Le tende Ferrino in prima linea nell'emergenza Covid-19

C’è un marchio che alpinisti e appassionati di outdoor conoscono bene che in questi giorni di emergenza è particolarmente attivo. Ferrino, infatti, in 150 anni di attività,  ha sviluppato un grande know-how nel progettare e produrre tende e prodotti per l’emergenza, oltre che per il tempo libero. Sono molte le organizzazioni umanitarie nazionali e internazionali con le quali collabora dal Ministero degli Interni alla Protezione Civile Italiana, passando per alcune agenzie importanti delle Nazioni Unite come Unicef, Unhcr, World Food Program, fino alla Croce Rossa e alcune importanti ONG come Medecins sans Frontieres e Save the Children.

Nelle ultime settimane a San Mauro Torinese si è lavorato a pieno ritmo, nel rispetto delle disposizioni per la sicurezza, per la confezione delle tende che vengono  attualmente impiegate  all’esterno degli ospedali per effettuare un primo screening sui pazienti che arrivano al pronto soccorso, così da poterli incanalare nei giusti flussi prima di farli accedere alla struttura ospedaliera. L’ultimo progetto riguarda l’unità di crisi dell’ASL di Cuneo: 18 tende con percorsi di collegamento protetti, dotate di teli ombra e impianti elettrici, progettate per riprodurre un’intera struttura ospedaliera: triage, sala attesa, camera pre-operatoria ed operatoria, sala per nascite, laboratorio RX, camera mortuaria, oltre a dormitori con camere interne con posti letto, bagni e docce. Una struttura gemella di quella attualmente operativa in Mozambico.


Crazy lancia la mascherina fast & light per lo sport outdoor

Valeria Colturi e il suo staff l’hanno chiamata la prima sport mask fast & light. Oltre le parole, quella che Crazy, l’azienda valtellinese specializzata nell’abbigliamento sportivo funzionale, sta lanciando è proprio una mascherina studiata per la pratica dello sport outdoor. Infatti è stata studiata insieme alla Guida alpina Ivan Pegorari, incaricato dal Collegio Regionale Lombardo, in quanto anche sanitario, di predisporre le linee guida per il comportamento nella fase due in collaborazione con medici specializzati e ospedali lombardi.

Con tutta probabilità sarà obbligatorio usare la mascherina anche in molti contesti di sport in ambiente. «L’Istituto Superiore della Sanità spiega che l’obiettivo dei prossimi mesi per le persone che non hanno a che fare a livello professionale con malati sarà quello di limitare la gittata dei propri droplets e microdroplets, in pratica evitare di diventare fonte di contagio per gli altri» spiegano dall’azienda valtellinese. Il problema è che la mascherina chirurgica è inadatta all’attività sportiva, tanto meno outdoor. «La mascherina chirurgica, a contatto con acqua o sudore, si bagna, perdendo così la sua efficacia, inoltre non è riutilizzabile, né lavabile e in caso di uso sotto sforzo si appiccica alla pelle e può persino causare irritazioni».

L'interno con il filtro in TNT asportabile

La Sport Mask di Crazy dunque pesa 9 grammi ai quali aggiungerne 4 per il triplo filtro in TNT e ha nasello ergonomico e regolabile. Il filtro si fissa con velcro e può essere asportato quando c’è bisogno di più aria e meno protezione (in questo caso blocca i droplet più grossolani). Come la maschera, è lavabile oltre 20 volte con garanzia di tenuta 100%. Il cuore tecnologico è il trattamento con tecnologia svizzera HeiQ Viroblock (qui il sito aziendale con i test effettuati) che riduce la sopravvivenza dei virus e dei batteri sui tessuti ed è stata testata anche per i coronavirus, oltre che per la normale influenza. Inoltre Sport Mask ha un sacchetto di sicurezza con lo stesso trattamento per essere riposta senza pericoli per la salute dopo l’utilizzo. Va lavata a 50 gradi con sapone neutro e stirata per ripristinare l’effetto idrorepellente, va però ricordato che, in virtù del trattamento Viroblock, non è necessario lavarla tutte le volte, purché utilizzata e riposta seguendo le regole per un corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (qui il video tutorial dell'inail su come indossare correttamente una maschera). Non va lavata a secco né messa in asciugatrice. Il costo è di 15 euro e sarà disponibile in cinque tonalità in tinta unita e tre fantasie nello stile Crazy nei punti vendita che già collaborano con il marchio. Crazy durante le prime settimana di emergenza sanitaria ha già realizzato altre mascherine donate alla Protezione Civile.

