Elhouisine Elazzaoui e Madalina Florea vincono le Golden Trail World Series
Con la vittoria di domenica 12 ottobre alla Grand Finale della Golden Trail World Series, ospitata in Trentino, sul percorso della Ledro Sky, il marocchino Elhousine Elazzaoui ha vinto per la seconda volta la classifica generale del circuito. Una stagione perfetta quella dell'atleta del team Nnormal, con mille punti e quattro vittorie (Zegama-Aizkorri, Broken Arrow Skyrace, Tepec Trail e Ledro Sky). Dietro di lui nella overall i keniani Patrick Kipngeno e Philemon Kiriago, entrambi del team Run2gether On Trail, con 953 e 892 punti. Non è stata una vittoria scontata quella di Elazzaoui: il percorso tecnico della gara (21 km, 1.700 m D+) ha visto per quasi tutto il tempo un altro keniano in testa, Paul Machoka dell'Atletica Saluzzo, superato da Elazzaoui al termine dell'ultima discesa. Ma Elazzaoui ha dovuto guardarsi da ritorno di Kipngeno, secondo nella generale e arrivato a 20 secondi. Primo italiano Daniel Pattis del team Brooks, nono nella overall e sesto in gara. Ottime prestazioni per gli atleti del Team Salomon Italia, con Isacco Costa, Simone Giolitti, Roberto Giacomotti, Alice Testini ed Elisa Presa, protagonisti di una stagione di costante crescita e competitività a livello internazionale.
Sabato è stata lotta dura anche nella gara femminile, vinta dalla statunitense del team Nike ACG Laureen Gregory, che ha superato la romena Madalina Florea (Team Scott) in discesa. Il podio finale ha visto la Gregory imporsi sulla Florea e sulla spagnola Sara Alonso del Team ASICS. Stesse protagoniste, ma a ruoli invertiti, nella classifica finale del circuito, con Florea a trionfare con 958 punti su Alonso (913) e Gregory (878). Prima italiana Alice Gaggi (Brooks) al nono posto.

Si chiude così una stagione intensa del circuito powered by Salomon che si conferma come riferimento internazionale del trail, con un montepremi di più di 300.000 euro. La Grand Finale ha rappresentato l’ultima tappa di una stagione intensa, articolata in otto gare regolari disputate nei cinque continenti, dalla Kobe Trail in Giappone alla Broken Arrow Skyrace negli Stati Uniti, passando per il Golfo dell’Isola Trail di Noli, in Liguria. Solo i migliori 30 uomini e 30 donne della classifica generale hanno potuto contendersi il titolo mondiale sulle creste trentine, dopo mesi di competizioni ad altissimo livello.
L'Italia ha ospitato due gare del circuito e per la seconda volta la finale. «La Grand Finale di Pieve di Ledro racchiude perfettamente lo spirito della Golden Trail World Series: competizione, rispetto per l’ambiente e valorizzazione del territorio. Portare in Italia un evento di questa portata è motivo di orgoglio per Salomon, perché ci permette di unire la passione per il trail running alla promozione di un contesto naturale e culturale unico. L’entusiasmo del pubblico e la qualità degli atleti confermano quanto la cultura del trail running stia crescendo, anche grazie a un circuito capace di raccontare storie autentiche e condividere esperienze straordinarie» ha detto Ilaria Cestonaro, Marketing Manager Salomon Italia, a conclusione dell'evento.

Lo zaino airbag che diventa anche respiratore
Lei si chiama Isabella Campana e oggi è una studentessa di Design del prodotto, della comunicazione e degli interni presso l’Università IUAV di Venezia. Durante la laurea triennale in Design del Prodotto Industriale presso l’Università di Bologna ha progettato un sistema airbag che, se industrializzato, potrebbe cambiare il modo di affrontare la sicurezza in valanga. L’idea è semplice: poter utilizzare l’aria usata per gonfiare il pallone dopo che si è aperto per respirare.

Il sistema è infatti dotato di due valvole di non ritorno, una necessaria per gonfiare l’airbag e l’altra collegata al tubo di respirazione: quest’ultima, consente all’aria di fluire solo quando l’utente inizia a inspirare, ottimizzandone il consumo, e impedisce alla CO2 espirata di rientrare nel sistema, garantendo aria pulita per la respirazione, grazie anche al filtro HEPA collegato al boccaglio. Nivor è in grado di gonfiare rapidamente l’airbag con aria compressa in pochi secondi, garantendo una risposta rapida in situazioni di emergenza, e ha una capacità di 170 litri d’aria, offrendo quindi un tempo aggiuntivo di respirazione fino a 28 minuti durante una sepoltura da valanga. Il sistema di gonfiaggio di Nivor è elettrico, alimentato con supercondensatori, ed è stato pensato per essere universale grazie ad agganci magnetici e fasce regolabili.


