Salewa-Oberalp fornisce oltre 16 milioni di mascherine e materiale sanitario alla Protezione Civile e alla Provincia di Bolzano

Ci sono anche aziende del mondo outdoor impegnate in prima linea nella battaglia contro il Covid-19. Quello che è riuscita a fare Salewa, controllata da Oberalp, in sole due settimane è uno dei tanti miracoli del mondo dell'imprenditoria per aiutare ad affrontare l'emergenza sanitaria, grazie alla riconversione dell'impianto tessile di Montebelluna per la produzione di mascherine e camici con gli scarti di produzione e al trasporto dalla Cina di altri milioni di mascherine. Riportiamo di seguito il comunicato ufficiale dell'azienda.

«Siamo abituati ad assumerci le nostre responsabilità, non solo per i nostri dipendenti e consumatori, ma anche per la società in cui viviamo e lavoriamo - spiega Heiner Oberrauch, Presidente del Gruppo Salewa-Oberalp - In tutta Italia, come nel territorio della nostra sede a Bolzano, c’è un’emergenza nella emergenza, rappresentata da una forte carenza di dispositivi medici di protezione per il personale che tratta i pazienti affetti da COVID-19. Per rispondere in tempi brevissimi alla necessità del Servizio Sanitario dell’Alto Adige, abbiamo iniziato a cucire mascherine e camici protettivi idrorepellenti presso la nostra filiale a Montebelluna, riutilizzando i materiali di scarto delle nostre produzioni». La produzione settimanale di 50.000 mascherine in cotone misto poliestere e 800 camici protettivi in Gore-Tex® e PowerTex, tessuti tecnici normalmente utilizzati per le giacche da alpinismo, ha permesso alle strutture mediche dell’Alto Adige di affrontare l’emergenza più immediata di mancanza di materiale. Allo stesso tempo, attraverso il proprio partner licenziatario Salewa nella città cinese di Xiamen (Cina), il Gruppo Salewa-Oberalp ha potuto ordinare un totale di 16,5 milioni di mascherine protettive chirurgiche e KN95 e 600.000 camici protettivi, di cui 1,5 milioni di mascherine sono state ordinate dalla Provincia Autonoma di Bolzano, mentre ulteriori 15 milioni di mascherine dalla Protezione Civile Statale. In stretta collaborazione con le autorità sanitarie e la Protezione Civile, si sono aperte più vie di trasporto aereo da utilizzare per la consegna del volume gigantesco di oggetti. Il materiale è stato trasportato dalla Cina a Vienna grazie a una collaborazione unica nel suo genere con Austrian Airlines e il governo austriaco. Con un'azione straordinaria, due Boeing 777 per uso commerciale sono stati utilizzati per trasportare la prima spedizione, e tutti i sedili della cabina passeggeri sono stati riempiti di cartoni. In questo modo la Provincia Autonoma di Bolzano e la Protezione Civile Statale riceveranno questo materiale sanitario di cui hanno urgentemente bisogno e che aiuterà a salvare delle vite umane, per la via più veloce che si è potuta trovare. Il trasporto con gli aerei messi a disposizione da Austrian Airlines sarà possibile per tutto il tempo necessario e potrà continuare a portare materiale sanitario in Italia ed Europa. La Protezione Civile Statale invece è riuscita ad organizzare un aereo cargo Antonov AN123, con oltre 1.000 metri cubi di capacità di carico. «La competenza nella produzione di abbigliamento per lo sport di montagna per i nostri marchi Salewa, Dynafit, Evolv, Pomoca e Wild Country, l’organizzazione logistica, la rete di consolidati rapporti internazionali e la capacità di agire rapidamente, sono stati gli elementi che ci hanno permesso di dare un contributo attivo per affrontare l’emergenza» spiega Christoph Engl, Amministratore Delegato del Gruppo SalewaOberalp. L’impegno del Gruppo Salewa-Oberalp continuerà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Gli aerei messi a disposizione da Austrian Airlines sono stati pragmaticamente trasformati in aerei da carico per rendere possibile il trasporto di questo prezioso materiale sanitario per tutto il tempo necessario. In questo modo sarà possibile spedire i necessari dispositivi di protezione alle istituzioni pubbliche e sanitarie. «Questa è una nuova dimensione dell’impegno in ambito di sostenibilità e responsabilità sociale del Gruppo Salewa-Oberalp - conclude Heiner Oberrauch - che mai ci saremmo immaginati di attuare due settimane fa. Come azienda privata abbiamo potuto mettere a disposizione risorse e rapidità di intervento per anticipare tutti i costi per le istituzioni pubbliche, organizzando anche i permessi ufficiali per i trasporti in Cina e verso la destinazione finale. Il nostro dipartimento di logistica si occuperà della distribuzione del materiale per conto del Servizio Sanitario dell'Alto Adige, riorganizzando il proprio carico di lavoro e aumentando il numero di turni».


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Kamchatka, la penisola di fuoco

In questi giorni in cui siamo costretti a casa abbiamo pensato di proporvi qualche articolo sui viaggi più belli pubblicati da Skialper. Per tornare presto in questi incredibili luoghi. 

Non è un bel gioco il Risiko. Non è istruttivo conquistare territori a destra e a manca a colpi di dadi e carrarmatini. Sono assolutamente convinto che esistano strumenti didattici migliori per studiare la geografia; anzi, la geografia la si dovrebbe studiare a partire dai fiumi, dalle montagne, dai mari, dai boschi, dalle pianure, dalle spiagge, dalla neve. Pensate che meraviglia un mappamondo della neve. Ad ogni modo, l’unico merito che si può riconoscere al Risiko è che tutti si ricordano della Kamchatka!

Io l’avevo già visitata, circa dieci anni fa, feci una vacanza di heliski. Si dormiva in città, a Petropavlovsk, si passavano ore in un hangar ad aspettare il bel tempo e, se poi eravamo fortunati, ci trovavamo su qualche pendio senza sapere esattamente dove. Elicotteri enormi, oblò piccoli, 25 persone: una funivia con le pale. Non mi era piaciuta l’esperienza nel suo insieme, ma la Kamchatka sì. La natura è meravigliosa e meritava un’altra chance. Così dopo qualche anno un bel gruppo compatto si è materializzato al check-in e siamo partiti alla conquista di questa terra lontana e misteriosa con in spalla un paio di sci, segno inequivocabile del nostro obiettivo: sciare. La penisola della Kamchatka è costellata da un’infinita catena montuosa dalla quale si ergono vulcani di tutte le dimensioni. Non sono tutti uguali: i crateri a volte si slanciano verso il cielo, quelli a cono, e non sono facilissimi da risalire. Anzi, più ci si avvicina al cratere, più è ripido e ghiacciato. Ci sono vulcani che implodono, creando caldere enormi.

