Il 2020 di Oberalp all’insegna di sostenibilità e novità
Contribute. Contribuire è la parola che simboleggia la filosofia aziendale del gruppo Oberalp in termini di responsabilità sociale e ambientale. E proprio l’ambiente e la sostenibilità sono stati al centro della Convention odierna per presentare le novità dell’estate 2020 dei marchi controllati dall’azienda bolzanina. Un appuntamento ormai tradizionale, ospitato ancora una volta dalla località di Alpbach, in Tirolo, in un centro congressi ricavato sotto il profilo della montagna e a impatto zero. Una giornata intera con 450 ospiti in arrivo da tutto il mondo (record di presenze) per parlare di tendenze del retail con MIchaela Merk, professoressa universitaria e consulente di marketing e per toccare con mano le novità di Dynafit, Salewa, Pomoca e Wild Country. Quattro marchi ognuno con il proprio posizionamento, ma partendo dal comune denominatore della montagna che rimane al centro della filosofia aziendale di tutti i brand del gruppo Oberalp. «Ispiriamo e incoraggiamo le persone grazie alla montagna, le ispiriamo e incoraggiamo ad andare in montagna e sarà sempre il nostro valore aggiunto» ha detto il ceo Christoph Engl sottolineando il claim aziendale. «Come azienda familiare, non ragioniamo in termini di trimestri, ma sul lungo periodo ed è proprio questa la chiave della nostra idea di sostenibilità» ha detto Ruth Oberrauch che è la responsabile CRS di Oberalp.
Dynafit, speed
Il marchio del leopardo delle nevi è quello che si identifica con la performance e più precisamente con la parola speed, velocità, con l’obiettivo di creare il sistema abbigliamento/attrezzatura per gli atleti mountain-endurance. E la velocità pervade tutta la collezione, che nel 2020 punta a rendere ancora più completa la gamma di scarpe per il trail running, con l’arrivo di Ultra 100, calzatura massimalista e ultra-cushioned per le lunghe e lunghissime distanze, che va ad affiancarsi e posizionarsi sopra ad Ultra Pro. In arrivo anche la nuova Feline SL, che rivisita la prima scarpa da trail del marchio di Leopardo in chiave moderna e va a posizionarsi tra la Feline Up Pro e la Alpine Pro. Proprio la Feline Up Pro e la gemella Feline Up sono i modelli da cui si è partiti per sviluppare la Sky Pro, scarpa con ghetta integrale in membrana impermeabile pensata per avventure fast & light su terreni di alta montagna e skyrunning alla vecchia maniera, sul Monte Bianco o il Monte Rosa. Un gioiellino da meno di 300 grammi. Nell’abbigliamento, da segnalare una capsule collection per la mountain bike e una giacca ultra-light che combina Gore-Tex Shakedry e Active nello stesso capo.
Salewa, pure
Il marchio dell’aquila è quello che trasmette l’eredità dei valori della montagna nella loro purezza. Anche in questo caso non sono poche le novità nell’ambito del footwear con la v2 della storica MTN Trainer che si rinnova – pur mantenendo un look simile alla vecchia versione – puntando su maggiore leggerezza e minore rigidità della struttura. MTN Trainer conserva però suola e mescola Vibram e la versione alta non ha subito modifiche, inoltre è stata creata anche una versione Light con suola Pomoca e finalità di utilizzo meno tecniche. L’highlight più interessante è Dropline GTX, scarpa da speed hiking oversize che ‘inventa’ un segmento massimalista nella camminata veloce. A giudicare dal successo delle scarpe da mountain training c’è da giurare che anche questo segmento avrà un seguito. Rivisitate inoltre le collezioni Apex Climb (disponibile nei litraggi 18 e 25, il primo indicato per speed mountaineering, il secondo per ice climbing e dry tooling) e Alptrek negli zaini.
Sempre più tecnologia Pomoca
In tutti i processi di sviluppo del footwear gioca un ruolo importante il marchio svizzero Pomoca che da un paio di anni è ritornato a produrre suole e mescole (ritornato perché il brand delle pelli alle origini commercializzava proprio suole) e che equipaggia buona parte dei nuovi prodotti del gruppo e che in futuro potrebbe essere utilizzato anche su brand esterni a Oberalp. La ‘formula’ Pomoca si basa sull’utilizzo di mescole butiliche e un design che evidenzia la linea di pressione del piede.
Vasco Rossi si allena correndo con le scarpe da trail
Il passo è tranquillo, ma l'hashtag allenamenti non lascia spazio a dubbi. Vasco Rossi, che sta preparando il Vasco No Stop Live 2019, che prenderà il via il 27 maggio a Lignano, si tiene in forma anche con qualche corsetta. E, guadando meglio il post pubblicato qualche giorno fa su Instagram, ai suoi piedi un occhio attento nota che indossa delle Akyra di La Sportiva. Nella foto Vasco è ritratto su un terreno misto (sembrano degli autobloccanti di un parcheggio), ma non mancano foto e video di corsa in spiaggia, dove sicuramente le Akyra si trovano meglio...
Latemar Mountain Race pronta al debutto
Si chiama Latemar Mountain Race la nuova competizione fiemmese che va a sostituire, dopo tredici fortunate edizioni, la Stava Mountain Race. In cabina di regia c'è sempre l’Unione Sportiva Cornacci di Tesero, ma la proposta agonistica è stata radicalmente rinnovata, come hanno spiegato nella serata di presentazione presso la Sala Bavarese di Tesero, il presidente del sodalizio Alan Barbolini assieme al suo staff e a Giulia Delladio, responsabile marketing de La Sportiva.
