Punta Taviela: ripido per tutti i gusti

Su Skialper in edicola un estetico canale sopra Peio in splitboard

«Ogni volta che raggiungo quota 3.000 metri con la funivia di Peio non riesco a fare a meno di girarmi verso valle e ripassare mentalmente le montagne principali che si vedono da qui, immaginando i prossimi itinerari che mi piacerebbe calpestare e le nuove discese che avrei voglia di tacciare. Dolomiti di Brenta, Adamello, Cercen, Presanella: così tante linee di salita e discesa sembrano essere talmente a portata di mano da far scaturire in me un’irrefrenabile voglia di scovare ogni angolo degli innumerevoli anfratti sconosciuti di queste valli. Di ricercare quella solitudine che sembra essere diventata merce rara persino in montagna». Inizia così l’articolo di Luca Albrisi su Skialper di dicembre-gennaio. Un articolo per esplorare le possibilità di discesa sui ripidi canali sopra a Peio, raggiungibili in poco più di 600 metri di dislivello positivo con la funivia. E naturalmente con la tavola da splitboard.

PUNTA TAVIELA - L’obiettivo è Punta Taviela (3.612 m) e le numerose linee di discesa ripida che offre. Dalla dorsale di salita l’Adamello e le Dolomiti Orientali sembrano quasi essere vicini di casa e l’impressione è quella di guardare una cartina tridimensionale dall’assoluta veridicità. Luca e Sara, compagna di avventura, hanno in realtà deciso di imboccare un canale che parte prima della cima, da due punti diversi. «Il terreno, se pur sconosciuto, rispondeva in modo eccellente, trasmettendo voglia di accelerare e alzare più neve. Curve ampie, poi strette per assecondando il canale; infine una linea dritta fino al ghiacciaio e al sole. Uno sguardo a monte per fissare il momento e creare un ricordo definito. Con esso il pensiero che condizioni particolari significano soprattutto avere la possibilità di uscire dal conosciuto e dal riconosciuto, di sviluppare soluzioni diverse, di conoscere potenzialità nascoste. Di incuriosirsi. Mancanza non significa necessariamente meno, significa solo poter aggiungere qualcosa in più nello spazio vuoto rimasto».

DISPONIBILE ANCHE SU APP - Skialper di dicembre-gennaio è disponibile nelle migliori edicole e già scaricabile su app. Per ogni info si può scrivere una mail o chiamare il numero 0124 428051. (Per la pagina abbonamenti cliccare qui). Per chi lo volesse acquistare la copia su smartphone o tablet, è sufficiente scaricare la app per iOS o Android e procedere all’acquisto direttamente in-app!

 


Alpi Marittime in splitoboard

Su Skialper in edicola la traversata di Diego Bramardi e Lorenzo Fiandino

Ci sono tante piccole-grandi imprese che magari passano inosservate. Stiamo parlando naturalmente di imprese ‘human powered’. che prevedono dislivello e fatica, ma anche tanto divertimento. Insomma, non bisogna per forza essere Un Kilian o un François D’Haene in cerca del record del GR20 in Corsica… Per questo sul numero di Skialper di dicembre-gennaio abbiamo parlato della prima traversata in spiltboard delle Alpi Marittime. Argomento di attualità… visto che da quelle parti la neve è caduta e ne è venuta anche tanta.

