Valle dell'Orco Outdoor Destination
su Skialper 113 un ampio reportage sul versante piemontese del G. Paradiso
«Se state cercando una località fighetta dove andare a bere uno spritz a fine giornata, mi spiace, siete finiti sull’articolo sbagliato. Se vi piacciono le falesie plaisir con gradi farlocchi, di nuovo, mi spiace, ma andate da un’altra parte. Se vi piace il trail da passerella, dove si va a correre su sentieri balcone sfoggiando l’ultimo completo di Kilian… inutile dirlo, ma qui contano solo le gambe, quando si tratta di attraversare valloni deserti sul filo dei 3.000 metri. La Valle dell’Orco è
un posto per quelli a cui piace trovare lungo in parete con le gambe che tremano mentre le mani cercano il friend giusto da piazzare; per quelli che agli apericena sul lungolago vestiti da boulderisti preferiscono i rifugi in quota o le piole dove non bisogna temere l’aglio nelle acciughe al verde; per quelli che si scaldano a leggere i libri di storia dell’alpinismo, perché una parte di essa ha trovato su queste pareti il suo palcoscenico; per quelli per cui andare a correre significa
ravanare in una pietraia. Insomma, la Valle dell’Orco chiede ed elargisce sincerità». È racchiusa in questa frase di Federico Ravassard l’essenza di una vacanza nella outdoor destination piemontese che ha in Ceresole Reale il centro nevralgico e della quale parliamo sul numero di agosto-settembre di Skialper.
NUOVO MATTINO E ROYAL ULTRA - Assieme ad altre valli piemontesi quella dell’Orco è stata una dei teatri dove l’alpinismo italiano ha vissuto la rivoluzione del Nuovo Mattino negli anni ’70, l’equivalente piemontese degli arrampicatori hippie che in Yosemite sostenevano l’arrampicata libera, tanto nello stile in parete quanto in quello di vita: scala pulito, non piantare chiodi, non stressarti. Di qui sono passati tutti i grandi. E poi vogliamo dimenticare lo skyrunning? La Royal Ultra Skymarathon (55 km e 4.141 m D+), già gemellata con il Trofeo Kima, è entrata a far parte nel 2017 dell’Olimpo delle corse che contano: insieme alla Tromsø Skyrace, in Norvegia, e alla Glen Coe Skyline, in Scozia, è una delle tre tappe del circuito delle Skyrunner World Series nella categoria extreme, la più tosta. Più di 50 chilometri dal lago di Teleccio a Ceresole, conditi da cinque valichi (di cui due sopra i i 3.000 metri) su un percorso che, a differenza di altre sky, è tutt’altro che forzato, dal momento che si utilizza la rete delle strade reali di caccia dei Savoia. Il nostro Federico ne ha parlato con l’organizzatore Stefano Roletti e con la regina (cinque vittorie), la guardiaparco local Raffaella Miravalle. Oltre a percorrere qualche tratto con un altro local, Andrea Michelotti.
DUE RUOTE - Con Ivan Cesarin, titolare del negozio di sport Grimpeur di Ciriè, invece, Federico è salito in bici al Colle del Nivolet. A detta sua, assieme al Ventoux e all’Iseran, è sul podio delle più belle salite d’Europa. Perché? Non resta che leggere Skialper di luglio-agosto…
L'incredibile ascesa di Ilaria Veronese
La piemontese convocata in Nazionale
L’incredibile ascesa di Ilaria Veronese, convocata nella Nazionale di ski-alp per la prossima stagione. «Non me l’aspettavo, è stata una sorpresa incredibile. Sino a due anni fa non facevo agonismo, ho iniziato quasi per caso, ma mi è piaciuto tantissimo e nell’ultima stagione ho iniziato a fare sul serio, ma non pensavo fosse possibile una cosa del genere. Faccio parte della Nazionale: adesso davvero devo fare sul serio».
Qual è stato il tuo percorso?
«Arrivo dal ciclismo, ho fatto sci alpino da piccola, ma ho lasciato per problemi alle ginocchia. Poi è arrivata la passione per lo ski-alp. Grazie a papà Lorenzo abbiamo iniziato ad allenarci insieme: sono di Coazze, in provincia di Torino, appena arriva la neve vado sulle montagne di casa, ma l’anno scorso ci siamo allenati soprattutto a Montiginevro. Sempre con lui: il mio sci club, il Valsangone, si dedica esclusivamente alla discesa, la squadra del comitato non ha più organizzato raduni in questo periodo. Insieme siamo andati anche alle gare e così a fine stagione abbiamo fatto anche il Mezzalama».