A dare lustro all’incontro ci hanno pensato gli atleti di punta del Team La Sportiva, presenti in Val di Fiemme per il meeting di inizio stagione. A partire da Johnathan Wyatt, Nadir Maguet, Miguel Caballero Ortega, Cristian Modena, Daniele Rota, Paola Gelpi, quindi i campioni fiemmesi Paolo Larger (vincitore di due edizioni della Stava Mountain Race) e l’azzurro del fondo Stefano Gardener.
Anzitutto nuova è la data, non più posizionata a fine giugno, ma domenica 8 settembre. La gara sarà ancora valida come prova finale de La Sportiva Mountain Running Cup, il circuito che esordirà il 9 giugno con la Ledro Skyrace, per proseguire il 23 giugno con la Skylakes, il 14 luglio con la Pizzostella Skymarathon e il 28 luglio con il Giir di Mont, chiudendosi con la gara fiemmese.
La chicca è però rappresentata dal tracciato, che è stato completamente modificato, con uno sviluppo in quota immerso nei paesaggi dolomitici. «Abbiamo deciso di voltare pagina – ha esordito il presidente della Cornacci Alain Barbolini – cercando di rendere il percorso più attraente e panoramico per la massa di appassionati di corsa in montagna. La Latemar Mountain Race avrà una lunghezza di 25 km e un dislivello di 1.500 metri, dati simili alla prima versione della gara fiemmese».
Nuovi anche il luogo di partenza e di arrivo: non più Tesero, ma Pampeago, mentre rimane il passaggio sul Monte Cornon e sul Monte Agnello nella parte inziale, come ha spiegato Sergio Zeni (responsabile della sezione atletica dell’Us Cornacci): «Abbiamo cercato di ricavare un percorso godibile, che consenta di rilanciare la nostra competizione, con uno sconfinamento nella zona di Obereggen grazie alla preziosa collaborazione dei cugini altoatesini. Non mancherà il transito sulla montagna di casa, il Monte Cornon, dal quale prende nome proprio la storica società organizzatrice di Tesero e sul Monte Agnello, aggiungendo però il contesto dolomitico, andando ad esplorare la catena del Latemar. Una doppia occasione per vivere contesti paesaggistici stupendi».
Partenza dunque a 2.000 metri nei pressi dell’arrivo della seggiovia Latemar di Pampeago, quindi prima parte in leggera discesa per salire poi fino ai 2.250 metri del Doss dei Branchi, a seguire il transito sotto la croce del Monte Cornon (2.180 metri), Monte Agnello (2.350 metri), per scendere al rifugio Passo Feudo, porta d’ingresso al gruppo dolomitico del Latemar. Una seconda parte immersa fra le rocce, che porterà al punto più alto, il rifugio Torre di Pisa a 2.672 metri, quindi alla forcella dei Camosci (2.560 metri). Da lì inizia la tecnica discesa che porta verso la stazione di arrivo della seggiovia Oberholz di Obereggen, da dove parte il famoso sentiero 22, parte del percorso tematico Latemarium. In chiusura il tratto con un dislivello dolce verso il rifugio Mayrl e all’arrivo di Pampeago a quota 1.750 metri.
Per finire, ci sono già le prime conferme di partecipazione, quelle di Nadir Maguet e Paola Gelpi, i quali a fine serata hanno espresso la volontà di essere al via domenica 8 settembre.
Topturfestivalen, rotta per il nulla
Le stagioni invernali non si sa mai quando farle finire. Se uno ha passione vera per lo sci, uno strascico di inverno da qualche parte lo trova sempre. Uno, se vuole, può andare avanti tranquillamente a sciare fino a metà dell’estate, fino a giugno o a luglio, ma è chiaro che quello che sta facendo, da un certo momento in poi, è tirare avanti. Trascinarsi, e le passioni non bisogna mai trascinarle. A giugno si è in quella terra di mezzo che è il passaggio di stagione, periodo bellissimo, per carità, si può sciare ma si può anche correre e pedalare, arrampicare, camminare, fare un sacco di altre cose divertenti e anche niente, si può mettersi in spiaggia con una bella rivista di sci sotto l’ombrellone e godersi l’estate aspettando un altro inverno ancora. È per queste ragioni, per il bisogno di farla finita, che quando sai di dover andare a sciare alle Svalbard a giugno capisci che quella che sta per succederti è una cosa diversa. È un bypass delle stagioni, una circonvallazione del tempo. Tra l’inverno (anzi, la primavera inoltrata) e l’estate si inserirà un altro inverno ancora, uno vero, una stagione breve laterale ortogonale al trascorrere ordinario dei mesi. Cielo blu o nebbia che non si vede un tubo, neve, pelli di foca umide, scarponi bagnaticci e puzzolenti, il clack degli attacchi che si chiudono, gambe sudate, orecchie gelate, firn o polvere, diagonali e dietro-front, quel sapore amarognolo della borraccia, aria fredda della cima, sudore ghiacciato giù per la schiena, il caldo confortante dei guanti asciutti prima di scendere, insomma inverno. Vero. Scialpinismo vero. Le Svalbard - tu lo sai, ci sei già stato due volte - sono un mondo a parte. Una deviazione magica della linea spazio-temporale.