Nivor è tra i tre finalisti italiani del James Dyson Award, promosso dalla James Dyson Foundation, ente a scopo benefico dell’omonima azienda. L’obiettivo è quello di sfidare laureandi e neolaureati in ingegneria e design, in tutto il mondo, a progettare la soluzione a un problema. A oggi, il concorso ha premiato oltre 400 invenzioni e oltre il 70% dei vincitori globali delle scorse edizioni sta commercializzando le proprie invenzioni. Il vincitore internazionale verrà decretato il prossimo 5 novembre e riceverà un premio di 36.000 euro, mentre gli altri due finalisti riceveranno 6.000 euro, come i vincitori nazionali.
Novemila chilocalorie e sei ore di sonno: numeri e curiosità dell’ultima impresa di Kilian
Con l’arrivo sul Mount Rainer, nello Stato di Washington, la notte tra venerdì e sabato scorso Kilian Jornet ha chiuso il suo progetto States of Elevation. L’idea era semplice quanto ambiziosa: raggiungere tutti i Fourteeners (le vette di 14.000 piedi, che equivalgono a 4.267 metri) dei Lower 48 (gli Stati Uniti continentali, escluse Alaska e Hawaii, per un totale di 72 vette) con la sola forza umana, concatenandoli di corsa o con uno stile fast & light e in bici. A qualche giorno di distanza dalla fine dell’impresa iniziano a filtrare un po’ di dati interessanti e di curiosità. Rinviamo alla lettura dello schema finale di questo articolo le statistiche sulla prestazione, dalla distanza al dislivello totale, per concentrarsi su altre informazioni.

Corpo e performance
Il peso di Kilian è rimasto abbastanza stabile introno ai 55 chili, dopo essere sceso a 52 nella prima settimana. Nei primi giorni la sfida è stata trovare l’adattamento al clima particolarmente secco (che ha comportato fino a 5 chili di perdita di peso a causa della disidratazione) e all’esposizione ai raggi UV del Colorado. L’attività più lunga è stata di 390 km (in bici) per un totale di 15 ore. Il consumo medio è stato di 9.000 Kcal al giorno. L’alimentazione nella giornata tipo? Uno yogurt con frutti di bosco a colazione + una bustina di probiotici Lyvecap. Un pasto completo dopo aver terminato la tappa, composto da riso, patate e verdure. Durante l'attività: panini e alcuni prodotti Maurten. Le ore di sonno medie sono state 6 e 15 minuti per notte.

Materiali
Kilian ha usato due scarpe di Nnormal: Kjerag 02 e Tomir Gore-tex . Nell’abbigliamento la priorità è andata agli strati termici e anti-pioggia: Trail Wind, Trail Rain Jacket e Active Tight . Le bici? Trek Madone e Treck Checkpoint, esemplari con grafica customizzata. Di notte ha utilizzato una lampada frontale. Lo zaino sulle spalle pesava da un minimo di un chilo a sette chili e in un paio di occasioni ha usato i ramponcini (Tahoma-Rainier) o suole chiodate (Crestons e Shasta).
Logistica, team, animali
Al seguito ci sono state sempre due persone a rotazione, con un van. Tre i videomaker e 6 TB il peso del materiale video prodotto. Nick Danielson, il videomaker che è stato di più con Kilian, ha raggiunto 16 vette. Numerosi gli incontri con animali: quattro orsi, tre alci, numerose capre di montagna; avvistati alcuni mufloni, aquile calve e molti coyote. Un dato meteo: 15 dei 31 giorni totali sono stati di maltempo.
I numeri di un’impresa
- 72 vette oltre i 4.267 m (14.000 piedi) scalate in sei Stati degli Stati Uniti: Colorado, Arizona, Nevada, California, Oregon e Washington
- 31 giorni di attività - 488h52’07’’ ore in movimento
- 5.145 km percorsi con 123.045 m di dislivello positivo
- 80% in bicicletta / 20% a piedi, ma il 60% del tempo trascorso a piedi contro il 40% in bicicletta
- Il 50% delle vette scalate in compagnia: 27 atleti si sono uniti a Kilian per correre e pedalare in alcune parti del progetto
- Norman's 13 completato con il nuovo FKT non supportato (in attesa di registrazione ufficiale)