11.000 METRI - L’idea è venuta a Diego Bramardi e Lorenzo Fiandino che dal 20 al 26 marzo scorso sono partiti dal Colle della Maddalena per raggiungere Quota 1400, presso Limone. La traversata con gli sci era stata fatta, la prima volta dal grande Matteo Campia nel 1954, ma mai con uno snowboard. La splitboard adoperata è stata una Jones Solution Carbon 165, interfaccia Spark R&D, attacchi Spark R&D After Burner, rampant Spark R&D Sabertooth, pelli Kohla. La prima tappa è terminata a Pietraporzio. Il secondo giorno rotta verso la Testa della Costabella del Piz, passando per il Pian della Regina. Salita molto lunga, ma in ambiente spettacolare, discesa nel vallone Gias Verde, un ampio canale con buone pendenze e neve trasformata. Un’ultima discesa fino a San Bernolfo e finalmente il meritato riposo al rifugio Dahu de Sabarnui. Il terzo giorno segna il passaggio in territorio transalpino con arrivo a Isola 2000. Il quarto giorno destinazione rifugio Valasco e il quinto 2.100 metri positivi di dislivello fino al rifugio Cougourde. Il sesto giorno trasferimento fino al rifugio Nizza. «L’indomani l’alba ci presenta un cielo sereno e una fresca brezza. Scendiamo dal passo de la Fous zigzagando tra numerosi laghi e piccoli canali fino al rifugio Valmasque e quasi alla piana di Casterino. La strada sembra non finire mai, dietro un costone un'altra valle e poi altri fortini, i camosci numerosi ci osservano, i corvi ci accompagnano, il pomeriggio sta finendo e la meta già si vede. Finalmente il colle di Tenda, poi l’ultima discesa: passiamo sotto il Forte Centrale fino allo spartiacque con il vallone di Limonetto, spelliamo e dieci minuti di curve su pista ci conducono a Quota 1400, dove la nostra avventura finisce».

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Protesta via Twitter contro il climate change

Tempesta di tweet per convincere Trump a rispettare gli accordi di Parigi

La carenza di neve, per non dire l’assoluta mancanza di neve di questi giorni, su buona parte di Alpi e Appennini, ma anche la stagione 2015/16, una delle più calde e secche della storia, fanno pensare. Il climate change è sotto gli occhi di tutti. Dagli Stati Uniti arriva una singolare iniziativa che dimostra come anche i social possano essere uno strumento di persuasione (o di dissuasione).

PROTECT OUR WINTERS - Protect Our Winters è un’associazione che riunisce appassionati di montagna, aziende e influencers del mondo degli sport invernali per mobilizzare la outdoor sport community contro il cambiamento climatico. Ne fanno parte, tra gli altri, noti freerider come Chris Benchetler, Sage Cattagriba Alosa, Chris Davenport, Lucas Debari… Il 5 gennaio Prorect Our Winters ha lanciato una ‘bufera’ Twitter per dire al prossimo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che uscire dagli accordi per l’ambiente di Parigi è inaccettabile.

BLIZZARD #KEEPPARIS - «Giovedì 5 gennaio difendiamo gli accordi di Parigi incontrando il Presidente eletto Trump dove sappiamo che vive - scrivono in un post sugli account social gli organizzatori della protesta digital -. Su Twitter. Trump non ha nascosto che Twitter è la sua principale forma di comunicazione, incontriamolo sul suo campo - chiediamo a ognuno che conosciamo e che conoscete di mandargli tweet tutto il giorno, chiedendo #KeepParis». L’invito è per una ‘tempesta’ con inizio alle 9 (mountain time) del 5 gennaio. L’organizzazione ha anche preparato una serie di tweet tipo che sono pubblicati al link http://protectourwinters.org/keepparis/

 

OK, here we go. Gloves are officially off. On Thursday, January 5th, let's stand up for the Paris Agreement by meeting President-Elect Trump where we know he lives. On Twitter. Trump has made no secrets that Twitter is his main form of communication so let's meet him there - we're asking everyone we know, and who you know, to send him tweets all day, asking him to #KeepParis. Can the outdoor community take over his Twitter feed for a day? Let's try, and in doing so make it very clear that backing out of Paris is unacceptable. So get ready, 9:00 a.m. Mountain Time, Thursday January 5th, we'll "march" on Twitter. Pass it on. Visit the URL in our profile for the details and sample tweets.
Una foto pubblicata da Protect Our Winters (@protectourwinters) in data:


13 cime tutte da sciare

Su Skialper di dicembre un anello di 24 km attorno al Careser

Siete alla ricerca di un concatenamento che potrebbe diventare una grande classica dello skialp? Ecco un’idea proposta da Omar Oprandi, che è sempre alla ricerca di qualche novità in materia: la traversata delle 13 Cime del Careser. Ne parliamo su Skialper di dicembre-gennaio.

