Ventiquattro podi per il Team RaidLight Italia
Un anno fa RaidLight ha annunciato la creazione del team RaidLight Italia, nato all’insegna degli hashtag #sharethetrailrunningexperience e #notimeforcompromise e composto da ragazzi, uomini e donne con la passione per la corsa e con specializzazioni che vanno dallo skyrunning fino ai grandi raid multi-tappa in giro per il mondo. Da atleti già affermati, come Nicola Bassi, alle giovani speranze e agli amatori. Accomunati dalla voglia di fare bene e di correre divertendosi e nel rispetto della montagna. Che si sono allenati duramente e, in molti casi, hanno collezionato ottimi risultati. Senza compromessi, esattamente come la nuova linea di scarpe trail lanciata dal brand. I ragazzi hanno partecipato nel 2019 a 53 gare, inanellando 24 podi e ben sei vittorie.
Nicola Bassi, ultratrailer e amante delle grandi avventure estreme e in ambienti ostili, non ha tradito le aspettative dimostrandosi la punta di diamante della squadra: all’inizio di stagione entusiasmante che lo ha visto sul primo gradino del podio del Winter Trail Monte Prealba, hanno fatto poi seguito i primi posti della Magusus Sky Marathon e del Cro Trail, gara sponsorizzata RaidLight in cui Nicola si imposto davanti a tutti, chiudendo in volata. Secondo gradino del podio, poi, al Trail dei Cervi e a quello dei 3 Castelli, oltre che alla 95 km del Dolomiti Extreme Trail. Tra i risultati più importanti della stagione, certamente, anche l’argento alla 5° edizione dell’Ultratrack Supramonte Seaside in Sardegna, 90 km in un territorio aspro e selvaggio, con salite impegnative e discese tecniche che lo ha visto arrivare alle spalle di uno degli atleti simbolo del trail running, Franco Collè.
Anche in occasione dell’Eremitica e della Ronda Ghibellina Bassi ha saputo dire la sua, posizionandosi al terzo posto. Ma RaidLight non è solo gare e competizione! Durante l’estate, con l’abbigliamento e l’attrezzatura del brand, ha anche percorso il mitico GR20 in Corsica insieme alla compagna di vita e di avventure. Una impresa non per tutti, a contatto con la natura e in pieno stile RaidLight. Nicola Bassi è stato inoltre fondamentale per quanto riguarda lo sviluppo prodotto: ha collaborato con il brand dando feedback che si sono dimostrati fondamentali per migliorare le calzature in vista della prossima stagione.
Ottimi risultati anche per Roberto Fregona, che ha collezionato diversi podi tra cui anche due primi posti, alla Transcavallo Equinox Run e all’Euganeus trail.
Tra le promesse ha saputo farsi notare il giovane Daniel Degasperi, 2° italiano assoluto alla Rosengarten Marathon, a soli 15 minuti dal primo e vincitore del Trittico dei Laghi. Daniel si è dichiarato entusiasta di correre per il marchio e soddisfatto di questi primi risultati, che rappresentano il suo esordio nelle competizioni trail. Fortemente motivato e intenzionato a “darci dentro” in vista della prossima stagione, si è dimostrato un avversario da non sottovalutare. «Le mie scarpe preferite sono sicuramente le Ultra e le Revolutiv, che ho utilizzato sempre, sia in allenamento sia in gara».
Un piccolo infortunio ha purtroppo limitato per questa stagione l’attività di Maurizio Basso, comunque secondo classificato al Lucetto Classic e al Campionato regionale Uisp, nonché primo al MNT Salomon trail sulla distanza dei 38k. Poche gare buone, come si suol dire. Stesso discorso anche per la seguitissima (a livello social) Laura Palluello, che si è trovata a dover affrontare una stagione difficile a causa di qualche problema a un ginocchio, che però non l’ha fermata del tutto e non le ha impedito di partecipare ad alcune gare di livello come la Monterosa Est Himalayan Trail e la Limone Extreme. L’altra donna del team, Anais Bstieler, si è classificata seconda (donna) al Trail degli Dei a Positano e seconda anche nella staffetta femminile alla Valmalenco Ultra Trail.