L’occasione per andare a giugno alle Svalbard è un festival. Esatto, un festival, proprio come la Skieda o la Scufoneda, quegli eventi insomma dove ci si incontra e ci si ritrova tra amanti dello scialpinismo e del telemark e si sta insieme, si fanno delle belle gite e si scia, ciascuno al proprio ritmo. E si fa anche un po’ di festa, certo, quella senza distinzione di livello tecnico e di capacità, a fare festa siamo tutti bravi uguali, non serve neanche impegnarsi. Basta avere voglia di stare insieme. La caratteristica del Topturfestivalen (così si chiama l’evento, l’organizzazione è norvegese) è che questo festival è itinerante e mi spiego: nel caso non lo sapeste le Svalbard sono isole relativamente vicine al Polo Nord e a primavera il ghiaccio che le ricopre e che riempie i fiordi si scioglie. Questo significa che si può navigare intorno alla terraferma e al pack. Vi serve una barca, se fate un grosso festival vi serve una grossa barca, cioè una nave. I ragazzi che hanno ideato il Topturfestivalen, che si svolge in questa modalità dal 2016, ne hanno trovata una che si chiama Nordstjernen e che è una nave da crociera artica costruita nel 1956 e recentemente restaurata e hanno deciso di farla diventare il campo base itinerante del festival. Avete capito bene: il campo base del festival è la nave. E la nave, naviga. Per capirci: è come se andaste alla Skieda a Livigno e invece che dormire in albergo (ammesso che andiate mai a dormire, alla Skieda) dormite in una cabina. Invece che guardare fuori dalla finestra della camera da letto, guardate fuori da un oblò. Invece che vedere Livigno fuori dall’oblò e il Mottolino, vedete delle montagne senza nome e in buona parte dei casi mai salite o mai sciate prima. Magari vi capita di vedere anche delle balene di Baluga o delle orche.
Non è fantastico? Longyearbyen è lontana. È proprio su, su, a guardare la carta geografica la trovate molto oltre la Scandinavia. In volo da Tromsø servono altre due ore e mezza ma è tempo speso bene, fidatevi. Quando ci arrivate, a Longyearbyen, nel vostro orologio biologico sembra esserci qualcosa che non funziona, il sole a giugno è sempre molto alto nel cielo ed è sempre giorno. Pieno giorno. La luce non è tenue e slavata come ve la aspettavate, è forte e abbagliante, cristallina, riflessa ancora con forza dalla neve e dal ghiaccio che hanno appena iniziato a sciogliersi. La cittadina in effetti è polverosa e sporca, un po’ come una stazione di sci a chiusura impianti, ma in fondo a voi cosa ve ne importa, voi nel tempo di qualche ora sarete a bordo della nave. Andrete via. Alle Svalbard latente nei vostri sensi ci sarà sempre, almeno nei primi giorni, quella sensazione bizzarra di svarionamento che la mancanza di buio notturno e la carenza di melatonina insinuano nel sistema nervoso. È un po’ come se foste in bilico tra un paio di birre di troppo, l’iperattività promossa da svariate Red Bull bevute una dietro l’altra come un adolescente eccitato e quei colpi di sonno che vi colgono nei dopo pranzo a casa di parenti che visitate di rado mentre vi mostrano le diapositive dell’ultima vacanza al mare. Il tempo di uno spuntino in uno dei locali del paese (andateci piano con gli spuntini, la luce continua vi fa venire una fame atavica e continua) e poi via, verso il porto e verso la vostra barca. Chiamarla barca è profondamente inesatto. Riduttivo. Quella su cui state per salire è una nave, piccola, ma nave. La differenza tra una barca e una nave, anche se non siete dei marinai, dovrebbe esservi chiara. La lunghezza complessiva della nave è di 88 metri. La Nordstjernen è una barca da crociera artica ed è attrezzata per rompere il ghiaccio se necessario fino a uno spessore di trenta centimetri; per resistere all’eventuale impatto con pezzi di ghiaccio vagante ha uno spessore dell’acciaio a prua di circa quarantacinque centimetri, perlomeno questo è quello che mi hanno raccontato. E io ci credo. Quarantacinque centimetri sono uno spessore rassicurante, per me che non ho un grande rapporto con le navi, lo ammetto. Soffro il mal di mare anche sul traghetto Piombino-Portoferraio per via del mio sistema propriocettivo che (così mi hanno detto) è così sensibile che alla minima variazione di stabilità sotto i piedi, vado in sofferenza. E sto male. Non so se è vera la storiella della sensibilità che mi hanno raccontato, però io mi ci consolo. Comunque il Mar Glaciale Artico, guardandolo dalla banchina del porto, non mi sembra agitato.
Salgo a bordo con la mia sacca, i miei scarponi e i miei sci da telemark che deposito sul ponte della nave. Il personale di bordo è molto gentile e simpatico, sono quasi tutti ragazzi e ragazze filippine, tra loro c’è solo qualche lupo di mare vichingo. Gli altri partecipanti alla crociera, a parte il mio amico Keith che è inglese, sono tutti norvegesi. Un norvegese si riconosce da tre cose: perché è grande e grosso come e più di un olandese (sono molto più grandi di un italiano medio); perché è molto gentile e quasi sempre porta la barba (a parte le ragazze, parlo della barba); e poi perché parla norvegese. Quella cosa che nei Paesi scandinavi parlano tutti tranquillamente inglese, credetemi, non è mica vera. I norvegesi parlano norvegese ed eventualmente, se proprio devono e sono costretti, anche inglese. I briefing informativi sono in norvegese, le istruzioni di cabina e i menù sono in norvegese, le conversazioni al bar in norvegese. Voi dovete accontentarvi di cercare di capire cosa fanno gli altri e intercettare le espressioni del volto o i gesti. Nel caso non abbiate capito, siccome i norvegesi sono gentili, vi spiegano meglio in un inglese ben scandito e comprensibile. Una volta a bordo la vita è semplice: mangiare, bere, dormire, mangiare, farsi trasportare con il gommone sulla terra ferma, pellare, pellare, pellare, sciare, pellare, sciare, pellare, sciare, eccetera, tornare a bordo in gommone, bere, godere del panorama a poppa, fare la doccia (a bordo, in piccolo, ci sono tutti i comfort) mangiare, chiacchierare con gli altri croceristi, bere, bere, dormire. E ricominciare da capo. Il trasferimento sulla terra ferma per sciare è abbastanza semplice, una volta a terra la vostra gita di scialpinismo comincia, c’è quasi sempre un breve avvicinamento pianeggiante da fare, ottimo per il warm-up, e poi si sale. Si trova di tutto, dai pendii ampi e morbidi ai pendii più ripidi e impegnativi, mai estremi a meno che uno li vada intenzionalmente a cercare.
