Skialper Archive / Balkan express

Un biglietto ferroviario di sola andata Monaco-Salonicco. Due biciclette e gli sci legati al telaio. Duemilacinquecentoventi chilometri in autosufficienza per tornare a casa ed esplorare i Balcani, tanto sulle alpi c'era poca neve. Diario di 31 giorni indimenticabili.

Testo e foto di Max Kroneck e Jochen Mesle

D1 0-68 km 

Finalmente siamo qui, alla stazione ferroviaria di Salonicco. Le ultime settimane sono state piuttosto stressanti. Durante i tre giorni di viaggio in treno siamo riusciti a recuperare un po’ di sonno, ma ora finalmente si comincia.

D2 68-123 km 

Ieri siamo rimasti subito bloccati. Ora dobbiamo togliere il fango dalle ruote, poi proseguiremo lungo la costa sotto il nevischio. Freddo e umidi- tà, però il cibo greco fa dimenticare tutto. La gente del posto parla di un buon inverno sul Monte Olimpo, quindi il nostro obiettivo è salvo.

D3 123-142 km

È l’alba quando lasciamo Litochoro. La strada non è ancora stata ripulita e rimaniamo presto bloccati nella neve, continuando a spingere le biciclette finché non passiamo agli sci. Attraversiamo un bosco da favola e arriviamo in un bivacco invernale, che raggiungiamo al buio. Fa piuttosto freddo, ma la zuppa è calda.

D4 142-167 km

Siamo saliti attraverso la neve profonda fino alla vita. In cima soffia un forte vento. Ci sfoghiamo nel bosco. Polvere profonda e vista sul mare: c’è di meglio? Poi, una divertentissima discesa nel sottobosco per tornare alle nostre biciclette. Che esordio con gli sci!

D5 167-286 km

Finalmente esce il sole, ma fa ancora troppo freddo per i pantaloncini. Oggi copriremo un po’ di distanza: la prima tappa di oltre 100 chilometri è alle porte e non vediamo l’ora di tornare a sciare, questa volta nella Macedonia del Nord. Quindi una rapida sosta al supermercato e via...

D6 286-392 km

Tanta pioggia, che poi si trasforma in neve. In bici è fastidiosa, ma potrebbe essere molto meglio con gli sci. Oggi non è stata la giornata più facile del viaggio, ma - lo diciamo a bassa voce - ci siamo divertiti un po’. Al confine ci consigliano le migliori discese e i migliori après-ski del Paese.

D7 392-422 km

Raggiungiamo il comprensorio sciistico di Kopanki pedalando, su una strada per una volta già liberata dalla neve. Jonche, una Guida alpina, ci mostra orgoglioso la sua montagna. Usciamo dall’area sciistica e saliamo sul monte Pelister. Un’altra giornata di neve fresca fino alle ginocchia e nessuna traccia in vista. Non riusciamo a fermarci, è troppo bello e troppo diverso dalle Alpi nelle scorse settimane, per questo raggiungiamo le nostre biciclette con il buio.

D8 422-515 km

Dopo un lungo commiato dal nostro ospite, che si è preso cura di noi nelle ultime due notti, abbiamo iniziato a pedalare verso la nostra destinazione, il monte Korab. Vicoli ciechi, gomme sgonfie e telai oscillanti non ci impediscono di raggiungere il lago di Ohrid. Un posto meraviglioso, ma siamo troppo stanchi per guardarlo da vicino.

D9 515-624 km 

Il percorso costeggia lunghi bacini artificiali e grandi discariche in mezzo ai fiumi. Prima dell’ultima salita, un abitante del luogo ci ha avvertito che negli ultimi giorni qui sono stati avvistati dei lupi. Ma, soprattutto, dobbiamo stare attenti agli automobilisti ubriachi. Dopo un lungo spostamento notturno attraverso la tempesta, abbiamo raggiunto Radomirë, un piccolo villaggio albanese di montagna ai piedi del monte Korab.

D10 624-668 km 

Dopo molti tira e molla, oggi abbiamo deciso di non mettere gli sci. Con il vento, la temperatura percepita dovrebbe essere di circa -30 °C... Così abbiamo il tempo di pianificare meglio le prossime tappe e di prendercela comoda e non è male quando le gambe sono appesantite da centinaia di chilo- metri e altrettante curve nella polvere. Però anche in bicicletta il vento non ci lascia in pace e ci fa quasi uscire di strada.

D11 668-748 km 

In un’altra discussione con i nostri contatti locali abbiamo preso la decisione: dobbiamo usare l’autostrada per attraversare il confine e risparmiare così una deviazione con molti metri di dislivello. Con la bici in autostrada? Già... partiamo piuttosto nervosi. Ma il viaggio si rivela meno selvaggio del previsto, anche se non certo piacevole. Arrivati in Kosovo, ci facciamo già un’idea su Prizren e dintorni direttamente dalla sella. Più tardi, abbiamo l’opportunità di parlare con Edis, che ci fornisce utilissime informazioni sul Kosovo e sulle sue montagne. Dopo una lunga pausa, riprendiamo le bici con temperature ben al di sotto dei -5 °C e risaliamo il passo verso i monti Sharr, dove ci aspetta tanta neve fresca.