In altre occasioni geyser e fumarole compaiono qua e là, rendendo la montagna più viva che mai e facendo capire che lì sotto c’è un cuore pulsante, ribelle e pronto a eruttare come un bambino dopo un sorso di Coca Cola. Vale veramente la pena sciare un vulcano: l’esposizione costante del pendio fa sì che le sciate siano infinite, non esistono punti intermedi dove fermarsi, si parte e si va... Le distanze tra i vulcani e l’enorme spazio che c’è intorno farebbero impazzire chi è affetto da agorafobia, queste distese bianche sono il sogno dello sciatore, ma gli avvicinamenti sono un po’ utopici senza qualche aiutino meccanico. Le motoslitte ci sono venute in aiuto e non poco, i dislivelli, importanti, superano i 2.000 metri e quelli non ce li ha regalati nessuno. È bella la Kamchatka vissuta lentamente, immersi nel nulla. In questi dieci anni la ruggine in paese non è cambiata, i sottomarini nella baia di Petropavlosk girano più indisturbati di prima, il mercato del pesce ha messo un tetto e si sono sviluppati dei lodge in luoghi remoti. Questa è la grande differenza, poter vivere nella natura senza dover ripassare dal via ogni notte.

La nostra sete di avventura ci ha portato oltre i lodge, a raggiungere un rifugio futuristico piazzato tra crateri fumanti. Eravamo ancora più isolati. Un giorno, durante una risalita, ci siamo imbattuti in un nugolo di elisciatori: l’elicottero è lo stesso di 50 anni fa, ma ridipinto. Sciatori e Guide, vestiti da mazinga della powder, che non c’è a maggio, erano più antipatici del solito. Sarà per il loro accento con la r moscia o perché ci chiedevano dei soldi solo per guardarli… l’incontro, che a volte è piacevole, questa volta proprio no lo è stato. Vabbè, godiamoci i vulcani, la natura che bussa alla nostra porta, tramonti pazzeschi e la nostra compagnia, senza la quale non vale la pena arrivare fin qua.

Paolo Tassi

 

Ruggine e geyser

Il bianco della neve e delle fumarole e il marrone delle vecchie strutture metalliche sono i colori predominanti di una vacanza con sci e pelli dove le distazne obbligano a usare motoslitte e fuoristrada per gli avvicinamenti

La Kamchatka è una penisola vulcanica che si estende ad arco nell’estremo Nord-Est della Russia, proprio di fronte all’Alaska. Se lo sguardo scende verso Sud, seguendo i vulcani come puntini che emergono dal mare, si arriva in Hokkaido, l’isola più a Nord del Giappone. I puntini che conducono al Giappone sono le isole Kurili e ogni puntino è un vulcano che si innalza per migliaia di metri dal freddo e profondissimo Oceano Pacifico settentrionale. Tutta questa striscia di terre emerse, che va dal Giappone fino al Nord della Kamchatka per oltre 3.000 chilometri, è stata creata da eruzioni vulcaniche e molti dei vulcani sono ancora attivi. Lo sono in Giappone, noto per le eruzioni e per le fonti termali, e lo sono anche in Kamchatka. Con la differenza che i vulcani della Kamchatka sono molto più grandi e attivi di quelli del Giappone e possono superare i 4.500 metri. L’altra sensibile differenza la fa il clima. La Kamchatka è più a Nord e quindi se uno pensa che gli inverni in Hokkaido siano particolarmente freddi e ventosi è solo perché non ha mai avuto a che fare con il clima della Kamchatka. Nella parte meridionale della penisola le temperature medie invernali sono inferiori ai meno 10 e le precipitazioni annuali superano i 2.000 mm di acqua l’anno, molta della quale cade sotto forma di neve. A fine aprile, quando siamo stati nella zona Sud della penisola, c’erano ancora due metri di neve al livello del mare. Quando questa neve si scioglie crea fiumi impetuosi e immense zone paludose che impediscono il movimento via terra. Considerando che la Kamchatka è unita alla Russia solo nella sua parte settentrionale, è facile capire che non sia accessibile via terra, sia d’inverno che d’estate. Questo isolamento ha fatto sì che fino all’inizio del secolo fosse abitata da meno di 10.000 persone, la metà dei quali autoctone. Successivamente, vista la posizione geografica a ridosso dell’Alaska, è stata utilizzata come zona militare ed è rimasta chiusa anche ai cittadini sovietici fino al 1989 oltre che aperta ufficialmente agli stranieri nel 1990.

La città principale, che contiene quasi la metà dei 300.000 abitanti, è Petropavlovsk che è raggiungibile con voli aerei dalla Russia e, pare, con un traghetto che arriva dal Giappone. Già nel sorvolare la città si capisce che è un luogo fuori dagli schemi. Quelle che sembrano delle navi che solcano la baia sono invece dei sottomarini nucleari visto che il porto è una delle basi principali della flotta russa. Anche l’aeroporto è parecchio inquietante con le decine di aerei da guerra sparsi alla rinfusa e il piccolo hangar coperto di filo spinato che fa da terminal. La città è un susseguirsi di palazzoni squadrati e decadenti. Il colore predominante è il ruggine. Tutte le strade sono contornate dai tubi spelacchiati per il teleriscaldamento. In questo luogo dimenticato dal tempo l’attrazione più suggestiva è il cimitero dei sottomarini. Decisamente non si va in Kamchatka per visitare la città! In ogni modo proprio dalla strada principale partono degli impianti da sci che offrono un’alternativa. Ci si può rilassare e recuperare il jet-lag facendo qualche curva in totale solitudine perché sembra che lo sci non interessi molto ai russi. La migliore sorpresa in positivo è fornita dal mercato del pesce. Pare che un quinto dei salmoni di tutto il mondo nascano in Kamchatka e soprattutto qui si trovano i pregiatissimi salmoni rossi che sono eccezionali da mangiare, sia crudi che affumicati. In Kamchatka si pescano inoltre i granchi reali, dalle dimensioni veramente gigantesche e dal sapore eccezionale. Il cibo migliore della città è proprio il pesce e siamo rimasti piacevolmente sorpresi dall’ottimo sushi. Ma la cosa che rende unica Petropavlovsk sono i vulcani che spuntano ovunque si volga lo sguardo. Già appena atterrati ci si sente piccoli piccoli al cospetto delle vette dell’Avačinskij, Kozelskij e soprattutto Korjakskij che, come una perfetta piramide, si erge dalla pianura fino a oltre 3.400 metri di quota.

