Le tende Ferrino in prima linea nell'emergenza Covid-19

C’è un marchio che alpinisti e appassionati di outdoor conoscono bene che in questi giorni di emergenza è particolarmente attivo. Ferrino, infatti, in 150 anni di attività,  ha sviluppato un grande know-how nel progettare e produrre tende e prodotti per l’emergenza, oltre che per il tempo libero. Sono molte le organizzazioni umanitarie nazionali e internazionali con le quali collabora dal Ministero degli Interni alla Protezione Civile Italiana, passando per alcune agenzie importanti delle Nazioni Unite come Unicef, Unhcr, World Food Program, fino alla Croce Rossa e alcune importanti ONG come Medecins sans Frontieres e Save the Children.

Nelle ultime settimane a San Mauro Torinese si è lavorato a pieno ritmo, nel rispetto delle disposizioni per la sicurezza, per la confezione delle tende che vengono  attualmente impiegate  all’esterno degli ospedali per effettuare un primo screening sui pazienti che arrivano al pronto soccorso, così da poterli incanalare nei giusti flussi prima di farli accedere alla struttura ospedaliera. L’ultimo progetto riguarda l’unità di crisi dell’ASL di Cuneo: 18 tende con percorsi di collegamento protetti, dotate di teli ombra e impianti elettrici, progettate per riprodurre un’intera struttura ospedaliera: triage, sala attesa, camera pre-operatoria ed operatoria, sala per nascite, laboratorio RX, camera mortuaria, oltre a dormitori con camere interne con posti letto, bagni e docce. Una struttura gemella di quella attualmente operativa in Mozambico.


Nadir Maguet, il Mago trasformista

Nadir, allora, sei uno scialpinista o uno skyrunner?

«Me lo chiedono in tanti adesso. Ma, come in tutte le cose, ci sono sempre delle novità. Ho iniziato con lo sci di fondo, poi ho scoperto il biathlon, diventando anche campione italiano Ragazzi. Ho provato, per un anno, pure il calcio e non andavo male: volevano farmi fare un provino per il Torino, ma non mi piaceva l’ambiente. Così grazie a Teto Stradelli, che era mio compagno di scuola e faceva già gare di skialp, ho provato sci e pelli e ho sfidato mio padre nel vertical notturno del paese: se l’avessi battuto mi avrebbe comprato l’attrezzatura, che per quell’occasione mi ero fatto prestare. Inutile dire come è andata e che grazie a Marco Camandona ho iniziato ad allenarmi con lo sci club Corrado Gex. Ricordo ancora quella volta al Trofeo Vetan quando mi ha insegnato i cambi di assetto sull’asfalto, pochi minuti prima del via. Poi dai vertical sono passato alle individual e in estate ho iniziato a fare prove di sola salita per allenarmi, infine la salita ha lasciato posto anche alle skyrace, perché sono molto simili a una gara di scialpinismo. E così siamo arrivati all’estate scorsa quando ho deciso di partecipare alle Golden Trail Series e di fare la mia prima gara di quasi quattro ore, a Chamonix. Un’altra novità».

© Chiara Redaschi

Per la cronaca Nadir Maguet nel 2019, dopo avere collezionato il secondo posto alla Marathon du Mont Blanc e alla Dolomyths di Canazei e la vittoria alla Ring of Steal, presentandoti al secondo posto alle finali, dietro a quel Kilian che ha avuto davanti anche alla skyrace dei Mondiali scozzesi, nel 2018, ha dovuto ritirarsi, chiudendo al quinto posto. E una stagione a così alto livello ci ha fatto venire voglia di andare a casa sua, a Torgnon, proprio per capire qual è la vera anima del Mago. Abbiamo fatto gli ultimi tornanti prima del suo pied-a-terre sotto una fitta nevicata, pochi giorni prima del lockdown. Saremo riusciti a capirlo? Per leggere l’intervista integrale dovete comprare Skialper 129 di aprile-maggio. Però vi anticipiamo cosa pensa dei tre mondi che ha frequentato, potrebbe essere un indizio. Potrebbe…

© Chiara Redaschi

Scialpinismo, trail e skyrunning sono tre mondi molto vicini, con fatica e dislivello al centro: sono più i punti in comune o le differenze?