Obiettivi?
«Cercherò di ripagare la fiducia dello staff tecnico azzurro, dando sempre il massimo in Coppa del Mondo. Quello è il mio obiettivo. Poi chissà in futuro proverò di nuovo anche qualche gara LGC: la distanza non mi spaventa, in bicicletta di chilometri ne faccio tantissimi. Ma adesso devo concentrarmi sulla nuova avventura in Coppa del Mondo».
Ti immagini già il primo raduno?
«Voglio imparare il più possibile dagli atleti che sinora guardavo da lontano e che adesso sono compagni di squadra: pazzesco pensare che avrò la divisa azzurra, che vivrò l’avventura della Nazionale. Chissà, magari mi chiederanno di fare qualche allenamento con loro anche quando non ci sono i raduni della nazionale: sarebbe fantastico. Devo ancora abituarmi a questa nuova situazione: è arrivato tutto all’improvviso. Sino a due anni a livello di materiale mi appoggiavo a Cuore di Sportivo di Torino che mi ha dato una bella mano, l’anno scorso dopo gli Italiani, mi ha chiamato Luca Salini per entrare il Team Crazy, adesso mi ha telefonato Marco Colombo di SkiTrab perché mi daranno i loro sci. Davvero un sogno».
Bendetti: "La Nazionale sarà una squadra aperta"
Oltre ai convocati anche una lista di atleti di interesse nazionale
Squadre Nazionali pronte e approvate dalla FISI, gli atleti in preparazione, mentre un primo raduno di tutti gli azzurri sarà a fine estate allo Stelvio. «Abbiamo fatto delle scelte - spiega il dt azzurro Stefano Bendetti - ma abbiamo voluto comunque che non fosse una squadra ‘chiusa’, con un gruppo di atleti di interesse nazionale. Nei senior non è detto che gli atleti della vecchia guardia, Holzknecht, Lanfranchi e Reichegger, non possano essere convocati: dipenderà dal loro stato di forma, e di quello degli altri, oltre ai numeri che riusciremo a portare alle gare. A livello femminile Martina Valmassoi sarà impiegata solo in alcune prove, visto che anche quest'anno è molto impegnata nel running; sotto osservazione abbiamo inserito Bianca Balzarini. Negli Under 23 nel gruppo degli osservati ci sono Pietro Canclini, Henri Aymonod ed Enrico Loss; a livello Junior c'è un bel gruppetto da tenere in considerazione a livello maschile (Michele Carelli, Giovanni Rossi, Alessandro Gadola o Mirko Sanelli), mentre al femminile Giorgia Felicetti ed Elisa Pedrolini. Considerando sempre che con le prime gare ci potrebbero anche essere sorprese con nomi diversi che potranno inserire nel gruppo. Infine un grazie ai nostri sponsor (Karpos, Scarpa, Suunto e Pomoca) che ci hanno confermato la loro fiducia anche per la prossima stagione».