TRA TRENTINO E ALTO ADIGE - Una lunga cavalcata, tutta all’interno del Gruppo del Ortles-Cevedale, che si snoda su un sottile filo di cresta tra cime innevate, sullo spartiacque tra Trentino e Alto Adige. Questo anello, che può essere affrontato anche nel verso opposto, permette di toccare ben tredici cime tutte sopra i tremila metri di quota, immerse nel Parco Nazionale dello Stelvio. La traversata sovrasta il Ghiacciaio del Careser, in alta Val di Peio, a est della Val de la Mare, al di sopra del ghiacciaio che alimenta il lago artificiale del Careser. Il ghiacciaio è situato a una quota media di 3.100 metri e le cime che lo abbracciano gli fanno da cornice e alimentano la sua formazione. Meglio affrontare questo itinerario in primavera, con neve assestata su tutti i versanti e senza dover battere traccia. L’accesso dalle vallate infatti non è tecnicamente impegnativo, ma risulta lungo e faticoso. Anche solo per raggiungere la quota di 3.000 metri si devono superare: dalla Val di Rabbi, un dislivello di 1.600 metri; dalla Val di Peio, un dislivello di 1.100 metri; dalla Val Martello, un dislivello di 1.000 metri. Il percorso, nel suo insieme, non è molto difficile, ma mai banale. Si devono ricercare ottime condizioni meteo e di innevamento che significano maggior sicurezza. Le difficoltà maggiori riguardano i tratti esposti e di difficile interpretazione. È necessario saper trovare in autonomia i punti di passaggio più adeguati che sono solitamente sul filo della cresta. Il via è da Malga Mare, in val di Peio. Poi sono 24 km e 2.600 metri di dislivello… Quando si parte?

ATTREZZATURA - Abbiamo chiesto a Omar Oprandi di consigliare ai lettori anche l’attrezzatura per affrontare il Careser in versione veloce o più turistica, ed ecco che ne sono venute fuori due foto dell’esploso dello zaino con tutto (ma proprio tutto) quello che serve e consigli molto pratici. Non resta che comprare Skialper!

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Bollettino Neve, ecco le situazioni tipiche valanghive

Su Skialper 109 tutte le informazioni sulle cinque nuove icone

Con l’arrivo della stagione invernale il Bollettino Valanghe si presenta con qualche interessante novità. Sono infatti state introdotte in via sperimentale cinque nuove icone per definire le ‘situazioni tipiche valanghive’ come spiega bene sul numero di Skialper in edicola Igor Chiambretti, responsabile tecnico dell’AINEVA (Associazione Interregionale Neve e Valanghe). In realtà le ‘situazioni tipiche valanghive’ erano già state usate, a titolo sperimentale in diverse versioni (svizzere, austriache, italiane, nord americane) da alcuni servizi di previsione valanghe. Un apposito gruppo di lavoro dei servizi valanghe europei (EAWS) ha elaborato, in questi ultimi due anni, un modello unificato che sarà poi adottato in tutta Europa dalla prossima estate.

I NUOVI SIMBOLI -
A ciascuna situazione è associata un’icona che favorirà la memorizzazione, l’individuazione e il riconoscimento sul terreno del problema principale. Le cinque situazioni tipiche valanghive sono: neve fresca; neve ventata; strati deboli persistenti; neve bagnata; valanghe di slittamento. Le definizioni per ciascuna situazione tipo comprendono la tipologia di valanghe attese, una descrizione della loro tipica distribuzione nello spazio e dell’ubicazione del livello debole dentro il manto nevoso, del meccanismo di distacco delle valanghe, della durata del problema e del periodo e, infine, su come identificare il problema sul terreno, oltre alle norme di comportamento.

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King Ptor

Su Skialper di dicembre-gennaio una rara intervista a Spricenieks

Immaginate uno sciatore controcorrente, che evita assolutamente la neve dura e la crosta, tanto «se la neve non è buona ci sono altre cose  da fare oltre lo sci». Uno sciatore che lascia uno sponsor sicuro per potere sviluppare il proprio sci e appare raramente nei film perché non fa gare e «nessuna stupida autopromozione». Aggiungete che lo sciatore in questione non ha un account Facebook o Instagram pubblico. Ecco, questo è Ptor Spricenieks, che Davide Terraneo (da sempre suo fan) ha incontrato a Milano in autunno. Il risultato di questo incontro è la bella intervista pubblicata su Skialper di dicembre-gennaio.