«Più che in generale tra i tre sport, farei una distinzione tra le Golden Trail Series e il resto, soprattutto su come sono gestite e comunicate. Prendi per esempio la Coppa del Mondo di scialpinismo: si corre con poco pubblico e per gli atleti non c’è visibilità. Alle Golden Trail Series ti intervistano prima e dopo la gara, producono un video per ogni tappa dove fanno vedere i momenti più importanti con la voce dell’atleta a commentare, c’è un live streaming. E poi la formula della finale alla quale partecipano solo i primi dieci, portando anche un accompagnatore, ti fa vivere a stretto contatto con gli altri, fino alla gara c’è un bello spirito, quasi di vacanza, mentre nelle altre occasioni sei sempre solo».

Skialper 129 è in distribuzione in edicola, oppure puoi ordinare la tua copia qui


Acquistando su ortovox.it si sostengono i negozi specializzati

Il commercio al dettaglio è una delle attività che sta soffrendo di più in questo momento di lockdown, mentre a beneficiarne sono le vendite online. Una situazione che mette a rischio la riapertura di tante attività. In soccorso dei punti vendita specializzati del settore outdoor arriva Ortovox con una campagna, già attiva da alcuni giorni, di sostegno ai rivenditori locali, invitando tutti gli appassionati che hanno intenzione di acquistare prodotti sul sito ortovox.it, a scegliere un rivenditore autorizzato da una lista presente nella pagina della campagna.

Al rivenditore selezionato - tramite un codice individuale presente sulla lista e che il cliente deve inserire nell’ordine online - verrà riconosciuto da Ortovox il 25% dell’ammontare totale dell’ordine. Ai clienti, oltre la soddisfazione di sostenere il proprio rivenditore locale di fiducia, che durante l’emergenza Covid-19 non può aprire il suo negozio, una fascia TEC Headband in omaggio, come ringraziamento dell’azienda per il sostegno dimostrato. La campagna è attiva in Germania, Austria, Francia, Regno Unito e Italia ed è rivolta ai rivenditori autorizzati Ortovox che partecipano alla promozione e si trovano elencati nelle liste ufficiali presenti sul sito ortovox.it.


Soul Silk, i diari della bicicletta

«Tornare a mettere gli sci è stato fantastico. Abbiamo lasciato i carretti a Kayseri e, sci in spalla, siamo saliti di primo mattino in bici fino al passo, a circa 2.000 metri, dove, seguendo le ultime lingue di neve, abbiamo iniziato a risalire le piste del comprensorio sciistico. Dopo alcune centinaia di metri di dislivello, abbandonate le piste, per alcuni avvallamenti e su dolce pendenza ci siamo via via portati ai piedi del pendio finale, maestoso e illibato. Il sole, complice l'esposizione a Est, stava già scaldando la neve, le condizioni erano ottimali e abbiamo iniziato a risalire il canale di accesso ai pendii soprastanti con numerosi dietrofront. La pendenza cresce in progressione dai 30° fino ai 40° finali per arrivare alla cresta sommitale che conduce brevemente alla vetta sciistica. Salire questo imponente vulcano con lo sguardo che pian piano spaziava a perdita d'occhio su tutta l'Anatolia fino a a lambire le coste del Mar Nero a Nord e del Mediterraneo a Sud è stata una sensazione che non potrò dimenticare, qualcosa di nuovo. Poi la discesa, su firn perfetto, con le nostre tracce a disegnare solitarie il ripido pendio sommitale. Arte del divertimento».

Salendo sull'Erciyes © Giacomo Meneghello

Con queste parole Giacomo Meneghello descrive la salita ediscesa dall’Erciyes, in Turchia. Una delle montagne salite e sciate nel corso della lunga avventura che da metà aprile a fine luglio del 2019 l’ha portato a pedalare da Livigno alla Cina, in compagnia dell’amico Yanez. Un viaggio incredibile: 9.700 chilometri, 90.000 metri di dislivello positivo, 12 Stati attraversati. Proprio quel soffio di avventura che tanto ci è mancato negli ultimi mesi. Durante Soul Silk Giacomo e Yanez hanno anche raggiunto la cima della Marmolada, del Mussala, in Bulgaria, e dello Yuhina Peak, un cinquemila vicino al Pik Lenin.

© Giacomo Meneghello

«Il nostro carretto durante il viaggio era un po’ come la borsa di Mary Poppins. E non ne abbiamo mai saputo il peso effettivo, stimato forse in circa 80 chili totali. Un ritrovato di tecnologia artigianale tanto funzionale e robusto quanto problematico per l'ingombro e la struttura pensata per renderlo facilmente chiudibile, ma proprio per questo difficile da svuotare» scrive ancora Giacomo. Nel carretto naturalmente anche artva, pala e sonda, ramponi, piccozza, casco, zaini, imbrago, corda, tenda e sacco letto.