 

Una delle fantasie Crazy

Anche Salomon produce mascherine

Salomon ha convertito il Prototype Center di Annecy per la produzioni di mascherine, per fare fronte alla grande richiesta del mercato francese. A seguire il comunicato ufficiale dell'azienda.

Si siedono un po' in silenzio, sempre ad almeno 2 metri di distanza, in una grande sala all'interno dell’Annecy Design Center (ADC) Salomon. Si tratta di uno staff di 10 persone, tutti specialisti nella produzione tessile con decenni di esperienza. Sono parte del team Soft Goods Prototype Center e normalmente questi progettisti, dal talento unico, realizzano prototipi per le linee future di prodotto: scarpe, giacche, scarponi da sci, zaini e altro ancora. Oggi questo Team specializzato sta realizzando mascherine protettive che, nelle prossime settimane, verranno utilizzate per la protezione dalla diffusione di COVID-19. Il loro obiettivo è consegnarne da aprile a giugno un quantitativo pari a 90.000. Di fronte alla carenza generalizzata di mascherine protettive nel Paese, il governo francese ha lanciato un appello alla propria industria tessile. Con gli strumenti industriali a disposizione, un'azienda francese chiamata Chamatex ha proposto una soluzione: mascherine tessili multistrato lavabili e riutilizzabili. Le mascherine sono certificate dalla DGA (Direction Général de l'Armement) e saranno destinate principalmente alle Amministrazioni e agli operatori industriali di tutti i settori. Poiché le richieste per le mascherine sono aumentate esponenzialmente negli ultimi giorni, Salomon ha ricevuto una chiamata da Gilles Reguillon, CEO di Chamatex, in virtù del rapporto tra le due aziende proprio per la capacità di Salomon di produrre prototipi di ogni tipo. Dopo cinque giorni dalla richiesta iniziale, i componenti del team Salomon erano alle loro postazioni, sempre presso l'ADC, pronti per realizzare le mascherine. «Chamatex è una società francese partner industriale di Salomon da oltre cinque anni» afferma Guillaume Meyzenq, Vice Presidente del settore Footwear di Salomon. «Abbiamo utilizzato la loro tecnologia MATRYX su alcuni dei nostri modelli di calzature premium. Condividono la nostra stessa passione per l'innovazione e hanno talenti unici per realizzare tessuti nuovi e rivoluzionari». Nonostante fosse desideroso di mettersi all’opera per contribuire ad aiutare la lotta alla diffusione del Covid-19, il Team Prototype Center di Salomon è stato costretto a rimanere a casa (come tutti in Francia nelle ultime settimane) per rispettare le restrizioni di sicurezza stabilite dal governo. La scorsa settimana, tuttavia, Salomon ha ricevuto la richiesta da Chamatex. «Durante una giornata normale, al mattino possiamo realizzare una scarpa prototipo che aiuta Kilian Jornet ad arrivare in cima all'Everest e nel pomeriggio un reggiseno sportivo per la nostra linea running» afferma Jean-Noel Thevenoud, che gestisce il laboratorio del Prototype Center, e aggiunge: «Questo è quindi un progetto diverso per noi, ma il Team ha voluto mettersi da subito in campo ed essere d’aiuto sin dall'inizio della crisi. Quando abbiamo ricevuto la chiamata la scorsa settimana, tutti eravamo pronti per iniziare. Ritorneremo presto a produrre attrezzature per outdoor, ma in questo momento siamo molto felici di poter usare le nostre abilità per aiutare in questa emergenza sanitaria».

 


Gruppo Alpinistico Gamma di Lecco: un libro per aiutare gli ospedali della provincia

La provincia di Lecco è molto vicina all'epicentro del contagio di Covid-19, nel cuore della Lombardia, e le sue strutture sanitarie sono state travolte dallo tsunami dell'emergenza. Basti pensare che in uno dei due ospedali locali, quello di Merate, che si trova a poche centinaia di metri da una delle case che in queste settimane si è trasformata in una delle tante redazioni di Skialper sparse per il Nord Italia, a marzo 2020 sono decedute 214 persone contro le 37 di marzo 2019. Ora il Gruppo Alpinistico Gamma di Lecco lancia un'iniziativa di supporto alla raccolta di fondi 'Aiutiamoci', ideata dalla Fondazione Comunitaria del Lecchese a sostegno dell'azienda socio sanitaria locale, iniziativa che ha già raccolto quasi 4 milioni di euro di donazioni. Il Gruppo ha deciso di mettere in vendita 30 copie del bel libro che racconta la storia di questo sodalizio alpinistico ai piedi del Resegone a un prezzo di base d'asta di 50 euro. Ogni copia avrà una dedica speciale. Per informazioni: info@gruppogammalecco.com


