Ripido alla valtellinese
Su Skialper 104 sei classiche di scialpinismo impegnativo in Valtellina
«AAA cercasi skialper con la A maiuscola! Perché in questo articolo le nostre pelli saliranno vette prestigiose, tutte sopra i tremila, distribuite equamente sui versanti della Valtellina e le nostre solette ne solcheranno i versanti più estetici e… divertenti. Tutte le gite proposte richiedono quindi una buona preparazione e la giusta scelta dei tempi, solo a queste condizioni vi regaleranno giornate entusiasmanti. Ciliegina sulla torta, ognuno di questi exploit permette di esplorare un significativo ghiacciaio, in alcuni casi con passaggi spesso impegnativi tra crepacci e seracchi». Inizia così l’articolo sullo scialpinismo impegnativo in Valtellina scritto da Carlo Battista Mazzoleni per Skialper n. 104 di febbraio-marzo.
VETTE SIMBOLO - Alcune discese toccano vette molto conosciute come il Disgrazia, spesso teatro di prime della Guida Alpina local Mario Vannuccini. «Un tempo, anche solo venti o trenta anni fa, quando mi dedicavo intensamente al ripido, certe discese erano meno pericolose di oggi, anche se meno frequentate - ha detto Vannuccini -. Nel caso del Disgrazia, il ghiacciaio di Predarossa più gonfio non lasciava emergere il saltone alla base del canale Schenatti. Oggi quel canale è quasi sicuramente letale in caso di errore. Noi primi ricercatori del ripido avevamo ben chiara la distinzione tra ripido ed estremo: l’esposizione e la pericolosità della scivolata sono le discriminanti più importanti».
SEI DISCESE DA NON PERDERE - Gli itinerari proposti riguardano Cima Piazzi (Naso di ghiaccio NO), Disgrazia (Canalone Schenatti), Gran Zebrù, Punta Kennedy (Canalone della Vergine), Cima Cadini (Nord), Pizzo Coca (Canalone NO).
DISPONIBILE ANCHE SU APP - Skialper di febbraio-marzo è disponibile nelle migliori edicole e su app. Per ogni info si può scrivere una mail o chiamare il numero 0124 428051. (Per la pagina abbonamenti cliccare qui). Per chi lo volesse acquistare la copia su smartphone o tablet, è sufficiente scaricare la app per iOS o Android e procedere all’acquisto direttamente in-app!
A questo link la presentazione del numero
In edicola Skialper 105 di aprile-maggio
Tante proposte sulla neve ma anche le prime uscite nel verde sul numero 105
È già disponibile su app per dispositivi iOS e Android il numero 105 di Skialper (aprile-maggio 2016, 160 pagine), un’uscita con ancora tante proposte invernali, con una copertina da sogno, realizzata da Leonardo Comelli tra i canali e le rocce increspate di neve della Spragna, in Friuli. Un numero che non dimentica l’estate che si avvicina e le prime uscite fast & light con le scarpe da trail.
CHALET ITALIA - La spedizione azzurra ai Campionati Europei di scialpinismo è stata ricca di medaglie. Ma come hanno vissuto gli azzurri l’esperienza in Svizzera? Siamo stati nello chalet che ha ospitato Boscacci & co e li abbiamo seguiti in ogni momento della giornata, dalla sciolinatura ai massaggi, dai festeggiamenti alle cene. Un reportage fotografico di Stefano Jeantet da non perdere.
OMBRE CINESI - Fuoripista nel bosco sulla neve sparata dai cannoni, ma anche nella polvere ghiacciata del Monte Paektu, al confine con la Corea del Nord, che ospita nel cratere di vetta un grande lago ghiacciato. Un reportage di viaggio dalla Cina, non solo sci ma anche tanti incontri, tradizioni diverse, cibo esotico. E, per non farsi mancare nulla, una valanga. Ecco il reportage della tappa cinese dei ‘Diari del Brac’.
WE DON’T STOP, WE WON’T STOP - Transalp, ovvero attraverso le Alpi con pelli e sci. Abbiamo partecipato all’evento organizzato da Fischer l’anno scorso e ci siamo tornati quest’anno lungo un nuovo percorso, dal Passo Resia a Oberstdorf, in Baviera.
PARADISO DEL RIPIDO - L’Alta Val Susa è uno dei luoghi storici dello sci ripido, dove si è esercitato a lungo anche Stefano De Benedetti. Un piccolo paradiso con discese una volta ritenute estreme e oggi più abbordabili che hanno nella zona del -Ramière-Roc del Boucher una palestra d’eccezione. Vi proponiamo 9 discese da non perdere.
