K2, 57 anni di serio divertimento

«K2 non sarebbe dov’è, non sarebbe chi è, se tutti i Doug Coombs che nel tempo l’hanno coccolata e nutrita fossero mancati. E con loro, tutta la follia che si portavano dentro. Personaggi visionari, capaci di immaginare cose che gli umani non sanno neppure di poter concepire. Uno sci largo quando tutti usavano lo stretto. Uno sci sinuoso quando tutti usavano quello dritto. Uno sci sbananato quando tutti si fermavano al vecchio ponte. Un mezzo light per vivere il backcountry ad ogni livello, quando ancora nessuno ci pensava». Scrive così Veronica Balocco nell’ampio reportage su Skialper 127 di dicembre-gennaio dedicato alla storia di uno dei marchi che ha innovato di più la scena dello sci fuori dalle piste.

© K2 50 years of serious fun

Dietro a sci come i nuovi Mindbender, ma anche i Coomba, i Big Kahuna o i Pontoon, per citare solo alcune pietre miliari nella storia dello sci fuori, ci sono tanti interpreti di uno stile. K2 non sarebbe dov’è senza Seth Morrison, Scot Schmidt, Glen Plake, Shane Mc Conkey, Brad Holmes, Kent Kreitler. «L’eredità che oggi brilla sotto il nome di Mindbender - 116 sotto il piede, rocker puro e un raggio da quasi 23 metri, sfornato per i palati desiderosi di pushing the envelope, di sfidare lo sfidabile sulla polvere - è un libro lungo quasi sessant’anni. Pagine e pagine di aneddoti e nomi che periodicamente, quasi ciclicamente, si incontrano faccia a faccia con una svolta decisiva». Ecco perché l’articolo su Skialper 127 non è il solito reportage aziendale, ma un avvincente romanzo fatto di tante storie che si intrecciano.

© K2 50 years of serious fun

No spoiler… però ecco uno degli aneddoti che raccontiamo. «Corre l’anno 2005 e a Whistler Blackcomb si presenta questo nuovo atleta, Shane McConkey, con una trovata assurda: un paio di sci con due ganci a occhiello e un cavo tensionato in modo del tutto artigianale, ad azzerare totalmente il camber. ‘You’re not going to believe how great they are’ dice lui a uno stralunato pubblico. Ma la prova la dà sul serio: all’uscita di heliski che l’azienda mette in palio al sales meeting per quattro fortunati estratti, Shane si presenta con quella roba ai piedi. Jeff Mechura, di K2, ricorda ancora quando gli ha urlato: ‘Hey, come check this out!’. E non scorda la luce negli occhi quando, dopo due discese da urlo prima della rottura di tutto quell’ambaradan, lo sciatore butta lì un entusiasta ‘It works… we gotta try it!’. Perché in fondo è fatta. Via il camber, con Shane la forma dell’asse viene totalmente stravolta rispetto alla tradizione. Un’intuizione geniale, che varrà la conferma assoluta di questa caratteristica tecnica come elemento fondamentale dello sci da polvere pura. Diventerà i Pontoon».

© K2 50 years of serious fun

Bruno Compagnet, l’arte di reinventarsi

C’è stato un momento in cui i freerider hanno iniziato a montare attacchini sui loro sci e gli scialpinisti cercavano di capire cosa significasse il termine rocker. Entrambi ignoravano che in realtà per alcuni quella pratica altro non era che la naturale evoluzione dello sci che avevano praticato negli ultimi venti o trent’anni. Bruno Compagnet è uno di questi. Un curioso la cui personalità e l’atto dello sciare si sono legati l’uno all’altro indissolubilmente, fino a condizionarsi a vicenda: la sua evoluzione come sciatore riflette quella della persona, e viceversa. Ma soprattutto un trend setter che ha importato nello skialp quello che di bello c’è nel freeride: set-up più discesistici, un’estetica curata tanto nel materiale quanto nell’abbigliamento, un rispetto reverenziale verso la discesa che si tramuta nella ricerca dei pendii e nevi ideali per divertirsi.

