Domani esce nelle sale cinematografiche italiane L’ultima discesa (6 Below), film tratto dalla storia vera del campione di hockey su ghiaccio canadese Eric LeMarque e dal suo libro (che in Italia è titolato come il film ma nella versione originale è Crystal Clear), appena pubblicato da Sperling & Kupfer. Dopo Everest, uscito nel 2015, ecco un altro film hollywoodiano che affronta le tragedie della montagna. Nel cast del film diretto da Scott Waugh (Need for SpeedAct of Valor) e realizzato con il nuovo formato panoramico Escape, troviamo Josh Hartnett (Penny DreadfulSlevin – Patto criminale, Black Dahlia), la vincitrice dell’Oscar Mira Sorvino (La dea dell’amore) e Sarah Dumont (The RoyalsManuale scout per l’apocalisse zombieDon Jon).

LA STORIA – Eric LeMarque (Josh Hartnett), un ex giocatore di hockey professionista, nel 2004, dopo aver causato un incidente automobilistico, fugge sulle montagne nei pressi della località sciistica di Mammoth Mountain, in California, in cerca di adrenalina con lo snowboard. Dovendo fare i conti con una dipendenza da metanfetamine e una vita che gli sta sfuggendo di mano, Eric decide di prendersi un giorno per staccare, ignorando i numerosi avvertimenti sull’imminente arrivo di una tempesta. Durante una forte tormenta di neve, LeMarque si allontana dalla pista perdendo l’orientamento. Nessuno sa che si è perso, nessuno sa dove si trova. È completamente solo. In un primo momento il campione non si rende conto di quanto la situazione sia disperata e cerca di trovare un riparo e dell’acqua. Le sue condizioni precipitano quando è inseguito da un branco di lupi e precipita in un lago ghiacciato. Intanto Susan (Mira Sorvino), la madre di Eric, intuisce che qualcosa non va e inizia a ripercorrere i movimenti del figlio. Con l’avanzare del congelamento e la continua lotta per la sopravvivenza, Eric è costretto a mangiare la sua stessa carne, mentre la preoccupazione della madre porta a mettere in atto un disperato tentativo di salvataggio, anche se la squadra di recupero pensa che sia ormai troppo tardi. Quando Eric si rende conto dell’arrivo dei soccorsi, la sua unica chance di farsi localizzare è arrampicarsi su una parete rocciosa alta 1.300 metri, ma il suo corpo inizia a cedere. Alla fine ce la farà ma perderà le gambe.

MESSAGGIO SICUREZZA – Si può discutere sulla fedeltà del film al libro di LeMarque, che sembra essere più spirituale e racconto della rinascita di un uomo, mentre il film è basato soprattutto sull’incidente e la mera lotta per la sopravvivenza. Si può discutere, come hanno fatto alcuni giornalisti anglosassoni, sul fatto che Mira Sorvino, la madre, ha in realtà solo 11 anni in più di Josh Hartnett, che nel film interpreta il figlio (allo stesso tempo però i colleghi di lingua inglese riconoscono il realismo delle scene in montagna e la grande prova dello stesso Hartnett che si è preparato a lungo per affrontare le riprese in un ambiente difficile). Quello che emerge però è il messaggio che L’ultima discesa manda al grande pubblico, se è vero che anche per promuovere il film è stato diffuso un testo che approfondisce la tematica della sicurezza e dell’attrezzatura che non puoi mai mancare fuoripista. Le tristi notizie dello scorso fine settimana rendono di stretta attualità l’incidente di LeMarque, avvenuto nei pressi di una località sciistica. Il modo migliore per affrontare la montagna e la neve in sicurezza, dopo essersi informati sulle condizioni atmosferiche e del manto nevoso, è uscire sempre con la giusta attrezzatura, anche a due passi dalle piste, anche se può sembrare esagerato. Artva, pala, sonda, ma anche casco, cellulare carico, eventualmente Avalung o zaino airbag sono compagni salvavita. E poi è fondamentale sempre informare qualcuno della propria attività. Regola che vale anche per il grande outdoor estivo, come pure quella del telefonino. Se L’ultima discesa sensibilizzerà qualcuno dei frequentatori meno esperti della montagna, ben venga. Se poi qualcuno vorrà leggersi anche il libro, scoprirà una storia di speranza anche nel buio più assoluto di una vita precipitata nel vortice della droga. Una storia di rinascita, a ben vedere come quella di A un soffio dalla fine, scritto dal patologo americano Beck Weathers – al quale si è ispirato il regista di Everest – che dopo essersi salvato ha scoperto di avere perso tante cose (una mano, parte del naso…), ma di avere recuperato la sua famiglia e una vita che stava uscendo dai binari.