I dislivelli sono di 800 metri a risalita, se ne fanno quanti se ne vuole. Abbiamo navigato a sud delle isole, in una zona chiamata Hornsund Fijiord. È il classico paradiso per lo scialpinismo classico (scusate il gioco di parole) e le montagne sono bellissime. In salita ogni tanto vale la pena di fare una pausa e sollevare lo sguardo all’orizzonte, il paesaggio è surreale. Ci sono montagne dalle forme alpine, fatte di rocce, pendii ripidi, ghiacciai e perfino delle meringhe di ghiaccio lavorato dal vento e giù, in basso, c’è il blu del mare. Ci sono i fiordi ancora ingombri di ghiaccio, in lontananza. Il cielo è azzurro se siete fortunati (noi lo siamo stati, per tutto il viaggio non abbiamo visto una nuvola) ed è evidente che vi trovate in un luogo ai confini del mondo. Non c’è niente e nessuno per chilometri e chilometri. Beh, a parte gli orsi polari, certo. È per quello che uno di voi, quando andate a sciare, si porta appresso un fucile. La faccenda di andare a sciare con il fucile è un po’ destabilizzante all’inizio. Uno può reagire in due modi: o è veramente preoccupato e ossessionato dalla paura di venire attaccato e sbranato da un orso polare; oppure vede quella dell’incontro come una remota possibilitàdi cui non preoccuparsi minimamente, come se fosse qualcosa che fa parte del pacchetto vacanza. In realtà l’atteggiamento corretto sta a metà strada tra queste due posizioni. Il pericolo di incontrare un orso è concreto e reale, poi gli orsi sono interessati più alle foche di cui si cibano che agli esseri umani ma sono predatori e per questa ragione non bisogna mai sottovalutare i rischi di un incontro faccia a faccia. Il pericolo è più consistente in prossimità del mare, in quota ci si può davvero rilassare e godere dello spazio immenso, della solitudine e dei pendii.
La qualità dello sci è fantastica, a nord si può trovare neve polverosa (il nord, alle Svalbard, è comunque un’esposizione che subisce la trasformazione per via del sole di mezzanotte, il metamorfismo della neve è soltanto un po’ più lento) a sud, est e ovest si scia su ottimo firn e corn snow, che è quella condizione della neve ancora ricca d’aria ma in avanzato stato di trasformazione che è difficile trovare da noi sulle Alpi. Quando sei in cima a una montagna e cominci a scendere il panorama davanti a te è strepitoso. Capisci che stai per affrontare davvero una di quelle discese epiche che ricorderai per tutta la vita. Ecco perché a fine giornata, quando, dopo l’ultima discesa, arrivi in spiaggia e ti ritrovi una grigliata di carne, la musica, una tenda-sauna, birra che scorre a fiumi e gente che balla come all’après-ski del Tonale, capisci che lì, quella sera, si sta per consumare una festa indimenticabile. D'altronde poi per tornare a dormire non devi nemmeno guidare, non devi far altro che un cenno a uno dei gentilissimi conducenti di gommone di riportarti a bordo e poi, una volta in cabina, schiantare dal sonno al piano superiore del tuo letto a castello. È difficile spiegare a parole le ragioni valide per andare alle Svalbard a sciare, io ne ho messe a fuoco tre principali: uno, ogni volta che hai la possibilità di andare a sciare in un luogo della terra dove non c’è nessuno intorno per decine o centinaia di chilometri, bisogna sempre trovare il modo di farlo. L’esplorazione, l’andare a sciare in luoghi in cui non lo ha ancora mai fatto nessuno è una esperienza umana che vale sempre la pena. Due, mare e montagna, sci e navigazione, neve e acqua sono i due estremi che si toccano, non bisogna mai rinunciare alle esperienze estreme, quando per farle non c’è bisogno di mettersi in ginocchio. Tre, dieci curvoni a manetta sulla parete ovest dell’Hornsundtinden che finiscono in spiaggia e nel mare più blu che voi abbiate mai visto, valgono una stagione intera. O forse anche due o tre. O dieci.
Questo articolo è stato pubblicato sul numero 113 di Skialper, acquistabile qui
Le novità Camp per le scalate
L’imbragatura Energy, i rinvii Photon Express KS e il nuovo cordino di posizionamento Swing, dotato di bloccante ergonomico che consente di regolare facilmente e con precisione, anche con il dispositivo sotto carico, la propria distanza dagli ancoraggi. Sono tre dei prodotti di punta del marchio di Premana per una estate all’insegna dell’alpinismo.
Energy
Energy è un’imbracatura leggera e confortevole in grado di soddisfare le esigenze del più ampio range di utilizzatori. L’interno termoformato e la notevole larghezza di cintura e cosciali garantiscono comodità e sostegno durante le sospensioni e le calate in doppia. I cosciali con fibbia scorrevole, ad ampiezza variabile ma non completamente apribili, uniscono l’assoluta sicurezza della costruzione fissa con la versatilità della costruzione regolabile. I 4 portamateriali in fettuccia con tubetto di rivestimento consentono un facile accesso a tutto l’equipaggiamento. Peso: 315 gr (taglia M).
Photon Express KS
Il rinvio per chi ama arrampicare a vista. I Photon Express KS sono equipaggiati con i leggerissimi moschettoni Photon (leva dritta per gli ancoraggi, leva curva per la corda, sempre con chiusura Keylock) e con fettuccia in poliestere (disponibile in 2 lunghezze: 11 e 18 cm). Il connettore per la corda è mantenuto in perfetta posizione dal Karstop Evo: un ferma moschettone in TPU di concezione innovativa, integrato nella fettuccia e quindi estremamente efficace, funzionale e inamovibile. Peso: 86 gr (11 cm) e 91 gr (18 cm).