D12 748-756 km 

Non possiamo creder ci. Ancora una volta abbiamo una montagna tutta per noi e la neve è di nuovo fresca e alta fino al ginocchio. Non salia- mo troppo, perché sopra gli alberi non c’è visibilità, ma le corte discese nel bosco sono piene di pillow e valgono come migliaia di metri di dislivello.

D13 756-891 km

Oggi è stato il primo giorno di bel tempo da quando siamo scesi dal treno. La partenza però ha lasciato il segno con il termometro che segnava -12 °C e una discesa di oltre 1.200 metri di dislivello da affrontare sulle due ruote. Brrr! Le bici hanno puntato verso la valle di Valbona, in Albania. Ti trovi da- vanti un enorme scenario di montagne, da tutte le parti; è uno dei giri in bici più belli che abbiamo mai fatto. Il sole stava già tramontando quando abbiamo attraversato il confine albanese e nell'ultimo tratto abbiamo pedalato di nuovo al freddo e al buio.

D14 891-901 km

Quattro telecamere riprendono Max mentre si gode la sua seconda linea e scende urlando di gioia. Non è facile documentare le emozioni e soprattutto... quanto è perfetto quas- sù. Il sole splende, anche se abbiamo iniziato la nostra gita con le pelli solo alle 11 del mattino, dopo una lunga dormita e una mattinata rilassata. C’è ancora la neve perfetta e tutta l’area (quasi tutta la valle di Valbona) per noi.

D15 901-950 km

La sveglia suona alle cinque. Passo dopo passo, attraverso la valle ghiacciata, poi metro dopo metro su per i cespugli fitti. Ieri siamo saliti sui fianchi della valle, oggi raggiungiamo il fondovalle e saliamo al Maja e Boshit. La vista in cima è più che grandiosa, ma ci accorgiamo che non è la cima giusta, quindi andiamo sull’altra, a 2.414 metri. Dopo aver goduto di questi enormi pendii incontaminati, dobbiamo lottare per tornare indietro facendo lo slalom tra i cespugli. Una volta arrivati in fondo, ci tocca ancora pedalare.


D16 950-1.076 km

Il traghetto allontana le linee e possiamo rilassarci un po’ mentre percorriamo una certa distanza. Dopo una lunga riflessione, abbiamo scelto di usare il battello lungo il fiume Drin, da Fierzë a Komani, invece di fare il giro dell’intera catena montuosa, per- ché così risparmiamo due giorni che non avremmo comunque avuto a disposizione. Siamo circondati da un paesaggio incredibile di gole, rocce a strapiombo e acque verdi. Quando attraversiamo il confine con il Montenegro, è già buio.

D17 1.076 km

Oggi è stato un giorno speciale, prima di tutto perché non abbiamo pedalato. A Podgorica abbiamo lasciato le bici in rimessa per un giorno e incontrato Srdja, un artista montenegrino che le ha dipinte. Ma soprattutto Srdja ci ha dato tante dritte sul cicloturismo in Montenegro e sui Balcani.

D18 1.076-1.196 km

Purtroppo dobbiamo rinunciare a sciare sulle montagne del Montenegro, perché mancano ancora tanti chilometri da percorrere, ma va tutto molto bene e raggiungiamo la Bosnia-Erzegovina poco dopo l’alba. Dove possiamo trovare cibo e riparo?

D19 1.196-1.304 km

Dopo una notte folle nel cuore di Bileća, circondati da persone ubriache e assordati dagli schiamazzi, le strade tortuose continuano e aumenta anche il vento laterale. Ci sorpassano così tanti camion che sembra di pedalare a 20 centimetri da un muro. Esausti, chiudiamo la giornata subito dopo Mostar e speriamo in una mattinata tranquilla...

D20 1.304-1.384 km

Wow, che bell’altopiano quello del Parco Nazionale di Blidinje. E non c’è nessuno qui, a parte noi. Le montagne sembrano selvagge e la sensazione è che non nevichi da giorni. Vediamo se riusciamo a trovare qualche bella linea da sciare domani.

D21 1.384-1.434 km

I nostri timori sono confermati: sotto i nostri piedi sembra che ci sia più ghiaccio che neve, ma il panorama è magnifico e ci godiamo il viaggio. Illuminati dagli ultimi raggi di sole, cambiamo assetto, legando gli sci alla bici, e partiamo verso il tramonto.

D22 1.434-1.576 km

Sole, pantaloni corti, strade sterrate: una bella giornata. Le nostre preoccupazioni per le condizioni della neve aumentano chilometro dopo chilometro: la vera domanda è piuttosto se troveremo ancora neve in Croazia.

D23 1.576-1.701 km

Scuotendo la testa, osserviamo gli incendi sul ciglio della strada. Abbiamo optato per un passo dove in inverno dovrebbe esserci un’area sciistica e speriamo di trovare qualche residuo di neve a Velebno, sui Velebit. Ci consoliamo comprando qualche altro spuntino e torniamo in sella; bisogna pedalare.