Photo © Nick Danielson
Kilian Jornet concatena i Fourteener della California e firma un nuovo FKT
Cinque giorni in bici, dal Colorado alla California. Una media di 282 km al giorno, 14 ore in sella, gambe e cuore puntati verso Ovest. Quando finalmente, alla fine della scorsa settimana, Kilian è arrivato al punto di partenza delle Norman’s 13, per mettere un altro tassello al puzzle del suo progetto States of Elevation (il concatenamento dei Fourteeners dei lower 48, nell'Ovest degli Stati Uniti) ad aspettarlo non c’era il riposo. Norman’s 13 è l'itinerario che unisce tredici cime sopra i 4.000 metri della California, due gruppi montuosi uniti da un tratto remoto del John Muir Trail, con oltre 100 miglia (160 km) di distanza, 12.000 metri di dislivello positivo e creste con ingaggio alpinistico. Granito, neve, vento, isolamento. È un viaggio dentro la montagna, ma anche dentro se stessi.
Kilian, come in altri tratti della sua impresa, è stato accompagnato da alcuni runner americani e volti noti della scena outdoor: Matt Zupan, detentore del FKT senza assistenza sul percorso del Norman's 13; Rod Farvard, da subito al suo fianco; poi Dan Patitucci e Kim Strom. Al Taboose Pass lo ha raggiunto Olivia Amber, fresca del suo personale FKT sulla stessa traversata, e nel tratto più tecnico dei Palisades è stato il climber Matt Cornell ad affiancarlo. Giorni interi senza incontrare anima viva: solo laghi ghiacciati, rocce e un cielo mutevole. Non sono mancate le tempeste di neve e un piede schiacciato da un masso. La notte più dura? La salita al Mount Sill, con il buio a rendere tutto ancora più pesante. Alla fine ne è venuto fuori un nuovo FKT (con assistenza): 56 ore, 11 minuti e 4 secondi (in attesa di conferma ufficiale).

Dopo l’impresa, una tappa a Bishop, dove finalmente Kilian si è concesso una doccia calda, una pizza e un letto vero. Ma il riposo è durato poco. Sabato mattina di nuovo in sella: direzione White Mountain, via cresta Ovest. È stato il suo Fourteener numero 70. La fatica si è fatta sentire, spingendolo a rallentare il ritmo.
Dopo aver raggiunto White Mountain, Kilian ha puntato verso Nord, trascorrendo due lunghe giornate in sella e attraversando Nevada e California, diretto dritto verso il Mount Shasta.Tra il 28 e il 29 settembre, ha percorso 626 chilometri (389 miglia) in poco meno di 30 ore di pedalata, con una media di quasi 200 miglia e 14-15 ore in sella ogni giorno, condividendo il primo giorno con Jason Hardrath.
Il 30 settembre, si è trovato sulla vetta del Mount Shasta, il Fourteener numero 71, affrontando quello che ha definito «uno dei tre venti più folli che abbia mai incontrato in montagna», con temperature percepite di -20 °C. La salita ha portato neve fresca e un buon promemoria a non abbassare la guardia, anche a questo punto avanzato del progetto. Ma non c’è stato tempo di fermarsi, appena lasciata la vetta alle spalle, Kilian è risalito in bici e ha ripreso a pedalare verso Nord, questa volta puntando all’Oregon e allo Stato di Washington.
Statistiche Generali
?? Distanza (miglia / km): 2.738 / 4.406
?️ Cime oltre i 14.000 piedi: 71
⏱️ Attività: 441:38:19
? Dislivello positivo (piedi / metri): 376.200 / 114.682