Swing
Cordino di posizionamento estremamente funzionale, che consente una facile e rapida regolazione della distanza dell’arrampicatore dall’ancoraggio. Una volta collegato lo Swing all’imbracatura e alla sosta, basta ruotare il bloccante in alluminio per allontanarsi dall’ancoraggio (anche se l’attrezzo è sotto carico) e tirare il capocorda libero per compiere l’operazione inversa. Corda dinamica asolata da 9.7 mm di diametro. Utilizzabile con qualsiasi modello di moschettone a ghiera grazie all’ampio foro di attacco. Peso: 145 gr.
L’Atletica Valli Bergamasche detta legge sui sentieri di casa
Niente da fare, in casa non li batti: gli Orange di Privato Pezzoli la spuntano anche quest'anno portandosi a casa per il nono anno consecutivo il Trofeo Valli Bergamasche. Secondo piazzamento per una Atletica Valle Bremabana che tenta di far saltare il banco, ma gli manca davvero poco. Completa il podio la sorpresa di giornata del Team Tornado. Nella gara femminile assolo di Elisa Sortini davanti a Colli e Belotti.
Scaldati i motori e lucidate le scarpette è definitivamente iniziata la stagione 2019 della Corsa in Montagna italiana e come da tradizione è il Monte Beio della storica Leffe, luogo di nascita della nazionale italiana ad ospitare il primo atto di quella che sarà una lunghissima ed avvincente stagione.
Fin dalle prime battute di gara è duello tra gli ‘orange’ di Luca Cagnati e l’Atletica Valle Brembana con Nadir Cavagna. Tutto segue il copione: Cavagna consegna le sorti della gara al compagno Matteo Bonzi chiudendo in 32’42” (miglior crono di giornata) con 30” di vantaggio su Cagnati (33’12”) che passa il testimone ad Alessandro Rambaldini. Molto bene fin dall’inizio anche il Team Tornado: Gabriele Bacchion chiude la sua frazione in 33’22”, terzo davanti a Bernard Dematteis (Corrintime).
La sfida continua con il sorpasso di Rambaldini che chiude la seconda frazione in 33’53” davanti al coraggioso Bonzi (34’56”) che cerca di ridurre al minimo il distacco dalle Valli sperando nella terza frazione del compagno Francesco Puppi.
Rientro fortunato e premiato quello del valdostano Xavier Chevrier che dopo un lungo periodo di infortunio si ripresenta a Leffe per aiutare la sua squadra a confermarsi ancora una volta sul più alto gradino del podio. E si conclude così la sfida del XVI Trofeo Valli Bergamasche, Chevrier (33’32”) porta gli orange alla nona vittoria consecutiva. Tempo complessivo dei 3 giri da poco più di 8km: 1h40’38”. Secondo posto per l’Atletica Valle Brembana in 1h41’14” e terzo grazie alle frazioni dei fratelli Italo e Roberto Cassol il Team Tornado con il crono di 1h43’25”.
Quarti classificati i nero-verdi della Recastello Radici Group (Piana-Ruga-Della Torre) che si aggiudicano anche la classifica per società, quinta la bresciana Corrintime (Bernard Dematteis-Cristini-Martin Dematteis). Ultima frazione velocissima per Martin Dematteis che chiude in 33’12” terzo miglior tempo di giornata tra tutte le frazioni.
Al femminile è vittoria di Elisa Sortini (Atletica Alta Valtellina) che distacca la sfidante Gaia Colli, che aveva provato nelle prime battute di gara a stare con la vincitrice che però ha la meglio e conclude la gara in 38’05”. Secondo posto quindi per Colli (39’59”) seguita da Valentina Belotti (40’34”) e vicinissima al podio Elisa Compagnoni (40’54”) che precede Galassi e Gelmi.
Clare Gallagher, dal corallo alla CCC
Se sei sulla strada giusta, le porte si aprono; se sei su quella sbagliata, puoi aspettare, ma non si apriranno. Parola di Clare Gallagher, Boulder, Colorado. Probabilmente non erano tutte sbagliate le strade che ha percorso per buona parte dei primi 26 anni della sua vita. E sono tante. A 18 anni si è trasferita a Est, all’università di Princeton, dove ha iniziato a occuparsi di difesa dei coralli e ha seguito un corso di etica ambientale con Peter Singer, australiano, uno dei filosofi più influenti del mondo. Poi ha vissuto un paio di anni in Thailandia, prima insegnando l’inglese nei villaggi più poveri, poi impiegata in un programma di sensibilizzazione sulla difesa della vita marina. Ed ecco la prima strada sbarrata: le mancano gli amici, il Colorado, le montagne. Non è necessario essere una martire ai tropici per fare qualcosa per l’ambiente. Le porte si chiudono, mentre si aprono quelle della corsa.
«Ho sempre corso a scuola, ma facevo atletica o strada e, mentre alla high school ero bravina, all’università non andavo» dice Clare. Poi corre per caso un trail di 50 chilometri nel nord della Thailandia ed è subito amore. «Eravamo nella foresta e c’erano serpenti ovunque, era così selvaggio, mi è piaciuto subito». Torna a casa, nel 2015 fa un paio di gare e l’anno dopo vince subito la Leadville Trail 100 Mile, da quasi sconosciuta. Roba che ci sono atlete che ci tentano una vita senza successo. Le porte si aprono. La ragazza corre, forte. Però vuole provare a fare il medico e continua gli studi. Bastano poche settimane per capire che non è la sua strada. Le porte si richiudono. Lascia tutto per vivere di corsa. I risultati non mancano, la CCC del 2017 vinta con il record della gara dice qualcosa? E la Endurance Challenge - California Trail 50 Miles al secondo posto nel 2017? Le porte si riaprono, compresequelle del team La Sportiva, dove Clare è arrivata proprio quest’anno. «Avevo già usato le Helios, erano le mieLaSpo preferite, valide anche per correre su terreni duri, poi quest’anno ho provato di tutto, soprattutto le Mutant e ora ho trovato le mie nuove LaSpo preferite, le Bushido II, simili alle uno, protettive, ma morbide». Le porte del professionismo si aprono. «Sì, vivo della corsa, più o meno, diciamo che la mia unica preoccupazione è mangiare» scherza.