STELVIO - Per la consueta serie degli articoli Alta Via, ecco le proposte di Chicco Pedrini sul ghiacciaio dello Stelvio, per una tarda primavera e un inizio estate all’insegna dello skialp.
MORNING GLORY - Una trilogia ripida in Svizzera, scendendo con gli sci da Weisshorn, Lenspitze e Fletschhorn. Tre vette illuminate da quella luce particolare che solo le mattine di primavera sanno regalare.
SULL’ALTIPIANO - Le Pale di San Martino disegnano paesaggi unici che solo le forme dolomitiche possono creare. Un quadro dominato da torri di roccia e dune bianche. Tre itinerari per partire alla scoperta dei questo insolito deserto in quota, dalla tradizionale scialpinistica all’uscita di freeride.
SPRAGNA SOUNDTRACK - I canali della Val Saisera, in Friuli, valgono ben un’escursione. Almeno a giudicare dalla stupende foto di Leonardo Comelli, che sono finite anche in copertina di questo numero. Si scia nello stretto, tra rocce increspate di neve. Un’esperienza ‘steep & deep’ in Friuli assolutamente da non perdere.
DENTRO IL KING OF DOLOMITES - Si chiama così, oppure più semplicemente KOD il contest che si svolge a San Martino di Castrozza. Un contest che unisce fotografia, sci, split e montagna. Ecco il racconto di questa esperienza unica dall’interno, grazie alla testimonianza di un team che ha partecipato.
MADE IN COMÈRA - Snowboard e split made in Lecco. Prodotti artigianali di grande pregio con dietro una storia interessante. Luca Albrisi è andato a scoprire come saranno i modelli in vendita dalla prossima stagione di questo brand ‘indipendent’ alle pendici del Resegone.
SELVAGGIO BLU - È uno dei trekking più di moda in ambiente mediterraneo. Stiamo parlando del Selvaggio Blu, sulla costa orientale della Sardegna, più che un trekking un insieme di tracce da unire, tra una calata e una faticosa lotta con i cespugli taglienti. Sempre vista mare. Il nostro Federico Ravassard vi spiega come affrontare in autonomia questo percorso particolare.
NEL GIARDINO DEL DIO PEN - Tra Emilia e Liguria, tra il Piacentino e la ligure Santo Stefano d’Aveto: un anello da affrontare in stile trekking tradizionale o fast & light, con panorami che spaziano dalla pianura al mare e tanto, tanto verde. Non l’abbiamo provato con due trailer doc: Katia Fori e Nicola Alfieri.
UP & DOWN - Pierra Menta, finali di Coppa del Mondo, querelle Tor des Geants: nella sezione dedicata al mondo delle gare non manca nulla. Neppure un’interessante intervista a Mathéo Jacquemoud.
QUESTIONE DI SCARPONI - Il nuovo Dynafit TLT7, ma anche Arc’Teryx Procline, senza dimenticare il restyling dello Scarpa F1: tutti modelli che hanno qualcosa di realmente innovativo: leggere per credere.
OPINIONI - L’impresa di Simone Moro al Nanga Parbat ma anche la valanga al Monte Nevoso: sono gli argomenti delle opinioni di Alessandro Monaci e Leonardo Bizzaro su due argomenti molto dibattuti.
DISPONIBILE ANCHE SU APP - Skialper di aprile-maggio sarà disponibile nelle migliori edicole nei prossimi giorni ed è gia sull’apposita app per dispositivi mobili. Per ogni info si può scrivere una mail o chiamare il numero 0124 428051. (Per la pagina abbonamenti cliccare qui). Per chi lo volesse acquistare la copia su smartphone o tablet, è sufficiente scaricare la app per iOS o Android e procedere all’acquisto direttamente in-app!
Il nostro avvocato parla di responsabilita' e skialp
Conferenza di Flavio Saltarelli a Ziano di Fiemme
Sabato 12 marzo a Ziano di Fiemme, alle ore 20 nella Sala della Cultura, conferenza del nostro collaboratore, l’avvocato Flavio Saltarelli su ‘Una “valanga” di responsabilità’, riferita al mondo dello scialpinismo.