DAL MT. ROBSON AL PAKISTAN - La scarsità di informazioni, unita all’assurda quantità di montagne sciate spesso in autonomia e stile alpino, ha creato un alone leggendario intorno alla figura di Ptor. Probabilmente è il più famoso e allo stesso tempo sconosciuto sciatore d’esplorazione mai esistito fino a oggi. Nel 1995, a 28 anni, dopo aver trascorso un mese in Pakistan per tentare di sciare il Nanga Parbat insieme al suo compagno Troy Jungen, riesce a venire a capo  di una delle più grosse pareti non ancora sciate del nord America: la nord del Mount Robson (3.954 m) in British Coulombia. Mille metri di parete con pendenze fino a 57 gradi e una cattiva reputazione. Molti dei più forti sciatori avevano tentato la discesa, tra cui Trevor Petersen, Scott Schmidt, Steve Smaridge e il local Peter Chrzanowski, ma nessuno era stato così fortunato nel trovare le condizioni ideali del manto nevoso. Però Ptor non si è fermato dopo il Mount Robson. Vivendo da vero ski bum, con pochi beni materiali ma con una gran voglia di sciare e basta, ha lasciato la sua firma in Bolivia, Pakistan, Perù, India, Turchia. A fine anni ‘90 si è trasferito a La Grave, in Francia, dove ha conosciuto ed è diventato grande amico di Doug Coombs. Da quel momento la sua attività extra-europea è stata intervallata da discese severe sui colossi delle Alpi come Lyskamm (prima discesa del versante sud-ovest), Ortles, Monviso, Barre des Écrins, Bernina e molti altri ancora. Tra le altre imprese 20 giorni in autosufficienza sulle St. Elias Mountains dello Yukon, con la prima discesa del versante nord-ovest del Mount Vancouver (4.813 m) e della cresta nord del Mc Arthur Peak (4.300 m). Nel 2015 è uscito finalmente il suo film autobiografico, intitolato Dream Line e prodotto dal regista Bjarn Salén che, oltre a mostrare la vita passata a vagabondare per il globo con e senza sci ai piedi, racconta la sua ultima grande avventura in solitaria sull’inviolata Shina Face sul versante settentrionale del Gashot Peak (6.800 m, Pakistan). Come curriculum potrebbe andare bene?

«Per riuscire in certe realizzazioni bisogna seguire i nostri desideri, ma anche i sogni che si fanno durante la notte mentre si dorme. La gente li confonde e pensa che siano separati, invece non è così. È tutto collegato; i sogni diurni, i desideri e i sogni notturni. È questo il significato del Film».

Ptor Spricenieks

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Le migliori birre da apres-ski

Su Skialper di dicembre il nostro divertente test

L’idea ci frullava nella testa già da tempo. E poi… potevamo noi di Skialper che testiamo centinaia di prodotti all’anno esimerci dal fare una prova delle migliori birre da après-ski? Evidentemente no ed ecco, per una volta, un test diverso. Però si fa presto a dire ‘proviamo le migliori birre’, ma come si organizza questo particolare test? Quali bottiglie inserire nella selezione, dove recuperarle e soprattutto, chi le assaggia?

PREMIATA DITTA LUCA & LUCA - Il nostro particolare test team per questa volta era composto da uno dei massimi esperti in materia, Luca Giaccone, dal nostro redattore Luca Giaccone (sì, non c’è nessun refuso, si chiamano così entrambi e si assomigliano pure, ma non sono parenti…) e da qualche faccia nota negli ambienti dello skialp. Giustamente, se si vuole parlare delle migliori bottiglie per il dopo gara (o gita), bisogna prevedere anche i consumer: un atleta, Pippo Barazzuol, che abbiamo scoperto che la birra se la fa in casa, una Guida alpina, Alessio Cerrina e un allenatore di sci, freerider e gestore di rifugio (il Valasco nelle Alpi Marittime), Andrea Cismondi. E la location? Il Caffè Bertaina di Mondovì, dove lo chef Claudio ha fatto capire cosa vuol dire abbinare bicchieri e piatti…

TOP 16 - Tra le tante bottiglie, abbiamo selezionato 16 etichette, alcune artigianali, altre reperibili anche al bancone del supermercato (vabbè, per quella di Pippo dovete chiedere a lui…). Si tratta di birre di montagna perché prodotte tra i monti o nelle immediate vicinanze e soprattutto consumate tra i monti. E gli award? Ci siamo inventati anche quelli: dopogara, da meditazione, mangia&bevi, la sorpresa, relax… Ma, la domanda più importante è: si può bere birra e fare sport? Tranquilli, l’abbiamo chiesto al dottor Alessandro Da Ponte che lavora con la nazionale italiana di sci di fondo. Diciamo che se non siete proprio Michele Boscacci, qualche birretta potete concedervela! Ora che abbiamo imparato come si fa, stiamo già pensando al test per l’anno prossimo: le migliori birre di Natale!