Noi abbiamo sciato quattro vulcani (Avachinsky, Viluchinsky, Mutnovsky e Gorely) più altre montagne più piccole, ma non più vicine. Per l’avvicinamento siamo sempre partiti da Petropavlovsk anche se sono stati necessari dei pernottamenti intermedi in rifugi o bivacchi. I mezzi utilizzati sono andati dal gatto delle nevi giapponese anteguerra, al gippone bigfoot con ruote gigantesche, al camion Kamaz con ruote ancora più grandi; e soprattutto abbiamo percorso tanti chilometri in motoslitta. Questo perché i vulcani, anche se sembrano vicini, sono in realtà molto distanti tra di loro e se non si è campioni di sci di fondo sono necessari alcuni giorni di pelli per arrivare alla base.

Il primo vulcano che abbiamo salito è stato l’Avachinski (2.740 metri). Per raggiungere la cima è necessario fare base al villaggio di container che chiamano enfaticamente campo-base e che si trova a circa 700 metri di quota. Da qui si parte anche per raggiungere la cima del Korjakskij la cui salita è di ben 2.700 metri di dislivello e che quindi solo i più allenati riescono a fare in giornata. Il campo lo si raggiunge con un vecchissimo gatto delle nevi giapponese. Il villaggio è gestito da un caratteristico energumeno locale che gira nella bufera in maniche corte. Consiglio: viste le sue dimensioni e il caratterino, meglio non farlo arrabbiare. Il campo è provvisto di una sala mensa in un container più grande dove ci si può sfidare in lunghe partite di ping pong durante le non infrequenti bufere. La linea di salita è molto evidente considerando che la cima del vulcano si vede lungo tutto il percorso. Nella parte superiore, come in molti casi, la neve è troppo dura e ghiacciata per essere sciata. Il cratere è attivo ed è meglio stare attenti alle fumarole che escono dal ghiaccio perché possono aprirsi sotto ai piedi e farvi cadere in buche sulla cui profondità è meglio non indagare. Per la discesa, una volta finito il pendio sommitale, l’opzione migliore è quella di scavallare il crinale e sciare sui bellissimi pendii di fronte al Korjakskij, fino al passo Avacinsky e da lì per facili pendii verso le baracche.

Per il Viluchinski (2.173 metri) è necessario fare base nel piccolo e lussuoso resort di Snow Valley che si raggiunge con dei macchinoni o dei camion con le ruote giganti. Questa zona è il paradiso delle motoslitte che pare siano lo sport preferito dei locali. Per fortuna di solito si arenano nei fondovalle e tutto il resto delle montagne rimangono a disposizione dei pochissimi scialpinisti. Il villaggio è veramente lussuoso, con tanto di terme naturali e un piccolo impianto di risalita privato che viene acceso su richiesta dei clienti. Il pendio è però brevissimo, ma per fortuna proprio di fronte si erge, come una splendida piramide, il Viluchinski. Sembra vicino, ma per arrivare alla base ci vuole un’ora abbondante di motoslitta. La salita si fa inizialmente con le pelli per poi passare a picca e ramponi nella parte finale che è troppo ripida per essere salita con gli sci. Dalla cima si gode di un panorama incredibile. Per scendere ci sono varie possibilità. Noi abbiamo optato per la parte opposta rispetto alla salita, in un largo vallone di oltre 1.500 metri di dislivello con una pendenza costante sui 30-40 gradi che va a diminuire quando si arriva verso il fondovalle. Un pendio enorme e perfetto per essere sciato.

© Martino Colonna

Da Snow Valley abbiamo proseguito sulla pista che porta verso la centrale geotermica di Mutnovoskaya. Quattro ore di motoslitta in un ambiente lunare e dalla bellezza abbagliante che ci ha fatto dimenticare il freddo mostruoso subito durante il viaggio. Una volta arrivati in prossimità del vulcano Mutnovsky c’è una specie di rifugio/bivacco che ricorda una navicella spaziale o una scultura futurista. Il rifugio ha all’interno delle specie di materassi mangiucchiati e poco altro. Però offre una vista pazzesca ed è abitato da una bellissima e sociale volpe rossa. Da qui si può risalire il pendio subito alle spalle per poi svalicare nel vallone della centrale geotermica che è caratterizzato da una serie di bellissime colonne di vapore che escono direttamente dalla neve con un effetto che lascia a bocca aperta. Non bisogna però farsi stregare dalla bellezza del posto perché è necessaria una seconda salita per rientrare al rifugio.

L’ascesa del Mutnovsky (2.322 metri) è molto semplice: basta seguire la direzione dell’unica spaccatura che permette di entrare nella caldera del vulcano. Una volta entrati in questa profonda valle si apre una vista che lascia sbalorditi: fumarole escono ovunque dal terreno e due grandi colonne di fumo salgono da due crateri che si trovano all’interno della caldera principale. Il resto della caldera presenta pendii perfetti per essere sciati con una neve, vista la protezione dal vento, che è spesso molto bella e polverosa. Sciare nella polvere dentro la caldera di un vulcano attivo è qualcosa di unico e penso mi resterà nella mente per sempre. Dal rifugio, scendendo verso valle per alcune centinaia di metri, si raggiungono i pendii dell’enorme vulcano Gorely (1.800 metri) che a differenza degli altri non ha la classica forma piramidale, ma è più simile a un’enorme collina con sopra una gigantesca caldera. I dolci pendii permettono una sciata rilassata anche se a dire il vero noi non eravamo così rilassati in considerazione delle tante e recenti orme di orso che abbiamo incrociato durante la salita. Dalla cima si scende in direzione del passo che porta fino a Snow Valley dove ci attendeva l’ultima cena a base di granchi reali e tanta Vodka per brindare a un posto di una bellezza unica e primordiale.

Vista la complessità dei trasporti tra una zona e l’altra è consigliato affidarsi a un’agenzia locale. Noi abbiamo scelto di appoggiarci all’amico Grigory Mintsev, che avevamo già conosciuto in Siberia, e alla sua agenzia Skiing in Kamchatka. Il nostro tuttofare-cuoco-fotografo-sciatore Denis Lomakin è una di quelle persone che vorresti sempre con te in una spedizione. Vista la variabilità del tempo, la forza dei venti e la lontananza dalla civiltà è consigliato avere con sé una guida esperta. Paolino Tassi (poltassi@gmail.com) organizza ogni anno un viaggio in Kamchatka e di sicuro con lui non vi annoierete mai!

© Martino Colonna

QUESTO ARTICOLO È STATO PUBBLICATO SU SKIALPER 127, PUOI COMPRARLO QUI.

 


Orotovox: avviso precauzionale di sicurezza per le cartucce al carbonio degli Avabag

Ortovox ha emesso un avviso precauzionale di sicurezza per le cartucce al carbonio degli airbag Avabag. A seguire riportiamo il comunicato stampa dell'azienda.