D24 1.701-1.776 km

Ammettiamolo... a volte, non è così facile come sembra. È tardi, non abbiamo ancora trovato la neve e ora dobbiamo tornare indietro di 15 chilometri, perché qui non c’è cibo né acqua. Dopo una pausa e un bicchiere di vino ci sono ancora 1.500 metri di dislivello, ma il nostro umore è migliore e saliamo metro per metro ben dopo il tramonto, al buio. Speriamo almeno che ci sia ancora della neve lassù, verso il monte Buljma.



D25 1.776-1.831 km  

Sopra a Stinica abbiamo trovato la neve. In Croazia, a marzo. Wohoo! Giusto qualche chiazza, ma c’è qualcosa di unico nel fare un paio di curve con una t-shirt, sciando nella pappa, tra i prati fioriti e con lo sguardo che corre sul mare. Abbiamo costruito un piccolo kicker e ce la siamo goduta, prima di scendere a tutta velocità verso il mare.

D26 1.831-1.971 km

Stiamo pedalando in riva al mare, perché dobbiamo stare vicini ai 200 battiti al minuto anche oggi? Be’, qui tra Croazia, Slovenia e Italia c’è molta salita. Anche la città di Fiume sembra essere tutta su e giù. Però siamo riusciti a ricavarci del tempo per un delizioso pranzo, prima di pedalare verso Trieste e chiudere la giornata con una pizza e un cappuccino.

D27 1.971-2.100 km

Saranno l’ottimo espresso triestino, il sole, i 25 °C, il tuffo rinfrescante in mare e la prospettiva di un’emozionante sciata sulle Alpi slovene, ma oggi abbiamo più voglia di pedalare degli ultimi giorni. Giusto il tempo di rilassarci ancora un po’ al mare e via verso la Slovenia, passando per Cividale del Friuli e il valico di Stupizza.

D28 2.100-2.127 km

Sembra impossibile: siamo tornati sulle Alpi, ma in Grecia c’era molta più neve. Una giornata piuttosto indecisa si conclude finalmente sul Passo di Vrsic e domani vogliamo fare qualche escursione con gli sci.

D29 2.127-2.163 km

Che montagne! Anche se non nevica da cinque settimane, iniziamo presto a camminare in una valle selvaggia. Il cuore di Max sobbalza, perché oggi ci aspettano due bei canali. A causa delle temperature calde e della mancanza di precipitazioni, nei couloir ci sono quasi più pietre che neve, ma è molto divertente e concludiamo la nostra ultima giornata di sci con un grande sor- riso, dopo aver raggiunto la vetta del Mala Ponca (2.468 m), sopra Kranjska Gora.

D30 2.163-2.310 km

Tre passi, due rapporti, una speranza. Il cambio elettronico di Max è ancora difettoso. Più precisamente, può scegliere tra la marcia più bassa e quella più alta, quindi è un gioco di equilibri tra allenamento e forza massima. Per fortuna, il negozio di bici che ci hanno consigliato mantiene le promesse e finalmente possiamo pedalare lungo la Drava in direzione di Katschberg e Obertauern, in Austria. Peccato solo che sia già passato mezzogiorno.

D31 2.310-2.520 km

Si torna a casa! :) Dato che non possiamo, come speravamo, arrivare a Monaco di Baviera quando c’è il sole e che anche nelle Alpi Bavaresi non è una stagione invernale da ricordare, non abbiamo dubbi: a tutto gas, via verso la tappa più lunga, gli ultimi 210 chilometri di un viaggio che non scorderemo mai.




Trovate questo ed altri articoli a tema Ski Nomads su Skialper 143​


Crazy apre due nuovi stores

Due nuove vetrine per il brand valtellinese a Torino e Cortina

Continua senza freni la strategia retail per Crazy, il marchio fast&light per eccellenza nel mondo dello skialp. I nuovi flagship sono stati aperti nel corso dell'ultima metà di dicembre in due città iconiche per il mercato ski-touring: Torino e Cortina. La strategia distributiva è chiara, essere presenti nei punti nevralgici per il mondo outdoor per consolidare il brand sul territorio.

«Abbiamo deciso di aprire a Torino perché, oltre a essere una vera e propria metropoli, è una città dove l’alpinismo, uno dei nostri settori di riferimento, è di casa - ha commentato Luca Salini, CEO di Crazy - e Torino è in una posizione strategica nell’arco alpino e vorremmo puntare sulla sua storicità, sulla sua frizzante vita artistico-culturale e sul suo panorama modaiolo».

Con l’apertura dello store di Torino va a completarsi l’asse con Bardonecchia dove lo scorso anno Crazy ha aperto il primo negozio in Piemonte; mentre l'apertura a Cortina, insieme al negozio di Livigno, sarà strategica per la visibilità e la presenza del brand nelle località interessate dalle olimpiadi 2026.

Con queste due inaugurazioni il numero di negozi monomarca presenti in Europa e USA Crazy sale a 15.