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Scarpa piange il suo fondatore Luigi Parisotto

I funerali venerdi’ alle ore 15 ad Asolo

Se ne è andato martedì mattina Luigi Parisotto, classe 1930, socio fondatore insieme ai fratelli Francesco e Antonio, della Scarpa di Asolo, marchio leader nella produzione di scarpe da montagna e scarponi da scialpinismo. Luigi decise di intraprendere un’attività artigiana nel settore calzaturiero, a seguito di un periodo di apprendistato svolto presso alcune delle aziende della zona di quel tempo: nasce, così, il primo marchio della famiglia Parisotto, il Calzaturificio San Giorgio. Nel 1956 acquista la fabbrica e il marchio Scarpa (Società Calzaturifici Asolani Riuniti Pedemontana Anonima). Da allora sono stati anni di crescita con prodotti venduti in tutto il mondo e saliti su tutte le montagne. Luigi era una presenza costante in azienda, anche negli ultimi anni. Così viene ricordato dalla famiglia. «Uomo schietto, sincero, onesto e leale. Un innovatore, un imprenditore, un visionario che ha saputo realizzare i propri progetti e i propri sogni. È riuscito a fare tutto ciò, senza clamore, quasi silenziosamente. Lo ricorderemo come un imprenditore sempre in armonia con la famiglia, con i fratelli, con i nipoti e con tutti i dipendenti con i quali ha sempre saputo dialogare».
I funerali avranno luogo venerdì alle ore 15 in cattedrale ad Asolo.
La redazione di Skialper è vicina alla famiglia Parisotto e ai dipendenti Scarpa.

 


Traynard, scienziato, scialpinista e ambientalista

Su Skialper di dicembre un grande ritratto di Giorgio Daidola

Conoscevate Philippe Traynard? Probabilmente se siete scialpinisti di lunga data sì, anche perché, con la moglie Claude, ha realizzato alcune insuperate guide di itinerari sulle Alpi Occidentali. Comunque, sia che il cognome Traynard vi dica qualcosa, sia che vi risulti nuovo, è sicuramente un personaggio da conoscere meglio. E chi poteva approfondire l’argomento per i lettori di Skialper sul numero in edicola, se non Giorgio Daidola? I suoi reportage sui grandi skialper del passato sono articoli da leggere con calma, da conservare e da riprendere di tanto in tanto. Tre pagine su un padre dello scialpinismo come Philippe Traynard sono il frutto di mesi di lavoro assiduo alla ricerca di vecchi ritagli di giornale e fotografie d’epoca, di contatti con gli eredi e rilettura delle vecchie guide.

LE GUIDE - ‘101 sommets à ski’, del 1966, ‘102 sommets à ski’, del 1971 e ‘103 sommets à ski’, del 1985, insieme a quelle del tedesco Pause per la parte orientale delle Alpi, sono state delle vere bibbie che hanno permesso di rendere popolare lo scialpinismo, fino a quel momento praticato da una ristretta élite. Essenziali, senza inutili ostentazioni esibizionistiche nei testi e nelle foto, senza tanti simboli complicati per esprimere informazioni semplici, non solo offrivano su una sola doppia pagina tutte le informazioni necessarie per capire in modo chiaro le caratteristiche di una gita, ma riuscivano a comunicare davvero il desiderio di conoscere itinerari sempre nuovi, dando allo scialpinismo quella dimensione itinerante che ne fa molto di più di uno sport.

SCIENZIATO SCIALPINISTA - Philippe Traynard nasce nel 1916 e cresce in riva al mare, a Marsiglia. Laureato in matematica, è stato professore all'Università di Grenoble e rettore del Politecnico. Dal 1981 va in pensione, per occuparsi soprattutto di parchi alpini e di ecologia e, beninteso, di grande scialpinismo.
È stato, per più di dieci anni, presidente del Parc National de la Vanoise.