© Daniele Molineris

«Se gli fai presente che la sua figura ha influenzato la concezione dello scialpinismo negli ultimi anni, lui fa le spallucce, come se non lo riguardasse più di tanto: effettivamente basta parlarci per pochi minuti per capire che è davvero fatto così, mezzo freak e mezzo artista, amante della neve in tutte le sue forme, del buon vino e del vivere con una certa leggerezza – scrive Federico Ravassard su Skialper 127 di dicembre-gennaio - Se lo conosci capisci che sciare non ha solamente a che fare con lo scivolare sulla neve, piuttosto è un modo di inquadrare la vita e ciò che si è. Parafrasando Palombella Rossa, chi scia male, pensa male e vive male».

© Daniele Molineris

Bruno è un po’ l’icona del freetoruing. «A Chamonix abbiamo sempre usato le pelli, è una pratica che è insita nel DNA di questi luoghi. Anni fa utilizzavamo gli Alpin Trekkers con gli attacchi alpini, ma non percorrevamo mai grandi dislivelli. La transizione è avvenuta in modo graduale, senza momenti di rottura. Poi, con l’età, se si continua a spingere solo in discesa con gli impianti a fine giornata le ginocchia e la schiena vengono a chiederti il conto: il freetouring, se vogliamo chiamarlo così, è invece un modo di sciare più completo ed equilibrato, si fa più lavoro aerobico e lo stress dato dallo sforzo in discesa è più contenuto. E poi è anche più spontaneo, più naturale: con Layla mi piace scoprire nuovi luoghi andandoci con le pelli, senza ricorrere a cartine e gps, e cercare di muoverci in modo logico solo in base alle nostre competenze e a quello che vediamo intorno a noi. La trovo un’esperienza più completa rispetto allo stare in un comprensorio». Su Skialper 127 di dicembre-gennaio un reportage-intervista di 15 pagine su Bruno Compagnet.


Trofeo Monte Agnello a Trettel e Vinante

È andato in scena lo scorso 14 dicembre a Pampeago, su un percorso di 6 km con 475 metri D+, il Trofeo Monte Agnello. In una serata freddina, con -6 °C in 90 al via. Ha dettato il passo dal primo metro l’atleta di casa Thomas Trettel, al ritorno dopo un anno sabbatico, seguito dall’atleta del Bela Ladinia Mauro Rasom e a ruota da Mattia Giuliani dei Team Bogn da Nia. Al femminile ha indovinato la gara Marta Vinante della Cornacci Tesero, seguita dall’atleta del Bogn da Nia Susanna Menardi. Ha chiuso il podio Monica Todesco. La prossima notturna trentina è in programa a Passo Brocon con la Lunagaro, il 26 dicembre.

 