© Giacomo Meneghello

L’avventura di Giacomo è diventata un diario di viaggio, con parole e foto, su Skialper 129 di aprile maggio. Quattordici pagine da sfogliare con calma, quattordici pagine che in un momento come questo hanno un valore diverso.

Samarcanda © Giacomo Meneghello
Al Pik Lenin © Giacomo Meneghello

Skialper 129 è in distribuzione in edicola, oppure puoi ordinare la tua copia qui

 


L'incredibile storia dell’attacchino che fa impazzire il mondo

«È un quadrilatero che ha come estremi Bad Haring, in Tirolo, Graz, in Stiria, il Monte Bianco e la Valtellina. Non c’è dubbio però che il caso abbia voluto che il Monte Bianco, il luogo che apparentemente centra meno con questa storia, sia stato determinante. Siamo agli inizi degli anni Ottanta. Uno studente di ingegneria di ritorno da una vacanza con un amico per arrampicare nelle Calanques passa da Chamonix. Guarda il Monte Bianco e, con quell’incoscienza tipica dei ventenni, non ci pensa due volte: perché non proviamo ad arrivare in vetta? I due scelgono di traversare dall’Aiguille du Midi, poi Tacul e Mont Maudit. Alla fine in vetta ci arrivano, ma devono battere traccia e quell’attrezzatura pesante – sci da due metri e attacchi da skialp con telaio – li distrugge più dell’intera vacanza nelle Calanques».

Inizia così l’articolo di Skialper 129 di aprile-maggio, in distribuzione a partire da questi giorni, che ripercorre la storia dell’attacchino. Un incredibile incrocio di coincidenze e incontri che ha portato un visionario come Fritz Barthel a creare un oggetto rivoluzionario ma poco compreso agli inizi. L’attacco che è diventato lo standard e ha in parte spinto lo skialp verso il boom è nato dall’intuizione e dalla testardaggine di uno studente di ingegneria, ma si è sviluppato grazie all’incontro con il mondo dello skialp race italiano, Fabio Meraldi e Adriano Greco in primis, e al rapporto, fin dagli inizi, prima che il marchio del leopardo delle nevi acquisisse i diritti esclusivi, con Dynafit. Parlando con i protagonisti di questa piccola rivoluzione abbiamo ricostruito tutti i passaggi, gli aneddoti, le variabili.

«Credo che i pin resisteranno ancora, ma la storia dice che i sistemi vengono sostituiti da altri sistemi migliori e dubito che sarò io a fare il prossimo passo, non è giusto che lo faccia un vecchio testardo: giovani, fatevi avanti!». Se c’è qualcuno pronto a raccoglierla, è bene che si legga prima di tutta la storia.

Un'immagine d'epoca di Fritz Barthel

Crazy lancia la mascherina fast & light per lo sport outdoor

Valeria Colturi e il suo staff l’hanno chiamata la prima sport mask fast & light. Oltre le parole, quella che Crazy, l’azienda valtellinese specializzata nell’abbigliamento sportivo funzionale, sta lanciando è proprio una mascherina studiata per la pratica dello sport outdoor. Infatti è stata studiata insieme alla Guida alpina Ivan Pegorari, incaricato dal Collegio Regionale Lombardo, in quanto anche sanitario, di predisporre le linee guida per il comportamento nella fase due in collaborazione con medici specializzati e ospedali lombardi.

Con tutta probabilità sarà obbligatorio usare la mascherina anche in molti contesti di sport in ambiente. «L’Istituto Superiore della Sanità spiega che l’obiettivo dei prossimi mesi per le persone che non hanno a che fare a livello professionale con malati sarà quello di limitare la gittata dei propri droplets e microdroplets, in pratica evitare di diventare fonte di contagio per gli altri» spiegano dall’azienda valtellinese. Il problema è che la mascherina chirurgica è inadatta all’attività sportiva, tanto meno outdoor. «La mascherina chirurgica, a contatto con acqua o sudore, si bagna, perdendo così la sua efficacia, inoltre non è riutilizzabile, né lavabile e in caso di uso sotto sforzo si appiccica alla pelle e può persino causare irritazioni».