SCIALPINISMO DE ECOLOGIA - Traynard amava dormire in tenda (o anche sotto le stelle) con la moglie, in ogni caso il suo scialpinismo ero uno scialpinismo di raid e credeva fermamente che questo sarebbe stato il futuro dello sport con le pelli. Traynard è stato però anche un ambientalista illuminato e innovativo per certi aspetti. Era contrario a regole troppo strette ma al tempo stesso con il suo impegno riuscì ad evitare la realizzazione di una nuova grande stazione di sport invernali nel selvaggio vallone della Chavière. Qualche mese prima della sua scomparsa, nel corso di una intervista a Isabelle Mauz e Madeleine Boucard per l'AHPNE (Association Histoire de la Protection de la Nature et de L'Environnement), Philippe aveva però manifestato il suo pessimismo circa la possibilità di evitare, attraverso iniziative di tipo ecologico, il degrado ambientale. Aveva infatti capito una cosa fondamentale, che purtroppo anche gli ecologisti non riescono o non vogliono a capire. E cioè che la causa prima del degrado ambientale va ricercata nella spaventosa crescita demografica degli ultimi cento anni, crescita che sarà la causa prima dell'erosione degli ultimi spazi naturali e del loro deterioramento. Philippe aveva anche aggiunto che, soprattutto il mare e le coste, hanno ormai subito danni irreversibili, mentre in montagna uno spazio considerevole è ancora salvo, grazie agli interventi di salvaguardia.

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Nadir Maguet, il Mago è diventato grande

Su Skialper di dicembre un'ampia intervista allo skialper valdostano

Quando in riunione di redazione ci siamo interrogati sul personaggio da intervistare nella sezione Up & Down, siamo rimasti un po’ sul vago. Li abbiamo fatti quasi tutti… Neanche il tempo di riagiornarci che… Nadir Maguet è andato a vincere il vertical di Fully con un tempone, battendo Urban Zemmer e Kilian Jornet. Scialpinista, runner, giovane: chi se non lui? Ecco come è nata l’intervista allo scialpinista della nazionale e del Centro Sportivo Esercito pubblicata su Skialper di dicembre, disponibile in edicola e su app iOS e Android.

POCHI MA BUONI - Il fatto è che il ‘Mago’ lo conosciamo bene noi di Skialper e ha fatto parte anche dei nostri testatori di attrezzatura. Dunque, compito non facile perché quando conosci una persona spesso ti sembra di sapere e avere già detto/scritto tutto. Poi magari non è così ma… Per questo abbiamo trattato tutti gli argomenti possibili, spaziando dagli allenamenti al running, dallo skialp agli hobby. E abbiamo scoperto che Nadir, dietro a risultati top, cela tanta normalità. «Sembra impossibile, ma non ho così tanti dati degli allenamenti… Vedo altri atleti con carichi impressionanti che io onestamente in questo momento non riuscirei a sostenere. Vado per gradi anche qui, più qualità e meno quantità».

ANIMA SKIALP - «Essere arrivato primo a Fully davanti a Zemmer, Moletto e Kilian, ma soprattutto il tempo, 30’17”, mi hanno dato una convinzione maggiore. Una vittoria con le gambe e con la testa: adesso ci credo ancora di più. Devo migliorare certo, ma ho capito che posso alzare il mio limite, che ho le potenzialità per fare qualcosa di buono per il futuro. Le gare d’estate mi danno stimoli, motivazioni, la possibilità di mettermi in gioco, mi piace l’ambiente, ma resto sempre uno scialpinista, questo è certo».

ALIMENTAZIONE - «Se ti dico cosa ho mangiato prima di Fully non ci credi che il giorno dopo sia riuscito a vincere… In questo momento non ho regole precise: faccio attenzione ,questo sì, i prodotti sono spesso e km 0 e naturali, visto che arrivano dal mio orto».

Per saperne di più… c’è l’intervista completa nella sezione Up & Down del numero in edicola!