Un'indagine sull'aumento dei costi per ospitalità e biglietti di Milano-Cortina 2026
Fino a più di 3.000 euro per un week end olimpico, sommando viaggio, pernottamenti e biglietti di ingresso alle gare. Con aumenti rispetto al mese precedente, gennaio 2026, che arrivano al 489%. È quello che emerge da un'inchiesta giornalistica realizzata da Altroconsumo. L'analisi ha riguardato quattro poli dei Giochi del prossimo febbraio: Milano, Bormio, Cortina d'Ampezzo e la Val di Fiemme. Il capoluogo lombardo, insieme alla Val di Fiemme, risulta quello dove la differenza di prezzo tra il periodo pre-olimpico e le settimana a cinque cerchi è minore, con prezzi delle strutture ricettive di circa il doppio, mentre la Valtellina tocca il 489% in più rispetto a gennaio e Cortina (la località più cara) il 344%.
A conti fatti due persone che partono da una delle principali città italiane, pernottano due notti e acquistano due biglietti, spendono in media 1.792 euro, una cifra che equivale quasi a una mensilità della retribuzione media del 2023. Si va da minimo di 448 euro per chi assiste a una partita di hockey a Milano trovandosi già nel capoluogo lombardo, fino a oltre 3.200 euro per chi sceglie Cortina e le gare di sci alpino, con partenza da Roma. Se invece si sceglie uno dei pacchetti ufficiali di Milano Cortina 2026, che abbinano biglietti, pernottamento e servizi extra come l’accesso a lounge dedicate, catering e gadget esclusivi, la spesa va dal doppio fino a oltre otto volte rispetto alla somma di un biglietto base e di un hotel tre stelle. Curiosamente, tra le strutture ricettive, gli hotel, nonostante i rincari, risultano mediamente meno cari degli appartamenti.

E i biglietti per le gare? I pass più economici sono quelli per le partite di hockey su ghiaccio a Milano, dove si può ancora spendere meno di 100 euro a persona. Sotto i cento euro anche biathlon, curling, sci di fondo, bob e snowboard. Per il pattinaggio di figura si può arrivare a 280 euro.
L'inchiesta di Altroconsumo non contempla lo scialpinismo e lo sci alpino. Abbiamo fatto una ricerca sul sito ufficiale dei Giochi olimpici scoprendo che per lo scialpinismo sono disponibili solo dei pacchetti hospitality, con accesso alla lounge e degustazione di prodotti tipici, a 250 euro. Per lo sci alpino, per esempio per la discesa sulla pista Stelvio di Bormio, i costi dei tagliandi vanno da 100 a 220 euro ma non risultano posti disponibili.

Fabiola Conti di bronzo e Italia d'oro ai World Mountain and Trail Running Championships
Con il terzo posto nel Long Trail (82 km, 5.078 m D+) del 27 settembre ai Mondiali di Canfranc, sui Pirenei, Fabiola Conti è la stella della spedizione azzurra, ma la sua non è l'unica medaglia. La Conti (10h35'51'') sale sul podio dietro alla statunitense Katie Schide (9h57'59'') e alla nepalese Sunmaya Budha (10h23'03''). La squadra azzurra femminile ha conquistato l'oro grazie anche ai risultati di Martina Valmassoi (settimana), Giuditta Turini (nona), Alice Saggin (ventesima) e Martina Chialvo (ventiquattresima). Tra gli uomini vittoria dello statunitense Jim Walmsley davanti ai francesi Banjamin Roubiol e Lousion Coiffet, con Cristian Minoggio quarto e Francesco Puppi nono. Gli altri azzurri - Andreas Reiterer sedicesimo, Riccardo Montani trentanovesimo e Gionata Cogliati quarantaquattresimo - hanno consentito all'Italia di chiudere medaglia di bronzo nella classifica a squadre.
Nella gara Mountain Classic (14 km, 767 m D+) del 28 settembre tra gli uomini tripletta africana con Ombogo Kiriago Philemon (Kenya) davanti a Martin Kiprotich (Uganda) e Paul Machoka (Kenya). Primo azzurro Isacco Costa (decimo) davanti a Cesare Maestri. Italia di bronzo dietro a Kenya e Uganda tra le squadre. Nella gara femminile vittoria della tedesca Nina Engelhard davanti alla kenyana Ruth Gitonga Mwihaki e alla svizzera Oria Liaci. Prima azzurra Angela Mattevi, diciassettesima. Italia d'argento nella classifica a squadre femminile under 20, dietro all'Uganda.
Il 26 settembre è stata la volta dello Short Trail (45 km, 3.469 m D+), vinto al maschile dal francese Frédéric Tranchand davanti allo spagnolo Manuel Merillas e al connazionale Andreu Blanes. Sesto Luca Del Pero, ottavo Davide Magnini e decimo Lorenzo Rota Martir. Per gli azzurri un terzo posto nella gara a squadre. Tra le donne successo della svedese Tove Alexandersson sulla spagnola Sara Alonso e l'inglese Naomi Lang. Prima azzurra Alice Testini, venticinquesima.
Nel Vertical Uphill (6,38 km, 989 m D+) del 25 settembre dominio di Rémi Bonnet tra gli uomini, davanti ai due kenyani Richard Omaya Atuya e Patrick Kipngeno (primo azzurro Andrea Elia, ottavo); tra le donne la vittoria è andata alla tedesca Nina Engelhard davanti alla finlandese Susanna Saapunki e alla statunitense Anna Gibson. Quinta Francesca Ghelfi e settima Lucia Arnoldo. Per le azzurre però gradino più alto del podio nella gara a squadre.