Dalle 14 di oggi online Evolution, il nuovo film di Anna Stöhr

Dopo aver lasciato le competizioni nel 2018, la climber austriaca Anna Stöhr era alla ricerca di nuove sfide. Sicuramente ne ha trovata una ad Aiglun, nelle Alpi Marittime francesi, dove la trentunenne ha affrontato e completato Ali Baba (8 tiri, 250 metri, grado 8a+). Il film Evolution, che sarà online e gratuito da oggi alle 14 sul sito di Salewa ( www.salewa.com/anna-stoehr-evolution) racconta il viaggio personale che ha portato una due volte campionessa mondiale di bouldering da un estremo all'altro dell'arrampicata, lasciando le competizioni in artificiale per abbracciare la libertà, la necessaria determinazione e i ritmi caratteristici delle grandi pareti di arrampicata alpina. Di Anna Stöhr abbiamo scritto anche sul prossimo numero di Skialper, in distribuzione a partire dal 21 aprile.

Durante il film l'atleta Salewa ricorda un episodio di alcuni anni fa, durate un climbing trip in Sardegna. A quell'epoca stava cominciando a meditare sulla sua evoluzione come scalatrice e aveva affrontato le sfide caratteristiche delle vie lunghe: «Ero impressionata da quelle pareti e volevo scoprire se fossi in grado di scalarle. Avevo fiducia nelle mie abilità atletiche, ma avevo anche grande rispetto per l'altezza e l'esposizione di queste gigantesche pareti di roccia. Le mie abilità mentali, che ero così brava a usare durante le competizioni, sembravano inutili mentre dondolavo a 100 metri di altezza dal suolo... In quel momento mi diedi l'obiettivo di diventare una scalatrice più versatile».

Insieme al suo compagno, lo scalatore professionista Kilian Fischhuber, si è dedicata a questa sfida cercando nuovi progetti al di fuori delle palestre di arrampicata. Affrontare una via impegnativa come Ali Baba, e riuscire finalmente a completarla, rappresenta un punto di svolta nella vita di Anna. Stava affrontando un nuovo terreno sotto ogni aspetto, passando dai brevi e intensi problemi di bouldering alle lunghe vie verticali di arrampicata alpina. È riuscita a superare la sfida con se stessa, oltre che con la parete? Il film Evolution mostra come Anna Stöhr, una climber di livello mondiale, abbia lasciato la propria comfort zone per affrontare le sue paure in una diversa dimensione dell'arrampicata.

 


Curve vista mare con il CAI Savona

Curve vista mare. Un nome suggestivo per un fine settimana sulla neve, una no-stop di skialp sulle Alpi Marittime. È la curiosa proposta del CAI di Savona che da venerdì prossimo, 7 febbraio, a domenica propone un weekend diverso. Pellate serali ‘vista mare e tramonto’, proiezioni di film tra neve e mare ambientati in Norvegia. E naturalmente pellate e ripellate. La base sarà il rifugio Savona, nei pressi di Garessio, nel Cuneese, e le escursioni, nella giornata di venerdì, sabato e domenica prevedono dislivelli tra i 1.000 e 1.200 metri e difficoltà MS-BS. Sabato e domenica il rifugio sarà aperto a tutti i visitatori di passaggio con la possibilità di consumare un tè e un dolce. Costo totale dei tre giorni con due notti al rifugio, due colazioni, cena al ristorante, cena al rifugio, due paste di gruppo, 55 euro. Per info: www.caisavona.it- tel. 019 854489


Aprono oggi le iscrizioni al Dirksen Derby

Il Dirksen Derby, uno degli eventi più iconici del mondo dello snowboard, è pronto a debuttare in Europa il prossimo 21 e 22 marzo 2020 ad Axamer Lizum, in Austria. Per la prima volta quest’inverno lo storico banked slalom sarà sostituito da un nuovo format di gara per splitboard. Le iscrizioni sono ufficialmente aperte online. Lanciato nel 2007 sul Monte Bachelor, in Oregon, il Dirksen Derby riunisce ogni anno snowboarder, artisti, musicisti e filmmaker. Nel corso delle edizioni ha raccolto oltre 250.000 dollari per sostenere individui e associazioni, comprese le ONG ambientaliste, attraverso 1% For The Planet. Il fondatore del Derby, l’ambassador snow Patagonia Josh Dirksen, ha ideato l’evento partendo da una singola gara con 58 partecipanti, fino a farlo diventare quello che è oggi: un appuntamento imperdibile per la community dello snowboard, che combina competizioni, musica, arte, ambientalismo e vibrazioni positive. Per la prima edizione europea la nuova gara per splitboard prevede due run di salita e discesa: una in programma sabato 21 marzo e una domenica 22 marzo, i cui tempi saranno sommati per stabilire la classifica finale. La competizione sarà aperta a splitboarder di ogni età e livello, suddivisi nelle categorie maschile e femminile. Inoltre, Dirksen Derby sarà una delle tappe del tour Worn Wear, che offrirà riparazioni gratuite di capi di abbigliamento tecnico da neve, con l’obiettivo di farli durare più a lungo nel tempo, riducendo così il loro impatto ambientale.

