragonabili con l’arrampicata sia su roccia che misto, perché ritengo che siano attività molto più selettive a livello fisico e atletico. Nello sci il gesto tecnico è abbastanza semplice e una volta imparato è come andare in bicicletta, non c’è di certo bisogno di un allenamento assiduo e costante. Forse conta un po’ di più la componente psicologia e soprattutto il fatto che non ci si può allenare se non praticandolo. Non esistono palestre con neve artificiale e pendii di 50 gradi dove perfezionare la curva, se no saremmo tutti dei campioni e sul Couturier si formerebbero le gobbe».

IL RIPIDO PER MATTIA - «Il ripido - uso questo termine per semplificare anche se non mi piace molto - è comunque l’estremizzazione di uno sport, credo che lo si potrebbe paragonare al freesolo o anche all’arrampicata tradizionale di livello, anche se di climbing non mi intendo molto. Spesso l’errore non è concesso, l’allenamento fisico deve essere sempre al massimo per riuscire a ottenere risultati e agire in maniera lucida e sicura. Sicuramente la difficoltà rispetto alle altre attività citate da te sta nel fatto che l’allenamento del gesto tecnico su strutture artificiali non è permesso e che il rischio maggiore rispetto ad altre discipline è che si agisce su un terreno in continua mutazione: temperatura, vento e precipitazioni possono modificare il campo di gioco in tempi brevissimi».

IL FUTURO DEL RIPIDO (GERRY) -
«Il futuro penso che sia portare questa tipologia di sci su cime dove la quota è un ingrediente che può determinare un successo o un fallimento. Ci sono già stati tanti exploit negli anni passati e spero di vedere negli anni futuri sempre più gente alle prese con montagne di 6.000, 7.000 e anche 8.000 metri con sci o snowboard ai piedi».

IL FUTURO DEL RIPIDO (MATTIA) - «Sicuramente la Cordillera Blanca sta attirando sempre più appassionati e rimane la meta intercontinentale più ambita mentre l’Himalaya è meno battuta per costi e fattori ambientali. Quest’anno ho visto parecchie foto anche della Nuova Zelanda. Ma credo che non sarà solo altitudine, i paesi dell’estremo nord richiamano sempre più sciatori amanti delle linee fluide del gesto che sta diventando sempre più estremo e veloce. Pendii ripidissimi scesi in modalità freeride. È l’era dei De La Rue e Anthamatten». 

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NTN, questione di equilibrio

Su Skialper di marzo abbiamo provato gli ultimi attacchi da telemark

Non sono una novità, ma sono una novità. Difficile da spiegare. Lo standard NTN per il telemark (la sigla significa proprio New Telemark Standard) ha fatto la sua comparsa sul mercato già da qualche anno, dal 2011 per la precisione, eppure fino a un paio di anni fa nessun produttore aveva mai approcciato il mercato mettendosi in concorrenza con Rottefella, che ha messo a punto lo standard. Trattandosi di uno standard open, parecchi produttori si sono avventurati in questi ultimi due anni a sviluppare il loro prodotto tentando di migliorare e oltrepassare le proposte di Rottefella. Chiunque - non proprio chiunque, in realtà - sia dotato di macchine per la lavorazione dei metalli a CNC può in teoria buttarsi nello studio, nello sviluppo e nella progettazione di un attacco da telemark partendo dallo standard NTN, che è bene ricordarlo ancora una volta, ha a che fare con la predisposizione degli scarponi, non con la costruzione degli attacchi. Molti produttori artigianali o semi artigianali si sono buttati recentemente nell’impresa. E noi, su Skialper n. 104 abbiamo provato i principali modelli, in abbinamento con diversi scarponi. A Emilio Previtali l’onore (e l’onere) della prova.  

DUE PIN - La novità rispetto alla proposta Rottefella, per buona parte degli attacchi di nuova concezione, è la ibridazione del sistema NTN classico con una punta dello scarpone che è stato battezzata da alcuni ‘a 2 pin’, fornito cioè di inserti LowTech già in uso da tempo immemore per l’accoppiata attacchino/scarpone ultraleggero da scialpinismo. 