Evoluzione di un'idea

«Uno dei primi ricordi che mi legano al mondo del fuoripista e dello scialpinismo è un canale nel gruppo del Sella. Una linea sinuosa che parte poco sotto la cima del Piz Boè e arriva, attraverso larghi pendii, fin sopra al paese di Arabba, ben visibile dalle piste da sci. Scoprii tempo dopo che si trattava della Val delle Fontane. Allora ero poco più che un ragazzino e passavo le mie giornate sugli sci tra i pali da gigante e scorribande sulle piste delle Dolomiti. Di scialpinismo non se ne parlava proprio e trascorsero alcuni anni prima che il desiderio di esplorazione prendesse il sopravvento. Ciò che mi lega a questo ricordo è proprio la linea, l’estetica della discesa con gli sci attraverso quel canyon. Ancora oggi credo che sia una tra le discese più belle del Sella! Per me lo sci è ricerca, creatività e divertimento. A essere sinceri non amo fare fatica, o meglio, non sono uno che gode in salita, ma se il tutto è finalizzato a una bella discesa ecco che la fatica assume un sapore completamente diverso! Non importa quanto alta è la montagna, se la cima è famosa o se è un colle appena sopra al paese, se è un canale ripido o se è un bellissimo pendio dolce. Ciò che mi spinge a voler andare li e sciare è l’estetica, il colpo di fulmine appena vedi il pendio, la soddisfazione nel girarsi a fine discesa e ripercorrere ogni singola curva fatta su quel terreno perfetto». Così scrive Tommaso Cardelli nell’articolo Evoluzione di un’idea su Skialper 127 di dicembre-gennaio. La sua è una visione comune a molti skialper delle nuove generazioni: «Quello che mi spinge a salire è legato principalmente al divertimento e alla bellezza della discesa. Un piacere edonistico che raggiunge il suo apice in una linea intonsa e possibilmente su bella neve. Mi succede spesso di rimanere folgorato dalla bellezza di una discesa e di non sapere nemmeno il nome della montagna, la difficoltà o le condizioni della neve». Le parole d’ordine? Ricerca, creatività, linea e divertimento! Per approfondire l'argomento c'è Skialper di dicembre-gennaio...

© Alice Russolo

Aprono oggi le iscrizioni al Tour du Rutor

Apriranno ufficialmente oggi le iscrizioni alla ventesima edizione del Millet Tour du Rutor Extrême, in programma dal 26 al 29 marzo 2020 tra i comuni di Arvier, Valgrisenche e La Thuile. La data fissata per la chiusura delle iscrizioni è il 3 febbraio 2020. Per iscriversi alla ventesima edizione è necessario in primo luogo acquistare o rinnovare la Carte Grande Course e in seguito seguire la procedura a seconda della propria categoria, Senior, Master, Junior e Cadetti indicata sul sito www.tourdurutor.com.

© Stefano Jeantet

Il ventesimo Millet Tour du Rutor Extrême, andrà in scena con una nuova formula che prevede quattro giorni di gara per le categorie Senior e Master (non più tre come nelle precedenti edizioni) con una nuova e straordinaria tappa che farà rivivere quella del ’33 sul ghiacciaio del Rutor sul versante di La Thuile, e che renderà la kermesse valdostana ancora più bella e spettacolare con in totale 9.500 m di dislivello positivo, 105 km di fuoripista, 60 km di salita, 45 km di discesa, 6 km di creste aeree. Inoltre, durante ogni tappa gli atleti saliranno oltre i 3.000 metri di quota. I giorni di gara per le categorie Junior e Cadetti saranno invece, eccezionalmente, solo per questa edizione, due e non tre, come nelle passate edizioni e si disputeranno il 28 e 29 marzo.

© Stefano Jeantet

Nato ufficialmente nel 1933 sul ghiacciaio del Rutor, versante di La Thuile, il Tour du Rutor ha poi trovato la sua definitiva collocazione nel cuore della Valgrisenche. Dopo diversi anni di stop, il Tour du Rutor rinasce nel 1995 per volontà dello Sci Club Corrado Gex di Arvier e di alcuni giovani appassionati di alpinismo. L’ultima edizione del 2018 ha visto la partecipazione di oltre 700 concorrenti da 18 differenti nazioni, di cui 300 équipe maschili, 22 femminili e 30 squadre giovanili.


Antonioli e Veronese campioni italiani vertical

Robert Antonioli del Centro Sportivo Esercito e Ilaria Veronese del Tre Rifugi sono i nuovi campioni italiani di scialpinismo nella specialità Vertical. Questi i verdetti più importanti lasciati in dote dalla terza giornata delle gare organizzate fra Ponte di Legno e Passo Tonale dall’Adamello Ski Team per assegnare i titoli tricolori della disciplina. Gli altri scudetti di giornata sono andati, per quanto riguarda gli Under-23, ai valtellinesi Andrea Prandi (S.C. Valtellina) e Giulia Murada (Centro Sportivo Esercito). Tra gli Junior successo del veneto del CAI Schio Matteo Sostizzo e della lombarda dell'Alta Valtellina Samantha Bertolina, che ha così completato il tris di titoli italiani, dopo quelli nelle specialità Sprint e Staffetta. Tra i Cadetti si sono imposti Luca Vanotti della polisportiva Albosaggia e la figlia d’arte (di Gloriana Pellissier) Noemi Junod del Valgrisenche.