Scott Winter Pro Team

SCOTT incontra il team Ambassador 2023 al rifugio Teodulo, durante la seconda edizione del meeting annuale

Per celebrare l'inizio della stagione, il 21 dicembre , durante il solstizio d'inverno, SCOTT Sports Italia ha radunato il team Ambassador del progetto Scott Winter al rifugio Teodulo, al cospetto del Cervino. Un'occasione imperdibile per incontrare i propri collaboratori, coloro che vivono il marchio quotidianamente sul campo, per lavoro e per diletto, lo indossano e lo rappresentano con entusiasmo. Guide alpine, professionisti della montagna, atleti di notevole caratura, questi sono i componenti del dream team sul quale SCOTT ha scelto di investire per promuovere lo spirito del brand. Durante l'evento, tra una sciata in polvere e un brindisi a base di buon genepì valdostano, sono stati presentati i progetti per la prossima stagione. «Abbiamo investito molto in questo progetto perché crediamo fortemente che un gruppo coeso e motivato, fatto di professionisti della montagna, faccia la differenza al giorno d’oggi per un marchio come SCOTT Winter - afferma Jessica Signori, Marketing Manager Sport Division - Ringrazio quindi tutti i ragazzi per la passione che ci mettono quotidianamente e per credere nel brand». 

@Stefano Vedovati

All'interno del gruppo troviamo anche due nomi a noi ben noti, quelli di Matteo Calcamuggi e Andrea Cismondi, due dei nostri fedeli tester materiali del team Buyer's Guide. Abbiamo provato a sottrargli qualche informazione preziosa sulle nuove collezioni ma sono rimasti sul vago, in ogni caso hanno voluto raccontarci in prima persona l'esperienza vissuta a quota 3317 metri. Ecco le parole di Cis:
 

@Stefano Vedovati

«Ci siamo capitati un po’ per caso. Ma non al meeting ambassador, proprio in Scottsportitalia. E da allora, il capriolo del val Serina (alias Piero) insieme a tutto lo staff Winter Division, sono diventati una famiglia.

E noi un team. Noi? E chi? Ambassador, Proteam, una volta promoter non importa il nome, importa la sostanza. Otto professionisti sparpagliati un po’ per tutta Italia che ne masticano di montagna, specie se quest’ultima é innevata.

Il meeting annuale é il pretesto. Difficile essere più determinati e professionali tra scattare immagini, produrre contenuti, testare, sviscerare criticità sui prodotti. Già perché é dallo sviluppo e dall’uso continuo di prodotti specifici che emergono pregi e ogni tanto qualche difetto. Insomma, facciamo proposte per effettuare un upgrade. Questo è ciò che facciamo.

E poi? E poi siamo Montanari. Metteteci in un rifugio (magari con una buona bottiglia di Genepy) e gli aneddoti che emergono sono un concentrato di magia.

E domani? si ricomincia, nel nostro habitat. Con i nostri sci Scott a piedi. A lavorare con un super team di professionisti condividendo la nostra passione con clienti, negozianti e la super family di Scottsportitalia».


Primo contatto: The North Face Summit Cayesh Futurelight

Anche The North Face, con Summit Cayesh Futurelight, fa il suo ingresso nel mondo delle calzature che accettano i ramponi semi-automatici, per affrontare la montagna e l’ingaggio alpinistico in versione fast & light. Si tratta di un modello alla cui realizzazione ha collaborato David Göttler, pensato per utilizzatori evoluti. La struttura, visivamente, si presenta simile ad altri modelli già sul mercato (Summit Cayesh Futurelight è commercializzata da qualche settimana), con scarpa bassa interna, ghetta esterna impermeabile e cerniera sfalsata a prova di acqua e neve. Le differenze, però, ci sono: l’impermabilità è garantita dalla tecnologia proprietaria Futurelight la cui membrana è stata integrata da filati Spectra per aumentare la resistenza. Una lamina in fibra di carbonio annegata nell’intrusola conferisce rigidità alla struttura. La regolazione della scarpetta interna è con sistema a ghiera Boa. Infine la suola è Vibram. Il tutto per un peso alla bilancia di poco più di 570 grammi. Il prezzo al pubblico è di 500 euro.

Abbiamo messo ai piedi Summit Cayesh Futurelight per un primo contatto, in attesa di provarla più intensamente nella prossima Outdoor Guide. L’inserimento del piede, come spesso avviene per le scarpe con ghetta, non è intuitivo come in una normale calzatura bassa o di medio taglio e richiede qualche attenzione. Poi, quando sei dentro, il comfort non manca e la pianta ha un’impostazione abbastanza ampia che la fa prediligere per piedi non troppo magri (valutando anche la scelta di un numero più piccolo dopo averla provata bene). Si segnala per camminata, sensibilità su roccia e libertà delle caviglia. In marcia, nonostante non abbia un rocker accentuato, è leggera e agevola la rullata. La lamina in materiale composito la rende particolarmente secca e reattiva. Su roccia è molto sensibile e la mescola lavora a dovere. Gli spessori sono giusti e sembra quasi di scalare a piedi nudi, un fattore da tenere in considerazione in chiave durata. Nel cramponnage va considerato che le forme ampie riguardano anche il tallone e su piedi fini potrebbe non essere perfettamente bloccato. La libertà della caviglia, in tutte le situazioni, è totale, quasi come avere ai piedi una scarpa da trail con ghetta. La chiusura Boa funziona bene, oltre a essere pratica; da segnalare che il posizionamento del rotore, su alcuni colli dei piedi pronunciati, potrebbe farsi sentire in appoggio in punta. In definitiva, Summit Cayesh Futurelight è un modello dagli atleti per gli atleti, per imprese in velocità e utilizzi evoluti. Veloce, ma non per tutti.