Purtroppo abbiamo dovuto constatare che nelle CARTUCCE AL CARBONIO AVABAG ORTOVOX prodotte in un determinato periodo, in casi isolati, può verificarsi una perdita di pressione.

Ciò è dovuto a un difetto dell’adattatore della cartuccia. In circostanze sfavorevoli ciò può compromettere la forza di sgancio del sistema airbag AVABAG. Sono interessate solo le cartucce di una serie di produzione con un adattatore blu scuro. Tutti gli altri adattatori della cartuccia (blu chiaro e argento) provengono da altri cicli di produzione e non sono interessati dall’avviso di sicurezza. Un'eventuale perdita di pressione della cartuccia può essere identificata in modo affidabile con un test di pesatura della cartuccia da effettuarsi prima di ogni utilizzo del sistema. Al fine di escludere qualunque rischio ricordiamo ancora una volta in via precauzionale che il peso della CARTUCCIA AL CARBONIO AVABAG deve essere assolutamente controllato con un test di pesatura prima di ogni utilizzo di uno zaino airbag AVABAG. Puoi trovare una descrizione dettagliata di questo test nelle istruzioni per l’uso contenute in ogni zaino airbag AVABAG nonché al LINK. Se le cartucce non fanno riscontrare alcuna perdita di pressione durante il test di pesatura possono essere utilizzate immediatamente senza alcun problema. Le cartucce interessate dalla perdita di pressione possono essere sostituite dal rivenditore specializzato. Tutte le informazioni e le istruzioni per il controllo della propria cartuccia possono essere richiamate sulla homepage di ORTOVOX al seguente LINK. Il servizio di assistenza di ORTOVOX può essere contattato per email all'indirizzo avabag@ortovox.com e telefonicamente al numero 0049-89-66675 215.


Freetouring è... destino

Freetouring è piacere: Enrico Mosetti

Enrico è una nostra conoscenza, non passa anno che non metta a segno qualche bella discesa in giro per il mondo. Uno sciatore all round. Lo pinzo al telefono al ritorno dalla sua prima gita stagionale: zona Sella Nevea, 210 cm a 2.000 m. È felice. Anche a lui la stessa domanda, per capire cosa lo ha portato a seguire uno sci libero. Come per altri, un viaggio a Chamonix, una semplice discesa della Vallée Blanche con il suo mentore, la Guida alpina goriziana Carlo Gasparini, poi morto prematuramente in un incidente in falesia nel 2011. Nasce allora la nuova consapevolezza che con capacità e materiali giusti la discesa poteva iniziare a essere il vero scopo di tanta fatica. «Questo bisogna fare» si è detto Enrico quella volta «ma senza impianti e dalle mie parti, in Friuli!». A distanza di qualche anno dalla nostra prima chiacchierata, tiene fede a quanto ci aveva promesso «Provo piacere a sciare. Il piacere della ricerca, che sia in un boschetto o su un pendio esposto. Può sembrare difficile da credere: magari ho paura, ma mi sto divertendo e il giorno che smetterò di divertirmi, smetterò di farlo. Cosa che difficilmente accadrà...».

 

Freetouring è destino: Alfio Scigliano

Alfio è una forza dirompente: la sua simpatia contagiosa ti fa sentire come se lo conoscessi da anni. Ti verrebbe da chiamarlo per organizzare il weekend. Ad Alfio piace la fresca, mi dice orgoglioso. Sì, anche a noi piace la fresca. Alfio ci ha confessato che è lo sport più bello che c’è, che è gravity, che con neve profonda è 3D, che riesce a sentire i suoi pensieri quando scende… e non capita spesso. Alfio ci crede, brucia di passione. Ci ha confessato che, non essendo morto a sedici anni facendo sciescursionismo su pendii a 35°, ha capito che inevitabilmente la sua strada poteva essere quella che lo avrebbe portato a solcare bianche distese con assi belli pesanti nei piedi. Corretto. Insieme a suo fratello, incredibile compagno di questo viaggio, e al loro amico Gian Paolo Nicoletti, tecnicamente molto bravo, ha di fatto portato il freeride sulla propria montagna. Non hanno mai cercato la competizione, ma la spensieratezza che deriva dallo scivolare sulla neve. «Sciare ti riporta a quando avevi dieci anni e facevi le bighellonate!» Per tanti anni sono stati gli unici. Da quella montagna il mare pare di toccarlo e Alfio è un Caprone dell’Etna e vive a Mr White, Misterbianco, provincia di Catania: destino. Punto.

Alfio Scigliano

Freetouring è equilibrio: Mauro Soregaroli

Bergamasco, dal 1959 Guida alpina a tempo pieno. Nelle Alpi Orobie è iniziata la sua passione per la montagna. Durante i mesi estivi di stanza a Chamonix, in Francia, mentre durante l'inverno fa base a Verbier, in Svizzera, dove pratica assiduamente lo scialpinismo, il fuoripista, l'heliski e l'arrampicata su ghiaccio. Ha al suo attivo numerose spedizioni internazionali - tra cui Everest, Denali, Muztagh-Ata, Cho Oyu e Aconcagua - e l’attività con i clienti è di alto livello, anche con gli sci. Mi confessa che è uno che cerca di far avvicinare i propri clienti ad alcune discese ripide: «Ovvio che cerco di valutare che siano in possesso di un ottimo livello, non basta solo lo sci. Ci sono dei rischi ed è facile esagerare, proprio come con le dimensioni degli sci». A Mauro piace sciare in polvere e utilizza sci generosi quando lo fa utilizzando gli impianti, ma riflette che lo sci che preferisce e che usa di più anche per lo scialpinismo e le discese primaverili è un compromesso intorno ai 100 mm al centro, perché come nella vita anche nel freetouring è spesso questione di equilibrio.

Mauro Soregaroli

Freetouring è naturale: Francesco Tremolada

Francesco Tremolada, padovano, classe 1970, risiede per gran parte dell'anno nelle Dolomiti, dove lavora come Guida alpina. Se si parla di sci, Francesco è un riferimento da anni. Tutto iniziò con un K2 Explorer, 75 mm al centro. Una larghezza ormai quasi impiegata per gli sci da gara, ma che una ventina di anni fa rappresentava già un’avanguardia in termini di attrezzatura. La sua sete di curiosità, come capitato a molti, lo aveva spinto oltre il punto di non ritorno. Per sciare e godersi la discesa come piaceva a lui era meglio che lo sci si allargasse un pochino. Oggi tutte le case fanno ottimi materiali, ci si sta assestando su misure, geometrie e pesi che consentono una sciata freeride in terreno scialpinistico, gambe e capacità permettendo. Ma non è sempre stato così. Ci si sta arrivando gradualmente. Anche quando ci descrive il suo modo di scivolare sugli assi, lo fa nella maniera più naturale possibile. Non ha un terreno prediletto, ma cambia in funzione della stagione: d’inverno i boschi ricchi di bella neve, in primavera qualcosa più spiccatamente alpinistico. «Mi piace la varietà delle situazioni con gli sci e la bella neve!». È naturale.