Atomic Bent 110 GFD, uno sci limited edition per celebrare i Grateful Dead
Atomic ha presentato lo sci Bent 110 GFD in edizione limitata. Progettato in collaborazione con Chris Benchetler, ha il topsheet illustrato con artwork originale ispirato al gruppo musicale dei Grateful Dead, il Bent 110 GFD viene lanciato in contemporanea con il nuovo film di Benchetler Mountains of the Moon, che debutterà a livello globale il 18 ottobre 2025. Questa release esclusiva coincide anche con il 60° anniversario dei Grateful Dead, la cui musica e cultura hanno da sempre fatto parte del ritmo della vita in montagna. Il Bent 110 GFD sfoggia il logo speciale GD60 e grafiche vivaci e psichedeliche create dallo stesso Benchetler, che richiamano le storiche copertine d’album e l’intramontabile eredità visiva dei Dead.

Si tratta della terza collaborazione creativa tra Atomic e i Grateful Dead. Il viaggio è iniziato nel 2019 con il Bent 120 GFD, lanciato insieme al film Fire On The Mountain, seguito dal Bent 100 GFD distribuito su scala più ampia. Ora, con il Bent 110 GFD, questa eredità continua, in parallelo al film Mountains of the Moon, che vedrà anche la partecipazione speciale del batterista originale dei Dead, Mickey Hart.
Il Bent 110 GFD in edizione limitata sarà disponibile a partire dall’autunno 2025 presso rivenditori selezionati indicati sotto e su atomic.com. Prezzo al pubblico: 899 euro.
• Cortina Pro Sport, Cortina d’Ampezzo (BL)
• Gialdini, Brescia (BS)
• Mottolino, Livigno (SO)
• Rossini Sport, Verano Brianza (MB)
• Technosport, Charvensod (AO)
• Viglietti Sport, Prato Nevoso – Villanova Mondovì – Frabosa Sottana (CN)

Andrzej Bargiel ha sciato l'Everest
Quella del 22 e 23 settembre è la prima discesa integrale senza ossigeno.
He did it. Andrzej Bargiel ha portato a termine la prima discesa integrale dell'Everest senza ossigeno lo scorso 22 e 23 settembre. Il polacco, secondo le prime notizie che arrivano dall'Himalaya, è sceso fino al Campo II dove ha riposato qualche ora per poi continuare fino al Campo Base. Bargiel era al terzo tentativo dopo quelli del 2019 e del 2022, falliti a causa di seracchi a rischio crollo o venti forti. Dopo aver sciato Shishapangma, Manaslu, Broad Peak, Gasherbrum, K2 e Gasherbrum I, un altro successo per Bargiel. Della spedizione facevano parte più di 16 tra Sherpa e Guide. L'Everest è stato sciato nel 2000 dallo sloveno Davo Karničar con l'uso dell'ossigeno e nel 1996 da Hans Kammerlander, che però ha dovuto togliere gli sci per circa 300 metri.
Bargiel è partito intorno alle 15,17 del pomeriggio del 22 settembre dalla vetta per raggiungere il Colle Sud balle 17,20 e il Campo II alle 20,30 e poi ripartire intorno alle 7 di mattina del 23 settembre. L'ultimo tratto ha comportato il passaggio dei crepacci della Khumbu Icefall senza l'uso di corde fisso per arrivare al Campo Base poco prima delle 9.

© Bartłomiej Pawlikowski / Red Bull Content Pool
Axelle Gachet-Mollaret: nuovo record del mondo nel chilometro verticale
Axelle Gachet-Mollaret stupisce ancora, questa volta con le scarpe da corsa ai piedi. La notizia arriva dalle Alpi francesi, dal KMV de Nantaux. Nel vertical di 2,3 km x 1.000 m D+ corso lo scorso 13 settembre Axelle ha fermato il cronometro a 33 minuti esatti che rappresenta il nuovo record del mondo della disciplina (curiosamente ha battuto anche il marito Xavier Gachet, salito in 33 minuti e 40 secondi). Gachet-Mollaret ha abbassato di ben 42 secondi il precedente crono di Christel Dewalle, fatto registrare meno di un anno a Fully, in Svizzera, teatro naturale di tutti i record del mondo di chilometro verticale, almeno quelli sui percorsi dove è consentito l’uso dei bastoni. A Fully, infatti, sono stati registrati anche i record maschili, quello di Urban Zemmer del 2014 (primo uomo a scendere sotto i 30 minuti, in 29 minuti e 42 secondi) e di Philip Götsch del 2017 (28 minuti e 53 secondi). Il percorso di Fully? Più corto (1,9 km) e naturalmente ripido. L’appuntamento è il prossimo 18 ottobre. Ci sarà un nuovo record?