Tommaso De Mottoni, atleta e a sua volta organizzatore di gare, ha partecipato quest’anno alla Ultra Dolomites, all’Andorra Ultra Trail, al K24 Ultra e all’Ultra Trail Baunei Seaside e ha in serbo grosse novità per il prossimo futuro. Ad esempio la UTMB Oman, la Gran Canaria 360 (con navigazione GPS), la nuova Ultra Dolomites, la UTMB Pireniei e l'Échappée Belledonne. Specialista delle grandi corse estreme in Italia e non solo, ha anche preso parte al nuovissimo Tor De Glaciers. Oltre alle calzature De Mottoni ha utilizzato e recensito anche lo zaino Revolutiv 12. “Credo che il Revolutiv 12 abbia tutte le potenzialità in termini di innovazione e comodità per diventare un punto di riferimento come lo fu il vecchio zaino Olmo. Sono utilizzatore RaidLight da anni, da prima di fare parte del team e quindi conosco anche i vecchi modelli. La chiusura magnetica, come l’idea del girarlo davanti sono vincenti e davvero utili”.
Nuova discesa sul Monte Cook per Hewitt e Serle
Nuova e probabile prima discesa di ripido per Ross Hewitt e Dave Serle sulla Caroline Face al Monte Cook, in Nuova Zelanda, nei giorni scorsi. La linea, che scende sul fianco destro dell’estetica Face, era stata adocchiata da Hewitt durante una precedente esplorazione, mentre la fall line classica è stata sciata da Enrico Mosetti, Tom Grant e Ben Briggs nell’autunno del 2017 (avrebbe dovuto esserci anche Hewitt, ma un’ernia lo aveva fermato). I due, come scrivono in alcuni post sui loro account social, sono saliti dal versante opposto e hanno trovato buone condizioni, con neve polverosa e vento molto forte. Il meteo molto variabile ha messo in forse fino all'ultimo la linea, che potete vedere nella foto qui sotto.
Marker presenta Duke PT, l’attacco touring in salita e alpino in discesa
Arriva Marker Duke PT (Pin Technology) il nuovo attacco touring con performance freeride in discesa grazie all’innovativo puntale con due funzionalità completamente differenziate. La principale rivoluzione del nuovo attacco ibrido è infatti la possibilità di essere utilizzato come un normale attacco a pin in salita, e di trasformarsi per la discesa in attacco di tipo alpino grazie ai braccetti che si sovrappongono a chiudere tutta la punta dello scarpone. Il gioco è semplice: per camminare basta ribaltare in avanti la parte alpina e bloccarla (oppure asportarla per ridurre il peso al piede di 250 grammi circa su risalite lunghe). In questa configurazione il puntale è quello di un attacco a pin. Riportando i braccetti in posizione Ski, Duke PT blocca la punta dello scarpone sotto gli sci e assicura sganci con valori da 6 a 16 nella versione PT 16, e da 4 a 12 (PT12). La tecnologia AFD garantisce lo sgancio laterale. Le operazioni di passaggio hike / ride e viceversa sono semplici e automatiche grazie alla tecnologia Auto Quad Lock. In pratica in salita Duke è molto simile a un KingPin (ma senza slitta né selettore ski-walk), mentre in discesa a un Jester. La talloniera è step-in, in tutto simile a quelle di Jester e degli altri Duke. La tecnologia Sole.ID rende compatibile il puntale con le suole alpine, touring e GripWalk. Duke PT 16, in vendita dalla stagione invernale 2020-2021, pesa 1.280 grammi in assetto di discesa e 1.000 in salita stivando la mascella nello zaino. PT 12 corrispondentemente 1.090 e 850 grammi.