Senior maschile
Robert Antonioli - 23 dicembre 1990 (C.S. Esercito)
Filippo Barazzuol - 9 marzo 1989 (Team Nuovi Traguardi)
William Boffelli - 16 febbraio 1993 (Roncobello)
Michele Boscacci - 4 gennaio 1990 (C.S. Esercito)
Matteo Eydallin - 6 novembre 1985 (C.S. Esercito)
Damiano Lenzi - 14 agosto 1987 (C.S. Esercito)
Nadir Maguet - 24 novembre 1993 (C.S. Esercito)
Federico Nicolini - 28 novembre 1994 (Brenta Team)
Senior femminile
Elena Nicolini - 21 febbraio 1988 (Brenta Team)
Katia Tomatis - 23 febbraio 1981 (Tre Rifugi Mondovì)
Martina Valmassoi - 26 luglio 1989 (Dolomiti Ski-Alp)
Espoir maschile
Valentino Bacca - 22 maggio 1995 (Brenta Team)
Nicolò Canclini - 26 gennaio 1997 (Alta Valtellina)
Davide Magnini - 31 agosto 1997 (C.S. Esercito)
Espoir femminile
Giulia Compagnoni - 28 ottobre 1996 (C.S. Esercito)
Alba De Silvestro - 3 ottobre 1995 (C.S. Esercito)
Mara Martini - 27 settembre 1997 (Bachmann Sport College)
Ilaria Veronese - 15 novembre 1996 (Valsangone)
Junior maschile
Stefano Confortola - 27 febbraio 1998 (Alta Valtellina)
Fabien Guichardaz - 23 settembre 1999 (Corrado Gex)
Sebastien Guichardaz - 23 settembre 1999 (Corrado Gex)
Andrea Prandi - 5 marzo 1998 (Alta Valtellina)
Junior femminile
Giulia Murada - 3 luglio 1998 (Polisportiva Albosaggia)
Melanie Ploner - 10 dicembre 1998 (Bogn da Nia)
La via del confine pacifico
Su Skialper 113 uno spettacolare trekking sulle Vette Feltrine
«I confini sono un catalogo di ipotesi. Ad esempio, più che demarcazioni lineari, sono passi, creste, frastagli, onde. Sono percorsi, tracce e sentieri. Prima che geografie, sono storie, racconti e immagini» Il pensiero di Gian Luca Favetto, scrittore e giornalista torinese, apre l’articolo di Teddy Soppelsa sull’interessante trekking sulle Vette Feltrine. Una proposta lontano dagli itinerari più frequentati, alla scoperta di luoghi e genti. Con le meravigliose fotografie di Federico Ravassard. corrisponde con la mia idea di confine e da questa percezione mentale, che nasce da un dato fisico, ha inizio il nostro viaggio.
DOVE - L’idea è semplice: camminare lungo i versanti nord e sud delle Vette Feltrine, al margine della linea di confine che per quasi 400 anni ha diviso due Stati, la Repubblica di Venezia dal Tirolo: oggi confine tra due regioni, il Trentino e il Veneto, e le due province di Trento e Belluno. Un confine pacifico, che segue in gran parte il profilo di cime che superano i 2.000 metri che, a dispetto dell’idea di dividere, ha sempre unito le vallate. Le labbra del tempo raccontano di passaggi di pastori, contrabbandieri, cacciatori, viaggiatori e rivoltosi, in una mescolanza di commerci, lingue, matrimoni e idee. Le Vette Feltrine sono il gruppo più meridionale delle Dolomiti, si trovano nella zona sud-occidentale della provincia di Belluno. A sud dominano la vallata Feltrina, a nord costituiscono una barriera naturale sulla Valle di Primiero e se non ci fosse la stretta gola dello Schenèr, ad unirla alla pianura veneta, anche la storia del Primiero sarebbe un’altra cosa.
I GIGANTI DELLA VAL NOANA - Da 39 anni Silvano Doff Sotta è il custode forestale dei boschi del Comune di Mezzano e, come la maggior parte dei boschi trentini, anche questi sono di proprietà delle comunità locali che li amministrano da secoli tramite sistemi di regole. Da non perdere una deviazione alla scoperta degli abeti giganti della Val Noana: «In questa foresta» dice Doff Sotta «vivono numerosi alberi di grandi dimensioni, abeti, tassi e faggi, alti diverse decine di metri, che si sviluppano all'interno di boschi maestosi in tempi relativamente brevi. Ciò è dovuto al clima particolarmente favorevole e a una storia che non ha mai visto uno sfruttamento eccessivo».
Colaianni e Di Marco primi nel vertical del Gran Sasso
Daniele Cappelletti e Viviana Ricci a segno nella skyrace
Doppio appuntamento al Gran Sasso. Apertura con il vertical, memorial Giovanni Cicchetti, tappa del circuito Italy Series e terzo appuntamento dell'Abruzzo Vertical Cup-Trofeo La Sportiva. Partenza da Fonte Cerreto (a quota 1.100 metri), nei pressi della partenza della cabinovia, e arrivo ai 2100 metri di Campo Imperatore, in circa 3,5 km. Vittoria di Carlo Colaianni (41’29”) davanti a Luca Lizzoli (42’31") e Antonio Carfagnini (42’54”), mentre in campo femminile affermazione di Alessandra Di Marco (1h02’55”) davanti a Paola Campana (1h06’36”) e Simona Gaspari (1h18’35”).