IL GIUSTO SET-UP - La sciata con gli scarponi NTN richiede un minimo di adattamento. Il fulcro della rotazione dello scarpone non è lo stesso degli scarponi 75 mm e la lunghezza delle molle sotto il piede è quasi sempre inferiore, in qualche caso addirittura assente. Succede quindi che la scelta delle molle (differenti per durezza e di conseguenza comportamento) e la scelta dello scarpone abbiano notevole importanza. I suggerimenti, se anche voi siete curiosi di fare un giro di prova, sono due: non arrendetevi alle prime sensazioni negative e provate più attacchi possibili con più scarponi possibili, le combinazioni sono numerosissime. 

IN PROVA - Abbiamo messo ai piedi Rottefella NTN Freeride e Freedom, 22 Design Outlaw NTN, The M-Equipment Meidjo, ATK Race Newmark 2016, abbinandoli a scarponi Scarpa TX Pro e TX Comp, Scott Vodoo NTN e Crispi Evo NTN.

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Alla scoperta di Sella Nevea

Su Skialper di febbraio-marzo 5 itinerari in Friuli

«Non si sente molto parlare delle Alpi Giulie, forse perché sono un po’ nascoste nell’angolo più orientale della catena alpina o forse a causa della loro modesta quota. Oppure perché si trovano a cavallo di un confine che politicamente non c’è più e fisicamente… non è mai esistito». Inizia così l’articolo di Leonardo Comelli sulle possibilità scialpinistiche della zona di Sella Nevea, in Friuli, su Skialper 104 di febbraio-marzo 2016.

TRE MOTIVI PER ANDARCI - Ecco tre buoni motivi per venire ad assaggiare la neve delle Giulie. La natura integra, la quota accessibile, la fruibilità senza confini. Tre fattori che sono i punti di forza per chi ricerca un certo tipo di montagna e un certo tipo di skialp. Se per voi scialpinismo significa qualcosa di più che salire e scendere e vi piace usare le pelli per esplorare mondi nuovi senza tralasciare il piacere di tracciare delle belle curve, allora le Giulie sono il posto ideale verso cui dirigere le punte dei vostri sci. Qui infatti basta fare una piccola deviazione dalle poche e frequentate gite classiche per ritrovarsi da soli e scoprire senza difficoltà un pendio ancora intatto da tracciare. 

TANTA NEVE - Basti pensare che a febbraio 2014 la sommatoria della neve fresca al suolo era di quasi sedici metri e ad aprile 2014 - a 1.800 metri - c’erano ancora sei metri di neve al suolo. Quindi nel periodo invernale, che di questi tempi vuol dire tutto e niente, si fanno delle gran belle sciate in una powder ancora intatta e poi, rimanendo la neve a lungo, ci si diverte anche in tarda primavera. A riprova della grande soddisfazione della sciata freeride nelle Giulie, anche nell’ultimo video della TGR (Teton Gravity Research), Almost Ablaze (se non se ne intendono loro di powder…) c’è un bel capitolo dedicato solo al freeride nel comprensorio di Sella Nevea. Per meglio scoprire questa bella zona, Skialper propone cinque itinerari con le pelli… 

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Goulotte che passione

Su Skialper di febbraio tre proposte di diversa difficoltà sul Bianco

Tre gouolotte nella patria delle goulotte… il Monte Bianco. Per parlarne, anzi scriverne, sul numero 104 di Skialper (già in edicola), abbiamo scelto Marco Romelli, profondo conoscitore di queste montagne, sulle quali ha scritto anche un libro.Ecco qualche anticipazione.