Gerry e Mattia: Campari, assi e nessun filtro
Su Skialper in edicola una intervista a due giovani protagonisti del ripido
«Il nostro incontro non è stato su un pendio innevato, nemmeno su un impianto di risalita. È stato con un giro di cocktail argentino Coca&Fernet in un locale milanese. I ricordi non possono essere nitidi, una serata di proiezioni di discese di pente raide in snowboard, la presentazione di un libro… sì c’erano altri amici! Empatia, entrando nella consuetudine del ‘questo lo offro io’ e il gioco era fatto: si è iniziato a combinare giri e discese per le Alpi. Il bello delle passioni comuni: diventano un pretesto e poi con Gerry e Tia in montagna si va bene davvero. Pochi eccessi, si ragiona, a volte si rinuncia, cosa assai difficile e preziosa. La parte più complicata diventa la gestione del mese di maggio: le telefonate, i dubbi meteo, meteoblu, meteoverde, meteo orange, lì sì, ma anche quella parete sembra buona e manca. Un delirio. Ogni primavera. Ma poi quando la discesa l’hai fatta, si capisce e si scusano gli eccessi di questa passione. I due soggetti in questione infatti sono prima di tutto due appassionati sciatori: perché quando a fine settembre chiami Gerry per arrampicare e lui ti risponde con una foto di un qualche colosso del Vallese reso verglassato da un temporale estivo, l’unica cosa che ti impedisce di riattaccare è che quella passione ce l’hai pure tu». Comincia così l’intervista di Andrea Bormida a Davide ‘Gerry’ Terraneo e Mattia Varchetti su Skialper 104 di febbraio-marzo. Due amici off piste e nella vita con all’attivo tante discese di valore dai 45 gradi in su.
CURRICULUM - Couloir Coolidge al Monviso, (1.200 m 45/50°), Tour Ronde - parete nord (350 m 50/55°) e Canale Gervasutti (400 m - 45/50°), Disgrazia - parete nord (600 m - 50/55°) ma anche la nord del Fletschhorn e del Lenzspitze o del Gran Paradiso o la ovest dell’Eiger. Sono solo alcune delle discese del duo, spesso sciate insieme.
IL RIPIDO PER GERRY - «In primis ci tengo a dire che amo lo sci, dal freeride, allo skialp classico fino al ripido (anche la pista in dicembre). Il ripido per me, e credo per Mattia, è il punto di arrivo di un lungo percorso che inizia con la pista, poi con il freeride, poi con lo scialpinismo. È il culmine della carriera di uno sciatore: per molti invece è l’inizio, infatti poi dai video e dalle foto si vedono tecniche di curva non molto cristiane ahahah! Le difficoltà non sono di certo paragonabili con l’arrampicata sia su roccia che misto, perché ritengo che siano attività molto più selettive a livello fisico e atletico. Nello sci il gesto tecnico è abbastanza semplice e una volta imparato è come andare in bicicletta, non c’è di certo bisogno di un allenamento assiduo e costante. Forse conta un po’ di più la componente psicologia e soprattutto il fatto che non ci si può allenare se non praticandolo. Non esistono palestre con neve artificiale e pendii di 50 gradi dove perfezionare la curva, se no saremmo tutti dei campioni e sul Couturier si formerebbero le gobbe».
IL RIPIDO PER MATTIA - «Il ripido - uso questo termine per semplificare anche se non mi piace molto - è comunque l’estremizzazione di uno sport, credo che lo si potrebbe paragonare al freesolo o anche all’arrampicata tradizionale di livello, anche se di climbing non mi intendo molto. Spesso l’errore non è concesso, l’allenamento fisico deve essere sempre al massimo per riuscire a ottenere risultati e agire in maniera lucida e sicura. Sicuramente la difficoltà rispetto alle altre attività citate da te sta nel fatto che l’allenamento del gesto tecnico su strutture artificiali non è permesso e che il rischio maggiore rispetto ad altre discipline è che si agisce su un terreno in continua mutazione: temperatura, vento e precipitazioni possono modificare il campo di gioco in tempi brevissimi».
IL FUTURO DEL RIPIDO (GERRY) - «Il futuro penso che sia portare questa tipologia di sci su cime dove la quota è un ingrediente che può determinare un successo o un fallimento. Ci sono già stati tanti exploit negli anni passati e spero di vedere negli anni futuri sempre più gente alle prese con montagne di 6.000, 7.000 e anche 8.000 metri con sci o snowboard ai piedi».
IL FUTURO DEL RIPIDO (MATTIA) - «Sicuramente la Cordillera Blanca sta attirando sempre più appassionati e rimane la meta intercontinentale più ambita mentre l’Himalaya è meno battuta per costi e fattori ambientali. Quest’anno ho visto parecchie foto anche della Nuova Zelanda. Ma credo che non sarà solo altitudine, i paesi dell’estremo nord richiamano sempre più sciatori amanti delle linee fluide del gesto che sta diventando sempre più estremo e veloce. Pendii ripidissimi scesi in modalità freeride. È l’era dei De La Rue e Anthamatten».