C’è una cosa che accomuna Clare e La Sportiva, entrambe hanno costruito i loro successi a partire dagli insuccessi. La casa di Ziano di Fiemmesu questa dinamica ha impostato la sua festa per i 90anni. Una scelta coraggiosa, come quella di Clare di abbandonare gli studi: «Quel fallimento mi ha dato tanta benzina per correre forte.» Corre forte, eppure Clairenon si definisce proprio una runner, piuttosto un’attivistaambientale e una runner. «Metto davanti la parola attivista, penso che viviamo sulla terra e dobbiamo fare di tutto per lasciarla migliore di come l’abbiamo trovata, dobbiamo restituire quello che ci ha dato e ancora di più come americani». Basta seguire i suoi accountsocial per capire che Clare ha fatto delle scelte radicalie la difesa dell’ambiente è al primo posto nella sua vita. Non mangia carne «perché è la prima e più facile sceltase sei ambientalista convinta e vuoi minimizzare la tua impronta ambientale, però poi mi sono accorta chesto anche meglio e corro più veloce». A proposito d’impronta, Clare compensa anche le emissioni prodotte dai suoi spostamenti in aereo. È stata anche a San Francisco dove con POW (Protect our Winters, un’associazioneche cerca di sensibilizzare sul climate change e gli effetti sull’inverno e la neve) ha partecipato a una grande marcia per invitare gli americani a votare per candidati che s’impegnano a difendere l’ambiente alle elezioni del mid term. «Il principale problema delle nostre società è proprio questo, che la gente non vota più perché pensa che sia inutile, invece bisogna votare per le persone giuste». Votare per le persone giuste e parlare con chi ci sta vicino, sensibilizzarlo dopo avere spiegato i problemi.
Il sogno però è riuscire a creare un movimento ambientalista anche tra i runner. «Io, Luke top, top3Nelson, Anton Krupicka, Joe Grant, Stephanie Violett, Dakota Jones siamo tra i più attivi e stiamo cercando di avvicinare quanti più runner a POW, vediamo cosa succederà nei prossimi anni, se funzionerà, per ora non ha senso creare un’altra associazione e disperdere gli sforzi». Protect our winters… dunque in inverno scii? «È il primo sport che ho praticato, poi tre anni fa ho iniziato a fare gare di scialpinismo, giusto per allenarmi, ho partecipato anche alla Grand Traverse, ma fa freddo, molto freddo e io sono freddolosa, anche quando corro». Però è meglio proteggere i nostri inverni, vero Clare?
Questo articolo è uscito sul numero 120 di Skialper, se vuoi acquistarlo vai qui
Sarà ancora Limone a ospitare la finale delle Migu Run Skyrunner World Series
Per la settima volta consecutiva sarà Limone sul Garda ad ospitare la finale delle Migu Run Skyrunner World Series. Mancava un tassello nel calendario ISF, definito in queste settimane. Per la stagione che sta per cominciare il nuovo format di coppa prevede che la tappa conclusiva, quella chiamata a decretare re e regina dell’estate, debba andare in scena su un percorso inedito riservato all’élite mondiale; al via saranno quindi ammessi solo gli atleti che nel corso della estate avranno guadagnato sul campo il pass per la prova definita Skymaster. Questa sfida andrà in scena sul percorso classico della Limone Extreme con l’aggiunta di una parte altamente spettacolare proprio sotto la cima del Monte Carone. La prova Skymaster partirà alle ore 13.30 di sabato 19 ottobre, avrà uno sviluppo di 27km e un dislivello positivo di 2600 metri. Ma il gran gala dello skyrunning continuerà a essere un evento per tutti, una gran festa di fine stagione. Infatti, resta confermata, confermatissima la Limone Skyrunning Extreme. Anche qui, alcune sostanziali novità. Innanzitutto l’orario di partenza, anticipato alle ore 9 per dare la possibilità a ogni singolo atleta di godersi le fasi conclusive della sfida mondiale. L’altra modifica riguarda il tracciato che eviterà ai concorrenti la durissima risalita sul Vertical della Mughéra rendendo la gara sostanzialmente meno dura, ma sempre altamente spettacolare con i suoi 21km di sviluppo 2000 m di salita e la medesima ultima funambolica discesa che ha contribuito a creare il mito della Limone Extreme. Ci sarà anche il vertical del venerdì che andrà in scena nel tardo pomeriggio di venerdì così da regalare ai concorrenti una salita e un arrivo in cima vista lago, impreziosito dalle luci del tramonto. Confermatissima anche la partnership con Dynafit; promosso sul campo e riproposto anche quest’anno il progetto #donna4skyrace sulla 10k non agonistica. Il 31 maggio aprono le iscrizioni.