PETZL Legend Tour - Il ghiaccio dell'Ovest

Torna il Petzl Legend Tour Italia, con un docufilm alla scoperta delle cascate di ghiaccio nelle valli piemontesi

Tra le selvagge valli dell'arco alpino occidentale il team di Petzl Italia è andato a incontrare i protagonisti di una vera e propria rivoluzione, quella che sul finire degli anni settanta portò alla nascita dell'arrampicata su ghiaccio in Italia. La genesi del cascatismo ricorda quella dell'arrampicata sportiva, la voglia di spingere sempre più avanti  i propri limiti e le tecniche dell'alpinismo è la stessa onda che portò alle grandi imprese su roccia, trasportandole in un terreno invernale ancora inesplorato sotto il punto di vista della verticalità. E, quando si parla di questi concetti, un nome spicca più degli altri: quello di Gian Carlo Grassi. Il viaggio non può quindi che partire dalla Val di Susa, dove l'alpinista nacque e mosse i primi passi sul terreno montano che diventò in breve campo di gioco preferito e rifugio dove evadere nei momenti più duri. Insieme ai personaggi che hanno affiancato Grassi nella sua crescita e nelle sue imprese, troviamo ad accompagnarci in questa esplorazione storica l'atleta Federica Mingolla, che in questa puntata del Legend Tour ci regala un assaggio di alcune cascate storiche che oggi sono punto di riferimento per il Ghiaccio dell'Ovest: L'altro Volto del Pianeta, in Valle Argentera e il cascatone del Rouit in val Troncea. Dalle valli torinesi si percorre a ritroso la storia della piolet-traction, fino a terminare la spedizione in Val Varaita, dove nel 1977 Romero Isaia e Piero Marchisio riuscirono, inconsapevoli del valore di quell'impresa, a salire per la prima volta nella storia il sottile nastro ghiacciato della cascata Ciucchinel.

Il film è disponibile dal 21 dicembre sul canale Youtube Petzl Sport, al seguente link:

PETZL LEGEND TOUR - IL GHIACCIO DELL'OVEST

https://youtu.be/1NIqWlPiS5o


Skialper Archive / Ortles Friends, fidarsi & affidarsi

Gabriel Tschurtschenthaler soffre di un disturbo degenerativo
della vista, così per salire in vetta ha creato una cordata
perfetta con le Guide Vittorio Messini e Matthias Wurzer.
Che è arrivata sul Cerro Torre e sulla cresta Hintergrat.

Testo di Elena Casolaro, foto di Damiano Levati/Storyteller Labs

Radice a sinistra. avverte Vittorio, in testa alla cordata. Gabriel segue le indicazioni, spostandosi a destra, e Matthias lo osserva da vicino, affinché eviti ogni ostacolo. I tre alpinisti procedono in cresta, muovendosi tra canaloni ghiacciati e camini di roccia e avvicinandosi alla vetta un metro alla volta. Potrebbe sembrare una cordata come tante, ma Gabriel è affetto fin da piccolo da un disturbo degenerativo della vista, e dell’ambiente che lo circonda distingue solo immagini sfocate. Se nasci in Alta Pusteria, in montagna ci devi andare per forza: non c’è molto altro da fare. Così Gabriel Tschurtschenthaler, altoatesino classe 1988, inizia da bambino a scorrazzare per creste e prati. Verso i 15-16 anni, le sue facoltà visive cominciano a diminuire lentamente, dandogli il tempo per fare ciò che gli viene naturale: cercare un modo per continuare a fare alpinismo. Il suo modo ha un nome e un cognome, anzi due, quelli di Vittorio Messini e Matthias Wurzer, entrambi Guide alpine.

I tre si conoscono scalando su ghiaccio e il loro rapporto è fin da subito qualcosa di più di quello Guida-cliente. Iniziano ad andare in giro insieme, diventano amici e progettano vette da conquistare. A uno viene un’idea, oppure spesso tutti e tre hanno già in testa la stessa montagna. Si informano e cercano la via più adatta alle loro esigenze, magari che sia stata già ripetuta da Matthias o Vittorio e che lasci la possibilità di calarsi in discesa. La stessa cosa che farebbe una cordata normale, con qualche accortezza in più e la massima concentrazione da mantenere per tutta la durata dell’ascensione, evitando anche il minimo inciampo. Ognuno si fida degli altri, oltre che di se stesso, e questo è il vero punto di forza della squadra. Gli altri sensi di Gabriel compensano le mancanze della vista: si muove affidandosi al suo equilibrio, alle sensazioni trasmesse dalle piante dei piedi e alle indicazioni minuziose dei compagni, con cui si intende al volo. Così riesce a trovare le giuste prese per le mani o i migliori appoggi per i piedi, a conficcare le punte di piccozze e ramponi nel ghiaccio e a scegliere il percorso più sicuro su cui camminare. Gabriel ha inoltre grande consapevolezza del proprio movimento nello spazio e distingue chiaramente un tratto di roccia solida da uno sfasciume, indovinando il momento preciso in cui accorciare il passo o cambiare direzione.