Le gare si sono disputate a Passo Tonale, nei pressi della pista Bleis Giuliana: 737 metri di dislivello e 4.200 metri di sviluppo il tracciato per maschi Senior e Under-23; 500 metri di dislivello e 3.000 metri di sviluppo per donne Senior e Under 23 e per Junior maschi; 436 metri di dislivello e 2.500 metri di sviluppo per tutti gli altri.

La gara Senior maschile è stata, come previsto, la più spettacolare. Sono partiti subito velocissimi, dando vita a due binomi, Michele Boscacci e Alex Oberbacher, davanti a tutti, Robert Antonioli e Damiano Lenzi subito dietro. Si è capito in fretta che il podio sarebbe uscito da questa mazzetta, ma fino a cento metri dall’arrivo è stato assai difficile capire chi l’avrebbe spuntata. È stato a quel punto che Antonioli ha accelerato improvvisamente, superando sulla destra Boscacci e Oberbacher per giungere come una furia sul traguardo con un paio di metri di vantaggio sul compagno di squadra e poco più sull’altoatesino del Bogn Da Nia. Il valtellinese Antonioli ha chiuso con il tempo di 11’33”46, tre secondi in meno di Boscacci e quattro rispetto a Oberbacher. Quarto posto per Lenzi (a 30 secondi), quinto il trentino del Brenta Team Federico Nicolini, che ha preceduto Nadir Maguet dell'Esercito. Nella top ten troviamo anche il bergamasco William Boffelli, il trentino Patrick Facchini, il valdostano Henri Aymonod e il bellunese Simone Manfroi.
Nella classifica riservata agli under 23 dietro al campione italiano Prandi l'argento è andato al valdostano del Corrado Gex Sebastien Guichardaz in 33'24", bronzo per il lombardo dell'Alta Valtellina Nicolò Canclini, staccato di 1'19" dal vincitore.

Nella Senior femminile Ilaria Veronese, che nei giorni scorsi aveva già fatto valere la propria classe, si è imposta in 26'38". La piemontese ha preso la testa della gara Fin dalle prime battute, staccando Giulia Compagnoni, dell'Esercito, di 50". Terza, con il tempo di 27'40", la compagna di colori della vincitrice, Katia Tomatis, rientrata alle gare proprio in questi Tricolori di Ponte di Legno, dopo la maternità. Quinto posto per Alba De Silvestro, in giornata poco brillante.

Nella gara under 23 femminile vittoria per Giulia Murada dell'Esercito, che tuttavia puntava a qualcosa di più di un quinto posto assoluto. Argento per la fassana Giorgia Felicetti dello Ski Team Fassa, staccata di 10" e bronzo per un’altra scialpinista del vivaio trentino, la valsuganotta Valeria Pasquazzo del Brenta Team, al traguardo in 30'33". Chiudendo con i Master, va segnalato il successo del biker Marzio Deho, nuovo campione italiano. Archiviato con soddisfazione questo Campionato Italiano, ora lo Ski Team Adamello è pronto per gettarsi nell’organizzazione dell’Adamello Ski Raid, terza tappa de La Grande Course 2020, in programma sabato 18 aprile.