Nella skyrace affermazione di Daniele Cappelletti che ha chiuso i 22,6 km con 2.216 metri di dislivello in 2h36'34”, davanti a Eddj Nani (2h39'02”) e Giacomo Forconi (2h44'05”), mentre nella prova rosa a segno Viviana Ricci in 3h49'09” su Elisabetta Aghiana (3h54'37”) e Tamara Ferrante (3h58'29”).
Camignada a Giorgio Dell’Osta e Silvia Serafini
Edizione numero 45 della gara del CAI di Auronzo
Sono stati 1400 i concorrenti che domenica hanno dato vita alla 45esima edizione della Camignada poi siè refuge, gara di corsa in montagna proposta dalla sezione di Auronzo del Club Alpino Italiano. Manifestazione storica su e giù per i sentieri delle Dolomiti Bellunesi: partenza dalle sponde del lago di Misurina, passaggi ai rifugi Auronzo, Lavaredo, Locatelli e Piani di Cengia (da un paio di stagioni non si passa per Comici e Carducci a causa della frana che ha reso impraticabile la Val Giralba) per poi proseguire verso i laghi di Cengia, la Val di Cengia e lo sbocco in Val Marzon, prima di immettersi sulla ciclabile che conduce al traguardo del palaghiaccio di Auronzo: 33,5 chilometri con un dislivello positivo di 1.230 e negativo di 2.120. A mettere d’accordo tutti, il bellunese di Padola di Comelico Superiore, Giorgio Dell’Osta, e la trevigiana di Oderzo, Silvia Serafini. Per entrambi si tratta della prima vittoria. 2h39’46” il tempo di Dell’Osta, 3h0708” quello di Serafini.
LA GARA - Partenza alle 8 da Misurina, con un cielo che, dopo i timori delle ore della vigilia, era favorevole ai concorrenti. Pronti e via e subito erano in due a condurre: Giorgio Dell’Osta e Osvaldo Zanella. Al transito al rifugio Auronzo, ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, dunque dopo il primo e più importante dislivello di giornata, i due bellunesi avevano già fatto il vuoto. Proseguivano poi insieme, con Zanella che dava l’impressione di essere più brillante: avanti di una ventina di secondi, fino a una decina di chilometri dal traguardo, quando la Camignada lasciava i sentieri per immettersi sulla ciclabile. E qui si decideva la gara, con Dell’Osta che nel lungo tratto pianeggiante riusciva a far girare le gambe in maniera efficace e a tagliare il traguardo in 2h39’46”, lasciando Zanella a 4’39”. A completare il podio il trentino Luca Miori, staccato di 9’21”31. Dominio assoluto di Silvia Serafini nella gara in rosa: la ragazza trevigiana è stata autrice di una gara di spessore, chiudendo in 3h07’08”. La piazza d’onore è andata alla cortinese Monica Gaspari (3h11’40) e il terzo posto alla longaronese Angela De Poi (3h28’58”).
La soddisfazione di Silvia Rampazzo e Francesco Puppi
Oro e argento al World Mountain Running Championships
Oro per Silvia Rampazzo al World Mountain Running Championships: «È stato un gioco di squadra spettacolare, devo ringraziare le mie compagne che mi hanno regalato l’oro, io nel mio piccolo ho cercato di dare tutto. Sono molto legata a questa gara quindi ho cercato di onorarla come potevo, ma senza una squadra come la nostra non ce l’avrei fatta. Ringrazio la mia squadra, i tecnici che ci hanno seguito e tutta la gente sul percorso, che tifandoci ha reso possibile questo successo. Questa medaglia me la appendo al cuore insieme ai miei compagni». Oro anche per la squadra femminile e oro anche per quella maschile. Con l’argento di Francesco Puppi: «Sull’ultima salita ho cercato di fare la differenza ed ho spinto più che potevo, poi purtroppo in discesa Petro Mamu ha fatto valere di più la sua tecnica. Io devo ancora migliorare in quell’ambito, ma sono soddisfatto così, alla fine meglio di così non potevo sperare. Io avrei preferito il caldo, ma è andata bene anche così».