©️ KMV de Nantaux
Kilian raggiunge tutti i Fourteeners del Colorado
I numeri, come sempre quando c’è di mezzo Kilian Jornet, sono impressionanti. A poco più di una settimana dalla fine della parte in Colorado del suo progetto States of Elevation per concatenare tutti i 67 Fourteeners of the lower 48 aperti al pubblico (le cime di oltre 4.267 metri) degli Stati Uniti (Colorado, California, Washington) by fair means, correndo e in bici, iniziano a filtrare i primi dati. In 16 giorni e 13 tappe Kilian ga raggiunto 56 Fourteeners, è stato in movimento per 267 ore, 10 minuti e 18 secondi. Il dislivello totale ha raggiunto i 79.176 m e la distanza i 2.007 km.
Martedì scorso, dopo aver superato le mille miglia percorse e 200.000 piedi di dislivello, è stata la volta delle San Juan Mountains, dove si corre la Hardrock. Kilian si è fatto accompagnare dalla trail runner Anna Frost, da Meghan Hicks (che nel 2020 ha fatto registrare il FKT della Nolan’s 14, una delle sezioni del progetto di Kilian), e da Bryon Powell di irunfar.com. La tappa si è conclusa con un gelido tramonto in vetta e una pedalata fino a Ouray in compagnia di Scott Simmons.

La dodicesima tappa si è conlusa invece con 18 ore di traversata in una delle zone più selvagge del Colorado. Iniziata con una pedalata sulla bici gravel e proseguita in compagnia di Dakota Jones, ha portato il duo a Mount Sneffels, per poi scendere velocemente, pedalare ancora e concedersi un concatenamento di 25 miglia toccando Wilson Peaqk, El Diente e Mount Wilson, con passaggi fino al quarto grado.
L’ultima tappa, per concatenare i quattro Fourteeners rimasti, ha avuto come teatro il Chicago Basin, in compagnia di Joe Grant. Le ultime vette? Mount Eolus, North Eolus, Sunlight Peak e Windom Peak.