Francesco Tremolada

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Annullate la Sellaronda Skimarathon e la Lagorai Cima d'Asta

Continuano ad arrivare le notizie di annullamenti di gare a causa dell’emergenza sanitaria. L’ultima riguarda la Sellaronda Skimarathon del 27 marzo, alla quale si unisce la Lagorai Cima d’Asta del 15 marzo, che avrebbe festeggiato proprio quest’anno il trentennale, rinviato al 2021. «Vedere il lavoro di un anno vanificato in poche ore – ha evidenziato il presidente Nicola Muller - non è per nulla facile ma la sicurezza di tutti è sempre stata la nostra priorità, a maggior ragione quella sanitaria e la salute pubblica di atleti, volontari, pubblico e tutto il personale coinvolto in questa manifestazione. Non abbiamo alternative, dobbiamo rimandare la festa al prossimo anno. Volevamo in particolar modo ringraziare tutti coloro che hanno preso a cuore la nostra iniziativa, a tutti gli sponsor ed aziende che hanno aderito al nostro progetto e a tutti gli atleti per la fiducia e comprensione». Lo Ski Team Lagorai Tesino rimborserà la quota d’iscrizione.

«Nonostante la grande passione - ha detto invece Oswlad Santin - di tutti i ‘sellarondisti’, delle centinaia di volontari, dei membri del Comitato Organizzatore, e degli sponsor che supportano questo evento, ci troviamo nostro malgrado costretti ad annullare la venticinquesima Sellaronda Skimarathon. Una scelta difficile ma obbligata a causa della situazione sanitaria italiana e dei relativi decreti governativi che vietano ogni manifestazione sportiva di questa portata».
«A partire da aprile - ha aggiunto Santin - si potrà richiedere un rimborso parziale (2/3) della quota d’iscrizione. La modalità sarà pubblicata sul nostro sito www.sellaronda.it sulla pagina delle iscrizioni solo dopo il 20 marzo».

Non è stata ancora presa una decisione invece per la Patrouille des Glaciers. Sulla pagina Facebook in un post di pochi minuti fa la posizione ufficiale: «Il Consiglio federale ha il compito di decidere in merito alle manifestazioni di oltre 1000 persone.
Attendiamo la sua decisione per il "dopo il 15 marzo" per completare la nostra valutazione della situazione in collaborazione con il Dipartimento della Difesa, della Protezione della Popolazione e dello Sport, il Comando dell'esercito e il Cantone del Vallese.
Una decisione dovrebbe essere presa all'inizio della prossima settimana. Vi terremo informati».


Freetouring è scoperta, serenità, local...

Freetouring è scoperta: Silvia Moser

Cortinese, 29 anni. Arriva allo sci con l’agonismo e le gare di sci alpino, ma a 16 anni sente la cosa un po’ limitante e così, dopo essere diventata maestra, inizia a entrare nel circuito del Freeride Word Qualifier del FWT, per avere occasione di viaggiare con gli sci. Questa passione per i viaggi e i posti nuovi crede di averla ereditata dalla mamma cilena, con la quale ha vissuto in Venezuela: «quando le ho telefonato era a surfare e non ho potuto avere migliore conferma circa la sua voglia di scoperta». Lo sci è diventato così uno strumento che le consente di arricchirsi attraverso esperienze e viaggi. Predilige le pelli montate su legni più orientati alla discesa e adora le zone delle Dolomiti, dove gli impianti lasciano ancora spazio all’avventura e ai paesaggi incontaminati. Il prossimo viaggio pare già deciso: Iran!

© Alice Russolo

Freetouring è qui: Fabio Beozzi

Appena diventato Maestro, ha spostato gradualmente il suo interesse dalla pista ai versanti liberi, maturando un amore sempre più sincero per lo sci su terreno ripido, ma anche per i terreni alpinistici variegati che certe discese impongono… Si può dire che, al contrario di molti amici che sono approdati allo sci da esperienze su roccia e ghiaccio, Fabio grazie allo sci si è avvicinato all’alpinismo, fino a risalire per scendere, nel 2011, il versante Messner del Cho Oyu. Quattro anni fa, grazie alle ampie vedute dello Sci Club Sestriere, ha potuto creare il gruppo Freemountain, rivolto a ragazzi dai 13 anni in su, con l’obbiettivo di offrire un’esperienza formativa nell’ambito del freeride e dello scialpinismo o freetouring, attraverso il divertimento e l’apprendimento delle dinamiche della neve. Fare ciò che piace per valorizzare e far conoscere il territorio attraverso lo sci e il proprio lavoro è ciò che lo ha portato - insieme a Marco Eydallin (guida, maestro, allenatore e ottimo freeskier), Jonathan Graviotto e Gigi Lozzi (maestro e istruttore di snowboard) - a creare il portale whiteride.it Perché cercare lontano? Il freetouring per Fabio è qui, in Via Lattea, nel più puro spirito local!

© Federico Ravassard

Freetouring è serenità: Simone Barberi

«Guarda, perché vuoi sentire proprio me? Non penso di fare al caso tuo: non sono un pro, la mia è una passione. Non sono nemmeno giovane. Scio da anni sì, ma…» «Simone non fare così, parli come quelli che vivono di ricordi!» «Col cavolo che vivo di ricordi! Non mollo un cazzo io!
Ecco abbiamo il nostro uomo! Trentino di Rovereto, vive nelle vicinanze in una valle dalla quale non ha la minima intenzione di spostarsi e dove le cime raggiungono al massimo i 1.800 metri. Un grande sciatore, ma non lo dice. Vive vicino alle Dolomiti, però preferisce le confinali. Come la Val Senales e il Similaun, dove trova poca gente, spesso nessuno. Si muove con impianti e pelli o solo pelli: non è integralista su questo aspetto. Non gli piace correre e gareggiare: ama uno sci sereno, senza ansia da prestazioni. Se non ci sono le condizioni, si va al bar, non c’è foto che valga la pelle. Siamo tutti di passaggio, non si vergogna a definirsi zen in questo. Ci fa sapere che ha tanti amici in giro. Condivide con loro lo sci e il freetouring è sentirsi parte di loro!

