Gli 8.000 sono ritornati di grande attualità per gli sciatori del ripido. Mentre due spedizioni, come già segnalato da Skialper, si trovano già o lo saranno a breve tra le montagne più alte della terra (quella di Hilaree Nelson e Jim Morrison al Lhotse e quella di Anton Pugovkin e Vitaly Lazo all’Annapurna), ecco che il sito spagnolo desnivel annuncia che in autunno ci sarà un terzo tentativo di discesa, dal Dhaulagiri (8.161 m). A provare la discesa integrale, mai riuscita, Herbert Hellmuth e Sergey Baranov. David Fojtik nel 2009 lo ha sciato da circa 20 metri sotto la cima e fino a qualche metro sopra il campo 3. A luglio Andrzej Bargiel aveva sciato per la rima volta il K2 ed è stato sciato anche il Laila Peak, ad opera dei francesi Carole Chambaret, Tiphaine Duperier e Boris Langenstein. Discesa ripetuta pochi giorni dopo anche da Cala Cimenti e Matthias Koenig. «Marco Siffredi ha disceso per la prima volta l’Everest in snowboard lungo il Couloir Norton, il 23 maggio del 2001 e la sua, compiuta lungo un itinerario differente rispetto alla linea di salita, può essere considerata l’inizio della ‘new age’ dello sci ripido d’altissima quota. Fino a quel momento lo sci sulle montagne di 8.000 metri, esclusi pochi sporadici tentativi d’avanguardia, andava piuttosto alla ricerca della ripetizione in discesa di itinerari classici di salita» dice Emilio Previtali, esperto di spedizioni e prime discese in Himalaya. Al Dhaulagiri è tornato anche il settantanovenne spagnolo Carlos Soria, che aveva già tentato la montagna a maggio e nel 2017 e raggiungendola arriverebbe a una sola vetta dal suo obiettivo, quello di diventare la persona più anziana ad aver scalato i 14 ottomila. Gli mancherebbe solo il Shishapangma.