Garanzia a vita per gli attacchi Dynafit
I dati di mercato mostrano che oltre il 70% degli attacchi da scialpinismo è privo di intelaiatura e che quasi tutti gli scarponi sono compatibili con gli attacchi pin. Grazie all’intuizione di Fritz Barthel, Dynafit ha dato vita a questo sistema che è ancora oggi un punto di riferimento mondiale nella produzione di attacchi da scialpinismo. Nel catalogo dell’azienda sono presenti ben 12 modelli differenti, tutti prodotti in Germania, nei pressi della cittadina di Passau, a mano, e sottoposti a numerose prove di resistenza e sicurezza. L’azienda controllata dalla holding Oberalp per ribadire la totale fiducia che ripone nei propri prodotti e nella loro qualità, ha annunciato ieri l’introduzione di un’importante novità: a partire dalla stagione invernale 2019/20 offre per tutti gli attacchi a catalogo acquistati a partire da oggi la garanzia a vita. Una volta effettuato l'acquisto, il cliente dovrà registrare il prodotto sul sito web di Dynafit, inserendo il numero di serie. In questo modo il periodo di garanzia si estenderà dai due ai dieci anni, equivalenti alla durata di vita stimata di un attacco da scialpinismo oltre i quali i materiali impiegati e la struttura dell’attrezzo possono aver subito modifiche tali da non garantire il corretto utilizzo. La garanzia copre tutti i difetti del materiale e di fabbricazione e tutti gli attacchi difettosi saranno riparati da Dynafit gratuitamente. Qualora non fosse possibile la riparazione, l’attacco sarà sostituito con un modello del valore medesimo o superiore. La garanzia non copre l'usura dovuta al normale utilizzo e i danni a seguito di utilizzo improprio o di incidenti.
Per saperne di più visitare il sito:
https://www.dynafit.com/lifelong-guarantee-dynafit-bindings
Lettere dai quattromila
«Mentre scrivo queste riflessioni sono a Courmayeur, è il 26 di giugno e sono trascorsi 45 giorni da quando sono partito con il mio compagno Gabriele Carrara e abbiamo salito la Barre des Écrins. Lo scopo del nostro viaggio era traversare tutti gli 82 quattromila delle Alpi e per farlo avevo calcolato di impiegarci circa 40 giorni. Volevo sapere se in 33 giorni effettivi, con condizioni e meteo favorevole, fosse possibile salire tutte le vette più alte delle Alpi». Scrive così Silvestro Franchini nell’ampio articolo Lettere dai quattromila sul numero 126 di Skialper di ottobre-novembre. Silvestro, Guida alpina, insieme a Gabriele Carrara si è spostato da un capo all’altro delle Alpi riuscendo a salire e a volte anche a sciare 69 vette di quattromila metri. Più che un’impresa, una vacanza diversa, a bordo di un vecchio furgone Volkswagen. Una vacanza non certo aiutata dal meteo: «le condizioni meteo di questa primavera sono state pessime, tanto da costringerci a fermarci per ben 18 giorni. Però, essendo riusciti a fare quello che abbiamo fatto con questo meteo, credo di potere affermare che non mi sbagliavo: in 40 giorni alpinisti con il nostro allenamento avrebbero davvero potuto completare senza eccessive difficoltà la salita degli 82 quattromila delle Alpi» aggiunge Franchini. Un viaggio nella natura alpina, ma anche un viaggio interiore. «Sembrerà strano ma ho imparato di più dalle 13 cime che abbiamo saltato piuttosto che dalle 69 che abbiamo raggiunto e che si sono concesse. Porterò sempre con me l’insegnamento di saper rinunciare umilmente di fronte alla forza della natura, consapevoli che è la montagna che si concede» scrive Gabriele Carrara, Aspirante Guida alpina che nel ventaglio di cime è riuscito a inserire anche una integrale di Peuterey.
Dal mare dell'Abruzzo alla Majella in meno di 14 ore
«Sono cresciuto con la scuola, il calcio e il mare, volgendo lo sguardo all’orizzonte, verso Est, verso il mare. Alla montagna ho sempre dato le spalle e per me non era nient’altro che parte del landmark del mio territorio. Quando avevo 12 anni, dopo una settimana verde a San Martino di Castrozza, la mia vita è cambiata. Rientrati a casa, io e mio padre abbiamo iniziato a raccogliere informazioni sulla nostra montagna, abbiamo scoperto che sulla Majella ci sono oltre 700 chilometri di sentieri e iniziato a frequentarla. Sì, nostra. Da quel momento l’abbiamo chiamata così, con gelosia e orgoglio, quando ne parlavamo con i forestieri. Il mio sguardo non era più rivolto a Est, ma a Ovest, verso la mia montagna». E così Alex Tucci proprio su quella montagna ha pensato di inventarsi un exploit, partire dal mare dell’Abruzzo per raggiungerla e poi tornare al mare. Per dimostrare che si può fare mare e montagna nello stesso giorno. La partenza all’alba, con le scarpe da running, da Fossacesia Marina, lo scorso 4 agosto. Poi a un certo punto ha calzato le scarpe da trail ed è salito fino agli oltre 2.700 metri del Monte Amaro, per fare ritorno a Fossacesia Marina dopo 13 ore e 55 minuti, cioè prima del tramonto. Centoventi chilometri con 3.000 metri di dislivello positivo. Missione riuscita e sul numero 126 di Skialper di ottobre-novembre documentiamo Mare Amaro con un ampio reportage tutto da leggere e da guardare.