Poker azzurro a Premana: oro per Silvia Rampazzo
Prime anche le due squadre, argento per Francesco Puppi
Grande Italia al Giir di Mont in edizione mondiale long distance. A Premana pioggia di medaglie azzurre. Nella gara maschile impresa di Francesco Puppi che tiene testa a Petro Mamu sino alla discesa finale, dove l’eritreo vola sul traguardo in 3h12’37”, ma l’argento è tutto per l’azzurro in 3h14’37” con bronzo per lo svizzero Egli in 3h18’13”. Quattro italiani nei quindici: quinto Alessandro Rambaldini, settimo Luca Cagnati, ottavo Gil Pintarelli, quindicesimo Nicola Spada. Un grande oro a squadre.
Ma il capolavoro in casa Italia arriva dalla prova rosa. Le statunitensi Kasie Enman e Addie Bracy provano a forzare la gara, ma alla fine spunta Silvia Rampazzo che rientra, passa al comando e non si ferma più sino di traguardo di Premana chiudendo in 3h56’45”. Argento per la Enman (3h57’30”), terza la rumena Denisa Dragomir che conquista il bronzo nella discesa finale (3h59’34”). Una bella prova di squadra per l’Italia che va a medaglia (ancora d’oro) con il decimo posto di Antonella Confortola, l’undicesimo di Stephanie Jimenez, il tredicesimo di Lisa Buzzoni e il quattordicesimo di Barbara Mani.
Nadir Maguet vince la Mont Blanc Skyrace
Chiara Giovando prima nella gara rosa
A Courmayeur tempo di Mont Blanc Skyrace. Nella K2000 con arrivo ai 3500 metri di Punta Helbronner protagonisti gli atleti dello ski-alp del CS Esercito, in raduno per una settimana alla Caserma Perenni. Successo di Nadir Maguet che chiude in 1h41’15” davanti a Manfred Reichegger in 1h45’00”, con Daniel Antonioli in 1h48’24” a completare il podio, quarto Davide Cheraz, quinto Denis Trento. Al femminile prima Chiara Giovando in 2h12’35”, seconda Barbara Cravello in 2h17’44”, terza Graziana Pè in 2h23h30”, quindi Lisa Borzani e Tatiana Locatelli. Nella K1000 in notturna andata in scena giovedì sera vittoria con record per Davide Magnini in 45’56”, davanti a Mattia Scrimaglia in 48’19”, con terzo Robert Antonioli in 51’44”. Sul podio rosa prima Silvia Cuminetti, settima assoluta in 55’48”, seconda la francese Stephanie Roy in 1h00’22”, terza Giulia Compagnoni in 1h01’12”.
In gara a casa di Kilian Jornet e Emelie Forsberg
Nella Tromso SkyRace primi Jonathan Albon e Maite Maiora
Due giorni a casa di Kilian Jornet e Emelie Forsberg: Blåmann Vertical e Tromsø SkyRace sono le due prove norvegesi del Vertical Kilometer World Circuit e del Migu Run Skyrunner World Series. Nella prima gara, di 2.7 km per 1.044 metri di dislivello, successo per gli atleti di casa Stian Angermund Vik e Eli Anne Dvergsdal; sul podio maschile sono saliti anche il francese Alexis Sevennec e lo svizzero Pierre Metta, mentre su quello rosa seconda Emelie Forsberg terza l’altra norvegese Therese Sjursen. Nella Tromsø SkyRace, valida per il circuito Extreme, per i suoi 53 km con 4.600 metri di dislivello, vittoria del britannico Jonathan Albon in 7h01'01”, davanti al nepalese Bhim Gurung in 7h08'58”, con terzo il francese Michel Lanne in 7h27'26”, quarto lo spagnolo Fabien Antolinos, quinto il francese Gael Reynaud. Maite Maiora si aggiudica la gara rosa in 8h21’21!, davanti all’olandese Ragna Debats in 8h25’43” e all’altra spagnola Nuria Picas in 8h39’17”.
Herve' Barmasse e il mantra del come
Su Skialper di agosto-settembre ampia intervista all'alpinista valdostano
Si può andare in Himalaya, si può salire sull’Everest, sul K2 o sul Shisha Pangma, si può arrivare in vetta o no, ma conta molto come lo si fa. E quel come assume un significato pesante come una pietra, come uno scoglio. Come il più nobile scoglio d’Europa, quella Gran Becca (o Cervino…) dove sta scritta su ogni sasso la storia dei Barmasse, uomini di montagna, alpinisti, Guide alpine da diverse generazioni. Ma sarebbe banale, troppo banale, partire da qui per parlare di Hervé Barmasse. La scusa per un’intervista è stato lo Shisha Pangma (8.027 m), raggiunto da Barmasse e Göttler a fine maggio in 13 ore lungo la parete sud (volevano aprire una nuova via, ma la breve finestra di bel tempo li ha costretti a seguire la via Girona). Ne parliamo su Skalper di agosto-settembre.