 


Boscacci, Maguet e Antonioli campioni italiani nella staffetta

Non si è assistito ad alcun colpo di scena ai Campionati italiani skialp di staffetta disputati in versione serale ieri a Ponte di Legno nel parterre d’arrivo della pista Corno d’Aola. Il più rapido nel domare il percorso di 800 metri di sviluppo e 100 metri di dislivello è stato il terzetto del Centro Sportivo Esercito formato da Michele Boscacci, Nadir Maguet e Robert Antonioli, gli stessi che avevano trionfato lo scorso anno a Gressoney. Argento per le Alpi Centrali con Nicolò Canclini, Andrea Prandi e Stefano Confortola con un ritardo di 30 secondi e bronzo per l’altro team dell’Esercito formato da Matteo Eydallin, Davide Magnini e Damiano Lenzi a 47 secondi. Fuori dal podio la squadra del Comitato Trentino composta da Federico Nicolini (terzo al cambio), Valentino Bacca e Gabriele Leonardi, staccati di 1’52”.
La prima frazione ha visto partire a razzo Nicolò Canclini, seguito come un’ombra da Michele Boscacci, capace nell’ultimo cambio assetto di anticipare il valtellinese. In zona cambio i due sono arrivati insieme, passando il testimone rispettivamente ad Andrea Prandi e al valdostano Nadir Maguet, il quale, grazie alla migliore prestazione di serata (6’36”48), ha costruito un divario importante prima su Andrea Prandi e quindi sugli altri avversari. All’ultimo frazionista della staffetta dell’Esercito, Robert Antonioli, è bastato gestire il vantaggio e concludere la prova a braccia alzate, centrando così l’ennesimo titolo italiano, con 30 secondi di vantaggio su Stefano Confortola.
La lieta sorpresa di giornata è dunque giunta dai tre giovani delle Alpi Centrali Canclini, Prandi e Confortola, che si sono presi il lusso di precedere sul traguardo i professionisti della seconda squadra dell’Esercito, composta da Matteo Eydallin, Davide Magnini e Damiano Lenzi. Il miglior tempo di frazione delle Alpi Centrali lo ha fatto registrare Nicolò Canclini con 6’45”92 (terzo miglior tempo assoluto), mentre fra il terzetto dell’Esercito il più veloce è stato Davide Magnini, limitato da un dolore a un piede, con il tempo di 7’00”11.

Pronostico rispettato anche nella staffetta a due della categoria femminile, visto che a trionfare è stata la coppia formata dalla veneta Alba De Silvestro e dalla lombarda Giulia Murada, entrambe del Centro Sportivo Esercito. La giovane di Albosaggia si è messa dunque al collo la seconda medaglia d’oro dopo quella assoluta strappata nella sprint di venerdì, stabilendo anche il miglior tempo di giornata con 7’40”64. Allo start inizialmente era passata in testa Bianca Balzarini, seguita da Elena Nicolini, quando sono entrate nel tratto nel bosco, però, Alba De Silvestro ha preso il comando, mantenendo un discreto vantaggio sulle avversarie fino al cambio (8 secondi). Per il resto ci ha pensato appunto Giulia Murada a incrementare il divario dalle rivali. Medaglia d’argento per le piemontesi Ilaria Veronese e Katia Tomatis, entrambe dello sci club Tre Rifugi, con un ritardo di 26 secondi, e bronzo per le lombarde dell’Adamello Ski Team Bianca Balzarini e Corinna Ghirardi. Ancora un terzo posto per il Comitato Trentino con Elena Nicolini e Giorgia Felicetti, giunte con un gap di 1’44”, quindi quinte Valeria Pasquazzo ed Elisa Dei Cas.