L'interno con il filtro in TNT asportabile

La Sport Mask di Crazy dunque pesa 9 grammi ai quali aggiungerne 4 per il triplo filtro in TNT e ha nasello ergonomico e regolabile. Il filtro si fissa con velcro e può essere asportato quando c’è bisogno di più aria e meno protezione (in questo caso blocca i droplet più grossolani). Come la maschera, è lavabile oltre 20 volte con garanzia di tenuta 100%. Il cuore tecnologico è il trattamento con tecnologia svizzera HeiQ Viroblock (qui il sito aziendale con i test effettuati) che riduce la sopravvivenza dei virus e dei batteri sui tessuti ed è stata testata anche per i coronavirus, oltre che per la normale influenza. Inoltre Sport Mask ha un sacchetto di sicurezza con lo stesso trattamento per essere riposta senza pericoli per la salute dopo l’utilizzo. Va lavata a 50 gradi con sapone neutro e stirata per ripristinare l’effetto idrorepellente, va però ricordato che, in virtù del trattamento Viroblock, non è necessario lavarla tutte le volte, purché utilizzata e riposta seguendo le regole per un corretto utilizzo dei dispositivi di protezione individuale (qui il video tutorial dell'inail su come indossare correttamente una maschera). Non va lavata a secco né messa in asciugatrice. Il costo è di 15 euro e sarà disponibile in cinque tonalità in tinta unita e tre fantasie nello stile Crazy nei punti vendita che già collaborano con il marchio. Crazy durante le prime settimana di emergenza sanitaria ha già realizzato altre mascherine donate alla Protezione Civile.

 

Una delle fantasie Crazy

WESC 1991

«Iniziò entrando nel canale con curve saltate decise e pulite, con la neve che si sollevava accanto a lui. Gestiva gli sci con una precisione estrema, in coordinazione perfetta con il movimento delle braccia e dei bastoncini. Dove la maggior parte degli sciatori faceva una curva soltanto, derapando, Coombs ne faceva tre. Non attendeva, non aveva dubbi o esitazioni. Era come un torero nell’arena che invece di un animale teneva a bada un’intera montagna. Si spostò poi a sinistra, uscendo dal canale principale e superando la parte più esposta, costellata di rocce. Una caduta qui sarebbe stata fatale. Se cadi, muori. Il tempo rallentò nella sua mente. Ogni roccia gli si avvicinava al rallentatore, permettendogli di girargli attorno con precisione, senza mai fermarsi».

Questo brano è tratto dal libro Sulle tracce di Coomba di Robert Cocuzzo. Siamo al WESC, il primo Mondiale di sci estremo, in Alaska, nel 1991. Uno sconosciuto di nome Doug Coombs arriva a sfidare tutti i più forti sciatori di ripido dell'epoca. E sbaraglia la concorrenza su pendii dove ci sono stati anche ruzzoloni epici come quello di Garrett Bartelt con 17 capovolte.

https://youtu.be/2o8_61pHLzQ

Su Skialper 129 di aprile-maggio pubblichiamo un ampio articolo sulle performance di Coomba al primo WESC, con le fotografie dell'epoca del fotografo Wade McKoy. Se vuoi riceverlo direttamente a casa tua puoi sempre abbonarti.

Se vuoi conoscere l'incredibile storia di Doug Coombs, puoi comprare il libro pubblicato dalla nostra casa editrice.


Quattro posti nel Rookie Team Hoka One One

Rookie Team, l’avventura continua. Il progetto giovani di Hoka One One è pronto a ripartire con il passaggio di testimone da Marco De Gasperi a Franco Collé.
La selezione è riservata ai ragazzi tra i 18 e 22 anni. Per partecipare bisogna compilare il format online fino al 15 maggio.

Entro la fine di maggio saranno sciolte le riserve e resi noti i nomi dei 4 fortunati (ragazzi o ragazze) che entreranno a far parte del team 2020 affiancando i ragazzi già presenti nella passata stagione. Partecipazione a eventi mitici, team building, raduni, materiale tecnico di altissimo livello e non solo tra i plus. Un vero progetto per correre e crescere insieme. «I giovani sono il futuro - ha detto Franco Collé, ma spesso si approcciano al mondo dell’outdoor running in solitaria, da autodidatti. Ho quindi cercato di mettermi al loro posto e capire di cosa avessero bisogno perché questa esperienza possa essere proficua da ogni punto di vista. Oltre alla fornitura di materiale tecnico, faremo conoscere loro alcuni campioni del Team Hoka One One, con i quali potranno allenarsi e confrontarsi. Se il perdurare della pandemia non ci permetterà di portarli a delle gare clou, punteremo a dei meeting nei quali fare accrescere lo spirito di Team. Insomma, mi piacerebbe farli migliorare come atleti e come persone».