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NTN, questione di equilibrio
Su Skialper di marzo abbiamo provato gli ultimi attacchi da telemark
Non sono una novità, ma sono una novità. Difficile da spiegare. Lo standard NTN per il telemark (la sigla significa proprio New Telemark Standard) ha fatto la sua comparsa sul mercato già da qualche anno, dal 2011 per la precisione, eppure fino a un paio di anni fa nessun produttore aveva mai approcciato il mercato mettendosi in concorrenza con Rottefella, che ha messo a punto lo standard. Trattandosi di uno standard open, parecchi produttori si sono avventurati in questi ultimi due anni a sviluppare il loro prodotto tentando di migliorare e oltrepassare le proposte di Rottefella. Chiunque - non proprio chiunque, in realtà - sia dotato di macchine per la lavorazione dei metalli a CNC può in teoria buttarsi nello studio, nello sviluppo e nella progettazione di un attacco da telemark partendo dallo standard NTN, che è bene ricordarlo ancora una volta, ha a che fare con la predisposizione degli scarponi, non con la costruzione degli attacchi. Molti produttori artigianali o semi artigianali si sono buttati recentemente nell’impresa. E noi, su Skialper n. 104 abbiamo provato i principali modelli, in abbinamento con diversi scarponi. A Emilio Previtali l’onore (e l’onere) della prova.
DUE PIN - La novità rispetto alla proposta Rottefella, per buona parte degli attacchi di nuova concezione, è la ibridazione del sistema NTN classico con una punta dello scarpone che è stato battezzata da alcuni ‘a 2 pin’, fornito cioè di inserti LowTech già in uso da tempo immemore per l’accoppiata attacchino/scarpone ultraleggero da scialpinismo.
IL GIUSTO SET-UP - La sciata con gli scarponi NTN richiede un minimo di adattamento. Il fulcro della rotazione dello scarpone non è lo stesso degli scarponi 75 mm e la lunghezza delle molle sotto il piede è quasi sempre inferiore, in qualche caso addirittura assente. Succede quindi che la scelta delle molle (differenti per durezza e di conseguenza comportamento) e la scelta dello scarpone abbiano notevole importanza. I suggerimenti, se anche voi siete curiosi di fare un giro di prova, sono due: non arrendetevi alle prime sensazioni negative e provate più attacchi possibili con più scarponi possibili, le combinazioni sono numerosissime.
IN PROVA - Abbiamo messo ai piedi Rottefella NTN Freeride e Freedom, 22 Design Outlaw NTN, The M-Equipment Meidjo, ATK Race Newmark 2016, abbinandoli a scarponi Scarpa TX Pro e TX Comp, Scott Vodoo NTN e Crispi Evo NTN.
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Alla scoperta di Sella Nevea
Su Skialper di febbraio-marzo 5 itinerari in Friuli
«Non si sente molto parlare delle Alpi Giulie, forse perché sono un po’ nascoste nell’angolo più orientale della catena alpina o forse a causa della loro modesta quota. Oppure perché si trovano a cavallo di un confine che politicamente non c’è più e fisicamente… non è mai esistito». Inizia così l’articolo di Leonardo Comelli sulle possibilità scialpinistiche della zona di Sella Nevea, in Friuli, su Skialper 104 di febbraio-marzo 2016.
TRE MOTIVI PER ANDARCI - Ecco tre buoni motivi per venire ad assaggiare la neve delle Giulie. La natura integra, la quota accessibile, la fruibilità senza confini. Tre fattori che sono i punti di forza per chi ricerca un certo tipo di montagna e un certo tipo di skialp. Se per voi scialpinismo significa qualcosa di più che salire e scendere e vi piace usare le pelli per esplorare mondi nuovi senza tralasciare il piacere di tracciare delle belle curve, allora le Giulie sono il posto ideale verso cui dirigere le punte dei vostri sci. Qui infatti basta fare una piccola deviazione dalle poche e frequentate gite classiche per ritrovarsi da soli e scoprire senza difficoltà un pendio ancora intatto da tracciare.