I primi a scendere in pista erano però stati gli atleti delle staffette giovani, composte da un cadetto e da due junior, un maschio e una femmina, con 30 team in gara. Come da pronostico a trionfare è stato il team Alpi Centrali 3, composto da Samantha Bertolina, Luca Vanotti e Mirko Sanelli, la cui vittoria non è mai stata in discussione. Medaglie anche per le altre due staffette di Alpi Centrali, la prima con Katia Mascherona, Tommaso Colombini e Rocco Baldini (argento di giornata), quindi la medaglia di bronzo è appannaggio di Silvia Berra, Nicolas Milesi e Luca Tomasoni. Appena fuori dal podio è giunta la squadra del Comitato Trentino con Lisa Moreschini del Monte Giner, Cristian Peroceschi del Brenta Team e Nicola Tomelin sempre del Brenta Team, a cinquanta secondi dalla zona medaglia.


Antonioli e Murada campioni italiani sprint

Dodici mesi dopo non cambia il copione. I campioni italiani di scialpinismo della specialità sprint per la stagione 2019/2020 sono ancora una volta il valtellinese di Valfurva Robert Antonioli, e la ventunenne di Albosaggia Giulia Murada, capaci di precedere gli avversari anche sullo spettacolare tracciato allestito ieri sera dagli organizzatori dell’Adamello Ski Team nel tratto conclusivo della pista Corno d’Aola a Ponte di Legno.
Per Robert Antonioli, alfiere come Murada del Centro sportivo Esercito, si tratta del sesto titolo consecutivo in questa specialità a dimostrazione che nelle gare esplosive non ha davvero rivali. Almeno fino ad oggi, visto che il ventenne di Lanzada Giovanni Rossi si è messo al collo la medaglia d’argento dando parecchio filo da torcere al più esperto Antonioli nonostante una caduta nella discesa finale che per poco non gli comprometteva il podio. Lo sprint per il bronzo fra Michele Boscacci e Nadir Maguet ha premiato il ventinovenne di Albosaggia. Quinta posizione poi per Damiano Lenzi davanti al trentino tesserato per il veneto Enrico Loss. Fuori in semifinale i due trentini Davide Magnini (alla fine nono) e Federico Nicolini (dodicesimo in classifica).
In campo femminile, sempre sullo stesso tracciato che prevedeva uno sviluppo di 500 metri e un dislivello di 80 metri con inversioni, scale e quattro cambi assetto, Giulia Murada ha concesso il bis, precedendo sul traguardo la veneta Alba De Silvestro, mentre nella lotta per il terzo gradino del podio ha primeggiato la piemontese Ilaria Veronese, che ha avuto la meglio per pochi centimetri sulla trentina Elena Nicolini che nel tratto in salita ad inversioni è scivolata in ben due occasioni compromettendo la medaglia. Quinto posto poi per la friulana Mara Martini davanti a Giulia Compagnoni. Nona la valsuganotta Valeria Pasquazzo.
Assegnati anche i titoli giovanili con affermazioni del vicentino Mattia Tanara fra gli junior davanti al premanense Mirko Sanelli e all’altro veneto Matteo Sostizzo, mentre in campo femminile ancora una affermazione per Samantha Bertolina, che ha preceduto la trentina di Pejo Lisa Moreschini con la quale ha dato vita ad un finale di salita particolarmente combattuto, mentre il bronzo è andato al collo di Katia Mascherona dell’Alta Valtellina.
Doppietta dello sci club Albosaggia invece nella categoria cadetti sia al maschile con Luca Vanotti capace di precedere il compagno di squadra Tommaso Colombini con un sorpasso all’ultima curva, sia al femminile con Nicole Valli che ha vinto con agilità su Erika Sanelli del Premana e sulla sua compagna di squadra Noemi Gianola. Il bronzo fra i cadetti è andato al collo di Emanuele Balmas dello sci club Prali.