Kilian vince le Golden Trail World Series, secondo Magnini
È stata scritta la parola fine sulla lunga stagione delle Golden Trail World Series. La finale all'Annapurna Trail Marathon, in Nepal, ha incoronato campione overall Kilian Jornet davanti a Davide Magnini e Stian Angermund-Vik (identiche le posizioni anche nella finale nepalese), mentre tra le donne la vittoria è andata a Judith Wyder su Silvia Rampazzo e Ruth Croft (nella classifica di gara al terzo posto c'è invece Meg MacKenzie). La gara himalayana misurava 42 km e 3.560 metri di dislivello.
Hélias Milleroux: «mi piace stare in montagna»
Le vere avventure dovrebbero avere una parte riservata alle incognite e all’improvvisazione. È quello che cerca Hélias Millerioux, lo si legge nei suoi occhi. Guida, alpinista, sciatore, soli 32 anni e un curriculum top con ottomila, ascensioni di alto livello in giro per il mondo, discese estreme, spedizioni e viaggi nei quattro continenti per esplorare i luoghi più verticali del pianeta. Insieme a Frédéric Degoulet e Benjamin Guigonnet, Hélias Millerioux nel 2018 è stato insignito dl Piolet d'Or in seguito alla loro nuova linea sulla parete Sud del Nuptse: 2.200 metri di ghiaccio e roccia, terreno tecnico a oltre 7.000 metri. Nell’ultimo inverno, dopo avere partecipato l’anno precedente alle riprese del film Zabardast, eccolo sul Mount Logan, nello Yukon. Andrea Bomida l’ha intervistato per noi sulle nevi del Monte Bianco, ecco una piccola anticipazione. L’articolo completo è sul numero 126 di Skialper di ottobre-novembre.
A proposito di sci, il Mount Logan di quest’anno?
«L’idea del Mount Logan, 5.959 metri, in Yukon, mi frullava in testa fin da prima: volevo un’avventura. È la montagna più alta del Canada, la seconda in Nord America dopo il Denali, ed è molto vicina al confine con l’Alaska. Nel corso di un’altra spedizione avevo visto quel fiume di ghiaccio: volevo risalirlo, scalare, sciare. Qualcosa di divertente e allo stesso tempo avventuroso. Per il Logan avevamo una mappa, un punto di inizio e uno di fine: il resto spettava a noi! Alla partenza eravamo io, Thomas Delfino, Alexandre Marchesseau e Grégory Douillard, una guida fluviale, visto che volevano tornare scendendo il fiume sul lato opposto della montagna fino al mare e su una canoa fino ad allora avevo passato solo un pomeriggio in vita mia. Abbiamo deciso di partire dal Malaspina Glacier dopo essere atterrati a Yukutat. Piccolo aneddoto: il secondo giorno uno sciamano locale è venuto per scacciare gli spiriti cattivi che aleggiavano su di noi: pare che il giorno prima ci fosse stata una curiosa coincidenza tra il canto di un uccello e l’abbaiare di un cane, segno di grande sventura, o almeno qualcosa del genere. È un ghiacciaio enorme, guarda questo punto sulla cartina, sembra stretto: beh, saranno dieci chilometri!. Siamo partiti con una slitta e zaini da 35 chili per ciascuno con l’idea di stare fuori più di un mese e mezzo. Avevamo programmato otto giorni fino al campo base, ma ne abbiamo impiegati il doppio. Siamo arrivati in un punto dove il ghiacciaio, largo quasi 15 chilometri, era insuperabile, un dedalo di crepacci che con le nostre slitte trainate a sci ci avrebbe richiesto troppo tempo e altrettanti rischi. Siamo riusciti a superarlo risalendo delle montagne sui suoi fianchi: sulla mappa erano definite hill, colline. Ma ci sono voluti due giorni. Abbiamo deciso di salire e provare a sciare la Cresta Est del Mount Logan: ci abbiamo impiegato dieci giorni ed essere lenti ma continuare a salire anche con tempo non ottimale è stata una delle chiavi del successo. L’altra è stata la decisione di costruire sempre delle grotte nella neve per i bivacchi. In cave fa più caldo, non c’è il pericolo che il vento te la rovini e sei protetto dai pericoli: è stato vincente e, una volta rodati, ci impiegavamo solo un paio d’ore a costruirla con delle buone pale in alluminio! Una volta in cima, siamo scesi per l’itinerario di salita. Una cresta prima immensa e poi un filo che s’insinua in una parete di seracchi. L’ho percorsa tutta in sci a eccezione di due sezioni troppo affilate, per un totale di trecento metri lineari».