TANTA NEVE - Basti pensare che a febbraio 2014 la sommatoria della neve fresca al suolo era di quasi sedici metri e ad aprile 2014 - a 1.800 metri - c’erano ancora sei metri di neve al suolo. Quindi nel periodo invernale, che di questi tempi vuol dire tutto e niente, si fanno delle gran belle sciate in una powder ancora intatta e poi, rimanendo la neve a lungo, ci si diverte anche in tarda primavera. A riprova della grande soddisfazione della sciata freeride nelle Giulie, anche nell’ultimo video della TGR (Teton Gravity Research), Almost Ablaze (se non se ne intendono loro di powder…) c’è un bel capitolo dedicato solo al freeride nel comprensorio di Sella Nevea. Per meglio scoprire questa bella zona, Skialper propone cinque itinerari con le pelli…
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Goulotte che passione
Su Skialper di febbraio tre proposte di diversa difficoltà sul Bianco
Tre gouolotte nella patria delle goulotte… il Monte Bianco. Per parlarne, anzi scriverne, sul numero 104 di Skialper (già in edicola), abbiamo scelto Marco Romelli, profondo conoscitore di queste montagne, sulle quali ha scritto anche un libro.Ecco qualche anticipazione.
GOULOTTE CHÉRÉ - «La Chéré è nota per essere la prima goulotte per eccellenza, una specie di rito di passaggio dalle cascate all’alpinismo invernale. Abbiamo scelto la via perfetta per le nostre prove generali. La giornata però non è altrettanto perfetta: il bollettino meteo parlava di variabilità ma qui, a 3.800 metri, troviamo solo nuvole e vento». Si trova al Triangle du Tacul ed è molto frequentata e adatta alle prime esperienze, a condizione di non sottovalutare ambiente e quota. Spesso tracciata e in condizioni, ad eccezione dei periodi più caldi e secchi (caduta sassi) o dopo abbondanti nevicate.
GOULOTTE LAFAILLE - «Facciamo l’ingresso in uno scenografico e deserto anfiteatro glaciale, dominato dalle fiammeggianti torri del Tacul e dei suoi aguzzi satelliti. Per via di una scommessa a me tocca il tiro della terminale, che affronto con vago orrore. Il crepaccio è enorme e inconsistente, un muro di neve senza appigli. Di fronte a questo genere di cose è meglio essere concilianti e aggirare un po’ i problemi: trovo un passaggio facile a destra e poi faccio un lungo traversone per tornare sulla retta via». Anche se tecnicamente facile, la Goulotte Lafaille richiede più esperienza della Chéré perché meno frequentata e ‘addomesticata’. Spesso in condizioni tra novembre e aprile, ma piuttosto variabile in funzione dell’annata.
GOULOTTE DELAFOSSE-PERROUX - «Al leggendario maltempo dell’estate 2014 fa seguito un autunno bello e mite. La conca del Glacier du Géant è incrostata di ghiaccio e colate mai viste, normalmente inesistenti, sono prese d’assalto. Alla vigilia di Natale andiamo anche noi a dare un’occhiata. Scegliamo la Delafosse Perroux, piuttosto breve, l’ideale per questo periodo freddo e con poche ore di luce. Le condizioni sono davvero strepitose e la grande frequentazione non fa che migliorare le cose. Il ghiaccio è lavorato dai passaggi e il misto già ben ripulito dalla neve inconsistente». Questa goulotte è la più impegnativa delle tre sia per le caratteristiche del terreno (misto, passaggi tecnici) che per l’estrema variabilità delle condizioni. Non si forma tutti gli anni: le buone condizioni si riscontrano potenzialmente tra ottobre e aprile dopo un periodo di maltempo estivo o autunnale, con nevicate umide in quota. Se mancano gli effimeri plaquages che ricoprono la roccia la salita diventa molto dura, con misto ripido e delicato.
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Moro in vetta al Nanga Parbat
E' la prima invernale e il quarto 8000 nella stagione fredda del bergamasco
E dunque anche il Nanga Parbat è stato salito d’inverno. Nella stagione invernale più affollata nella storia della montagna, la cordata di Alex Txikon e Muhammad Ali ‘Sadpara’, a cui si è aggregata quella di Simone Moro e Tamara Lunger, ha attrezzato e percorso la via Kinshofer, giungendo infine ieri sulla cima.
Dando uno sguardo alla composizione della cordata, l’esperienza di Moro lo pone sicuramente in rilievo, con ormai i suoi quattro ottomila raggiunti in prima invernale. Con dieci ottomila (estivi) lo segue il giovane basco Alex Txikon, il quale indicava però come vero leader del gruppo il pakistano ‘Sadpara’ (soprannome dovuto al suo villaggio natale). La sua storia è quantomeno interessante: nato ai piedi delle montagne, in gioventù ha lavorato in una cava di marmo, salvo poi ritornare nei suoi luoghi natali dove ha imparato ad arrampicare lavorando come portatore per numerose spedizioni, sia estive che invernali. Infine, anche se pare che abbia dovuto rinunciare alla vetta a ormai poca distanza da essa, un plauso va anche a Tamara, che sebbene sia giovane e con poca esperienza è arrivata a pochi passi dall’obiettivo.