Bob Crowley nuovo presidente ITRA

Cambio al vertice dell’ITRA (International Trail Running Association) che ha annunciato lo scorso 14 aprile l'elezione dello statunitense Bob Crowley come presidente e la nomina di José Carlos Santos come direttore operativo. Bob, residente in California, è stato eletto all'unanimità presidente di ITRA dallo Steering Commettee dell'organizzazione. Sostituisce Michel Poletti, che ha rassegnato le dimissioni da presidente dopo aver co-fondato e guidato l'organizzazione per sei anni e mezzo. Bob è stato eletto nel comitato direttivo di ITRA nel 2019 e successivamente eletto nel comitato esecutivo. Ha iniziato a correre nel 1990. Nei due decenni successivi è stato finisher di oltre 100 gare di ultra distanza, tra cui Western States 100 Mile Endurance Run, Hardrock 100 negli Stati Uniti e Tor des Géants.

Bob è stato uno dei primi membri del Trail Animals Running Club (TARC) nel New England, USA, nel 1996 e da allora fa parte del comitato direttivo. Il numero dei membri iscritti è attualmente di circa 6.000 atleti e il Club organizza 12 eventi di trail running che coinvolgono migliaia di corridori ogni anno. Ha iniziato la sua carriera come imprenditore nel settore della televisione via cavo e successivamente nelle software house.

Il portoghese José Carlos Santos è stato nominato direttore operativo di ITRA e ne guiderà il team, oltre che seguire il lavoro quotidiano. José è uno dei membri fondatore di ITRA, oltre che membro del comitato esecutivo e del comitato direttivo sin dalla sua istituzione, nel 2013. José ha iniziato a correre nel 1995, partecipando presto a gare di ultra distanza come l'Ultra Trail du Mont Blanc. Santos è anche uno dei fondatori dell'Associazione portoghese di trail running (ATRP), nata nel 2012. Ha inoltre guidato la nazionale portoghese di trail ai primi Campionati del mondo di trail ed è stato nominato allenatore della nazionale dalla ATRP e dalla Federazione portoghese di atletica leggera, posizione che occupa ancora. José ha conseguito la laurea specialistica in Training Planning in High Performance and Sports Training Medicine presso la facoltà di scienze motorie.

José Carlos Santos

Anche Salomon produce mascherine

Salomon ha convertito il Prototype Center di Annecy per la produzioni di mascherine, per fare fronte alla grande richiesta del mercato francese. A seguire il comunicato ufficiale dell'azienda.