Berg Trail, c'è ancora tempo per iscriversi alla gara del 3 novembre
Tutto pronto per il Berg Trail del prossimo 3 novembre. La gara, inizialmente prevista il 20 ottobre, è stata rinviata a causa della concomitanza del campionato di e-bike su buona parte dei sentieri, concomitanza purtroppo comunicata agli organizzatori solo poche settimane fa a fronte di una manifestazione in calendario già da sette mesi. Per chi non si era iscritto alla gara di Bergeggi, sulla spettacolare costa della provincia di Savona, rimane dunque ancora qualche giorno, mentre per gli iscritti del 20 ottobre che non potranno partecipare è previsto il rimborso. Due le gare in calendario, la 31k/1.480 m D+ e la 17k/1.780 m D+.
Iscrizioni:
Link per iscriversi alla 31k:
http://www.bergteam.it/iscrizioni/bergtrail/
Link per iscriversi alla 17k:
http://www.bergteam.it/iscrizioni/bergtrail-17k/
La scatola magica
«Fiona, si chiama. Volevamo darle il nome di una donna grande. Fiona è una Ford F250 4x4 del 1996 con in groppa uno slide in camper degli anni Ottanta. Abbiamo percorso più di 20.000 chilometri attraversando la foresta boreale e le montagne di British Columbia, Alberta e Alaska. In inverno. Fiona è stata la nostra casa per otto mesi. Io ed Hector ci eravamo appena innamorati. Non avevamo vissuto da nessun’altra parte insieme, eravamo quasi due sconosciuti. Lui era in Cile e io in Italia. Devo andare in Canada. Vengo con te!. Se dopo otto mesi in un camper saremmo ancora andati d’accordo, ci saremmo pure potuti sposare un giorno». Comincia così il racconto di Elena Adorni degli otto mesi passati tra le Montagne Rocciose. Da Revelstoke e dal mitico Rogers Pass, da Golden fino a Valdez, meta finale di un pellegrinaggio alla scoperta dello sci di montagna. Un viaggio nella natura selvaggia, un viaggio esteriore e interiore nel paradiso del backountry fatto di incontri, powder e panorami unico. Il reportage di 11 pagine è sul numero 126 di Skialper di ottobre-novembre.
Benedikt Böhm: salita e discesa dal Dhaulagiri VII in meno di otto ore
Benedikt Böhm, general manager Dynafit, il 15 ottobre ha raggiunto il Dhaulagiri VII (Nepal) fissando un nuovo record: partito dal campo base (a 4.903 metri) ha raggiunto la cima a 7.246 metri impiegando solo 6 ore e 6 minuti. Una volta raggiunta la vetta, è poi sceso con gli sci ai piedi ed è tornato al campo base dopo un totale di 7 ore e 53 minuti. Padre di tre figli, ha dedicato questa sua salita in stile speed a una buona causa. Prima di volare verso il Nepal ha infatti lanciato l’iniziativa United for Himalayan Kids. Dynafit ha creato una fascia dedicata all’iniziativa, venduta durante la spedizione al prezzo di 10 € nell’online shop. La vendita della fascia ha fruttato finora 7.530 euro. Il ricavato sarà utilizzato per un progetto scolastico in Nepal in collaborazione con l’associazione Nepal-Medical-Careflight.