Si aprono le iscrizioni al Mozzafiato Trail
Si apriranno il 4 maggio le iscrizioni a Mozzafiato Trail, in programma a Cannobio, sul Lago Maggiore, il prossimo 4 agosto. Dopo la rivoluzione dello scorso anno, e forti dell’apprezzamento dei partecipanti all’edizione 2018, sono stati confermati i tre percorsi proposti, che permettono un magico tour all’interno della Valle Cannobina, un viaggio nello spazio e nel tempo, che toccherà borghi in cui la vita scorre seguendo ritmi antichi.La gara più lunga sarà quindi la 37 km con 2.175 m D+, che toccherà Traffiume Cavaglio, Gurrone, Spoccia, Orasso, Cursolo, Airetta, Gurro, Falmenta, Crealla, Ponte Falmenta, Lunecco, Cavaglio, Traffiume, per poi tornare a Cannobio.
Più corta, ma non per questo meno spettacolare, la 26 km (1.365 m D +) toccherà Traffiume, Cavaglio, Gurrone, Lunecco, Ponte Falmenta, Falmenta, Crealla, Ponte Falmenta, Lunecco, Cavaglio, Traffiume per tornare a Cannobio
Sarà possibile poi correre la 26 km anche in staffetta: la prima frazione sul percorso Cannobio–Falmenta (12, 350 km per 845 m D+), la seconda da Falmenta a Cannobio per 13,650 km e 520 m D+). Inoltre ci sarà anche un percorso in Nordic Wallking. Partenza e arrivo di tutti i percorsi sarà il Borgo Antico di Cannobio. Le quote di iscrizione iniziali saranno di € 25,00 per la 36 km, di € 20,00 per la 26 km e di € 20,00 a coppia per la staffetta.
Speed + free + tour = Mythic
Che cosa c’è di meglio che fiondarsi giù dalla vetta del Monte Bianco a 120 chilometri all’ora abbinando qualche curva a qualche centinaia di metri in volo per testare un capo di abbigliamento per il freetouring? È quello che abbiamo fatto con Luca Polo e Mattia Tresca, speedrider valdostani, per provare il nuovo completo Mythic di Vertical e lo zaino FreeAlper 40L. Questa volta non siamo proprio saliti sulla vetta del Bianco, come hanno fatto loro nel 2014 quando hanno firmato la prima discesa in speedriding sul versante italiano, ma a Punta Helbronner con la funivia SkyWay e ci siamo divertiti salendo e scendendo in quota, in uno dei santuari mondiali dello speedriding. Un ambiente bellissimo anche per una gita con le pelli, per esempio alla Tour Ronde o all’Aiguille d’Entreves, che ci ha consentito di provare i capi in versione up & down e mettere alla frusta lo zaino.
Abbigliamento mitico
Mythic di Vertical è una giacca per lo scialpinista e il freetourer top. Quello che ama l’alta quota e cerca capi resistenti ma anche ben studiati, con tutto quello che serve, al posto giusto, e niente di più. La giacca Mythic MP+è realizzata con un guscio esterno a tre strati 4 way stretch, reso impermeabile e traspirante grazie alla membrana MP +, un’esclusiva Vertical. Oltre a queste caratteristiche, per avere sempre sotto mano tutto quello che serve, la Mythic Jacket ha un’ampia tasca posteriore e due sul petto, più piccole e con zip, una tasca sulla manica e una di sicurezza interna. I polsini sono elasticizzati e con passante per il pollice, le maniche con tecnologia 3D fit, per permettere una maggiore mobilità. Il cappuccio è regolabile. I pantaloni hanno le stesse caratteristiche di impermeabilità, resistenza e traspirabilità della giacca, numerose tasche con zip e la ghetta interna per impedire alla neve di entrare. Inoltre possono essere collegati in maniera comoda e veloce, diventando un tutt’uno con la giacca e garantendo di sciare e di rimanere perfettamente asciutti anche in metri di neve polverosa.
«Quando ci alleniamo di solito usiamo la tutina perché bottoni e passanti dei pantaloni dopo qualche ora di sforzo danno fastidio e premono sul corpo, invece questi antaloni semnrano una seconda pelle, non danno mai fastidio. La giacca? Ogni cosa è a suo posto: tasche, prese di aerazione, cappuccio molto pratico. È più di un guscio, la indicheremmo soprattutto per la discesa, utilizzando un duvet o un Windstopper per salire, ma quando fa particolarmente freddo può essere utile anche per salire e le prese per l’aria sono ben studiate, come tutti i particolari di un capo resistente e molto pratico».
La giacca Mythic MP+ pesa 945 gr e costa 369,95 euro
Il pantalone Windy pesa 780 gr e costa 300 euro
La colonna d’acqua della membrana MP+ è di 20.000 mm. Questo valore indica la pressione in millimetri oltre la quale il tessuto lascia passare l’acqua.
Il valore di traspirabilità della Membrana MP+ è di 30K, vale a dire 30 kg di vapore acqueo che possono passare attraverso un metro quadro di tessuto in 24 ore.
Lo zaino che rende facile la vita
Quaranta litri di capacità suddivisi in uno scomparto principale e una tasca di accesso di emergenza per il materiale destinato al soccorso in valanga. Sono questi i numeri di FreeAlper 40L, zaino da scialpinismo e alpinismo essenziale nelle linee e molto concreto. Le cinghie per fissare gli sci allo zaino sono facilmente regolabili, anche indossando i guanti, e permettono un doppio posizionamento dell’attrezzatura (in verticale oppure in diagonale). Ci sono poi anche delle cinghie laterali di compressione asportabili, per stabilizzare o comprimere il carico posto all’esterno dello zaino e uno scomparto con zip per i ramponi. Pesa 775 grammi ed è disponibile nelle taglie XS-S e M-L. Esiste anche una versione più piccola, da 30 litri e dal peso di 685 grammi.
«Con 40 litri non ti serve la velocità, ma la praticità sì e ci sono alcune soluzione mutuate dal mondo racing che sono davvero utili, come per esempio il gancio ferma sci. Il portaborraccia sullo spallaccio è esemplare per stabilità e comodità, la parte inferiore del portasci rinforzata anti-lamine, l’inserto per bloccare la piccozza evita che il becco sporga e l’apertura a sacca, coperta poi dal telo superiore che si blocca con dei gancetti negli spallacci, molto pratica».