Si siedono un po' in silenzio, sempre ad almeno 2 metri di distanza, in una grande sala all'interno dell’Annecy Design Center (ADC) Salomon. Si tratta di uno staff di 10 persone, tutti specialisti nella produzione tessile con decenni di esperienza. Sono parte del team Soft Goods Prototype Center e normalmente questi progettisti, dal talento unico, realizzano prototipi per le linee future di prodotto: scarpe, giacche, scarponi da sci, zaini e altro ancora. Oggi questo Team specializzato sta realizzando mascherine protettive che, nelle prossime settimane, verranno utilizzate per la protezione dalla diffusione di COVID-19. Il loro obiettivo è consegnarne da aprile a giugno un quantitativo pari a 90.000. Di fronte alla carenza generalizzata di mascherine protettive nel Paese, il governo francese ha lanciato un appello alla propria industria tessile. Con gli strumenti industriali a disposizione, un'azienda francese chiamata Chamatex ha proposto una soluzione: mascherine tessili multistrato lavabili e riutilizzabili. Le mascherine sono certificate dalla DGA (Direction Général de l'Armement) e saranno destinate principalmente alle Amministrazioni e agli operatori industriali di tutti i settori. Poiché le richieste per le mascherine sono aumentate esponenzialmente negli ultimi giorni, Salomon ha ricevuto una chiamata da Gilles Reguillon, CEO di Chamatex, in virtù del rapporto tra le due aziende proprio per la capacità di Salomon di produrre prototipi di ogni tipo. Dopo cinque giorni dalla richiesta iniziale, i componenti del team Salomon erano alle loro postazioni, sempre presso l'ADC, pronti per realizzare le mascherine. «Chamatex è una società francese partner industriale di Salomon da oltre cinque anni» afferma Guillaume Meyzenq, Vice Presidente del settore Footwear di Salomon. «Abbiamo utilizzato la loro tecnologia MATRYX su alcuni dei nostri modelli di calzature premium. Condividono la nostra stessa passione per l'innovazione e hanno talenti unici per realizzare tessuti nuovi e rivoluzionari». Nonostante fosse desideroso di mettersi all’opera per contribuire ad aiutare la lotta alla diffusione del Covid-19, il Team Prototype Center di Salomon è stato costretto a rimanere a casa (come tutti in Francia nelle ultime settimane) per rispettare le restrizioni di sicurezza stabilite dal governo. La scorsa settimana, tuttavia, Salomon ha ricevuto la richiesta da Chamatex. «Durante una giornata normale, al mattino possiamo realizzare una scarpa prototipo che aiuta Kilian Jornet ad arrivare in cima all'Everest e nel pomeriggio un reggiseno sportivo per la nostra linea running» afferma Jean-Noel Thevenoud, che gestisce il laboratorio del Prototype Center, e aggiunge: «Questo è quindi un progetto diverso per noi, ma il Team ha voluto mettersi da subito in campo ed essere d’aiuto sin dall'inizio della crisi. Quando abbiamo ricevuto la chiamata la scorsa settimana, tutti eravamo pronti per iniziare. Ritorneremo presto a produrre attrezzature per outdoor, ma in questo momento siamo molto felici di poter usare le nostre abilità per aiutare in questa emergenza sanitaria».

 


In arrivo Skialper 129 di aprile-maggio

È una frase di Martin Luther King a contraddistinguere la copertina del numero 129 di Skialper di aprile-maggio, una frase che ben si adatta ai tempi che stiamo vivendo: «Può darsi che non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla». Un numero che avrebbe dovuto essere interamente dedicato all’agonismo e allo spirito agonistico, e lo è in gran parte, ma che l’emergenza ha costretto a cambiare leggermente, inserendo anche articoli di viaggio. Per non smettere di sognare. 176 pagine tutte da leggere e da guardare, in distribuzione a partire dal 21 aprile.

COSA RESTERÀ DI QUEI FORMIDABILI ANNI ’90 - Nel giro di poco più di un decennio, con la nascita dello skyrunning, si è imposto il concetto di fast & light che è alla base del nostro andare in montagna e di sport meno estremi come il trail. Ripercorriamo gli anni d’oro di quell’intuizione, con le prime gare sul Monte Bianco e quelle in Himalaya, gli studi scientifici e le foto dell’epoca.

AVEVAMO TUTTO E NON LO SAPEVAMO - Poco conosciuta, la Valle Gesso è stato il luogo dove, inconsapevolmente, abbiamo vissuto l'entrata dell'Italia nel lockdown del Covid-19. E dove ci piacerebbe tornare per la prima sciata. Un reportage esclusivo e autoprodotto, firmato da Federico Ravassard, da uno dei luoghi più selvaggi d’Italia, ideale per lo scialpinismo esplorativo.

SOUL SILK - 9.700 chilometri, 90.000 metri di dislivello positivo, 12 Stati attraversati. Per pedalare dall’Italia alla Cina, raggiungere (spesso sciandole) le montagne più belle e vivere quel soffio di avventura che tanto ci è mancato negli ultimi mesi. Il diario di un viaggio indimenticabile, con testi e foto di Giacomo Meneghello.

AFGHAN SKI CHALLENGE - Quando si porta il fucile con la disinvoltura di una borsa e le priorità della vita sono molto diverse da quelle a cui siamo abituati, anche una gara di scialpinismo diventa l’occasione per divertirsi senza troppe pretese. Ieri come oggi. Un reportage dall’Afghanistan firmato da Ruedi Fluck.

MONSIEUR MEZZALAMA - Adriano Favre è il signorsì della gara di scialpinismo più famosa del mondo. Ma è anche rifugista, soccorritore, himalaysta, Guida alpina, gestore di rifugio, sviluppatore di prodotti per Ferrino. A tu per tu con un personaggio davvero poliedrico.