Link per le iscrizioni

Link al sito ufficiale


20 milioni di dollari per il pianeta grazie a Patagonia

Patagonia ha annunciato oggi che la sua community ha raccolto, in 17 giorni, 10 milioni di dollari in donazioni a favore di 1.043 associazioni ambientaliste locali. In occasione del Black Friday, l’azienda si era impegnata a raddoppiare ogni singola offerta in denaro effettuata tra il 29 novembre e il 31 dicembre 2019 attraverso la piattaforma Patagonia Action Works, fino al raggiungimento della soglia di 10 milioni di dollari, un traguardo che è stato raggiunto e che permetterà alle ONG ambientaliste di beneficiare di un importo complessivo di 20 milioni di dollari. «Un tale entusiasmo tra la nostra community nel sostenere chi protegge l’ambiente è qualcosa che non ci aspettavamo» ha commentato Mihela Hladin Wolfe, direttrice delle iniziative ambientali di Patagonia Europe. «In Europa, ciò significa che potremo donare alle ONG ambientaliste più del doppio di quanto previsto per il 2020. Per affrontare la crisi climatica, avremo sempre più bisogno di un'azione collettiva potente, cosa che questa campagna ha abbondantemente dimostrato». Le donazioni sono state effettuate attraverso Patagonia Action Works, la piattaforma che connette le associazioni ambientaliste locali agli utenti che vogliono agire concretamente contro i sempre più urgenti problemi che il pianeta sta affrontando.

Patagonia Action Works è stata lanciata in Europa nel settembre 2019 e, ad oggi, coinvolge oltre 100 ONG ambientaliste che operano per la protezione della biodiversità, del clima, delle comunità locali, delle terre e delle risorse idriche. Quasi tutte queste no-profit hanno ricevuto almeno una donazione e il caso di maggior successo è quello di un’associazione che ha raccolto oltre 70.000 euro dalla community, che verranno raddoppiati da Patagonia. Una delle onlus italiane coinvolte nel progetto è Cittadini per l’aria. La presidente Anna Gerometta ha commentato: «Dobbiamo moltissimo a Patagonia Action Works, che ha potenziato grandemente il nostro lavoro permettendoci di far conoscere ancora di più tra i cittadini quello che facciamo, come la nostra attuale campagna di scienza partecipata per l’aria “NO2 NO Grazie”. Le donazioni sono uno strumento prezioso che ci consentirà di portare avanti la battaglia per il diritto all’aria pulita».

A livello globale, sono stati decine di migliaia i singoli donatori che hanno contribuito a raccogliere i 20 milioni di dollari totali per oltre un migliaio di ONG in Europa e negli Stati Uniti, realtà che normalmente possono contare su budget e staff limitati. Oltre a raddoppiare le donazioni degli utenti, versando un importo di 10 milioni di dollari, Patagonia devolverà, come fa da più di 30 anni, l’1% dei propri ricavi ad oltre 1.200 associazioni, attraverso il programma 1% For The Planet. Fino ad oggi, l’azienda ha regalato circa 110 milioni di dollari alle no-profit impegnate nelle cause ambientaliste che coinvolgono le comunità e il pianeta intero.