FreeAlper 40L pesa 775 grammi e costa 199 euro
Gli sci possono essere portati in verticale e in diagonale
Una vita in Vertical
Nato nel 1984 in Francia, nell’ambito del marchio Francital, Vertical è stato fin da subito uno dei marchi di riferimento nel mercato francese dell’abbigliamento da montagna. Come molte storie di successo anche questo brand vede un uomo e la sua passione dietro alle soluzioni più innovative, Patrice Dheu. Dopo la sua morte (avvenuta nel 2006 a causa di un incidente alpinistico) Vertical viene acquisito da Béal e poi da Raidlight che dal 2016 è di proprietà del Gruppo Rossignol. www.verticalmountain.com
Lo speedriding nel sangue
Luca Polo e Mattia Tresca con il volo e la montagna hanno un rapporto unico. Entrambi Vigili del Fuoco ad Aosta, hanno iniziato a volare in parapendio alla fine del primo decennio del secolo e sono passati velocemente alla vela veloce dello speedriding, di cui sono stati tra i pionieri. Luca, che è anche Guida alpina e maestro di sci (Mattia ‘solo’ maestro) ha accompagnato alcuni mostri sacri della disciplina, come Antoine Montant e François Bon a scendere per la prima volta al mondo le Grandes Jorasses. Insieme a Mattia Tresca ha realizzato tre prime discese in speedriding: Monte Bianco versante italiano, lungo il ghiacciaio del Brouillard (2014), canale Marinelli al Monte Rosa (2014) e parete Est del Cervino (2015). Queste tre imprese sono al centro del bel film Speedriding 4.000. Nel 2016 un grave incidente mentre scendeva con la vela ha fermato Luca, che non si è perso d’animo ed è di nuovo pronto a volare come Icaro e sciare come Jérémie Heitz.
Trail, mountain bike e boulder all'Outdoor Challenge di Donnas
A volte abbiamo dei tesori dietro casa e non ce ne rendiamo conto. Prendi Donnas, piccolo borgo all’inizio della Valle d’Aosta: è una vera e propria outdoor destination dal clima mite quasi tutto l’anno (coltivano anche gli ulivi…) dove praticare trail running, mountain bike o arrampicare su una delle tante falesie. È proprio così e possiamo metterci la mano sul fuoco perché qui abbiamo provato le scarpe da trail e da hiking per la nostra Outdoor Guide 2019. Se anche voi volete scoprire questo piccolo paradiso degli sport outdoor, l’occasione migliore è quella di venire al Donnas Outdoor Challenge, il prossimo 11 e 12 maggio. Saranno due giorni all’insegna dell’outdoor con il vecchio borgo trasformato in un centro test di scarpe, mountain bike e attrezzatura e le cantine trasformate in vere e proprie officine. Ma Donnas Outdoor Challenge è molto di più. L’11 e il 12 maggio ci sarà il Donnas Outdoor Boulder, contest che si svolgerà anche sull’arco romano che dà accesso al centro storico. Per chi preferisce gli sport di fatica, sabato 11 appuntamento con il Donnas Duathlon, abbinata trail (9 km) e mountain bike (13 km) riservata anche alle coppie, nella versione non competitiva. E poi tante attività per la famiglia, dal rally nature con i guardaparco del Parco Naturale del Mont Avic, alla slackline, passando per rafting, family trekking, corsi di yoga e clinic di mountain bike per i bambini. E dopo lo sport, una buona cena perché qui ci sono ristoranti gourmet in location di charme come quello dell’albergo Le Coeur du Pont e si coltivano vigneti che producono vini rossi interessanti. E anche per dormire c’è l’imbarazzo della scelta, dagli alberghi tradizionali ai graziosi bed&breakfast come Lou Rosè. Donnas è facilmente raggiungibile in autostrada, uscendo al casello di Pont-Saint-Martin della Torino-Aosta. Cosa aspetti a segnare la data in agenda? Ci saremo anche noi di Skialper, vi aspettiamo!
Amorotto Trail, ci siamo
Manca poco ad Amorotto Trail, in programma nel week end dell’11 e 12 maggio a Carpineti. Diverse le novità per questa edizione, a partire dall’allungamento delle due gare regine: l’AUT, Amorotto Trail arriva a 80 km con 4000 m D+, mantenendo i 4 punti Itra (partenza alle 6.30), la MVT, Monte Valestra Trail sale a 57 km con 2700 m D+, sempre con i 3 punti Itra. Entrambe le gare sono state tracciate con alcuni passaggi verso le vallate del torrente Tresinaro e delfiume Secchia. I concorrenti AUT, potranno anche ammirare The Big Bench sul Monte Fosola e il palcoscenico dell’Appennino Reggiano con la Pietra di Bismantova. Le limitazioni in termini di numeri sono rese necessarie dalla volontà da parte dello staff di Amorotto di mantenere alto gli standard organizzativi pur con l’allungamento dei percorsi e dei tempi di gara.
Rimangono invariate le gare SVT, San Vitale Trail (20 km – 1000 mD+), PST, Poiago Short Trail (12 km, 450 mD+.
Nuovo Buff 2019 nel pacco gara: ‘Nelle sere prive di luna, lungo la vallata, là sul Castello è dato di vedere la sua figura a tutto punto armata, mentre una donna le sue chiome nere bacia piangendo, tenera e angosciata. E cavalcano un candido destriero erto nel cielo come pece nero’, sarà il motto del 2019. La gara sarà anche la prima Trofeo Agisko BPER Banca, circuito che si presneta con tante novità nel 2019: premiazioni sempre più importanti con premi in denaro e un rinnovato sistema di assegnazione punteggi.