MdS Live – il diario della vigilia del nostro inviato

IL BIVACCO – Dopo 6 ore di viaggio eccoci qui: Bivuoac n.1. Il deserto ci ha dato il suo biglietto da visita accogliendoci con una bufera. Non proprio tale, solamente un forte vento, quanto basta per farti capire che il deserto è come la montagna: gli devi  portare rispetto perché la sua potenza può essere devastante! Oltre alla bufera un evento quanto mai raro da queste parti, la pioggia. Il tutto durato un’oretta poi il sereno. Gli atleti hanno preso confidenza con quella che per sette giorni sarà la loro casa, ovvero la loro tenda. Le tende vengono assegnate dall’organizzazione, ognuno sa quale sarà la propria; una volta sotto bisognerà trovare l’accordo tra gli otto occupanti, scegliere la posizione, dividere gli spazi. Ieri sera cena a carico dell’organizzazione, tutti i 1.200 ordinatamente in fila. Manco a dirlo il primo è sempre lui Marco Olmo. Il primo a salire sul pullman, il primo a fare la coda per la cena o per le bottiglie d’acqua. Come diceva il buon Colonnello – o il Varano come lo soprannominò Patrick Bauer, patron della MdS (all’anagrafe Giorgio Simonetti) – il giorno che non vedremo Marco in testa alla fila allora dovremo preoccuparci: o non sta bene o la fine del mondo si avvicina. La prima note l’abbiamo con un forte vento a scuotere le tende e ad accompagnare i sogni e i timori dei corridori. Fuori le stelle arrivano a toccare terra, e questa è una delle caratteristiche – anzi delle magie – di questo posto, meraviglioso, mitico e mistico  che si chiama Sahara Desert.

LA NOTTE – La prima notte trascorsa al bivacco è stata per molti di noi una notte insonne. Il freddo era pungente e la bufera ha sferzato le tende mettendone a dura prova la resistenza. Bisogna dire che i berberi, assoldati dall’organizzazione per montare le tende, lo fanno bene. D’altronde la loro è una tradizione millenaria in tal senso. Svegli nei loro giacigli, avvolti nei sacchi a pelo, giubbotti e berretti indossati, gli atleti hanno avuto una notte intera per pensare. Il corpo vorrebbe riposare ma la testa viaggia a mille. Ritornano in mente le centinaia sedute di allenamento, con il caldo e con il freddo… saranno bastate? Mi sono allenato a sufficienza…e nel modo corretto?  Il conforto viene pensando ai parenti ed agli amici che stanno tifando per loro a distanza di migliaia di chilometri. …. Beh forse sono stato un po’ egoista… quante ore ho sacrificato alla famiglia al fine di prepararmi per questa avventura… con gli stessi soldi avrei potuto portare la fidanzata (o la moglie) in un hotel a cinque stelle per una settimana. Boh, oramai siamo qui. Il dado è tratto, almeno un volta nella vita valeva la pena provarci… proviamo a dormire, senza riuscirci. Pensare e ripensare all’attrezzatura, in definitiva cosa portare con sè e cosa lasciare ‘a terra’. Ci saranno solamente poche ore per definire il tutto; oggi infatti verranno effettuati i controlli obbligatori dell’attrezzatura e della documentazione (esami medici) e poi gli atleti dovranno lasciare la loro valigia all’organizzazione e rimarranno in ‘assetto da gara’. La macchina organizzativa lavora a pieno ritmo, ormai un sistema ipercollaudato, un ingranaggio fatto di centinaia di addetti perfettamente sincronizzati ed addestrati.

LO STAFF –
L’organizzazione è così suddivisa: Commissari di gara, Commissari di bivacco, Controllori, Cronometristi, Pisteur (tracciatori), Addetti stampa, Fotografi, Medici, Addetti alla logistica, Autisti, Piloti (per gli elicotteri e gli aerei), Addetti alla gestione ambientale, Meccanici. Ciascuno indossa il giubbotto fornito dall’organizzazione con scritto sulla schiena la propria categoria. Tra di loro si aggira sorridente e di buon umore il gran capo: Patrick Bauer, un gran comunicatore ma ancor prima un gran motivatore. Non risparmia un sorriso e una pacca sulla spalla a nessun concorrente che incrocia, ma ancor meno a tutti i ‘suoi’ uomini. Dal medico fino al beduino. Un esercito di uomini e donne che da anni lo segue fino a qui, al fine di rendere possibile un evento di tali dimensioni in luogo così remoto. Entro nella grandissima tenda dei controlli, i commissari effettuano con scrupolo e maniacale precisione la verifica del materiale, consegnano il materiale fornito dall’organizzazione (trasponder, razzo di segnalazione, pastiglie di Sali, kit per la medicazione dei piedi), pesano lo zaino e infine consegnano a ciascun concorrente il proprio pettorale, anzi due.  Per tutto il tempo di gara andranno indossati, ben visibili, uno sul fronte e uno sul retro. Un punto sui materiali per tornare a parlare dei nostri migliori italiano sul campo. Come hanno organizzato lo zaino e qual è il materiale che si porteranno con loro. 

IL SACCO LEGGERO DI OLMO – Marco Olmo, quest’anno, propone tre novità: scarpe nuove, zaino nuovo, sacco a pelo nuovo.  Il tutto rigorosamente modificato per ridurne il peso e/o l’ingombro. Il sacco a pelo ad esempio dagli originali 440 grammi dopo la ‘cura dimagrante by Olmo’ è diventato 390, risultato ottenuto ritagliando ogni dettaglio superfluo: laccetti, pattina della cerniera, cordini per appenderlo, ecc… Un cambio anche nel piano alimentare: quest’anno ha deciso di alimentarsi di più in gara e pertanto invece delle solite 31 barrette energetiche saranno 35. Molti di voi penseranno… un’inezia. Invece per un top runner un simile cambio è frutto di accorata meditazione ed ha una finalità precisa. Il suo zaino pesa (senz’acqua) 6,5 kg ed è al limite minimo di quanto consentito dal regolamento. Filippo Salari: il suo zaino pesa (anch’esso misurato senz’acqua) 6,8 kg. Anche lui ha cambiato il proprio piano alimentare rispetto alla precedente edizione, gara in cui si piazzò settimo assoluto. Nel 2012 portò con sé quasi esclusivamente pasta liofilizzata, alimento che dopo il quarto giorno incominciò a nausearlo. Quest’anno la dieta sarà più variegata: prosciutto crudo, bresaola, polenta. Mi svela due segreti, due ‘bombe’ da tirare fuori quando la stanchezza si farà sentire e il conforto andrà cercato in ogni cosa: due filetti di bottarga e un sacchetto di pane carasau. Un pezzo di Sardegna. In una gara di questo genere gli aspetti psicologici sono fondamentali ed ogni dettaglio, ogni particolare che possa farci ricordare chi siamo e quali siano le nostre abitudini ci riconduce alla nostra quotidianità e ci riporta in quella che gli psicologi chiamerebbero ‘zona di confort’. La giornata trascorre lenta, sotto alle proprie tende, al riparo dal sole cocente. Fuori la temperatura sfiora i 40 gradi. Ciascun atleta per il momento cerca di minimizzare ogni movimento con l’intento di conservare le forze per domani. Mancano ormai poche ore al fatidico start della Sultan Marahon des Sables 2013.