IL PRIMO OTTOMILA - «Mi sono domandato dove erano i miei limiti, volevo provare a dimostrare che sono molto più in là. Ma non era facile perché ho sempre dovuto lottare con gli infortuni e la fragilità del mio corpo. Il ginocchio è stato operato sette volte, l’ultima in autunno. Poi, proprio dopo la dichiarazione di Messner, mi sono operato al rachide cervicale. Da anni avevo molto dolore, si pensava a un’ernia, ma fino a quando il dolore non è diventato insopportabile i medici erano prudenti a toccare i nervi. Poi si è scoperto che c’era una scheggia di vertebra rotta che pizzicava il nervo, a meno di due millimetri dal midollo. Avrei potuto rimanere paraplegico o tetraplegico. Allora, con il corpo martoriato dagli infortuni, ho pensato a come prepararmi per un ottomila; è stato un percorso non facile. E quel come è passato per la scelta di uno stile pulito (non lo definirei più alpino), senza corde fisse, portatori e ossigeno, ma è passato soprattutto per l’allenamento».
UELI STECK - «Ci siamo confrontati spesso, anche per progettare le nuove scarpe di Scarpa, ed è curioso come partissimo da due idee di alpinismo diverse, da storie diverse, ma alla fine, quando preparavamo una salita, ragionavamo in modo simile. Discutevamo sempre perché a lui, che arrivava dal mondo dell’arrampicata sportiva, piaceva cimentarsi con il cronometro. Io gli dicevo che non ero sicuro che si parlasse ancora di alpinismo, che per me era esplorazione, ricerca del nuovo. E lui ribatteva chiedendomi se, quando scalavo o mi allenavo, non guardavo l’orologio. E infatti sì, i tempi li controllo, non con l’obiettivo di un record ma della prestazione e dell’allenamento. Mi diceva che la gente lo conosceva per quello che ha fatto sull’Eiger e non sull’Annapurna».
Il Lanfra non si ferma
Si allena per la nuova stagione anche in vacanza
Pietro Lanfranchi è in vacanza con la famiglia in Sardegna, con il suo camper, lo stesso che abbiamo sempre visto alle tappe di Coppa del Mondo e che dal prossimo inverno non ci sarà. Il ‘Lanfra’ non è più inserito nella squadra nazionale.
«Lo sapevo, il dt Bendetti mi aveva informato che non avrei fatto più parte del gruppo. Ammetto ci sono rimasto male, alla nazionale ci ho sempre tenuto molto: ho sempre preferito un piazzamento nei dieci in Coppa del Mondo che una vittoria in una gara in Italia. Ma alla soglia dei 40 anni, largo ai giovani».
Già quanti anni in azzurro?
«La prima volta nel 2009 agli Europei in Alpago in coppia con il mitico ‘Pedro’ Pedrini».
Prossimo inverno non si molla…
«L’ultima è stata una stagione tutta in salita: l’infortunio alla spalla, la poca neve. Di solito faccio già sempre fatica all’inizio, poi con quello che mi è successo non è stato facile ‘carburare’. Ma nel finale, tra Coppa del Mondo e LGC non è andata così male. Cosa farò il prossimo anno è ancora tutto da decidere, dipende da tanti fattori, la famiglia e il lavoro prima di tutto. E poi se potrò allenarmi presto sulla neve: non sono un pro che ha la possibilità di andare a cercarla, io deve averla vicino a casa, altrimenti diventa pesante allenarsi in bici o con gli ski-roll anche tra autunno e inizio inverno. E spesso mi dico chi te lo fa fare. Anche adesso in vacanza continuo ad allenarmi in bici, se poi arriva presto la neve sulle mie montagne proverò a fare una stagione di livello già nelle prime gare stagionali. E poi chissà, a me e Manny hanno detto che siamo comunque ‘osservati’…».