Electric Greg

«Ho scelto la zona di Bonney perché sapevo che sarebbe stato l’unico posto senza sole e con – 18. No, dai, scherzo, l’ho scelta perché so che molte persone avrebbero potuto salire i mille metri di dislivello e godersi una giornata di sci nella powder senza tracce con me. Ho fatto un paio di giri e alcuni semplici calcoli in alto: 2.000.000-1.998.500 = 1.500 piedi. Sono sceso con gli sci per 1.500 piedi e poi sono tornato indietro e ho incontrato Tracey, mia mamma, Don e alcuni grandi amici nella parte superiore, proprio mentre il mio orologio ticchettava. Pensavo che sarebbe andato tutto bene e che questa linea di due milioni sarebbe stata solo immaginaria. Ma guardandolo ticchettare, rivivendo ogni singolo istante e andando con la mente allo sforzo che è stato dedicato a quel piccolo numero e al fantastico supporto che i miei amici e la mia famiglia mi hanno dato per portare a termine questa pazzia, l’emozione è venuta a galla e mi sono ritrovato a piangere. Ho investito tanto in questo sciocco obiettivo che alla fine è stata una carica travolgente avere Tracey lì con me, con gli amici e lo champagne, è stato incredibile».

© Mattias Fredriksson

Come preparativo per il cenone di San Silvestro del 2010 Greg Hill si è regalato due milioni di piedi di dislivello con gli sci ai piedi, una media di 5.500 per ogni giorno dell’anno, con un picco di 23.000 piedi al giorno e 77 giornate oltre i 10.000, salendo 71 montagne in Nord e Sud America, sciando 1.039 piste in quattro Paesi. Sono rispettivamente 609.600 metri di dislivello, con una media di quasi 1.700, picchi di 7.000 e 77 giorni con 3.000 metri. E non è l’unica ‘pazzia’ di Greg, perché lo scialpinista canadese ha fatto partire la corsa al record del dislivello giornaliero e si è testato anche sui 30 giorni. Potrebbe essere uno skialper tutto sci stretti e tutina, ma Hill, la cui storia è appena stata inserita dai colleghi statunitensi di Backcountry Magazine tra quelle da ricordare per celebrare i 25 anni della rivista, non scende mai sotto i 106 mm al centro e questa bulimia di dislivello è funzionale alla sua voglia di esplorazione. Insomma, un perfetto freetourer che siamo andati a intervistare tra le montagne dell’Alberta, dove vive. Ne parliamo in un ampio reportage Skialper 127 di dicembre-gennaio.

© Mattias Fredriksson

La Sportiva premiata per il passaggio generazionale

Lo scorso 29 novembre a Milano presso il Centro Svizzero ha avuto luogo la cerimonia di premiazione del Premio Di padre in figlio, giunto alla nona edizione, che ha visto l’alternarsi sul palcoscenico gli imprenditori delle aziende family owned italiane che hanno già realizzato passaggi generazionali di successo in anni recenti. Quarantasette i finalisti premiati nelle otto categorie previste. È andato a La Sportiva il premio per l’internazionalizzazione dedicato al passaggio generazionale in aziende a forte presenza sui mercati esteri, capaci di distinguersi sullo scenario globale senza perdere l’anima e la ownership data dalla gestione famigliare.

Fondamentale l’aspetto delle quote rosa che caratterizza anche La Sportiva grazie all’entrata nel consiglio direttivo di Giulia Delladio, responsabile marketing strategico e figlia del CEO Lorenzo Delladio.
«È un riconoscimento davvero importante per la nostra famiglia intesa come quella La Sportiva di cui fa parte ognuno dei nostri 360 collaboratori di oggi – ha dichiara Giulia Delladio – In questo momento in azienda convivono in armonia la generazione di Lorenzo che ha aperto le strade all’internazionalizzazione con intuizioni di prodotto fondamentali per chi va in montagna e la generazione che sta lavorando per trasformare la cultura calzaturiera costruita in 90 anni di storia, in quella di un brand capace di cogliere le nuove sfide globali. Si tratta della ricerca costante di un equilibrio dinamico tra tradizione e mantenimento dei valori che ci caratterizzano da un lato ed innovazione e sguardo rivolto al futuro dall’altro».