QUESTO RITRATTO, INSIEME AD ALTRI DI SCIATORI ‘LIBERI’, È STATO PUBBLICATO SU SKIALPER 127


Emergenza coronavirus, salta il Tour du Rutor

Il coronavirus ha costretto all'annullamento della Millet Tour du Rutor, a seguire riportiamo il comunicato dell'organizzazione.

A seguito del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di mercoledì 4 marzo con le misure di contenimento della diffusione del COVID 19 (Coronavirus), lo Sci Club Corrado Gex comunica l’annullamento della 20° edizione del Millet Tour du Rutor Extrême, competizione sportiva di scialpinismo, in programma dal 26 al 29 marzo 2020 tra i comuni di Arvier, Valgrisenche e La Thuile (AO).

Una decisione difficile, presa a malincuore dal comitato organizzatore che potrebbe risultare affrettata ma è l’unica soluzione per poter restituire il 100% della quota di iscrizione e non gravare sugli atleti anche se a circa 3 settimane dall’evento la maggior parte delle spese sono state già sostenute. Gli uomini e le donne dello sci club Corrado Gex sono al lavoro ormai da mesi e veder tutto vanificato non è facile; ma la sicurezza sanitaria e la salute pubblica vengono viene prima di tutto e le limitazioni indicate nel decreto sono inattuabili per un evento di sci alpinismo di 4 giorni, con numerosi eventi collaterali, atleti e accompagnatori provenienti da 18 nazioni.

Lo Sci Club Corrado Gex rivolge un sentito ringraziamento a tutti coloro che si sono spesi nell’organizzazione di questa meravigliosa gara: dagli atleti iscritti, agli sponsor, alle aziende che hanno aderito al Mountain Village, all’amministrazione regionale e alle amministrazioni comunali di Arvier, Valgrisenche e La Thuile oltre ai 300 volontari che hanno contribuito con tanta determinazione e dedizione al raggiungimento della ventesima edizioni che è solo rinviata.


Hoka One One presenta TenNine, la scarpa per la discesa

A dieci anni di distanza dalla creazione delle prime scarpe over-size, Hoka One One torna a realizzare una scarpa ‘esagerata’ con il lancio del modello da trail TenNine, progettato per creare un’esperienza di corsa in discesa tutta nuova. Dotata di un’estensione della zona tallonare la cui geometria è specificamente concepita per gestire l’impatto sul tallone – spesso esasperato in discesa – la TenNine è disegnata per consentire una transizione più fluida verso il meso-piede, l’avampiede e lo stacco. La stabilità della suola – una combinazione tra la sua speciale geometria e la tecnologia Meta-Rocker – resta costante indipendentemente dall’inclinazione.

Con un nome che allude all’unità di misura usata in fisica (il Giga), la TenNine è destinata ai runner che puntano a gare come le ultra più estreme. Presenta caratteristiche studiate per facilitare i chilometraggi più lunghi, tra le quali una speciale tomaia in lycra che modifica la sua vestibilità per adattarsi al gonfiore del piede nelle lunghe distanze ed è disponibile in un numero limitato di negozi specializzati selezionati al prezzo di € 250.

Specifiche Tecniche (misura 9US uomo)

  • Altezza tallone: 33 mm
  • Altezza avampiede: 29 mm
  • Differenziale: 4 mm
  • Peso: 360 gr
  • misure unisex
  • mesh ultraleggero e anti-abrasione per la massima protezione
  • linguetta in Ariaprene che offre comfort, traspirazione e gestione dell’umidità
  • alette interne per l’ancoraggio del piede
  • tomaia in lycra che si adatta al gonfiore del piede nelle lunghe distanze
  • linguetta al tallone che offre supporto aggiuntivo e comfort
  • design della suola con geometria ingrandita per una corsa stabile e morbida
  • piattaforma ampliata per massimizzare il punto di contatto col suolo dando stabilità alla corsa


Antonioli ed Eydallin beffano la coppia Magnini-Boscacci alla Monterosa Skialp

Saltano i record alla Monterosa Skialp, la scialpinistica in notturna disegnata tra le valli d’Ayas e Gressoney, sulle piste del comprensorio Monterosa Ski.  A incidere il loro nome nell’albo d’oro sono state le due squadre del CS Esercito Robert Antonioli - Matteo Eydallin e Alba De Silvestro - Giulia Murada. I nuovi record della gara sono 2h28’41” al maschile (precedente record 2h30’03”) e 3h11’33” al femminile (precedente record (3h30’00”).

© Maurizio Torri

Campioni di caratura internazionale e tanti appassionati al via della decima edizione che è partita nella stazione sciistica di Champoluc. Come da programma, alle ore 18 le 120 squadre composte da due elementi sono partite sotto una fitta nevicata, affrontando le severe pendenze del Pistone per raggiungere il primo scollinamento posto ai 2.290 metri del Belvedere. Da lì, frontali accese nella notte per raggiungere il giro di boa a Gressoney e poi i meritati applausi che il pubblico di Champoluc ha riservato a ogni singola coppia. I concorrenti hanno affrontato circa 28 km con 2.800 metri di dislivello positivo, 14 cambi d’assetto e ben due tratti a piedi.

Bagarre doveva essere e bagarre è stata con i big di giornata che hanno subito sgranato il gruppo di testa. Michele Boscacci e Davide Magnini hanno imposto un ritmo insostenibile ai più. Gli unici a resistere sono stati Matteo Eydallin e Robert Antonioli. Questi ultimi, mai domi, perdevano qualcosa in salita, ma ricucivano puntualmente in discesa. Sull’ultimo strappo i due inseguitori hanno messo nel mirino la coppia Boscacci – Magnini. Li hanno passati in zona cambio tagliando il traguardo di Champoluc con lo stratosferico crono di 2h28’41”. Seconda piazza per i loro compagni di team nelle fila del CS Esercito in 2h29’07”. Hanno completato il podio 2020 il valdostano Nadir Maguet in coppia con l’austriaco Jakob Herrmann. Nella top five di giornata anche William Boffelli - Alex Oberbacher, quarti, e Patrik Facchini - Federico Nicolini, quinti.

Le due azzurre dell’Esercito Alba De Silvestro - Giulia Murada hanno rispettato i pronostici della vigilia polverizzando il precedente primato della gara. Per loro un eccellente finish time di 3h11’33” e un successo mai in discussione. Dopo un serrato testa a testa seconda piazza strameritata per le bresciane dell’Adamello Ski Team Bianca Balzarini - Corinna Ghirardi (3h13’41”), mentre sul gradino più basso del podio sono salite le piemontesi Katia Tomatis - Ilaria Veronese (3h14’10”).