Victor Richard da record al TOR330
© Zzam Agency | Stefano Coletta
Il segreto, in una gara lunga come il TOR330, è prendersi i propri tempi. Ricordo una volta Rory Bosio all’UTMB, alla base di Maison Vieille, sopra Courmayeur. Tutte le avversarie passate prima di lei hanno bevuto qualcosa in corsa, senza neanche fermarsi. Lei è arrivata un po’ attardata, si è seduta, ha gustato una zuppa calda e poi è ripartita. Nella notte le ha riprese tutte, come una cecchina infallibile, le ha superate ed è andata a vincere la sua seconda UTMB. La strategia del belga Victor Richard, che mercoledì mattina presto ha tagliato per primo il traguardo del TOR330, a Courmayeur, nel tempo record di 66 ore 8 minuti e 22 secondi è stata simile, anche se in una gara ancora più lunga. Alla base di Cogne è arrivato solo, primo, con un’ora di anticipo rispetto al record del 2023. Ed ecco il colpo di scena: si ferma a dormire per un’ora e dieci minuti, mangia, si cambia e riparte dopo altri venti. A questo punto è sesto, staccatissimo dalla testa, ma rispetto agli avversari è fresco e riposato. La sua rimonta inizia qui e si completa nel pomeriggio di lunedì, al Lago Chiaro, dopo aver ripreso uno a uno i suoi antagonisti, proprio quando Collé decide di abbandonare per un problema agli occhi. Da lì in poi, comincia il suo viaggio in solitaria contro il tempo. Il vantaggio virtuale sul tempo di Collé arriva anche a superare l’ora e trenta minuti, ma poi lo sforzo profuso presenta il suo conto sotto forma di forte dolore al tendine d’Achille. Alla base vita di Ollomont si fa trattare dai MassaggiaTOR e riparte dopo mezz’ora. Da lì in poi non si fermerà più fino al traguardo, stringendo i denti.
Ora per lui è arrivato il momento di godersi una vittoria e un tempo da sogno, anche se in questi casi è sempre difficile parlare di record, visto il percorso cambiato rispetto al passato con il passaggio ai Rifugi Bonatti e Bertone. «Ho fatto davvero molta fatica nella prima parte della gara, perché non riuscivo proprio ad alimentarmi. Nonostante ciò, sono arrivato a Cogne in prima posizione e ho cercato di dormire, perché avevo in programma di farlo. Non ci sono riuscito del tutto, ma almeno mi sono riposato un po’. Poi finalmente al Rifugio Coda ho mangiato un bel piatto di polenta e mi sono sbloccato: da lì in poi mi sono sentito davvero bene e ho iniziato finalmente la mia gara». Un po’ a sorpresa, il suo avversario principale non è stato Franco Collé, ma Louis Calais. «Franco non dorme, io invece ho capito che bisogna farlo. Louis invece mi preoccupava molto, ho fatto gara su di lui, poi quando si è ritirato per assurdo sono andato in crisi, perché ho avuto un calo di tensione e mi sono sentito svuotato». Victor Richard, 39 anni, è nato a Reims, in Francia, ma ha vissuto per molti anni a Saint-Georges-sur-Meuse, in Belgio, dove ha fondato Ultratiming, società specializzata nel cronometraggio di eventi sportivi. In Belgio, inoltre, ha incontrato la donna che sarebbe poi diventata sua moglie: la coppia ora vive in Alta Savoia, a pochi chilometri da Chamonix, ma lui corre ancora con la bandiera del Belgio. Victor Richard, in ogni caso, non è nuovo ad imprese di questo genere in Valle d’Aosta. Dopo il 23° posto al TOR330 -Tor des Géants del 2015, il capolavoro arriva quattro anni dopo, nel 2019, con il secondo posto nella prima edizione del TOR450 – Tor des Glaciers, dietro solo a Luca Papi.
Al secondo posto, insieme, sono arrivati Simone Corsini e Martin Perrier in 71 ore 48 minuti e 55 secondi. Terzo Danilo Lantermino in 73 ore 37 minuti e 7 secondi.
Per quanto riguarda il podio femminile Noor Van Der Veen è la nuova Regina del TOR330. L’atleta olandese ha chiuso 13ª assoluta, tagliando il traguardo di Courmayeur alle 17:34 con un tempo di 79 ore, 34 minuti e 30 secondi: è la seconda donna, dopo Katharina Hartmut, a scendere sotto il muro delle 80 ore. Dopo una giornata di continui ribaltamenti in testa alla gara femminile, martedì 16 settembre, Van Der Veen è riuscita ad avere la meglio su Natalie Taylor al termine di un lungo duello. Tra il Rifugio Barmasse e il bivacco Varetan ha trovato l’allungo decisivo, accumulando vantaggio durante la notte fino a superare le tre ore. È stata poi la volta di Lisa Borzani, che con una grande rimonta ha raggiunto Taylor a Bosses e l’ha staccata fino ad arrivare a Courmayeur con circa 40 minuti di margine, conquistando così la seconda posizione.
Degne di nota le vittorie di due italiani sulla distanza intermedia il Tot Dret TOR130, circa 130 chilometri e 12.000 metri di dislivello, per il cuneese Davide Rivero in 21 ore 44 minuti e 33 secondi e Cristina Vecco in 28 ore 37 minuti e 29 secondi.

© Zzam Agency | Geo Vergnano
Quando il sole cala presto: allenarsi con le frontali in autunno
Con l'arrivo dell'autunno e l'accorciarsi delle giornate diventa indispensabile attrezzarsi per sfruttare le ore pre o post orario di ufficio per i nostri allenamenti, le frontali sono la soluzione. Come ogni anno abbiamo testato i modelli più interessanti presenti sul mercato sulla nostra Outdoor Guide 2025.
Abbiamo confermato le ottime impressioni su prodotti già collaudati nel corso dell’anno. Black Diamond e Silva hanno arricchito le rispettive linee dei pesi piuma con modelli come la Deploy Run Light e la serie Smini, in competizione diretta con le intramontabili Iko Core e Bindi di Petzl, anche se queste ultime continuano a distinguersi per il design. Tra le lampade più performanti, la Nao RL di Petzl resta il riferimento assoluto per durata della batteria e comfort. Ci auguriamo che anche altri marchi investano in materiali capaci di offrire prestazioni analoghe su lunghe distanze. Per un utilizzo intermedio, senza ambizioni ultra, tutti i produttori offrono valide alternative con luminosità adeguata per tre-cinque ore di attività. Le interfacce utente rimangono semplici ed efficaci: Petzl e Silva prediligono tasti fisici, mentre Black Diamond usa un mix di comandi fisici e touch. L’usabilità rimane elevata anche in condizioni meteo avverse. Le batterie variano dai 700 mAh delle Smini di Silva fino ai 3.200 mAh della Petzl Nao RL, con output luminosi tra i 250 e i 1.500 lumen. La durata effettiva oscilla tra 2 ore e mezza e 3 ore, ma nei modelli progettati per trail lunghi si arriva anche a 8-10 ore all’80% della potenza massima, ed è proprio lì che si gioca la vera differenza.