Aspettiamo ora fiduciosi la prima salita in invernale del K2. E anche, perché no, la prima salita invernale in stile alpino di una delle montagne più alte della terra.
Al di la' del Beni
Atleta, alpinista, manager di successo. Su Skialper un'intervista a Boehm
«Benedikt Böhm a 38 anni ha già conquistato traguardi che basterebbero a rendere interessante e ben vissuta la vita di una decina di persone in gamba. Probabilmente i lettori lo conoscono per le sue imprese sportive con la squadra nazionale tedesca di scialpinismo, per i podi alla Patrouille des Glaciers e per le grandi montagne in velocità sugli sci, ottomila compresi. Però queste sono cose che fanno anche altri, anche se in genere non tutte insieme ma specializzandosi nelle une o nelle altre. E no, neppure la sua posizione di general manager di Dynafit può definire adeguatamente ‘Bene’ Böhm perché sono abbastanza numerosi anche gli sportivi che commutano la loro esperienza in posizioni professionali, seppure difficilmente al vertice di un’azienda leader. Est modus in rebus, invece. È il modo». Inizia così l’intervista di Guido Valota su Skialper 104, già in edicola, a Benedikt Boehm. General manager di Dynafit, Boehm è stato membro della nazionale tedesca di scialpinismo dal 2003 al 2006, secondo classificato alla Patrouille des Glaciers nel 2008, 2010 e 2014, ha fatto registrare anche il record di salita e discesa con gli sci al Muztagh Ata (7.546 m) nel 2005 e al Gasherbrum II (8.035 m) nel 2006 e delle salite e discese veloci di Manaslu (8.163 m) e Broad Peak (8.054 m). Ecco qualche anticipazione.
L’INFANZIA - «Sono nato e cresciuto a Monaco, senza alcuna connessione con la montagna, quinto di sei fratelli in una famiglia con una visione molto aperta. Non c’era una chiave della porta: eravamo in tanti a frequentare la nostra casa, con amici, parenti e molti valori morali… ma non altrettanti finanziari! Ciò è stato molto importante per imparare a conquistarsi le cose e da adolescente a guadagnarsi da subito la vita».
DYNAFIT - «Erano i primi anni 2000, tempi eroici per lo scialpinismo, quando una parte dell’avventura stava anche nell’andare alla ricerca degli attacchini impossibili da trovare in Germania! Mi sono innamorato di questo prodotto, mi affascinava, e mi chiedevo: ‘ma come è possibile che la gente snobbi un prodotto del genere e non se ne accorga?’. Allora ho preso carta e penna e ho scritto una lettera molto motivata direttamente a Heiner (Oberrauch, fondatore di Oberalp, ndr). Poco professionale, ma molto convincente! Mi invitò a Bolzano, ne parlammo, io incarnavo anche personalmente la visione sportiva di Dynafit e tutto iniziò così».
GARE E MONTAGNE - «La vera base per la quota è stato il Perù. Nessun manuale, solo esperienza sul campo: è stata la spedizione più bassa come quota ma quella dove abbiamo rischiato di più. Spingevamo moltissimo, sempre, niente acclimatamento per sfruttare meglio il tempo. Facevamo un sacco di errori, non riposavamo, era una gara a chi beveva meno, a chi portava più peso nello zaino, restavamo senza gas o senza cibo. Basti si beccò un edema polmonare, mi sono ammalato anche io, ma volevamo andare. Abbiamo sciato numerosi 6000 lontani, lo Huascaran, e infine il 15 agosto (me lo ricordo perché è il mio compleanno) sono salito sull’aereo per Monaco ammalatissimo per lo sforzo. Ero esaurito e mi dicevo: ‘Mai più la quota!’. Ma è stato assolutamente necessario. In montagna è naturale sbagliare. Anche nel business ed è necessario per imparare».
FUTURO - «Negli ultimi cinque anni sono intervenuti più cambiamenti che nei precedenti cinquanta e questa evoluzione correrà sempre più velocemente. La specializzazione è sempre maggiore, ogni segmento diventa più maturo ed esigente. Se vuoi sopravvivere devi essere il migliore, anche perché il mercato è sovrastimato. Tante aziende stanno entrando ora in questo settore e probabilmente molte ne usciranno anche perché gli ultimi inverni stanno imponendo una selezione. Un manager deve prendere in considerazione tutti questi aspetti e per fortuna il brand Dynafit è forte abbastanza per coprire le quattro stagioni».