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Itinerari d'inizio stagione: al Colle e a Cima Croce

Su Skialper di dicembre con Denis Trento per una sciata molto panoramica

La data di stampa della rivista si avvicina. Il timone, la ‘mappa’ con tutti gli articoli da inserire nella rivista, è definito, tranne qualche piccolo dettaglio. Però… però mancherebbe un itinerario scialpinistico d’inizio stagione. Di solito si lavora con mesi di anticipo e spesso gli articoli pubblicati a dicembre 2016 sono stati messi in cantiere a dicembre 2015. Se non fosse che la scorsa stagione è stata decisamente avara di neve, soprattutto all’inizio e non abbiamo nulla in archivio. Cosa si fa?

METEO - Finalmente a novembre una perturbazione scarica un bel po’ di polvere bianca sulla Valle d’Aosta. Con frenesia cerchiamo di organizzare un’uscita, prima che qualche rialzo termico renda inutili i nostri sforzi. A inizio stagione succede, purtroppo. Inizia il giro delle chiamate. La prima cosa è trovare un fotografo che sappia mettere le pelli e scendere in sicurezza (e purtroppo non sono molti), ma in Valle non ci sono problemi, c’è Stefano Jeantet. Lavora con i campioni del Centro Sportivo Esercito, da questo punto di vista è una garanzia. Sul livello fotografico non si discute.

DENIS - In seconda battuta parte la ricerca della Guida per decidere itinerario e uscita. Perché non Denis Trento, che chiunque frequenta la montagna con pelli e sci conosce? Denis unisce quel pizzico di brio che dà l’andare veloci a una solida conoscenza della zona del Monte Bianco.

PANORAMA - Così ne viene fuori un itinerario insolito, perché poco conosciuto, almeno dagli italiani. Siamo stati nella zona sopra il Colle San carlo, tra Morgex e La Thuile, una delle più panoramiche, con lo sguardo che corre sulla catena del Monte Bianco nella sua totalità. La meta sono Col o Cima Croce. Itinerari ideali a inizio stagione, per ‘fare gamba’, ma mai banali. Oltre agli itinerari che consigliamo nelle schede dell’articolo, la conca sopra il lago è una bella palestra sciistica, con diverse esposizioni e anche due discese impegnative come la nord del Mont Colmet, intorno ai 40 gradi, oppure la Becca Pognenta, esposta e a 50°. Itinerari che richiedono ottima valutazione delle condizioni e accesso alpinistico.

COME È ANDATA - Purtroppo le temperature hanno iniziato a salire e il meteo, previsto abbastanza bello e in miglioramento, non è stato tale da fare aprire il cielo a sufficienza per garantirci quei panorami sul Monte Bianco che avrebbero reso ancora più spettacolare l’itinerario. Ma Denis e Stefano si sono divertiti lo stesso, come chiunque sceglierà questi itinerari. È il bello di proporre sempre esperienze in presa diretta, senza troppi filtri tra la realtà e la carta patinata. Almeno noi la pensiamo così…

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Mi faccio lo sci

Su Skialper di dicembre 7 storie dietro a 7 sci costruiti in garage

Quando in redazione abbiamo pensato di realizzare un servizio sugli sci costruiti artigianalmente, ci è venuto subito un dubbio: come mettere insieme piccoli marchi che producono piccoli numeri e semplici appassionati che hanno iniziato a produrre attrezzi per passione? Così abbiamo coniato il termine ‘garagisti’ e deciso che è cosa ben diversa costruirsi il proprio sci in cantina e produrne, seppur pochi, per venderli. Anche se, a giudicare dalle sensazioni quando li abbiamo messi sulla neve, gli sci ‘home made’ hanno poco da invidiare ad alcuni modelli prodotti da piccole e grandi aziende. Almeno come feeling sulla neve. Insomma… fatto in casa non significa grossolano, ma ricercato, particolare. Come è andata a finire? Che su Skialper 109 di dicembre-gennaio pubblichiamo 16 pagine frutto del reportage realizzato dal direttore Claudio Primavesi e dai fotografi Federico Ravassard e Ralf Brunel andando a visitare sette ‘garagisti’, da Portogruaro a Prali. Un servizio on the road (quasi 2.000 km…) che ci ha fatto venire voglia di provare anche noi a costruirci questi benedetti sci in garage.

