Splitboard. Ovvero salire con una tavola che si divide a metà e scendere con uno snowboard sotto i piedi. Dietro alla semplicità del gioco ci sono tante interpretazioni e sono in molti a non capire del tutto di cosa si tratti o come funzioni. Alcuni sostengono che sia una nuova disciplina, altri che sia comunque snowboarding, altri ancora che sia sempre esistita. Per noi è un modo di fondere discipline già esistenti per creare un approccio mentale diverso allo snowboard. E per portarti dove-vuoi-tu. Ne parliamo in un articolo della serie The next big thing sul numero 115 di Skialper, di dicembre-gennaio (clicca qui per riceverlo a casa).
IL BELLO DEL GIOCO – Immagina una tavola da snowboard che si separa a metà. Immagina che queste due metà siano utilizzabili in modo simile a degli sci d’alpinismo e che montando le pelli sotto le solette, tu ti possa muovere facilmente anche in salita. Poi immagina di arrivare in cima, togliere le pelli, riunire la tavola, cambiare l’assetto degli attacchi da quello di salita a quello di discesa e ritrovarti così nuovamente con una tavola da snowboard – fatta e finita – sotto i piedi. Questo è splitboard.
PERCHÉ – «L’importante è che proprio adesso lo splitboarding sia una realtà tecnica e di materiali al servizio di un’idea e che sappia portarci dove non è stata in grado di portarci al momento della sua invenzione, circa 25 anni fa – scrive Luca Albrisi, autore per Mulatero del libro Splitboard, tra tecnica e filosofia -. Di certo non era ancora pronta lei come tavola, ma sicuramente non lo eravamo nemmeno noi come rider. Almeno non come lo siamo adesso. La splitboard in sé, come puro mezzo tecnico, non è la vera novità. La vera novità sono tutti i rider che vogliono conoscere dove la tavola da split ci può portare. Che con lei desiderano esplorare il mondo ma esplorare anche se stessi e le proprie capacità fisiche e mentali. Che vogliono sperimentare da vicino la fatica ma anche la sensazione di lontananza da tutto quello che già conoscono. Della vita e dello snowboarding».