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Virgola, punto e a capo
Su Skialper di febbraio un racconto con la split ai piedi in Valle d’Aosta
Prima grande nevicata stagionale ad Ovest, ecco l’occasione per esplorare un canale lungo il vallone Citrin, dalle parti del Gran San Bernardo, zona piuttosto frequentata all’inizio dell’inverno perché tra le poche innevate. Ne è nato un racconto con la split ai piedi di Ettore Personnettaz. Ecco alcuni estratti dell’articolo.
FORME - «Virgola, breve segno di pausa, graficamente rappresentato da un punto fermo allungato verso la direzione in basso a sinistra. Nel nostro caso però descrive una situazione, un ambiente, un’esperienza esplorativa ed emotiva vissuta con la splitboard. Dopo tanta attesa e ripetute richieste a Babbo Natale, la nostra amata neve ha fatto capolino i primi giorni di questo 2016 sulle Alpi Occidentali. (…) Poter sfruttare finalmente neve naturale ha riacceso il desiderio di raggiungere con i propri mezzi alcune mete a dicembre solamente sognate. Una di queste era rappresentata da un canale che per la sua forma e sviluppo è stato denominato la virgola, appunto».
NEVE - «Giunti dunque nel punto di partenza della nostra gita in split, a poco più di 1.500 metri di quota, una finissima ma fitta nevicata inizia a interessare l’imbocco del vallone di Citrin, luogo per me di tanti ricordi.
Qui, appena più in basso nel vallone di Flassin, c’erano tre skilift che hanno di fatto battezzato il sottoscritto e tantissimi abitanti e amanti della neve».
META - «Dopo un tempo che appare infinito e una fatica quasi insostenibile, giungiamo sulla linea spartiacque, a 2.300 metri, che ci introdurrà verso l’ingresso del canale, la visibilità è praticamente nulla; la fiducia riposta nel mio compagno invece totale.
DISCESA - «Ci aspetta un ingresso sui 45-50° con tanta neve che sembra, in apparenza, appena incollata al pendio. La leva dello zaino airbag è pronta in posizione, la fatica dimenticata o quasi, la concentrazione massima, breve pausa – virgola? - e si parte».
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Georgia, the last paradise
Su Skialper di febbraio-marzo un interessante articolo di Luca Pandolfi
Immaginate un posto con infinite possibilità di prima traccia, senza nessuno in giro, con polvere zuccherosa che ricopre candidamente ogni cosa e una nonna che vi cucina leccornie locali cotte sulla stufa in ghisa. Benvenuti in Caucaso! Tutto nasce in una stagione molto secca sulle Alpi. «Quel tipo di frustrante situazione che ti spinge a comprare un biglietto aereo per qualche selvaggia destinazione esotica, alla ricerca dell’oro bianco» scrive Luca Pandolfi su Skialper di febbraio-marzo. Destinazione Georgia, un articolo da leggere e guardare (le foto sono di Matteo Calcamuggi) con attenzione.
GUDAURI - «A due ore e mezza di macchina a nord di Tbilisi si trova la nostra prima destinazione, Gudauri per l’appunto. Qui le piste sono abbastanza piatte e monotone ma sono circondate da un terreno tra i più incredibili che mi sia mai capitato di vedere e sciare. Fin dall’inizio un susseguirsi infinito di spine dai 35° ai 50° catturano la nostra attenzione». Per dormire c’è il monastero ortodosso isolato su una cresta.
SVANETI - Fino a pochi anni fa quest’area era chiusa ai turisti a causa dell’alto pericolo di brigantaggio. «Villaggi come Mestia, con le loro caratteristiche torri, scuotono i miei sensi; non ho mai visto niente di simile in nessun altro paese. Le montagne sono imponenti e non hanno niente da invidiare all’Himalaya e alle Ande… Alloggiamo nella casa di una famiglia, sotto l’ala protettrice della Babuska, la nonna, che ci coccola, preparandoci, prima e dopo le nostre scorribande in montagna, pranzi e cene deliziosi, a base di prodotti locali».
POWDER - «Ogni mattina partiamo pelli ai piedi direttamente fuori da casa, serpeggiando tra gli animali che vivono liberi nelle strade del villaggio e i loro escrementi. La neve, anche se diversa in quanto molto secca, è perfetta; 30-40 centimetri di fresca e nessuno sciatore nel raggio di centinaia di chilometri. (…) Sciamo ogni giorno una linea diversa, spingendoci sempre più lontano dal paese alla ricerca di linee interessanti e stimolanti. Sudiamo vodka in salita e ingoiamo polvere in discesa».