Il Dhaulagiri VII, chiamato anche Putha Hiunchuli, è la cima ovest della catena Dhaulagiri Himal, situata nel nord-ovest del Nepal. Partendo da Dunai, ultimo luogo di civilizzazione, Böhm e la sua squadra si sono messi in marcia per una camminata di cinque giorni verso il campo base. Trascorsa una notte nel ‘campo base tedesco’ (a 4.500 metri) il gruppo ha raggiunto, dopo nove giorni in tutto, quello posto a 4.903 metri. Dopo qualche giorno di acclimatamento, alle 4.17 della mattina del 15 ottobre Benedikt Böhm ha iniziato la salita con gli sci verso la vetta, dal lato nord. Partito dal campo base, a 4.903 metri, dopo 6 ore e 6 minuti ha raggiunto la sua destinazione a 7.246 metri, per poi tornare nuovamente con gli sci al campo base. Il quarantaduenne ha percorso 20,06 chilometri (con un dislivello di 2.469 metri) in 7 ore e 53 minuti, mantenendosi al di sotto dell’obiettivo prefissato di otto ore.
«Il Dhaulagiri VII, con il suo immenso versante innevato, è una montagna fantastica per lo scialpinismo - racconta Böhm -. Le condizioni della neve hanno però rappresentato una sfida: da quella crostosa a quella, in alcuni passaggi, ghiacciata. Le temperature erano freddissime e ciò ha contribuito, insieme all’altitudine, a farci trascorrere notti inquiete prima della partenza per la vetta. Sono molto felice di avercela fatta in meno di otto ore, ma questa salita in stile speed mi ha portato ai miei limiti fisici. La testa è sempre ciò che di più conta, e la consapevolezza di portare avanti una spedizione per una buona causa dà sempre un’ulteriore motivazione. Un sentito ringraziamento a chi ha sostenuto l’iniziativa United for Himalayan Kids, dando quindi l’accesso ai bambini a un’istruzione valida». Tramite la vendita della fascia in edizione limitata sono stati finora raccolti 7.530 euro e l’iniziativa proseguirà fino al 21 ottobre. Il ricavato della vendita sarà devoluto al 100% a un progetto scolastico di iniziativa privata in Dandaphaya (in Humla), una delle regioni più povere del Nepal. Qui l’associazione Nepal-Medical-Careflight, con sede a Pfronten im Allgäu (Germania), ha costruito una scuola e la gestisce con grande impegno e passione. La scuola elementare e media è frequentata oggi da oltre 200 bambini, e il centro annesso con infermeria per mamme e bambini offre alle famiglie bisognose l’accesso alle cure più urgenti. Un’altra scuola è in costruzione e sarà presto pronta. Il 24 ottobre, ad Allgäu, Benedikt Böhm consegnerà personalmente l’assegno con la donazione all’associazione.
Maggiori informazioni su questa iniziativa benefica sul sito: https://www.dynafit.com/expedition-dhaulagiri-7
Avventure kirghize
«Mi capita spesso di sorvolare il planisfero con l’occhio satellitare di Google. Durante queste perlustrazioni mi spingo avanti il più possibile, ma l‘immagine zoomata dall’occhio virtuale presto diventa sfocata. Oltre può proseguire solo l’immaginazione, addentrandosi tra le pieghe della terra, fantasticando su posti remoti e misteriosi. Lascio alla fantasia il compito di appagare la curiosità e ricercare tutti gli stimoli che la tecnologia non può raggiungere, stimoli che solo viaggiando fisicamente si possono percepire e che danno la possibilità di arricchirsi di sensazioni ed emozioni nuove. Il viaggio per me è ispirazione e libertà totale di muoversi, lasciando che sia la natura con cui si entra in armonia a determinare la rotta da seguire». Inizia così l'articolo di Pietro Mercuriali sul numero 126 di Skialper di ottobre-novembre. E quella natura con cui si entra in armonia ha determinato che la rotta doveva essere diretta verso il Kirghizistan, più precisamente valle del fiume Burkhan, nel Tien Shan. Così, insieme al padre che non aveva mai messo piede fuori dall'Europa ed era poco avvezzo alle notti in tenda, Pietro ha salito e sciato vette di quattromila metri inviolate, dormito in centri termali abbandonati e condiviso il silenzio e la solitudine con i pastori kirghizi e gli yak. Tra le vette raggiunte l'Angera Too, il Choku Giorgio, il Choku Bona, il Choku Max e il Lambda Peak, tutti oltre i 4.000 metri. Un'avventura da non perdere, proprio bello spirito... torno subito.