The Collective disponibile online

Ventisei diversi atleti di nove Paesi, sciatori e sciatrici di lingue e stili diversi, dal rail al pillow, passando per il ripido sciato in velocità, con meno curve possibili. Dai piatti parchi innevati di Helsinki ai boschi carichi di neve del Giappone, con una sosta sui quattromila della Svizzera. Star del calibro di Sam Anthamatten, Duncan Adams, Sarah Hoefflin, Alex Hall, Kelly Sildaru, Antti Ollila. Lo ski colossal The Collective, prodotto da Faction in collaborazione con Red Bull Media House, potrebbe essere uno degli altri, uno dei tanti movie tutti salti e sciate impossibili. E in parte lo è perché il livello è decisamente alto e le riprese che non lesinano nell’utilizzo di droni, Gopro & co sono spettacolari. Ma se The Collective ha fatto il tutto esaurito nelle 400 proiezioni del world tour, ha mandato in tilt il mini sito dedicato ieri a partire dalle 17, ora del lancio online, e collezionato duemila visualizzazioni sul canale Red Bull Snow di Youtube in una sola ora è perché dietro a tanti salti, kicker, pillow e ski star c’è di più, c’è un’idea. Quella che lo sci, nelle sue diverse anime, dalle pelli ai twin tip, è un’avventura incredibile, un caleidoscopio di emozioni da vivere insieme. «Non importa chi sei e da dove vieni, è bello essere parte di qualcosa di speciale». Ed è proprio il lato esperienziale, a partire dalla bella colonna sonora firmata tra gli altri da Peggy Gou, Chaka Khan e George Clanton, disponibile gratuitamente a partire da ieri e dal format scelto da Etienne Mérel per comunicare la sua idea di sci come melting pot di emozioni e sensazioni che abbattono i muri - tema decisamente attuale - a coinvolgere e a fare volare via i 49 minuti del film. In più c'è anche tanta visibilità per le donne - Kelly Sildaru, Sarah Hoefflin, Mathilde Gremaud, Giulia Tanno, Caroline Claire et Margaux Hackett insieme formano un capitale di medaglie olimpiche, mondiali e agli X Games - altro tema attuale e spesso poco in luce negli ski movie. Alla fine quello che rimane dopo tutti quei wow a guardare Anthamatten che si mangia i ripidi 4.000 della Svizzera in quattro curve e Alex Hall passare con disinvoltura dai rail di Helsinki ai pillow della British Columbia o ai kickers di La Clusaz è la forza dell’idea, ben sfruttata dal regista.

Sam Anthamatten e Andrew Pollard ©Ruedi Fluck

The Collective è un film a episodi, collegati tra di loro dall’appartenenza degli atleti al team Faction e dalla colonna sonora che ti tira da un luogo all’altro e da un salto su kicker a un atterraggio nella neve soffice del Giappone con toni sempre simili ma allo stesso tempo coinvolgenti. Le location sono il ghiacciaio di Folgefonna in Norvegia, Laterbrunnen, Leysin e Saas Fee in Svizzera, Hakuba in Giappone, Helsinki, la British Columbia e La Clusaz. Con un intelligente editing Mérel ci fa fare il giro del mondo e del calendario, iniziando con il sole che non tramonta mai e gli impianti chiusi dell’estate nordica, immergendoci nel freddo inverno per poi chiudere a fine stagione sulle Alpi francesi, con le piste ancora innevate ma gli impianti chiusi, come a dire che un anno è passato ma la ciclicità della vita saprà proporre altre emozioni, perché le più belle sono quelle che devono ancora essere vissute. La convivialità dello sci, la condivisione di passioni che vanno oltre la mera curva nella powder è rappresentata con ricorrenti inquadrature che chiudono sulle crew sorridenti dopo le session, ma anche con l’audio delle risate degli amici durante le sciate. Però è il doppio piano scelto per dividere l’azione pura dal doposci o dai momenti di convivialità sulla neve l’idea più potente. Mérel ha scelto di riprodurre l’effetto dei vecchi filmini super8, con sensazioni molto reali per chi quei filmini li ha visti proiettare e scritte fedeli allo stile dell’epoca, ma soprattutto utilizzando in questi frangenti immagini con formato quattro terzi per rappresentare giochi di società, tavolate e bevute. Così si ha quell’effetto libro dei ricordi che ognuno collega prepotentemente al proprio vissuto. Quello senza gli sci, naturalmente, almeno per la maggior parte di noi. E poi a rendere più umani i protagonisti c’è una lunga serie di blooper (gli errori) sugli sci nei titoli di coda. Ecco perché vale la pena di vedere The Collective. E di ascoltarsi la colonna sonora, anche dopo averlo visto.

Sam Anthamatten nella powder giapponese ©Mark Clinton

I 26 protagonisti degli episodi, ma rigorosamente tutti episodi ‘collettivi’, mai un solista, sono: Alex Hall, Alexis Ghisleni, Andrew Pollard, Antti Ollila, Ben Buratti, Benjamin Forthun, Caroline Claire, Cody Cirillo, Corey Jackson, Daniel Hanka, Duncan Adams, Eirik Sateroy, Giulia Tanno, Kelly Sildaru, Mac Forehand, Margaux Hackett, Markus Fohr, Mathilde Gremaud, Pablo Schweizer, Sam Anthamatten, Sarah Hoefflin, Shingo Sasaki, Taisuke Kusunoki, Tim McChesney, Timothé Sivignon, Will Berman.