SKIALPER AMARCORD - Enrico Marta, fondatore di Skialper, ha seguito la parabola dello skialp race dagli esordi e ricorda alcuni degli episodi più curiosi, dai primi exploit di Kilian e Roux, alle funamboliche prestazioni di Giacomelli. Con le foto dell’archivio della nostra rivista.

L’ANNO ZERO - 1989: Fabio Meraldi e Adriano Greco, insieme a Valeria Colturi, partono dall’abbigliamento per lo sci di fondo per creare la tutina che ha fatto la storia dello skialp agonistico.

L’INCREDIBILE STORIA DELL’ATTACCHINO CHE FA IMPAZZIRE IL MONDO - Una serie di coincidenze ha permesso di sviluppare un’idea rivoluzionaria che dalle gare si è velocemente imposta come lo standard dello scialpinismo. Ecco come è nato e si è sviluppato l’attacco a pin, con le testimonianze dei protagonisti e le foto dei primi prototipi.

QUELLI DELLA NOTTE - 240 atleti, 80 volontari, 30 chilometri di percorsi da preparare in meno di un’ora e da disallestire entro l’alba: dietro alla Monterosa Skialp c’è una macchina organizzativa complessa, che lavora tutto l’anno per un evento di qualche ora. Curiosità e le spettacolari foto di Stefano Jeantet dell’ultimo evento agonistico top che si è disputato.

WESC 1991 - Per anni in Alaska è stato organizzato il Mondiale di sci ripido. Alla prima edizione uno sconosciuto sciatore di Jackson Hole ha sbaragliato la concorrenza. Si chiamava Doug Coombs. Il racconto di Robert Cocuzzo, che ha scritto un bellissimo libro su Coombs, illustrato dalle foto di quell’edizione del WESC del fotografo Wade McKoy

GO WITH THE FLOW - Dopo il terzo Freeride World Tour Arianna Tricomi è sempre più la freeskier del momento, ma il suo successo è frutto di un background che va dallo sci alpino alla prima scena freestyle, quella di chi il kicker lo costruiva con le proprie mani. Perché la passione per lo sci viene prima di tutto. Alberto Casaro l’ha incontrata poco prima del lockdown

NADIR MAGUET, IL MAGO TRASFORMISTA - Prima fondista, poi biathleta, scialpinista. E ora dobbiamo chiamarlo skyrunner? Per capirlo siamo andati a trovarlo a casa sua.

DOLOMITI HALF MARATHON EXPERIENCE - La mezza maratona dell’Alpe di Siusi e del Sassolungo non sono solo due delle gare più belle tra i Monti Pallidi, ma percorsi unici da provare tutta l’estate. Ognuno al proprio ritmo, magari fermandosi per una pausa in una delle tante baite gourmet lungo il percorso.

MUST HAVE - Le chicche per chi ha lo spirito agonistico dentro, che sia con una tutina, un pettorale in una gara di trail o dei padelloni ai piedi in un contest di freeski. Pagine da sfogliare tenendo ben lontana la carta di credito…

E NON FIISCE QUI - Il consueto appuntamento con il portfolio fotografico, un approfondimento sulla Workstation di ATK Bindings e sulle anteprime Dynafit per il prossimo inverno in chiave skialp race, opinioni e tanto altro.


Gruppo Alpinistico Gamma di Lecco: un libro per aiutare gli ospedali della provincia

La provincia di Lecco è molto vicina all'epicentro del contagio di Covid-19, nel cuore della Lombardia, e le sue strutture sanitarie sono state travolte dallo tsunami dell'emergenza. Basti pensare che in uno dei due ospedali locali, quello di Merate, che si trova a poche centinaia di metri da una delle case che in queste settimane si è trasformata in una delle tante redazioni di Skialper sparse per il Nord Italia, a marzo 2020 sono decedute 214 persone contro le 37 di marzo 2019. Ora il Gruppo Alpinistico Gamma di Lecco lancia un'iniziativa di supporto alla raccolta di fondi 'Aiutiamoci', ideata dalla Fondazione Comunitaria del Lecchese a sostegno dell'azienda socio sanitaria locale, iniziativa che ha già raccolto quasi 4 milioni di euro di donazioni. Il Gruppo ha deciso di mettere in vendita 30 copie del bel libro che racconta la storia di questo sodalizio alpinistico ai piedi del Resegone a un prezzo di base d'asta di 50 euro. Ogni copia avrà una dedica speciale. Per informazioni: info@gruppogammalecco.com