 

Topsheet in palissandro o ulivo? Se ti costruisci lo sci lo decidi tu... #buildyourski #Skialper109 Una foto pubblicata da Skialper (@skialper) in data:


BACKSTAGE -
«Lavoravo qui, proprio dove ora c’è il Berimbau, un locale per aperitivi… solo che qualche anno fa c’era un negozio di articoli sportivi» ha detto Fabrizio Bellotto, il primo ‘garagista’ che abbiamo visitato, a Portogruaro, dove l’aria sa di mare e di laguna. E infatti i suoi sci sfruttano un po’ di know-how marino, se è vero che le vernici sono quelle utilizzate per le barche e che il fratello si è costruito, pezzo su pezzo, proprio un’imbarcazione. Appuntamento dopo il lavoro, un giovedì di metà novembre, alle 18 e… la prima sera è finita a pane, salame e sci, da veri appassionati. Poi rotta su Lorenzago di Cadore dove Massimo de Michiel, con la moglie Debora, produce autentici siluri all mountain. L’atelier è un romantico fienile d’epoca, tanto old style fuori quanto ordinato all’interno. Il tempo di caricare altre due paia di sci sull’auto e, sotto una nevicata di buon auspicio, eccoci passare per Misurina imbiancata in direzione di Riscone, dove Andreas Recla ci ha mostrato la pressa sotto vuoto con vista su un poster di Playboy: qui nascono i 15 sci a marchio Traam. «Potremmo produrne anche 30, lo abbiamo fatto in passato, ma sarebbero troppi» ha detto questo maestro di sci che si diverte a farsi gli sci con altri due amici. Siamo arrivati a venerdì sera e dove abbiamo pensato di passare il fine settimana? A imparare come si fanno gli sci.

TUTTI A SCUOLA -
Sabato mattina, ore 8. In un vicolo a pochi passi dal centro di Innsbruck c’è una vecchia macelleria. Una decina degli oltre 200 ‘alunni’ che passano di qui ogni anno inizia ad ascoltare la lezione dei ‘prof’ Michael e Peter. Lamina, taglia, resina, metti in forno (con una pausa pranzo a base di wurstel) ed è subito ora di cena. Una birretta con Peter e l’appuntamento è per domenica mattina. Eccoci pronti per vedere l’estrazione degli sci dalla pressa e gli ‘alunni’ con maschera e tuta intenti a togliere le parti in eccesso e a rifinire gli sci. Si parte, prossima tappa Piemonte.

PIEMONTE -
Giusto il tempo di cambiare valigia e lunedì mattina eccoci in una frazione di Ala di Stura, dove Guido Rosa produce i suoi Rabot Ski. Il Piemonte si è ritagliato un posto sul gradino più alto del podio nella speciale classifica degli sci ‘home made’, con ben tre produttori: martedì infatti appuntamento nella grigia periferia torinese con Massimiliano Celano. Prima di salire venerdì a Prali con Andrea Domard ed Edoardo Neirotti, Ralf Brunel è andato a trovare Francesco Chiocchetti nella sua segheria di Moena, dove nascono gli sci Pelin: suo padre era scettico sulle possibilità di Francesco di farcela ed ecco che da una sfida sono nati due attrezzi in un unico massello di legno e carbonio ‘race oriented’. L’ultima battuta? La lasciamo a Massimliano Celano: «Non è difficile fare un buono sci, ma uno sci bello». Sarà vero?

SULLA NEVE - Sì, visto che gli sci li abbiamo anche provati, possiamo dire che di attrezzi brutti non ne abbiamo trovati. Dopo avere passato sotto i piedi centinaia di modelli della Buyer’s Guide, Niccolò Zarattini, in una nevosa (quanto umida) giornata di fine novembre ha messo alla frusta i bolidi home made sulle nevi di Cervinia. E ha scoperto che Massimliano Celano aveva ragione… Leggete l’articolo pubblicato su Skialper 109 per capire perché.

DISPONIBILE ANCHE SU APP - Skialper di dicembre-gennaio è disponibile nelle migliori edicole e già scaricabile su app. Per ogni info si può scrivere una mail o chiamare il numero 0124 428051. (Per la pagina abbonamenti cliccare qui). Per chi lo volesse acquistare la copia su smartphone o tablet, è sufficiente scaricare la app per iOS o Android e procedere all’acquisto direttamente in-app!

   

 

Nella nebbia, stiamo provando qualche sci 'home made'... #buildyourski #Skialper109 Una foto pubblicata da Skialper (@skialper) in data: