Ragni di Lecco e Scarpa insieme al Museo della Montagna di Torino
Lunedì scorso, 11 aprile, i Ragni di Lecco sono stati ospiti e protagonisti della serata organizzata da Scarpa presso il Museo della Montagna di Torino a suggellare una collaborazione iniziata nel 2018. Il luogo, carico di significato e di romanticismo, si è trasformato nel teatro perfetto in cui raccontare le ultime realizzazioni dei Ragni, che anche quest’anno, come di consueto, hanno lasciato la loro firma nell’albo della storia dell’arrampicata e dell’alpinismo.
Protagonisti principali dell’evento Luca Schiera (presidente del Gruppo) e Paolino Marazzi, che nell’arco della serata hanno raccontato la loro recente avventura patagonica alla scoperta del Campo De Hielo Norte, una zona poco conosciuta a nord di El Chalten, dove si sono cimentati in un’esperienza unica alla ricerca di quel raro sapore di esplorazione dell’ignoto che è sempre più raro. Qui hanno percorso diversi chilometri in un territorio complesso e pieno di insidie, con l’obiettivo di raggiungere un’ombra nel mezzo del ghiacciaio, scoperta per caso osservando le immagini dal satellite. Poteva essere tranquillamente un errore di elaborazione dell’immagine fotografica. Poteva essere dello sporco sull’obiettivo delle fotocamere. Poteva essere qualsiasi cosa, ma per chi ha scelto di crederci, era la cima da conquistare, quell’obiettivo che avrebbe implicato un’avventura unica ed indimenticabile.
Per la spedizione (in realtà è stato il loro secondo tentativo dopo un primo approccio di acclimatamento nel 2018) avevano la necessità di muoversi agili e veloci su un terreno glaciale, senza però caricarsi di troppo peso non necessario. Per questo motivo hanno collaborato con Scarpa nell’upgrade scialpinistico del Phantom 6000, scarpone da alpinismo e alta montagna di punta del marchio di Asolo al quale hanno fatto aggiungere degli inserti pin per poterlo utilizzare come scarpone unico anche sugli sci.
/Col·la·bo·rà·re/, dal dizionario Treccani, “Partecipare attivamente insieme con altri a un lavoro per lo più intellettuale, o alla realizzazione di un’impresa, di un’iniziativa, a una produzione”. Il significato del termine in questo caso va ben oltre a quello puramente letterale. Collaborare vuol dire costruire insieme un percorso che punta all’innovazione, sviluppare un rapporto basato sulla fiducia, animare dei progetti alimentati dalla motivazione con l’obiettivo di essere di supporto l’uno all’altro nel raggiungimento della propria cumbre, per quanto folle o lontana essa sia.
La serata è terminata con una cena che sotto molti punti di vista ha ricordato un’adunata di alpini, tra racconti di spedizioni scialpinistiche in Russia ai tempi della guerra fredda, ricordi degli obiettivi raggiunti dai Ragni nel 2021 (trovate tutto sul loro nuovo annuario) e qualche birretta fresca a mantenere alto l’umore del gruppo.
Passione
Se dovessi descrivere la passione, direi con certezza che per me ha l’aspetto di un volto stropicciato e l’odore di sonno. Sonno rubato al confortante tepore del proprio letto, a un sacco a pelo buttato da qualche parte al lato della strada o nel baule di un’auto corazzata di ghiaccio. Niente numeri, tempi, record o calorie consumate. L’amore per la montagna e per l’inverno si misura solo con i cinque sensi, nelle aree più profonde e antiche della corteccia cerebrale. L’olfatto appunto, quello inebriato del primitivo raggomitolarsi in un bozzolo di calore, che si converte poi nel profumo del caffè senza orari precisi. L’udito, disturbato dal suono di una moderna sveglia digitale e successivamente rigenerato dal silenzio della notte, nei passi felpati per uscire di casa o nel regalare qualche minuto ai compagni che ancora riposano. La vista, che appena desti può essere traditrice. Per quanto ci sforziamo, non siamo più animali da foresta e nel buio andiamo facilmente a sbattere da qualche parte.
Il gusto, smorzato dalla bocca impastata di primo mattino ed esaltato da una buona colazione in via di partire, che rende un lusso anche il giaciglio più scomodo e improvvisato. Infine, il tatto: bruscamente messo all’opera dal repentino cambio di temperatura, è forse il senso più importante in questa fase. Ci si muove a tentoni nell’ora antelucana, le mani sono ancora tiepide mentre allacciano gli scarponi e chiudono lo zaino, i gesti sono consuetudine ormai, basta toccare gli sci per sapere cosa fare. Probabilmente si tratta di un compendio di sensazioni, una si lega all’altra, dando vita a un momento armonico che in qualche modo caratterizza sempre i preparativi per una salita. Ovunque essa sia.
Ma la passione ha anche un altro aspetto. Quello dei momenti che gli altri ci donano nelle settimane, che scorrono sempre più veloci. Il ritmo scandito dal metronomo è al massimo ogni giorno: sveglia, colazione, bimbi a scuola, lavoro, riunioni, allenamenti, spesa, incombenze domestiche, di nuovo lavoro, giochi, impegni dei bimbi, contrattempi e ancora lavoro. Negli anni da bradipo del liceo e dell’università credevo che avessimo tutto il tempo del mondo, invece ci ritroviamo a vivere in apnea, arrancando nell’impossibilità di afferrare tutte le occasioni possibili. E soprattutto di non trascurare qualcuno. I bambini capiscono subito che domani andrò in montagna, non c’è bisogno che glielo dica. In giro per casa sono parecchi gli aggeggi strampalati con cui giocano sotto lo sguardo sospettoso del papà, e ancor di più i suoni onomatopeici verso i quali ormai hanno familiarità.
Il tintinnio dei moschettoni, lo strappo delle pelli incollate, il clac più o meno pronunciato di agganci vari. Ma solo le cerniere dello zaino sanciscono definitivamente il programma del giorno dopo, in una tacita comunicazione alla piccola tribù. Essere figli di un appassionato alpinista e sciatore è un destino che, come altri, non si può scegliere, ma forse più di tanti influenza enormemente la propria vita, spesso – io credo – in positivo. Pur non essendo unica nel suo genere, la montagna è una passione assoluta- mente totalizzante, che richiede uno sforzo intenso e costante per essere perseguita. In primis, vi è il benestare e il benessere di coniuge e figli, faccenda tutt’altro che scontata, considerato che per diversi motivi le uscite possono essere programmate in anticipo solo fino a un certo punto. Subito dopo, i doveri quotidiani: alcuni si possono anche rimandare, altri, come il lavoro, invece devono trovare il giusto incastro.
A seguire, lo studio scrupoloso del meteo e delle condizioni ambientali, che sia neve, ghiaccio o roccia. Eccezionalmente si può anche azzardare, magari sulle montagne di casa delle quali conosciamo i capricci e le abitudini, però solitamente io tendo a sconfinare nell’eccessiva prudenza. Ultimo ma non meno importante dettaglio è la ricerca di compagnia. A volte, si rivela necessario fare un giro da soli, con ritmi conosciuti e in compagnia unicamente dei propri grovigli mentali. Più spesso, è fondamentale avere almeno un compagno, con cui smezzare fatiche, dubbi e quell’indescrivibile senso di liberazione nell’aver raggiunto un obiettivo a lungo sognato. La maggior parte delle volte, appunto, si rivela più complicato organizzare l’uscita che effettuare la salita stessa, nonostante l’ingaggio tecnico del terreno o la somma di sforzi richiesti sul campo.
Per nostra fortuna, ogni tanto arriva il momento: le contingenze sono favorevoli, non abbiamo ancora deciso dove andare, ma a nessuno importa troppo, di progetti in testa ne abbiamo a volontà. L’ennesima notte persa è quella che dà più soddisfazione, mentre chiudo la porta cercando di fare più piano che posso. Le montagne di casa sono ancora carenti di neve, qui l’inverno è dispettoso: ci sono annate in cui tentenna e altre che butta giù carichi sproporzionati di neve, da dicembre a marzo. Oggi andiamo 300 chilometri a Nord, verso le amate Alpi, e in men che non si dica eccoci teletrasportati dal buio verso l’alba: siamo in un altro contesto meteo, una nuova stagione. Secondo caffè al volo e via a scaldare le gambe in salita, avidi di fatica, in debito di gelida aria pura. Le giornate trascorse sulla neve al freddo sono le più belle, impagabili nella loro semplicità. Il vento, il ghiaccio, le cornici sporgenti, le rocce scivolose, la barba incrostata, le dita doloranti, l’immobile e sconfinato panorama di vetta... Adoro elencare a voce alta i nomi di ogni rilievo attorno a me, stupefatto ancora una volta che sia proprio lì, dove dicevano le mappe.
Tutto è così meraviglioso tra le montagne, tutto è passione.
Marco Confortola, obiettivo Kangchenjunga e Nanga Parbat
Marco Confortola è partito venerdì scorso per il Nepal. Obiettivo Kangchenjunga, la terza montagna più elevata della terra, con i suoi 8586 m s.l.m., e poi Nanga Parbat (8.125 m), in Pakistan, la nona vetta più alta del pianeta. Se le salite avranno successo, saranno rispettivamente il dodicesimo e tredicesimo ottomila per il valtellinese che è salito su Everest, Shisha Pangma, Annapurna, Cho yOu, Broad Peak, K2, Manaslu, Lhotse, Makalu, Dhaulagiri e Gasherbrum II. Al Kangchenjunga sarà la terza volta, dopo i tentativi del 2014 e 2018 e la spedizione durerà circa tre mesi. A supportare il valtellinese, lo sponsor tecnico Ferrino.
A Jacquemoud-Equy Millet Tour Du Rutor e Mondiale long distance
Doppietta francese al ventesimo Millet Tour Du Rutor Extrême, valido anche come Campionato del mondo long distance. All’arrivo della terza tappa, a Planaval, hanno trionfato nella classifica di tappa e in quella finale Mathéo Jacquemoud – Samuel Equy e Axelle Mollaret – Emily Harrop. Nonostante tre giorni di condizione meteo a dir poco complicato, anche oggi i tracciatori dello Sci Club Corrado Gex sono riusciti a proporre ai 348 atleti a rappresentanza di 15 differenti nazioni un tappone di 2.340 m di dislivello positivo con partenza e arrivo nel cuore della Valgrisenche, a Planaval. Due importanti salite, temperature che, in vetta allo Château Blanc (3.442 mslm), hanno sfiorato i -20°, e una picchiata in discesa su neve fresca di quasi 2.000 m.
Al termine di tre giornate tirate, i francesi Mathéo Jacquemoud e Samuel Equy si sono conquistati l’oro iridato tagliando per primi il traguardo con tempo finale di 2h18’20”. Seconda piazza che vale l’argento mondiale per gli italiani Davide Magnini – Matteo Eydallin 2h21’11” e terzo posto per gli altri francesi William Bon Mardion – Xavier Gachet 2h24’34”.
Al femminile, come da pronostico, le francesi Axelle Mollaret – Emily Harrop vittoriose per la terza volta consecutiva. Per loro finish time di 2h51’22” e medaglia d’oro. Come nelle precedenti tappe, seconde al traguardo le azzurre Giulia Murada – Alba De Silvestro (2h57’27”). Terze di giornata in classifica, ma non nel ranking iridato perché appartenenti a nazioni diverse, la slovacca Marianna Jagercikova e la polacca Iwona Januszyk (3h01’43”). Quarte assolute e terze nella classifica mondiale le azzurre Mara Martini – Ilaria Veronese.
Thomas Magnini, Vanessa Marca tra gli Under 16, Marcello Scarinzi, Clizia Vallet nella categoria Under 18 e Rémi Cantan, Noemi Junod in gara Under 20 sono i vincitori del TDR Giovani. Anche oggi, come ieri, spazio alle giovani leve che hanno avuto la possibilità di gareggiare su itinerari di alta montagna. Per le 67 promesse dello skialp, un tracciato loro dedicato, meno duro, ma non per questo meno spettacolare. Gli Under 20 (maschili e femminili) e gli under 18 si sono affrontati su un tracciato di 1.278 m di dislivello positivo (due salite, altrettante discese, due tratti a piedi e, passaggio al GPM di giornata sul Ghiacciaio dello Château Blanc a 2850 di quota ). Le under 18 e gli under 16 (maschili e femminili) hanno invece corso su percorso di 900 m (due salite, due discese, un tratto a piedi).
Prossimo appuntamento con La Grande Course alla Patrouille des Glaciers nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio.
La Sellaronda è di Boscacci-Eydallin
Non cambia il tempo di riferimento, ma l’adrenalina è sempre alta alla Sellaronda Skimarathon. Ieri sera il crono da battere era 2h56’59’’ (Filippo Barazzuol-William Boffelli) e quel crono resterà lì anche l’anno prossimo, se qualcuno vorrà provare a ritoccarlo sui quattro passi dolomitici Campolongo, Pordoi, Sella e Gardena. La premiata ditta del CS Esercito composta dal valtellinese di Albosaggia Michele Boscacci e dal piemontese di Sauze Matteo Eydallin ha vinto l’edizione 2022 chiudendo il tour di 42 chilometri e 2700 metri di dislivello positivo in notturna in 3h03’03”. A seguire Alex Oberbacher-Davide Magnini (secondi in 3h05’51”) e Jakob Herrmann-Christian Hoffmann (terzi in 3h06’02”). Completano la top five di giornata Daniel Ganahl-Paul Verbnjak quarti in 3h07’49” e Filippo Beccari–Martin Stofner quinti in3h16’14”. Fin dalle prime battute le coppie più forti hanno imposto un ritmo insostenibile che ha sgranato il gruppo di testa. Da metà gara i due alpini hanno però preso il largo mettendo in cassaforte il successo finale.
GARA DONNE
Colpo di scena al femminile. Con una gara tutta in rimonta vincono le esperte Katia Tomatis – Elena Nicolini (3h46’56”) sulle favorite Alba De Silvestro - Alessandra Schmid (3h47’31”). Davanti con margine fino a metà gara, Alba De Silvestro non è riuscita a inanellare uno storico tris di successi (quest’anno ha vinto la Monterosa Skialp in Valle d’Aosta e la Mountain Attack in Austria). Sulle ultime rampe la svizzera Alessandra Schmid ha infatti cominciato a perdere colpi: la veneta l’ha aiutata con il cordino, ma non è servito a evitare il rientro del duo piemontese - trentino. Terzo posto per Sarah Dreier e Victoria Kreuzer (3h50’14”).
GARA MIXED
Nella speciale gara delle coppie miste a dominare è stata la squadra composta da Lukas Hiemer (GER) e Johanna Hiemer (AUT) con il tempo di 3h45'53. In seconda posizione si sono classificati Mirco e Paola Pervangher (SUI). Il podio è completato da Martin Kaschmann e Stephanie Kroll (AUT) in 3h57'00''.
IL PERCORSO
La partenza da Corvara (1.535 M) e la prima salita verso Passo Campolongo e Bec de Roces (2.080 m) affrontata con le luci del tramonto. Giunti al primo scollinamento, frontali accese e giù dritti verso il secondo cambio d’assetto posto nel centro di Arabba (1.605 m). Il viaggio continuava verso Passo Pordoi (2.239 m), Canazei, Passo Sella (2.174 m) e Selva Gardena. Da qui l’ultima salita verso Passo Gardena (2.298 m).
Blogger Contest: ecco i vincitori
La decima edizione del Blogger Contest chiedeva a scrittori, blogger, podcaster e illustratori di raccontare una storia unica e inclassificabile come Il Monte Analogo dello scrittore e poeta francese René Daumal. La giuria di selezione, composta da Simonetta Radice, Lara Cesati, Giulia Ficicchia, Livia Olivelli, Nicola Carpene e Piero Carniel, ha ritenuto di ammettere tutte le 74 unità multimediali alla fase finale. Dal mese di febbraio a marzo 2022 la giuria di premiazione, composta dalla presidente Luisa Mandrino (autrice e sceneggiatrice), Leonardo Bizzaro (giornalista e giurato del Premio Itas del Libro di Montagna), Marzia Coronati (giornalista radiofonica e audio documentarista), Nadia Bordonali (editrice e curatrice di mostre ed eventi culturali dedicati al fumetto), Simona Righetti (direttrice della nostra casa editrice), Luciano Caminati (vincitore del Blogger Contest 2020), ha esaminato le 74 opere finaliste, applicando i criteri di giudizio indicati nel regolamento, e ha decretato vincitori della 10a edizione del Blogger Contest:
Alessandra Cella, Giacomo Revelli e Irene Borgna sono i vincitori della sezione racconti brevi; Silvia Benetollo, Raffaele Negri e Sara Filippi Plotegher vincono nella sezione web comics; Vincenzo Picone, Aronne Pel e Francesca Camilla D’Amico sono i vincitori della sezione audio storie.
Oltre ai vincitori il regolamento stabilisce che la giuria può segnalare anche le opere di alcuni autori meritevoli di menzione, ai quali viene attribuito un premio speciale offerto da un’azienda partner del Blogger Contest. In questa edizione vengono assegnati sette premi speciali. Gli autori premiati con una esperienza o viaggio outdoor, avranno la qualifica di inviato speciale di altitudini con il compito di raccontare la loro esperienza.
A Marco Rossignoli il premio PalaRonda, ad Alessandro Carletti il premio Alta Via Dolomiti Bellunesi, ad Angelo Ramaglia il premio il Giro del Confinale, a Giulio Carcani il premio Unione Valdostana Guide Alta Montagna, a Sara Invernizzi il premio Carnet de Voyage di Rene Daumal, a Francesco Cestari il premio Mulatero Editore, a Marina Consolaro il premio MonteRosa Edizioni.
La premiazione avverrà in occasione della Réunion di altitudini, incontro aperto a chi ama le belle storie e i luoghi fuori traccia. Si svolgerà ad inizio giugno nelle Dolomiti Bellunesi, tra le montagne dove dieci anni fa è nato altitudini e il Blogger Contest. A breve verrà pubblicata la data e il programma.
Qui tutti i vincitori e i premiati: www.altitudini.it/vincitori-premiatidel-bc2021
Kilian con Camper per creare il marchio di scarpe NNormal
I rumour tra i ben informati giravano già da qualche mese, ora è ufficiale: Kilian Jornet ha dato vita a un nuovo marchio di scarpe, abbigliamento e accessori per il trail running e l’hiking. Si chiama NNormal - The Normal Company ed è stato creato in collaborazione con il noto marchio di scarpe Camper. Kilian ha annunciato la nascita di NNormal con un post sui suoi canali social nel quale chiedeva ai follower se volessero sapere che cosa ci fosse dietro ai pixel degli ultimi mesi, abbinato a una foto pixelata di lui che corre e dando appuntamento sul suo blog per oggi.
NNormal sta per NORvegia e MALlorca, perché scarpe, abbigliamento e accessori sono stati studiato a Maiorca e testati in Norvegia. La mission del marchio è soprattutto ecologica.«Condividere gli stessi valori è stata una forte motivazione per iniziare questo progetto. Abbiamo concordato che abbiamo bisogno di un nuovo modo di pensare e di agire in relazione al nostro ambiente e alle attività all’aperto - ha detto Kilian Jornet - Vogliamo essere molto onesti su come produciamo le attrezzature e sul ruolo che l'azienda vuole svolgere per la società e l'ambiente. Questo significa trasparenza e lavorare per evitare il consumo eccessivo, costruendo prodotti che siano durevoli. Per avere un impatto minore sull'ambiente, dobbiamo lavorare con vari materiali ed esplorare diversi design. È un percorso lungo e difficile, ma è ciò che motiva me e il team a iniziare questo progetto». La prima collezione NNormal verrà lanciata in autunno, per i mercati europeo e nordamericano e sullo shop online di nnormal.com
I prodotti sono ancora top secret, ma, a giudicare dalla foto che pubblichiamo qui sotto, i battistrada saranno Vibram.
Mastrotto e Boifava vincono la prima 100K dell'Ultrabericus
Sole e vento fresco nel fine settimana dell’Ultrabericus che sabato a Vicenza ha aperto la stagione del trail running con la nuova lunga di 100 km e 4.400 mD+, oltre alle ormai rodate Integrale (65 km e 2.500 mD+), Twin Lui&Lei (34+31 km 2.500 mD+) e Urban Trail (22 km 750 mD+).
La 100k ha incoronato un irraggiungibile Roberto Mastrotto, davanti a Alberto Canessa e Marco Bonfante e Alessandra Boifava, che ha infilato nell’ordine la sorella Federica e Marialuisa Tagliapietra. Nella 65k vincono il recordman Christian Modena, davanti a Christian Pizzatti e Nicola Mora, mentre nella prova al femminile il trionfo bis è firmato da Veronica Maran (già vincitrice lo scorso anno), davanti a Cornelia Oswald e Giulia Spanevello. La staffetta è stata invece dominata dalla coppia composta da Stefania Merlo e Alessio Zambon, abili a staccare nell’ordine Erika Cecchel e Alberto Garbujo Alberto, Elisabetta Stocco e Giovanni Corà. La corta sempre più gettonata, la Urban 22k, ha assegnato il podio al reggiano Riccardo Gabrini su Andrea Bellon e Tiziano Scatolin. La gara rosa è finita in tasca alla gendarme Melina Clerc, davanti a Giulia Pol e Sofia Toniolo.
100K – M
1. Mastrotto Roberto 09:47:26; 2. Alberto Canessa 10:12:02; 3. Marco Bonfante 10:26:13; 3. Vittorio Marchi 10:26:13; 4. Di Giacomo Fabio 10:58:57; 5. Napoleone Savino 11:54:00; 6. Calcinoni Massimiliano 12:05:37; 7. Sperotto Mirko 12:09:21; 8. Xompero Dennis 12:13:58; 9. Pietrzak Krystian 12:16:08
100K – F
1. Boifava Alessandra 10:33:39; 2. Boifava Federica 11:33:53; 3. Tagliapietra Marialuisa 13:02:19
65K – M
1. Modena Christian 05:30:08; 2. Pizzatti Christian 06:01:23; 3. Mora Nicola 06:29:56; 4. De Riz Francesco 06:42:03; 5. Eberle Giulio 06:43:51; 6. Baldo Luigi 06:46:00; 7. Camerotto Claudio 06:48:57; 8. Sigismondi Maurizio 06:50:05; 9. Gonzo Matteo 06:51:33; 10. Malusa Mattia 06:51:55
65K – F
1. Maran Veronica 06:52:54; 2. Oswald Cornelia 07:32:56; 3. Spanevello Giulia 07:52:44; 4. Scarpini Beatrice 08:08:20; 5. Carolo Maddalena 08:10:05; 6. Noacco Elena Asia 08:16:38
TWIN
1. Merlo Stefania/Zambon Alessio 05:43:53; 2. Cecchel Erika/Garbujo Alberto 05:52:32; 3. Stocco Elisabetta/Corà Giovanni 05:56:47; 4. Zaltron Giulia/Rasotto Nicola 06:04:45; 5. Pozza Elisabetta/Pianegonda Ruggero 06:07:19; 6. Lionzo Federica/Meridio Michele 06:09:31; 7. Dalla Fontana Silvia/Agugiaro Mattia 06:11:33; 8. Pretto Francesca/Orrico Francesco 06:13:33; 9. Pretto Giovanni/Saggin Irene 06:18:23; 10. Pizzolato Greta/Allegro Alberto 06:24:57.
Urban Trail – M
1. Gabrini Riccardo 01:28:50; 2. Bellon Andrea 01:36:30; 3. Scatolin Tiziano 01:38:01; 4. Pieropan Alberto 01:38:13; 5. Nani Eddj 01:39:26; 6. Berengo Silvio 01:39:51; 7. Michelato Kristian 01:40:36; 8. Faccin Matteo 01:40:41; 9. Meneghel Marco 01:41:04; 10. Jaupaj Klajdi 01:41:23.
Urban Trail – F
1. Clerc Melina 01:43:59; 2. Pol Giulia 01:49:12; 3. Toniolo Sofia 01:52:24; 4. Forte Lucia 01:55:32; 5. Sartori Debora 01:57:48; 6. Schievenin Serena 02:01:40; 7. Gargano Anna 02:08:33; 8. Colombarolli Lorena 02:09:38; 9. Armeni Samantha 02:11:07; 10. Ferretto Francesca 02:13:00.
Skialper Archive / La macchina del tempo
Un gelido sole fa capolino dietro i profili delle montagne mentre mi appresto ad andare al lavoro. Il turno del mattino in ospedale inizia prossimo all’alba e, a seconda della stagione, l’Appennino mi saluta in maniera diversa. Il grigio tetro e monotono del nosocomio è sovrastato in lontananza da un lungo profilo che conosco a memoria e che migliora questa squallida, seppur necessaria, geometria, donandole un aspetto inaspettatamente maestoso. L’occhio stropicciato punta immediatamente verso il gruppo del Cusna, un gigante sdraiato sulla pianura, che appare fiero in direzione sud-ovest quando, imbiancato dalla neve, sposta l’immaginazione a certe forme himalayane. Subito dopo è impossibile non notare il cono simil-vulcanico del Cimone che fa capolino dietro le colline. La più alta cima dell’Appennino settentrionale rimane però ben celata dalle sinuose gobbe che la attorniano, concedendosi solo in piccola parte allo sguardo attento. Verso sud-est, dalla nera boscaglia di media quota, sbucano Spigolino, Cupolino e Corno alle Scale. Quest’ultimo mi riporta in Cordillera Blanca, con le sue caratteristiche cime affilate e solcate dai canali quasi fossero campi arati verticali. Il viaggio fantastico tra le montagne di casa e quelle del mondo si conclude all’angolo opposto dell’orizzonte dove, senza preavviso, emergono altre due evidenti vette imbiancate, dalla mole incredibilmente poderosa nonostante la loro modesta dimensione effettiva.
Quasi sconosciuto tra i non addetti ai lavori, il gruppo Alpe di Succiso – Monte Casarola riconduce il fantomatico pellegrinaggio sulle Alpi. Eccezion fatta per la quota, potrebbe benissimo essere inserito in un quadretto svizzero. Parecchie altre amate cime di casa non si vedono, ma questo assaggio basta per sapere che il momento finalmente è arrivato. L’attrezzatura da sci sempre pronta in macchina mi aspetta fremendo a fine turno. Una tempesta ormonale carica di fiocchi nevosi percuote il mio soma assonnato, e già pregusto le curve pomeridiane. Oggi come non mai il freddo dell’inverno è uno stato di liberazione. Riappropriarsi finalmente delle sensazioni naturali, troppo a lungo celate sotto maschere e tute a scafandro, in un asettico annullamento della persona e dei desideri. Lo sciappenninismo, lungi dall’essere una disciplina per palati raffinati, richiede il coraggio e la pazienza di andare a verificare di persona e la dovuta predisposizione ad accettare le sorprese, positive o negative che siano. Chi è abituato alle Alpi potrebbe facilmente storcere il naso. Sullo spartiacque tosco-emiliano le cime vere e proprie caratterizzano solo l’ultima parte della salita. Per giungere alla testata delle valli bisogna traversare molti chilometri di ondulati colli solcati da strade spesso malconce nella loro tortuosità. In questa fascia di territorio la neve cade in maniera sporadica e molto spesso scompare ancor prima di accumularsi. Negli anni alcune bucoliche realtà sciistiche locali con dotazione di manovie o skilift sono progressivamente scomparse. Raggiunti i borghi più alti, la strada finisce e appare la linea di crinale sovrastante. Inutile dire che per chi risiede in queste zone l’Appennino bianco racchiude qualcosa di estatico, specie ora che il regalo della neve è tutt’altro che scontato.
Escludendo i maggiori comprensori di piste che tentano ostinatamente di resistere alla sempre più evidente fine della loro gloria, in alto Appennino si spicca un balzo fuori dal tempo. Sia in senso storico che in senso geografico. Lo stato di desolazione che si respira, in particolare durante la stagione fredda, in molti dei paesini a ridosso delle montagne, è compensato dalla cocciutaggine dei pochi che scelgono di abitarvi. Gente in salita, simile in tutto il mondo, che non ha paura della fatica e del silenzio. Soprattutto per quelli come me che frequentano i monti lontano dai weekend, è abitudine prepararsi alla gita ascoltando solo i propri movimenti, immersi nella spettrale atmosfera delle ultime case, ben sigillate in attesa di climi più caldi. I suoni si propagano nitidi e l’attacco dello scarpone sembra quasi rimbombare a ridosso dell’abetina piegata dal peso della neve.
La quota modesta permette allo sciatore affamato di approcciare le salite anche a pomeriggio inoltrato. Il momento in cui il sole tramonta per lasciare spazio al buio ovattato dell’inverno è forse il frammento più significativo nel bianco d’Appennino. Pare davvero di essere agli albori dello sci, attraversando le borgate immersi nella neve fresca. Presto mi immedesimo nel personaggio e nelle atmosfere di quel film che mio padre guardava e riguardava, catturando la mia curiosità di bambino. C’era questo sciatore formidabile nella Courmayeur di inizio Novecento, interpretato dal norvegese Morten Aass, che con una divina tecnica telemark nuotava nella neve, infilando qualsiasi pertugio nei boschi o tra le case per giungere ai vicoli del paese antico con gli sci. Questo prima di essere catapultato negli anni Ottanta con una bizzarra macchina del tempo a pedali, e disegnare altre prodigiose linee sulle Alpi come se i decenni non gli appartenessero, come se lo scivolare sulla neve trascendesse lo spazio temporale. The time machine si chiamava il film e io ho sempre sognato di emulare le gesta del mitico telemarker col cappellaccio nero. Sul nostro crinale l’ambiente perlopiù boschivo e dolce nelle sue forme consente, con le dovute accortezze, di muoversi anche se il meteo è incerto. Qui non spaventano le bufere di neve o i cieli neri ma il Libeccio. Nei valichi tra Toscana ed Emilia lo strato nevoso si consuma rapidamente, livellato da correnti spaventose che impongono frequenti e rapidi cambi di direzione anche ai più determinati.
L’essere forzatamente confinati all’interno della regione ci ha portato a ripercorrere ancora i pendii di casa, riscoprendo lo spettacolo e l’emozione quando pensavamo di aver ormai vissuto tutto. Questa volta però non rappresentano banali metri di dislivello da accumulare in vista di più ardite salite alpine, ma sono lo scopo finale. Il trucco sta nello sciare con nuovi occhi. Per esempio riconsiderando quelle tracce naturali da troppi anni accantonate, quei canali che magari prima o poi e quei versanti sempre sfavorevoli alle buone condizioni. I giorni sciappenninistici passano in fretta da queste parti. La posizione geografica di barriera alla pianura e la relativa vicinanza al mare fanno sì che la neve si trasformi in un battito di ciglia. Per certi versi ci sono anche lati positivi, ma in buona sostanza la powder in Appennino settentrionale è merce rarissima. Ecco perché non bisogna tentennare. Guai a perdere minuti preziosi, e giù per itinerari che parevano non dover essere mai solcati.
Chissà quando ricapiterà, forse l’anno prossimo, probabilmente tra cinque o dieci anni. Il vento modella le sue sculture sul crinale e nel cielo terso il panorama ha dell’incredibile nella sua unicità. Si vede il luccichio del mare, specchio tra le ombre frastagliate dell’arcipelago toscano e la Corsica. Poi ancora le Apuane, i Colli Euganei, le città emiliane e il Monte Baldo. Solo alla fine ecco il Monte Rosa, lontanissimo. Ora però cala la sera e la discesa la faremo alla luce delle frontali, discretamente, per non disturbare il bosco. Faggi, abeti rossi e bianchi, immobili nella stagione lenta. Di notte la percezione è amplificata e il profumo della neve ci avvolge nell’euforia di una polvere stupenda. Lascio che il cuore si calmi, una curva e respiro, vorrei non finisse mai. Di tanto in tanto sono solo, come avevo desiderato. Poi un tunnel di alberi sommersi ci catapulta verso inclinazioni dove cala la tensione delle gambe, e improvvisamente le oscure presenze di mucche Highlander fuori dal recinto mi costringono a un cambio di passo. Perdo l’equilibrio, un tuffo e sono ricoperto di uno strato candido, tra gli sguardi insospettiti delle amiche dal lungo pelo. Non ho più la torcia frontale, smarrita in questi freschissimi metri, ma poco importa. Preferisco non raccontare agli altri di quest’entusiasmo che solo l’inverno può dare, di quanto è straordinariamente primordiale sguazzare nella neve. Tanto non mi crederebbero mai.
QUESTO ARTICOLO È STATO PUBBLICATO SU SKIALPER 138 DI DICEMBRE 2021
Al via con l'Ultra Trail Mugello il calendario firmato Scott
Dopo due anni difficili, tra sospensioni, piccole ripartenze e annullamenti, la stagione agonistica del trail running si avvicina al via e sono diverse le gare sponsorizzate da Scott Sports. Si parte il 24 aprile con l’Ultra Trail Mugello. 100% Trail è il claim che accompagna questa corsa che si svolge nel patrimonio forestale della Regione Toscana, esattamente nel complesso Giogo-Casaglia. Due le distanze, 60 e 23.5 km, rispettivamente UTM con 3200m e MT con 1280m di dislivello positivo.Iscrizioni aperte.
Fly-Up Sport, capitanata da Mario Poletti, Product Manager SCOTT Running Italia, punta su International Orobie Skyraid, scelta dalla FISky come gara unica valida per l’assegnazione del titolo italiano, maschile e femminile, di UltraSkyMarathon. Sono in tutto otto le gare trail che, da aprile fino a fine ottobre, animeranno la prossima stagione agonistica. Oltre a quelle già note e consolidate, si correrà la goliardica Magut Race, che da anni attrae un numero impressionante di atleti pronti a sfidare pendenze e carichi di cemento. Scopri gli altri appuntamenti.
Continua la partnership con il prestigioso Gran Trail Courmayeur in programma dall’8 al 10 luglio. La gara fa parte del circuito TORX Experience e si svolge in una location unica, al cospetto del Monte Bianco. Tre le distanze proposte: GTC 100 km I 7.200 metri di dislivello positivo; GTC 55 km I 3.800 metri di dislivello positivo; GTC 30 km I 2.000 metri di dislivello positivo.
Il GTC 100 km è gara qualificante per il Tor des Geants 2023. Saranno messi a disposizione 100 pettorali per i finisher GTC 2022 che potranno iscriversi al Tor des Geants 2023 senza passare dal sorteggio. Iscrizioni aperte.
Una gara che non può assolutamente mancare nel palmarès di un vero e proprio trailrunner è la Valmalenco Ultra Trail in programma il prossimo 29-30 luglio a Chiesa Valmalenco. Maggiori info sul sito ultravalmalenco.com
Chiudono il calendario due appuntamenti di prestigio. Il 10 settembre andrà in scena la Frasassi Skyrace che si svolgerà nel cuore delle Marche, nel Parco Gola della Rossa e di Frasassi mentre a fine settembre sarà il turno della Zacup Skyrace, gara di puro skyrunning che si snoda sui sentieri delle Grigne in provincia di Lecco.
Ultrabericus, ecco i top al via
A meno di due giorni dal via, si riempiono le caselline dei top runner che prenderanno parte all’edizione numero undici dell’Ultrabericus, tradizionale inizio di stagione del trail running. Nella new entry di 100 chilometri, sono 150 gli iscritti. Numeri in crescita anche nella Urban Trail, a quota 570 iscritti.
100 chilometri
Tra i Roberto Mastrotto. Vicentino, classe 1987, già vincitore della Ultrabericus Winter. Dietro di lui nel ranking ITRA Alberto Canessa, vincitore del Gran Trail Courmayeur e poi Fabio Di Giacomo, in allenamento per la Leadville 100. Tra le donne Alessandra e Federica Boifava, Marialuisa Tagliapietra, che nel 2021 è arrivata quinta nell’integrale e che quest’anno ha deciso di tentare su una distanza ancora più impegnativa. Occhi aperti anche su Federica Menti, altra atleta vicentina che conosce perfettamente il percorso e non manca in esperienza su queste distanze, quarta nella 65k Ultrabericus 2019.
Integrale 65 chilometri
Il re Dell’Ultrabericus, Christian Modena, sarà al via sulla distanza in cui sa di poter dare il massimo e di cui detiene il record. A sfidarlo Ivan Favretto, Christian Pizzatti (secondo nell'edizione 2018), Stefano Maran. Al femminile, in base al ranking ITRA, la favorita sembra essere l'austriaca Cornelia Oswald, che quest’anno si ha già portato a casa gli 80 chilometri della prova S1 Trail de La Corsa della Bora davanti a Francesca Canepa. L’austriaca dovrà vedersela con Veronica Maran, che tenterà di bissare il successo ottenuto, sempre sulla distanza 65k, lo scorso anno. Altra candidata a salire sul podio è Elena Asia Noacco, che ha corso tutte le edizioni della gara.
Urban Trail
A contendersi il podio maschile potrebbero essere il bellunese Eddj Nani (vincitore insieme a Giulia Pol, anche lei in gara, della Transpelmo 2021), Alessio Gatti (primo uomo lo scorso 30 gennaio a La Ronda Assassina) e il re del Brenta Enzo Romeri. Al femminile, oltre a Giulia Pol, correranno anche la veronese Sofia Toniolo e la padovana Lucia Forte. Tutte e tre dovranno guardarsi dalla francese Melina Clerc, già vincitrice nelle passate edizioni. Sulla distanza Urban, tra gli uomini, scenderà in campo anche il forte triatleta Alessandro Degasperi.
La twin
Una gara da fare in due, metà a testa, con formula staffetta. La Twin rappresenta di solito la parte più amatoriale e goliardica di Ultrabericus, apprezzata da amatori e coloro che, in coppia, desiderano mettersi alla prova. Goliardica fino a un certo punto perché quest'anno vede un livello agonistico importante: i favoritissimi Elisabetta Stocco e Giovanni Corà daranno del filo da torcere alla coppia Stefania Merlo e Alessio Zambon. Da tenere a vista anche Elisabetta Pozza con Ruggero Pianegonda e gli ultraberici Marta Cunico e Jacopo Zuffellato. La Twin segna anche il ritorno di Francesca Pretto in coppia con Francesco Orrico. Ma non finisce qui, perché il parterre è piuttosto ricco e non saranno da meno nel contendersi la vittoria finale sul traguardo di Piazza dei Signori neppure Alberto Ferretto, che correrà con la compagna Gaia Signorini, e Michele Meridio, portacolori del Team Brooks, in gara con la mamma Federica Lionzo.
Boscacci ed Eydallin sbancano la Pierra Menta
Alla Pierra Menta ci vuole pazienza. «Come ho imparato nel 2018, si vince o si perde alla fine della quarta tappa, ma adesso posso dirlo… ragazzi io e Matteo Eydallin ce l’abbiamo fatta» ha dichiarato Michele Boscacci ieri al termine dell’edizione 2022 della regina delle gare. I due azzurri hanno chiuso con il tempo totale di 9h48’24’’ e puntando sulla regolarità, con una vittoria di tappa, due secondi e un terzo punto. Appunto… si vince alla fine della quarta tappa. Così Eyda mette in bacheca la quinta vittoria e Boscacci la terza, beffando i local Gachet-Bon Madion, secondi in 9h51’57’’. Terzo un eterno Kilian Jornet in coppia con Jakob Hermann (9h54’38’’). Da segnalare al quarto posto la coppia francese Jacquemoud/Equy e al sesto François D’Haene, direttamente dall’UTMB all’UTMB dello skialp insieme a Yoann Sert. Poi un intramontabile Filippo Beccari, settimo con Inge Hans Klette. Niente sorprese tra le donne con la ormai local Axelle Mollaret Gachet che porta a casa il primo posto insieme alla svedese Tove Alexandersson in 11h46’01’’, davanti alle azzurre Martina Valmassoi e Katia Tomatis (13h00’17’’) e alla coppia formata dalla francese Lorna Bonnel e dalla slovacca Marianna Jagercikova (13h06’18’’). Sesta Giorgia Felicetti insieme alla polacca Anna Tybor.