The Collective, oltre che nel player video di questo articolo, può essere visto online sul sito www.thecollective.film e sul canale Youtube di Red Bull Snow in 4k. Buona visione!

Ben Buratti ©Chris Baldry
© Alric Ljunghager

Nasce il Team Ripstick Italia

Una nuova squadra per vivere avventure ancora più estreme in neve fresca, grazie alla nuova linea di sci Elan Ripstick: Cala Cimenti, Shanty Cipolli, Simon Hitthaler e Klaus Gruber. Sono loro i campioni scelti dal marchio sloveno per esprimersi al massimo in performance senza compromessi, grazie a sci leggeri, che offrono galleggiamento e stabilità su terreni non battuti e garantiscono il massimo delle prestazioni anche nei tour alpini. Il nuovo team Ripstick Italia rappresenta la conferma dell’impegno dell’azienda nel perseguire obiettivi sportivi di alto livello. 

La collezione Ripstick è all'altezza di questa sfida: un ottimo sci da freeride All Mountain, versatile, ben strutturato e performante su ogni neve, che offre il massimo in velocità e sul ripido, garantendo una sciata fluida in tutte le condizioni.

Cala Cimenti

44 anni, pratica sport a livello agonistico da sempre: prima il ciclismo su strada, poi la mountain bike, per passare in seguito alla corsa in montagna e ai trail. Inizia a sciare a cinque anni, praticando scialpinismo classico e agonistico, il freeride, lo snowboard e il telemark. Inizia molto giovane a scalare le montagne di casa: il Monte Bianco, il Monte Rosa e il Gran Paradiso e poi, fuori dall’Europa, l’Ojos del Salado, in Cile (6.891 m), il Toubkal, in Marocco (4.165 m,) il Kilimanjaro e alcune vette sopra i 6.000 metri in Nepal. Raggiunge il suo primo 8.000, il Cho Oyu, sul confine tra Cina e Nepal, nel 2005. Nel 2011 la cima del Manaslu, 8.163 m, nella catena dell'Himalaya, che scende, non integralmente, con gli sci. Scala l’Ama Dablam, in Nepal, in solitaria. Nel 2015, dopo aver scalato l’Korzhenevskaya Peak, 7.105 m, il Lenin Peak 7.134 m e il Khan Tengri Peak 7.010 m e il Pobeda 7.439 m, raggiunge la cima del Communism Peak, 7495 m, in Tagikistan, e realizza la discesa integrale con gli sci conseguendo l’onorificenza Snowleopard. Nel 2016 sale il Peak Lenin e scende con gli sci dalla parete nord. Nel 2017 raggiunge la cima del Dhaulagiri (8.156 m) sciandola parzialmente. Il 2018 è impegnato sul Laila peak, 6.096 m, in Pakistan, dove realizza la seconda discesa in sci. A luglio del 2019 sale in cima al Nanga Parbat (8.126 m, Karakorum, Pakistan) dal versante Diamir e scende con gli sci da poco sotto la cima. Realizza la prima salita del Gasherbrum VII (6.955 m) per disegnare la prima discesa integrale con gli sci. 

Shanty Cipolli

Nasce nel 1992 in Valle d’Aosta: da sempre adora scivolare sulla neve con qualsiasi attrezzo. Inizia a dedicarsi fin da piccolo allo sci. Ex atleta della nazionale di skicross, ha conquistato diversi titoli nazionali junior. Tre anni fa partecipa alla prima gara di freeride. Più volte nella top 10 del Freeride World Qualifer. Nel 2012 consegue il diploma di Maestro di Sci. Di recente passa le selezioni per il corso aspiranti Guide Alpine.

Shanty Cipolli

Simon Hitthaler

Nasce il 6 marzo del 1996. Inizia a sciare a due anni. I genitori e i fratelli maggiori sono appassionati sciatori e la famiglia condivide molte giornate sulle piste. A cinque anni inizia a gareggiare. Successivamente consegue titoli del campionato italiano e diversi successi nazionali. All'età di 18 anni smette di gareggiare, ma circa un anno e mezzo dopo, durante una giornata sugli sci con il fratello immersi nella neve fresca, torna l’entusiasmo per lo sci. Ma rigorosamente freeride. Ha uno stile sfacciato, veloce e irriverente. Gestisce un'agenzia pubblicitaria che ha dieci dipendenti. Ha molti obbiettivi per il futuro, come atleta, persona e imprenditore.