Oggi essere autosufficienti e bastare a se stessi sono considerati i massimi valori a cui aspirare: farcela da soli, senza chiedere l’aiuto di nessuno. Quando domando a Gabriel cosa si prova a riconoscere di essere completamente dipendenti dagli altri in questo contesto, risponde che non gli è mai piaciuto fare affidamento su qualcuno, per lui farcela da solo è sempre stato un grande obiettivo. Ma a un certo punto ha dovuto ammettere di non poter continuare a fare certe cose, senza aiuto. Aveva solo due scelte: accettarlo, o mollare. Inutile dire che l’alpinista altoatesino non si è arreso, ha scelto di affidarsi ai suoi amici e continuare ad andare in montagna. Matthias e Vittorio sono i suoi occhi e anche loro, descrivendo con precisione qualcosa che Gabriel non può vedere, ottengono una prospettiva nuova sulla montagna. Tutto questo ha un piacevole effetto collaterale: l’assoluta fiducia che si costruisce tra i tre amici vetta dopo vetta e che è forse più importante della salita stessa.



Le imprese di Gabriel riflettono la sua determinazione: nel dicembre 2021, vola in Patagonia per provare a raggiungere la vetta del Cerro Torre insieme a Matthias e Vittorio, da un’idea di quest’ultimo. Una montagna iconica e che pone molte sfide, prima fra tutte l’avvicinamento: la base della via dista dall’ultimo paese 40 chilometri, di cui buona parte su ghiacciaio e il resto su roccia. Quando i tre riescono a raggiungere la base della parete, rimangono da affrontare le difficoltà. dell’arrampicata: impiegano due ore e mezza solo per salire l’ultimo tiro della via. Per questo, una volta conquistata la cumbre, la prima sensazione provata da Gabriel è il sollievo per esserci arrivati tutti interi. Poco dopo, la necessità di rimandare l’esultanza e rimanere concentrati: la discesa è, infatti, lunga e la vetta è solo a metà strada. Ma l’avventura patagonica non fa che affiatare la cordata e alimentarne la fame di nuove imprese. Così lo scorso aprile troviamo i tre alpinisti sull’Ortles, la cima più alta dell’Alto Adige, la stessa che Gabriel guardava da bambino col naso all'insù. Proprio per questo ci vuole andare: arrivare in vetta alla maggiore tra le montagne di casa, è qualcosa che sente di dover fare. La via scelta è la cresta Hintergrat, spesso esposta e con tratti di roccia friabile che per Gabriel rappresentano la maggiore insidia. I tre procedono seguendo uno schema ben preciso: quando Vittorio sale da primo, avverte gli altri due di ogni ostacolo, mentre Matthias sta alle spalle di Gabriel, seguendone ogni mossa. Viceversa, quando . Matthias a guidare la cordata. Così, i tre conquistano i 3.905 metri della vetta. La giornata è limpida e il panorama in cima all’Ortles lascia senza fiato, mille picchi bianchi che bucano le nuvole e si allungano verso il cielo. Gabriel sente il vento sul viso, l’odore della neve che fonde, il calore del sole e la grandezza del vuoto tutto intorno a sé. Sembrava impossibile, ma ci ha creduto e ce l’ha fatta. Tocca la croce di vetta, abbraccia gli amici e gli sembra quasi di riuscire a vederlo, il panorama.