© Maurizio Torri

Dal 12 al 16 marzo La Sentinelle al Monviso

Dal 12 al 16 marzo il Monviso sarà il teatro della quinta edizione de La Sentinelle, l’evento ideato da Bruno Compagnet e Layla Kerley per celebrare il vero spirito dell'avventura dello sci di montagna e condividerlo con la comunità degli sciatori. Skialper è media partner de La Sentinelle e abbiamo chiesto a Bruno Compagnet e Layla Kerley di spiegarci qual è il vero spirito dell’iniziativa.

Che cos'è La Sentinelle? Come è iniziata e cosa rappresenta?

Layla: «In inglese Sentinelle vuol dire ‘custode di determinati valori’. Per noi questo rappresenta essere i guardiani dello spirito dello scialpinismo: viaggi, avventura e fare delle belle sciate».

Bruno: «Ho immaginato La Sentinelle per la prima volta molto tempo fa. Ho sempre voluto prendere parte a un evento di scialpinismo ma non ho mai trovato un format che mi convincesse. È così che ha avuto inizio La Sentinelle. Ispirato dagli eventi ciclistici che non hanno classifiche, ho pensato, perché non abbiamo niente del genere per lo sci? Nessuna classifica, nessuna competizione, non una gara di scialpinismo con la tutina e l'attrezzatura leggera, solo un evento per i veri appassionati di neve: qualcosa che faresti con gli amici. È davvero speciale andare alla scoperta di una nuova area, condividere conoscenze, creare relazioni solide, trovare neve fantastica e celebrare lo scialpinismo in modo autentico».

Layla: «Ogni anno coinvolgiamo circa 35 persone in un’impegnativa traversata di sci che attraversa un confine e alloggiamo tutti insieme in un rifugio. Trovo che questo sia fantastico perché è molto più intimo, tutti possono parlare con tutti e creare dei veri legami. Un anno hanno partecipato persone di ben 12 nazionalità diverse. È così bello vedere che tutti rimangono in contatto dopo il raduno, informandosi a vicenda sulle condizioni nelle loro aree. La Sentinelle consiste davvero nel riunire la comunità dello sci in montagna».

In che modo La Sentinelle è diversa dagli altri eventi di scialpinismo?

Bruno: «La Sentinelle ha un percorso con i punti più interessanti, per esempio i canaloni, segnati sulla mappa, ma a differenza di altri eventi di scialpinismo non c’è un percorso balisato. Andiamo nel luogo uno o due giorni prima dell'evento, valutiamo le condizioni e controlliamo il percorso con una Guida, quindi lo proponiamo ai partecipanti al loro arrivo. Il giorno della traversata abbiamo una Guida alpina nel gruppo e tre o quattro Guide lungo il percorso, inclusa una in coda per motivi di sicurezza».

Layla: «È vietato presentarsi in tuta da sci in lycra e gli sci devono essere larghi almeno 100 mm secondo lo spirito dell'evento. Non è una gara e l'obiettivo non è arrivare per primi! Per spiegare l'idea, nel programma abbiamo scherzato sul fatto che si possono indossare camicie di flanella e vecchi occhiali da ghiacciaio».

Bruno: «Sì, vogliamo che le persone vengano con lo stesso spirito di quando escono con gli amici. Vogliamo porre l'accento sullo sci, non sulla lotta con l’Alpe. Avere attrezzatura leggera per vincere non è l'obiettivo, e avere degli sci larghi almeno 100 mm significa che le persone possono divertirsi. Abbiamo creato La Sentinelle perché prima non esisteva qualcosa di simile: l'obiettivo è quello di celebrare lo scialpinismo e la sua essenza di divertimento. Non è una gara, vogliamo trascorrere una giornata spensierata in montagna insieme e festeggiare dopo con una birra».

© Layla Kerley

 Descriveteci il format di La Sentinelle.

Layla: «Il percorso ci porterà nella zona del Monviso con circa 2.400 m di dislivello e, si spera, ottimi momenti di sci. Se le condizioni ce lo permetteranno, il primo giorno vorremmo fare il giro completo. Abbiamo sempre una finestra meteorologica di quattro giorni, quindi si spera che dopo il circuito gruppi più piccoli possano sciare altri canali e bei pendii. L'ultima volta alcuni italiani sono saliti al buio e hanno fatto delle belle curve davanti al rifugio. Quindi potremmo fare un'altra discesa notturna anche questa volta…».

Bruno: «Facciamo delle lunghe chiacchierate e ci sono persone che condividono i segreti dei loro mestieri o le loro passioni. Una volta c’era un fotografo che ha parlato del suo lavoro, persone che lavorano per marchi importanti che hanno parlato dei prodotti, Guide che hanno condiviso le loro conoscenze. Due anni fa è venuto Vivian Bruchez ed è stato fantastico: ha pranzato e cenato con tutti e ha condiviso alcune delle sue esperienze nel backcountry. Però è tutto spontaneo, abbiamo solo un po' di tempo a disposizione e quando le persone iniziano a parlare di qualcosa che conoscono bene, gli altri vogliono sempre unirsi alla conversazione».

Perché avete scelto il Monviso come location? 

Layla: «Abbiamo scoperto il Monviso qualche anno fa quando un amico ci ha invitato per una traversata di sci nelle valli occitane. Volevamo condividere la bellezza di queste valli remote, dimenticate e relativamente sconosciute delle Alpi meridionali con La Sentinelle. Nel 2014 è diventata una riserva della biosfera dell'UNESCO ai confini con la Francia e abbiamo pensato che si allineasse così bene con i nostri valori di proteggere i luoghi selvaggi e riunire la comunità internazionale».

Bruno: «La cosa interessante del Monviso è che la gente del posto ci ha detto che lì negli anni '70 si teneva un evento di scialpinismo. Penso che alla fine ripercorreremo gli stessi itinerari di coloro che ci hanno preceduto ed è una bella sensazione reinventare una vecchia tradizione.  È davvero importante sapere cosa succedeva in passato in modo da poter rimanere in contatto con le nostre radici nelle montagne».

Perché quest'anno avete scelto di collaborare con Patagonia?