Simon Hitthaler

Klaus Gruber

Alpinista , nasce nel 1973. Vive in Alto Adige e ama la natura e le sue sfide. La sua prima spedizione è nel 2007 in Perù, quando sale sull'Alpamayo, (5.947 m). Conquista l’Huascaran, alto 6.768 metri. Scala il Nanga Parbat, nel 2008, senza raggiungere la vetta e il Makalu 2010 a 7.400 m, non arrivando in cima. Nel 2013 è sul Gasherbrum 2 (8.034 m): prima discesa in sci italiana direttamente dalla vetta. Nel 2014 conquista il K2 (8.611 m) e nel 2016 il Cho Oyu (8.211 m). Nel 2016 scala l’Everest (8.300 m) senza raggiungere la vetta. Nel 2017 è sul Nanga Parbat (8.126 m) e nel 2018 sui monti Altai, in Siberia, per praticare steep climbing & freeriding. I suoi hobby sono le spedizioni, il parapendio, il volontariato – è membro del Soccorso alpino – il teatro, la pesca, le escursioni sugli sci e l’arrampicata su ghiaccio.

Klaus Gruber

RIP Orazio Codega

Orazio Codega, classe 1939, presidente e autentica anima di C.A.M.P. dagli anni Sessanta al 2004, se ne è andato nei giorni scorsi. Lo ricordiamo con il comunicato ufficiale dell'azienda di Premana.

Ci ha salutato di notte, perché di giorno le persone come lui hanno sempre qualcosa da fare. L'operosità era il suo modo di essere, in una prospettiva di servizio che andava al di là della sua azienda. Orazio Codega era un uomo che non si accontentava, che guardava avanti mettendo a frutto il talento della lungimiranza. Sapeva cogliere con prontezza i segni dei tempi, per non farsi sorprendere dal futuro che è sempre più vicino di quanto sembri. E dentro, nel profondo dell'anima, credeva in Dio: aveva una fede radicata di cui molti, oggi, sembrano vergognarsi. Ma lui no, come il suo punto di riferimento Giovanni Paolo II. Così ci piace immaginarli, l'imprenditore e il papa, per sempre insieme lungo i sentieri del cielo: eccoli, intenti a ricordare i grandi alpinisti polacchi di cui Orazio era amico e soprattutto il giorno in cui, entrambi appassionati di montagna, si incontrarono sulla Marmolada. Era l'agosto 1979, Karol Wojtyla era salito in vetta alla regina delle Dolomiti e Orazio lo raggiunse per donargli una piccozza, frutto del suo lavoro.

Fabbricare, ecco, creare qualcosa di bello e di utile, nel miglior modo possibile. In C.A.M.P. ci crediamo perché ci credeva Orazio, entrato in azienda nel 1959 e artefice principale del cambiamento: “Perché – si è chiesto un giorno – non puntare tutto sull'alpinismo?”. Aveva capito, in quegli anni di boom economico, che andare in montagna era più di un gioco. Non c'erano soltanto Bonatti e le sue imprese ma anche tanti appassionati, sempre più numerosi, a cui la ditta di lavorazione metallica fondata da nonno Nicola e fatta crescere da papà Antonio poteva fornire l'attrezzatura necessaria: piccozze, ramponi, chiodi, moschettoni che diventano creatività, passione, servizio. Avanti così, allora, insieme ai fratelli Nicolino, Samuele e Benedetto e senza paura di allargare l'orizzonte prima in Europa e poi oltreoceano, ponendo le basi dell'attuale dimensione internazionale di C.A.M.P.: un traguardo tutt'altro che scontato per una realtà nata in un piccolo paese racchiuso tra le montagne e che oggi, grazie a scelte giuste in anticipo sui tempi, è un marchio di riferimento mondiale all'insegna dell'innovazione. E se non c'è innovazione senza ricerca e sviluppo, già decenni fa Orazio non aveva esitato a convogliare sempre maggiori risorse aziendali in questo settore, creando le solide premesse di quello che dal 2007 è l'avanzatissimo centro R&D di C.A.M.P.

C'era una volta l'alpinismo, poi è arrivata l'arrampicata e infine ecco i lavori in altezza. Prima di lasciare il timone, nel 2004, il capitano aveva compreso che altri porti potevano essere raggiunti e nuovamente non si è fermato, preparando C.A.M.P. al suo attuale ruolo nel mondo della sicurezza sul lavoro: una visione lungimirante, come detto, lasciata in eredità ai figli e ai nipoti indirizzati sulla sua strada. Un passo alla volta, con la sana prudenza tipica degli uomini di montagna ma anche con tutto il coraggio necessario per arrivare in vetta: cuore e testa insieme, all'unisono, per guardare con fiducia al futuro nel ricordo di un homo faber nel senso più bello e pieno, da prendere ad esempio come tutti quegli irresistibili sognatori che, con talento e tenacia, sono stati capaci di realizzare i propri sogni.