L'OUTFIT DI GABRIEL, VITTORIO E MATTHIAS

Gabriel, Vittorio e Matthias durante le loro ascensioni non si possono permettere distrazioni, neanche quelle derivanti da un abbigliamento meno che perfetto. Per questo hanno scelto la collezione Ortles di Salewa, una linea in vendita da questo mese, basata su funzionalità ed essenzialità. Giacca e pantaloni Ortles 3L GTX Pro Stretch hanno svolto egregiamente il loro dovere sia sul Cerro Torre, sia sull’Ortles, Gabriel si ritiene pienamente soddisfatto: «Ho sempre la stessa giacca e non voglio cambiarla». Si tratta di prodotti pensati per l’alpinismo invernale più tecnico e le cascate di ghiaccio, realizzati per adattarsi a qualsiasi sfida. «La giacca hardshell, dal taglio ampio, lascia sufficiente gioco per un abbigliamento a più strati - indispensabile in inverno - e dona un senso di comfort senza costrizione» commenta Vittorio. La giacca (650 euro) è costruita in Gore-Tex Pro a tre strati, per una maggiore resistenza del tessuto all’abrasione. Troviamo due diverse tecnologie di Gore-Tex: gli inserti ergonomici Gore-Tex Pro Stretch, strategicamente posizionati in corrispondenza delle spalle e dei gomiti, lasciano tutta la libertà di movimento necessaria per l’alpinismo e l’arrampicata. Nelle aree esposte, invece, si è puntato sulla protezione dalle intemperie e la resistenza all’abrasione con la tecnologia Gore-Tex Pro Most Rugged, che assicura isolamento e durevolezza. Il capo presenta inoltre ampie tasche anteriori, che consentono di accedere al dispositivo ARTVA senza spogliarsi. Il cappuccio è regolabile e, grazie al soffietto nascosto sul retro, può essere utilizzato con e senza casco. Per quanto riguarda i pantaloni hardshell (550 euro), anche questi sono molto protettivi, impermeabili e traspiranti. Il design segue l’anatomia del corpo per lasciare le gambe libere di muoversi e le zip laterali permettono la massima ventilazione. Nei pantaloni, gli inserti in Gore-Tex Pro Stretch sono posizionati sulle ginocchia, in vita e sulla seduta. La parte inferiore della gamba è costruita per adattarsi agli scarponi da alpinismo e da scialpinismo e l’inserto elasticizzato permette di regolare l’ampiezza dell’orlo, così da evitare che i ramponi si impiglino. All’interno della collezione troviamo anche Ortles Ascent Mid GTX, uno scarpone da alpinismo leggero e funzionale che accetta ramponi semi-automatici. Vittorio lo utilizza per lunghe giornate su roccia e ghiaccio in alta quota e ne è entusiasta: «Una scarpa che non perde comodità nemmeno durante le uscite più lunghe e intense e che convince grazie all’ottimo grip e alla sicurezza che trasmette a ogni passo, senza limitare la mobilità. Un mix riuscitissimo, perfetto sia per noi Guide, che per le persone che si affidano a noi». Ortles Ascent Mid GTX adotta una suola Vibram con inserto per l’arrampicata, tomaia in robusta pelle da 2,2 mm, abbinata a una membrana Gore-Tex Insulated Comfort, che mantiene il piede caldo e asciutto anche in inverno. L’Ankle Protector System (APS) sulla caviglia aumenta la stabilità e la tenuta della tomaia; un supporto in più, che si rivela prezioso per proteggere dagli infortuni durante i lunghi tour in alta montagna, quando le discese danno fondo alle ultime riserve di energia. Pesa 850 gr e costa 370 euro. La combo perfetta è con lo zaino Ortles Guide 35L, studiato sulle esigenze di chi pratica alpinismo in inverno e deve attrezzarsi per affrontare uscite di più giorni, che comprendano anche passaggi di arrampicata. Compatto e leggero (1.280 gr), ha chiusura rolltop, attacco magnetico per la corda, scomparto per la pala e la sonda, fascia lombare separabile, doppio attacco per la piccozza, cerniera 3-way per un accesso rapido e completo allo scomparto principale. Il sistema di trasporto Salewa Dry Back Contact riduce l’area di contatto dello zaino con la schiena, garantendo una migliore circolazione dell’aria. Costa 190 euro ed è disponibile anche nella versione da 45 litri.

www.salewa.com

Giacca Ortles 3L GTX Pro Stretch
Scarpone Ortles Ascent Mid GTX
Zaino Ortles Guide 35 L

Julbo Pair Of Kings kickoff

Quando uno dei brand con il migliore know how sul mercato sceglie di collaborare con due dei più forti sciatori al mondo, il risultato non può essere altro che un grande successo

Ci troviamo a Zermatt, la location scelta dal team Julbo per il lancio della nuova Cyclon Reactive «Pair of Kings», la prima maschera da sci foto-cromatica 0-4 sul mercato, con special make-up in collaborazione con due atleti di fama mondiale: il freerider Sam Anthamatten (che qui è di casa) e il freestyler Antti Ollila, direttamente da Rovaniemi. La presentazione della grande novità dell'azienda francese avviene in un cinema dal gusto post industriale nel centro del paesino, dove vengono proiettati alcuni film che raccontano le imprese dei due King presenti in sala. Le immagini delle discese folli in Alaska e dei trick impossibili tra le gobbe lapponi non fanno altro che fomentare la voglia di testare il prodotto, che a quanto pare porterà una grande innovazione nel mondo dell'ottica per la montagna in inverno.

Cyclon Reactive 0-4 è più di una semplice maschera, è la sintesi della ricerca della perfezione. Una all in one che unisce il know how di un brand con anni di esperienza nel settore alle necessità dell'utilizzatore, in un prodotto essenziale ed unico nel suo genere. Che ci si trovi in Finlandia, dove per diversi mesi l'anno i praticanti sono costretti a sciare nell'oscurità più totale, o nel Vallese, dove nelle giornate di sole serve la massima protezione disponibile, Cyclon Reactive è quello che serve.