Da domani i Campionati italiani a Pontedilegno-Tonale

Il comprensorio Pontedilegno-Tonale è pronto a illuminarsi a festa per un lungo fine settimana che avrà il compito di assegnare i titoli tricolori giovani, under 23 e assoluti di skialp delle specialità sprint, staffetta e vertical. Da venerdì 13 a domenica 15 dicembre i migliori interpreti italiani e le giovani promesse, in rappresentanza dei Comitati Fisi d’Italia, andranno a caccia di medaglie nei tre eventi che l’Adamello Ski Team ha messo in cantiere. La sprint e la staffetta andranno in scena nella formula serale proprio a Ponte di Legno, creando una sorta di stadio con una cornice fatta di musica, intrattenimento e iniziative collaterali. La gara sprint scatterà alle 17.30 con le prime qualifiche per la categoria giovani, quindi seguiranno le sfide under 23, senior e master su un percorso allestito nei pressi del campo scuola Cida, perfettamente illuminato, che rispetterà gli standard imposti dalla Federazione per sviluppo e dislivello. Anche la staffetta di sabato godrà dello stesso teatro nei pressi della stazione della cabinovia a Ponte di Legno e identico sarà l’orario di partenza delle prime staffette giovanili: ore 17.30.

Domenica mattina invece spazio al vertical, che andrà in scena al Passo del Tonale con lo start della alle ore 10.30. Lo scorso anno gli scudetti tricolori erano andati al petto di Michele Boscacci ed Alba De Silvestro nella vertical race, di Robert Antonioli e Giulia Murada nella sprint, mentre la staffetta, come da pronostico, vide trionfare il Centro sportivo Esercito e al Comitato Alpi Centrali per quanto riguarda i giovani.


Transalp, il think-tank dello skialp itinerante

Ci sono eventi che diventano il simbolo di una filosofia di affrontare l’outdoor e l’avventura. Basti pensare al Raid Gauloises, all’UTMB o alla Parigi-Dakar. E, perché no, alla Fischer Transalp che nel 2020 arriverà al traguardo delle dieci candeline. Se oggi lo scialpinismo è sempre più legato all’idea del viaggio, di attraversare valli e regioni per andare da un punto all’altro, lo dobbiamo in buona parte alla Transalp. Quando nel 2010 un piccolo gruppo di skialper di lingua tedesca si diede appuntamento in un paesino dell’Austria c’era ancora un mondo da inventare. «La Transalp è nata proprio perché a quei tempi qui in Austria la maggior parte degli scialpinisti non faceva altro che su e giù in giornata per i monti mentre noi sapevamo che la nostra attrezzatura era molto resistente e credevamo che fosse perfetta per tour di più giorni: così abbiamo pensato che il modo migliore per farla conoscere fosse proprio quello di organizzare una traversata delle Alpi» dice Martin Eisenknapp, project manager della divisione scialpinismo del marchio austriaco. Da allora quello che era un esperimento è diventato un marchio ben conosciuto, entrato nell’immaginario dello skialper medio come l’avventura da provare una volta nella vita. Ma anche un think-tank dove sono nati alcuni degli sci più adatti allo skialp moderno.

Su Skialper 127 di dicembre-gennaio abbiamo ripercorso la storia della traversata delle Alpi con gli sci ai piedi, tra curiosità, aneddoti e prospettive per il futuro, però se volete provare a partecipare alla prossima edizione è meglio che ci pensiate velocemente. La Fischer Transalp 2020 è stata anticipata di circa un mese rispetto alla tradizione, con partenza dalla Slovenia il 2 marzo e arrivo in Austria, dopo essere passati per l’Italia, l’8 marzo. Fino al 12 gennaio c’è tempo per mandare la propria candidatura attraverso l’indirizzo Internet fischersports.com/transalp. Sono richieste ottima padronanza della tecnica sciistica, conoscenza dell’ambiente montano e un fisico allenato ad affrontare una settimana con medie di 1.500 metri di dislivello al giorno.