PETZL NAO RL
170 euro 145 grammi
Con il suo design minimalista, bilancia lampada e corpo batteria sul retro grazie a una fascia ergonomica ed essenziale. Il corpo luce, basato su 10 led, è sottile e ripartisce un fascio morbido, privo di rifrazione sulle diverse superfici; l’interfaccia ruota attorno a un solo tasto per passare dalla luce reattiva a quella standard e, per entrambe, modulare le intensità da una luce di prossimità a una di spostamento, fino a quella di massimo raggio. Lampada perfetta per corse di ogni distanza a tutti i ritmi. Batteria ricaricabile da 3.200 mAh, lumen dichiarati massimi 1.500 in modalità reattiva e 900 in luce fissa, distanza massima 200 m in modalità reattiva e 140 m in luce fissa, durata 2-24 h in modalità reattiva e 5 h in modalità standard.

BLACK DIAMOND DISTANCE 1500
200 euro 203 grammi
Il prodotto top di gamma per lunghe notti sui sentieri, adatto a trail runner non necessariamente competitivi ma anche a chi cerca una soluzione solida e facile da maneggiare. Sulla testa la struttura portante è stabile, con un buon bilanciamento tra fronte e retro, sebbene si percepisca un po’ di rigidità nell’alloggiamento della corposa batteria. La luce è nitida senza grossi cali per usi prolungati; la possibilità di mantenere 8 ore a 300 lumen la rende una protagonista interessante per la maggior parte delle ultra. Batteria ricaricabile BD 1.500 mAh, lumen dichiarati 1.500 max, 800 alto, 300 standard, 15 minimo; distanza massima 117 m max, 95 m alto, 45 m standard, 5 m minimo; durata 10" max, 1h40' alto, 6 h standard, 40 h minimo.

BLACK DIAMOND DEPLOY RUN LIGHT
60 euro 38,5 grammi
Ha un corpo leggerissimo che scompare una volta indossata, con poco materiale gommato sul fronte della lampada, tenuto in posizione da un elastico riflettente molto comodo. Verrà apprezzata non solo da chi corre, ma anche da chi cammina o arrampica e cerca un fascio di luce immediato, leggermente inclinato di qualche grado, per utilizzi ravvicinati entro i 50 metri. Ricaricabile, non compatibile con batterie stilo, monta gli stessi led di carica della batteria delle sorelle maggiori della gamma Distance. Batteria ricaricabile 680 mAh, lumen dichiarati 325 alto, 180 standard, 6 minimo; distanza massima 52 m alto, 40 m standard, 7 m minimo; durata 2,5 h alto, 4,5 h medio, 30 h minimo.

SILVA SMINI
55 euro 53 grammi
Utile per allenamenti brevi o come lampada di emergenza, è fornita di una luce rossa aggiuntiva che si può attaccare direttamente alla fascia che la sostiene. Il corpo centrale è essenziale, ma provvisto di funzione di blocco ed è in grado di inclinarsi; la luce generata è un po’ piatta e anche a piena potenza risulta in un cono non molto ampio, ma funzionale a illuminare benissimo per 50-60 metri davanti a sé. Ottima la possibilità di intercambiare facilmente la banda elastica. Batteria ricaricabile 700 mAh, lumen dichiarati 250 alto, 100 standard, 10 minimo; distanza massima 80 m alto, 50 m standard, 17 m minimo; durata 1,5 h alto, 2,5 h standard, 20 h minimo. Pro: corpo leggero, luce rossa aggiuntiva utilissima. Contro: 90 minuti di attività a piena potenza sono pochi.
© Riccardo De Conti