Donne e montagna, quale futuro?

Sono solo 16 le donne Guide alpine su 1.129 uomini: meno del 2% riesce, infatti, a trasformare la passione in un lavoro. È iniziata proprio attorno a questi dati la riflessione che ci ha spinto come Donne di Montagna a organizzare il primo Meeting delle Donne Guide alpine e il primo Women’s Climbing Day, eventi che si sono svolti il 9-10 novembre ad Arco di Trento.

La due giorni, supportata da Montura, Garda Trentino e Grivel, si è aperta con la tavola rotonda 0,1 Differenze di genere nelle professioni ad alto rischio, vantaggi e opportunità. A dare il via al dibattito la Guida alpina di Courmayer Anna Torretta (prima e unica donna della Società Guide - la più vecchia Società delle Guide in Italia):

«Non è possibile che dal 1984 con Renata Rossi le Guide alpine donne non siano cresciute, e siamo ancora un numero inferiore al 2%. Penso che le donne abbiano bisogno di incoraggiamenti e di spinte per poter cambiare il sistema moderno - ha affermato la Torretta - Noi donne Guide alpine non siamo piccoli uomini che vogliamo emulare, ma abbiamo le nostre capacità per poter affrontare le situazioni. Bisogna sradicare e sconvolgere questa idea».

Pietro Giglio, presidente nazionale delle Guide alpine, si è detto aperto a nuove idee e prospettive. Lui stesso ha invitato le Guide a mettersi in gioco: «Mi auguro che questo convegno serva a far cadere dei muri. Ben venga una Guida donna presidente».

«Quando penso alla figura della Guida alpina vedo un professionista preparato e qualificato, non importa se sia esso uomo o donna. Vedo una persona con l’esperienza e la passione necessarie per accompagnare consapevolmente persone in montagna, a 360 gradi» ha aggiunto la Guida alpina e testatore della nostra Outdoor Guide Elisabetta Caserini.

Marika Favé (oltre che Guida è anche maestra di sci da 22 anni e anche lei testatrice per Skialper, ma per la Buyer’s Guiide) ha ricordato come, anche nel mondo dello sci, si è dovuto combattere contro resistenze e incertezze: «Nella mia scuola di sci, a Campitello di Fassa, noi maestre rimaniamo la minoranza ma siamo le più richieste, perché siamo più brave con i bambini e sappiamo il russo. A livello di considerazione siamo allo stesso livello dei maschi. Così un giorno sarà anche per donne Guide alpine».

A portare la sua testimonianza anche la bresciana Giulia Venturelli, classe 1990, la più giovane donna Guida alpina che è intervenuta insieme alle colleghe Anna Monari (Piemonte), Ivana De Zanna (Veneto) e Monica Malgarotto (Veneto).  Una sorta di cordata al femminile contro il pregiudizio, in un ambiente prettamente maschile, come quello delle Guide alpine, che prevede una selezione davvero dura: prove fisiche con arrampicata su ghiaccio, roccia e di scialpinismo. Quando si è diventate Aspiranti ci vogliono ancora due anni di lavoro per potere accedere all'ultimo esame per diventare Guida alpina.

«E pensare nel 1911 l’alpinista austriaco Paul Preus riteneva che le donne fossero la rovina dell’alpinismo» ha aggiunto Barbara Poggio, prorettrice alle politiche di equità e diversità dell’Università di Trento.

Intervenuta alla tavola rotonda anche Antonella Bellutti, biolimpionica nel ciclismo su pista. Grande il suo impegno nel diffondere le pari opportunità nello sport ed è testimonial anche di Assist, l’Associazione nazionale atlete. Hanno portato il loro contributo alla tavola rotonda Marta Bonomi, vice presidente dell’Associazione degli Accompagnatori di Media montagna e Elena Guella, vice presidente della Sat.  Il giorno seguente 50 ragazze hanno partecipato al primo Women’s Climbing Day, scalando insieme alla falesia Policromuro, di Massone ad Arco. Sono arrivate perfino dalla Sardegna per fare rete, conoscere altre ragazze e scambiarsi pensieri e riflessioni sull’approccio della montagna al femminile.

Le donne Guide alpine hanno raccontato il loro percorso per accedere alla professione e messo a disposizione la loro esperienza. Hanno poi spiegato le manovre di sicurezza in parete e fatto accenni sulla tecnica di arrampicata. Era la prima volta che così tante donne si riunivano per arrampicare insieme e passare una giornata in falesia: molte le storie e le opinioni che si sono intrecciate a corde, rinvii e moschettoni.