GOULOTTE CHÉRÉ - «La Chéré è nota per essere la prima goulotte per eccellenza, una specie di rito di passaggio dalle cascate all’alpinismo invernale. Abbiamo scelto la via perfetta per le nostre prove generali. La giornata però non è altrettanto perfetta: il bollettino meteo parlava di variabilità ma qui, a 3.800 metri, troviamo solo nuvole e vento». Si trova al Triangle du Tacul ed è molto frequentata e adatta alle prime esperienze, a condizione di non sottovalutare ambiente e quota. Spesso tracciata e in condizioni, ad eccezione dei periodi più caldi e secchi (caduta sassi) o dopo abbondanti nevicate.

GOULOTTE LAFAILLE - «Facciamo l’ingresso in uno scenografico e deserto anfiteatro glaciale, dominato dalle fiammeggianti torri del Tacul e dei suoi aguzzi satelliti. Per via di una scommessa a me tocca il tiro della terminale, che affronto con vago orrore. Il crepaccio è enorme e inconsistente, un muro di neve senza appigli. Di fronte a questo genere di cose è meglio essere concilianti e aggirare un po’ i problemi: trovo un passaggio facile a destra e poi faccio un lungo traversone per tornare sulla retta via». Anche se tecnicamente facile, la Goulotte Lafaille richiede più esperienza della Chéré perché meno frequentata e ‘addomesticata’. Spesso in condizioni tra novembre e aprile, ma piuttosto variabile in funzione dell’annata.

GOULOTTE DELAFOSSE-PERROUX - «Al leggendario maltempo dell’estate 2014 fa seguito un autunno bello e mite. La conca del Glacier du Géant è incrostata di ghiaccio e colate mai viste, normalmente inesistenti, sono prese d’assalto. Alla vigilia di Natale andiamo anche noi a dare un’occhiata. Scegliamo la Delafosse Perroux, piuttosto breve, l’ideale per questo periodo freddo e con poche ore di luce. Le condizioni sono davvero strepitose e la grande frequentazione non fa che migliorare le cose. Il ghiaccio è lavorato dai passaggi e il misto già ben ripulito dalla neve inconsistente». Questa goulotte è la più impegnativa delle tre sia per le caratteristiche del terreno (misto, passaggi tecnici) che per l’estrema variabilità delle condizioni. Non si forma tutti gli anni: le buone condizioni si riscontrano potenzialmente tra ottobre e aprile dopo un periodo di maltempo estivo o autunnale, con nevicate umide in quota. Se mancano gli effimeri plaquages che ricoprono la roccia la salita diventa molto dura, con misto ripido e delicato.

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Moro in vetta al Nanga Parbat

E' la prima invernale e il quarto 8000 nella stagione fredda del bergamasco

E dunque anche il Nanga Parbat è stato salito d’inverno. Nella stagione invernale più affollata nella storia della montagna, la cordata di Alex Txikon e Muhammad Ali ‘Sadpara’, a cui si è aggregata quella di Simone Moro e Tamara Lunger, ha attrezzato e percorso la via Kinshofer, giungendo infine ieri sulla cima.  
Dando uno sguardo alla composizione della cordata, l’esperienza di Moro lo pone sicuramente in rilievo, con ormai i suoi quattro ottomila raggiunti in prima invernale. Con dieci ottomila (estivi) lo segue il giovane basco Alex Txikon, il quale indicava però come vero leader del gruppo il pakistano ‘Sadpara’ (soprannome dovuto al suo villaggio natale). La sua storia è quantomeno interessante: nato ai piedi delle montagne, in gioventù ha lavorato in una cava di marmo, salvo poi ritornare nei suoi luoghi natali dove ha imparato ad arrampicare lavorando come portatore per numerose spedizioni, sia estive che invernali. Infine, anche se pare che abbia dovuto rinunciare alla vetta a ormai poca distanza da essa, un plauso va anche a Tamara, che sebbene sia giovane e con poca esperienza è arrivata a pochi passi dall’obiettivo. 
Aspettiamo ora fiduciosi la prima salita in invernale del K2. E anche, perché no, la prima salita invernale in stile alpino di una delle montagne più alte della terra.