Bruno: «Onestamente è uno dei pochi marchi con cui voglio continuare a lavorare perché sta lottando concretamente per il clima. Sono davvero impressionato dai cambiamenti a cui stiamo assistendo, non solo in inverno, ma anche durante l'estate. È così triste vedere i bambini fuori da scuola a Chamonix quando piove in inverno e pensare che potrebbero non conoscere mai l'inverno così com'era quando io ero bambino. Penso che Patagonia sia perfetta perché condivide lo stesso spirito di connessione umana di La Sentinelle. Conoscere questi luoghi meravigliosi ci sprona a proteggerli. È nostro dovere. Nei prossimi anni tutti le località sciistiche nelle valli chiuderanno a causa dei cambiamenti climatici. Il turismo invernale era in funzione di hotel e seggiovie, ma penso che ora abbiamo bisogno di qualcosa di diverso. È come alle Grands Montets a Chamonix: tutti protestano perché la funivia non è ancora stata riaperta dopo l'incendio, ma non capisco perché. Amiamo l'inverno, amiamo la neve e abbiamo bisogno di cambiare le nostre abitudini per preservarli entrambi. Il denaro spesso determina il modo in cui le cose funzionano, ma per continuare a sciare e praticare sport di montagna, dobbiamo cambiare il modo in cui lo facciamo. Lo scialpinismo ha un impatto molto minore sull'ambiente e penso che le avventure in cui l'uomo è da solo con la natura offrano la migliore alternativa allo sci tradizionale».

Layla: «Ho sempre voluto collaborare con Patagonia. Credo davvero nella loro missione e penso che abbiamo molti valori in comune. Quando ci hanno contattato per collaborare all'evento, eravamo sorpresi ma tanto felici. Ci hanno raccontato di aver seguito La Sentinelle sin dall'inizio e che segue la stessa filosofia di Patagonia».

© Layla Kerley

Per partecipare a La Sentinelle gli interessati devono scrivere una lettera e spedirla alla sede centrale di Chamonix. Come mai questa scelta?

Layla: «Oggi tutto avviene online, basta spuntare le caselle o accettare i termini e le condizioni ed è tutto così meccanico. Penso che scrivere a mano sia importante perché puoi connetterti con il lettore in modo intimo. Nell'era delle e-mail è davvero uno sforzo sedersi, scrivere e recarsi poi all'ufficio postale. Chi fa questo sforzo dimostra di voler davvero partecipare a La Sentinelle. Però non abbiamo mai fatto una vera selezione, accettiamo le persone nell'ordine di arrivo delle lettere. In ogni lettera gli aspiranti partecipanti spiegano la loro motivazione, passione ed esperienza, ma non impediamo mai a nessuno di venire solo perché non ha abbastanza esperienza. Le persone a volte scrivono davvero con il cuore«.

Bruno: «È come tornare alle origini, prendersi del tempo per pensare a cosa vuoi fare e dire. Per questo motivo credo che anche noi siamo sentinelle del passato, che usano le montagne per ispirare e influenzare. Anche se sono vecchio, ritengo che sia molto importante prendersi del tempo per fare le cose e farle bene. La storia raccontata nella lettera è importantissima perché crea il primo legame personale tra noi. La Sentinelle non è un evento vecchio stile, ma a volte, per vedere di cosa abbiamo bisogno in futuro, dobbiamo guardare al passato e prenderci del tempo per fare le cose nel modo giusto, non di corsa come sempre».

Qualche aneddoto delle vecchie edizioni de La Sentinelle?

Bruno: «La prima edizione è stato complicata dal tempo. Eravamo sui Pirenei e nel villaggio c'erano 20 cm di neve quando dovevamo fare il giro. Abbiamo aspettato un bel po' e alla fine abbiamo deciso di rischiare. Quando siamo saliti sulla montagna, il cielo si è aperto e abbiamo fatto un lungo giro su pendii tecnici, al sole e con una neve fresca fantastica. Quando abbiamo finito ho baciato Layla e mi sono guardato intorno: l’entusiasmo era alle stelle. Poi abbiamo preparato un barbecue e fatto festa: ricordo ancora l'euforia che ho provato nel vedere tutta quella gente che poteva prendersi del tempo per essere felice e godersi la reciproca compagnia invece di correre al lavoro o a prendere i bambini. Quando siamo stati in Scandinavia, la prima persona ad arrivare in albergo è stata una ragazzina di nome Elisabetta che aveva fatto l'autostop da Tromsø con gli sci sullo zaino. Ovviamente i paesaggi sono sempre meravigliosi ed è uno spasso quando la neve è buona, ma in realtà i ricordi sono le persone e le relazioni costruite. Il valore dell'evento sono gli sciatori, la loro positività e l'amore per la condivisione delle montagne e della propria passione».

Layla: «Alcuni dei miei ricordi più belli sono con i miei genitori che si sono uniti a noi per due edizioni. È stato davvero speciale condividere questa esperienza con loro. Mia mamma mi aiuta a organizzare l'evento. L'anno scorso hanno partecipato anche un ragazzo di 17 anni con suo padre, quindi è un qualcosa di intergenerazionale che io trovo davvero speciale».

© Layla Kerley


Fischer richiama lo scarpone Travers CC

Fischer comunica una compagna di richiamo degli scarponi Travers CC per possibili rotture del gambetto in carbonio, a seguire pubblichiamo il comunicato inviato dalla casa austriaca.

Dopo una serie di controlli, Fischer Sports GmbH ha rilevato che sullo scarpone da scialpinismo TRAVERS CC (consegna da ottobre 2018), dopo un uso frequente e dopo carichi costanti si possono formare crepe e rotture del gambetto in carbonio. La rottura è causata dai carichi elevati nella modalità sci, in quanto le forti sollecitazioni sul meccanismo Ski/Walk possono provocare la formazione di crepe nell’area del gambetto. Con ulteriori sollecitazioni vi è il rischio di una rottura completa dello stesso. La rottura improvvisa del gambetto potrebbe comportare la caduta dell’utilizzatore con conseguente rischio di infortunio. Per escludere questa eventualitá, Fischer sta richiamando dal mercato tutti i TRAVERS CC consegnati fino ad oggi. I nostri elevati standard di qualità e responsabilità ci spingono ad eseguire in modo proattivo questo richiamo per garantire la qualità dei nostri prodotti, escludere possibili rischi e tutelare la sicurezza dell’utente.

Quali articoli sono interessati? Tutte le misure del modello Travers CC (carbon cuff) , articolo n. U18519. (25,5 -30,5) Il numero dell’articolo è stampato sul lato interiore del gambetto.

Quali misure precauzionali devono essere prese? Cosa fare? Tutti gli utilizzatori finali del modello Travers CC (carbon cuff) possono contattare immediatamente il rispettivo rivenditore per la restituzione dello scarpone. Il reso prevede il rimborso del prezzo di acquisto o, in alternativa, la sostituzione con un altro modello di scarpone da alpinismo Fischer che sarà disponibile per la consegna a partire dall'inizio di marzo 2020. Tutti i Travers CC (carbon cuff) dovranno essere restituiti al distributore del rispettivo paese, che provederá ad inviarli a Fischer Sports GmbH. Il distributore per l’Italia è Oberalp Spa.