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Leggeri in salita? Forse si, forse no
Su Skialper di febbraio un interessante test sul consumo di ossigeno
In molti sport l’atleta amatoriale spesso sceglie l’attrezzatura emulando i pro senza valutare se questo materiale non sia piuttosto un handicap; ecco allora Master dello sci alpino che cercano di condurre la curva con sci che solo la forza di Hirscher o Ligety riesce a deformare o ciclisti amatoriali che pedalano su bici con rigidità e geometrie impossibili per loro. E che dire degli scialpinisti di medio livello che scelgono i leggerissimi attrezzi da gara usati dai campioni senza considerare che in discesa questi sci rischiano di penalizzare chi non è in possesso di un’ottima tecnica? Quale vantaggio danno realmente in salita? In bibliografia scientifica non ci sono lavori che abbiano comparato, sulla neve, in condizioni reali, attrezzi con caratteristiche diverse. Ecco allora che ci ha pensato il ‘Doc’ Massimo Massarini, medico dello sport e consulente di Skialper. I risultati? Su Skialper numero 104 di febbraio-marzo.
IL TEST - Per fornire dati attendibili bisogna definire bene la modalità di esecuzione del test. La scelte sono state dettate dalla necessità di ripetere le prove in maniera più costante possibile in modo da poter confrontare i dati. Si è quindi optato per un percorso di 350 metri di dislivello positivo con pendenze medie. Ciò ha garantito che ogni prova durasse abbastanza da poter raggiungere uno stato stazionario dei parametri misurati (consumo di ossigeno, ventilazione, frequenza cardiaca), ma al contempo non troppo prolungata per evitare che l’affaticamento influenzasse le prove successive. Ai quattro atleti, tutti con ottima esperienza di gara, è stato chiesto di ripetere le salite a un’intensità tra il medio e la soglia, cercando di coprire il percorso a velocità quanto più costante possibile da una prova all’altra. Dopo ogni test gli atleti avevano circa 45’ per recuperare e assumere bevande con maltodestrine e barrette energetiche
GLI SCI - Gli sci sono stati scelti con riferimento a tre categorie ben definite: gara, speed touring, scialpinismo classico. La Ski Trab, in base a questo criterio, ci ha fornito il Gara WC Aero 164 cm, il Maestro 164 cm (entrambi montati con attacco Trab da gara) e il Sintesi 171 cm montato con Dynafit TLT Radical ST. Gli attrezzi andavano quindi dai 900 grammi del gara con attacco ai 1650 grammi del Sintesi. Le pelli sagomate erano identiche per i tre modelli allo scopo di eliminare un’ulteriore variabile.
IL METABOGRAFO - Ma la vera particolarità di questo complesso test è nell’utilizzo della tecnologia che ha permesso di misurare in modo assolutamente preciso il dispendio energetico degli atleti. La scelta è caduta su un sofisticato e nuovissimo apparecchio, il Cosmed K5, recentemente messo a punto dalla Cosmed di Roma che è riuscita a costruire un metabografo portatile del peso di circa 400 grammi da indossare sul dorso. Il K5 misura quindi tutti i parametri dello sforzo come i litri di aria ventilati, la frequenza degli atti respiratori, l’ossigeno consumato, la CO2 prodotta, la FC e, grazie al GPS, la velocità, la distanza e il dislivello coperto.
I PARAMETRI - Per confrontare i risultati si è deciso di incrociare i dati in modo da individuare un parametro di rendimento che potesse evidenziare in maniera obiettiva il dispendio energetico che i diversi sci avrebbero potuto comportare. Si è deciso di considerare i litri totali di ossigeno consumati in ogni salita e di dividerli per il peso dell’atleta, ottenendo il consumo per chilo. Il dato ottenuto è stato quindi diviso per i metri di dislivello. In questo modo si è arrivati a un numero che esprime il costo energetico della salita per metro di dislivello. Quanto più è alto questo numero tanto più è elevato il dispendio energetico del gesto. E quale sarà stato il dispendio energetico con i diversi sci? Per saperlo basta comprare Skialper 104, già disponibile su app e in edicola da questa settimana…
DISPONIBILE ANCHE SU APP - Skialper di febbraio-marzo è disponibile nelle migliori edicole e su app. Per ogni info si può scrivere una mail o chiamare il numero 0124 428051. (Per la pagina abbonamenti cliccare qui). Per chi lo volesse acquistare la copia su smartphone o tablet, è sufficiente scaricare la app per iOS o Android e procedere all’acquisto direttamente in-app!
A questo link la presentazione del numero