Durante il nostro soggiorno ai piedi del Cervino abbiamo avuto modo di testare la reattività della transizione e la qualità della lente in diverse situazioni, dai cambi di luce in pista (qui la lente rossa e l'ampio campo visivo proiettano letteralmente in un mondo a 4K) alle condizioni di scarsa luminosità di una grotta glaciale, fino a concludere la giornata con una discesa al chiaro di luna, dove la trasparenza della lente virata al livello 0 ci ha permesso di sciare anche senza frontale accesa.

Visto che non ci emozioniamo facilmente e sappiamo bene come qualsiasi maschera possa funzionare benissimo quando c'è il sole, non ci siamo limitati ad una recensione di primo pelo ma abbiamo voluto aspettare di poterla provare anche nella condizione incubo di ogni sciatore: la nebbia densa come pannacotta. Per tale motivo la scorsa settimana ci siamo recati nel Cuneese, in una giornata di neve fitta e visibilità estremamente ridotta e... che dire, anche in questo caso la lente è stata all'altezza delle aspettative.

Rispetto alle classiche lenti gialle, la dominante rossa accentua i contrasti ed i cambi di pendenza sono più facilmente individuabili, senza considerare il fatto che, come è capitato a noi, in caso di cambio meteo e comparsa di alcuni timidi raggi di sole, la maschera è in grado di adattarsi molto rapidamente evitando così di lasciarci senza un'adeguata protezione o di dover portare nello zaino un occhiale di ricambio.

Insomma, in tanti anni di test di prodotti di questa categoria, possiamo affermare di aver avuto l'onore di testare in anteprima uno dei migliori prodotti mai visti sul mercato.

Trovate Cyclon Reactive 0-4 in vendita all'onestissmo prezzo consigliato di 184,95€ su julbo.com e presso rivenditori autorizzati

MG_L8291
MG_L8364
MG_L8459
MG_L8481
MG_L8517
MG_L8592
MG_L8609
MG_Tenerife_1
MG_Tenerife_4
MG_Tenerife_8

Precedente
Successivo


Kästle presenta la linea touring TX

La linea touring TX di Kästle: sci leggeri in salita con prestazioni imbattibili in discesa

TX LINE

TX identifica la linea da scialpinismo più leggera di Kästle ed è sinonimo di prestazioni senza eguali. Grazie all'innovativa costruzione in carbonio e fibra di vetro con Dual o Progressive Rise, forniscono leggerezza in salita e massima stabilità e galleggiamento in discesa. Non sono sci da principianti, il brand mette subito in chiaro che per utilizzare questi modelli è necessaria una buona dose di esperienza e preparazione fisica. La linea TX si identifica in quattro prodotti per tutti i gusti: TX77, TX87, TX93 e TX103.

TX UP LINE

Con l'introduzione della linea TX UP, Kästle ha ampliato la gamma nel segmento touring  con modelli specificamente pensati per la prestazione sciistica. Leggermente più pesanti dei fratelli TX, sono più facili da girare e offrono più comfort grazie alla struttura solida, che li rende adatti agli sciatori che preferiscono sacrificare qualche grammo in favore del divertimento in discesa. Sono disponibili in due varianti: TX87 UP e TX 93 UP.

TX VOGUE LINE

Una linea pensata per le donne, con una costruzione in fibra di vetro e carbonio e la tecnologia Progressive Rise. Perfetto per le sciatrici che cercano leggerezza in salita e prestazione in discesa, in uno sci allround con struttura semi-cap e legno di pawlonia/pioppo.

I prodotti Kästle sono distribuiti in Italia da Panorama Sport Diffusion, per informazioni su rivenditori e disponibilità prodotti www.panoramadiffusion.it


Nuovi zaini da neve Camelbak

Camelbak lancia la nuova linea di zaini da neve dedicati a sci, snowboard, scialpinismo ed escursionismo in montagna

Camelbak, l'azienda leader mondiale nel settore dei prodotti per l'idratazione ha presentato a ISPO 2022 la nuova collezione di zaini dedicata alle attività su neve. Progettati per resistere agli attrezzi metallici taglienti e dotati di sistemi intelligenti per organizzare e trasportare l'equipaggiamento invernale (pala, sonda, ramponi etc...), i nuovi prodotti sono tutti waterproof e ovviamente mantengono la peculiarità del brand: la predisposizione all'utilizzo con sacca idrica. Le capacità di carico vanno da 20 a 1 litro, dotati di default di sacca idrica Crux da 2 L, il cui tubo viene mantenuto isolato dal freddo grazie ad un sistema di cinghie e spallacci termoisolanti Therminator, per renderla utilizzabile anche sotto zero senza lo spiacevole rischio che il liquido si ghiacci al suo interno.

SNOBLAST

Esterno in materiale SnowShield, interno con capienza di 20 litri per contenere tutto il necessario per una giornata sulla neve, oltre che alloggiare la sacca idrica Crux da 2 litri. La tripla zip facilita l'accesso a tutto gli oggetti contenuti nello zaino. Lo zaino è dotato infine di cinghie per trasportare sci e tavola.

Peso: 1010g ; prezzo al pubblico: 129,99€

POWDERHOUND 12

Vincitore di un ISPO Award  nella categoria Equipment, il nuovo zaino Powderhound 12 è l'ideale per lo ski-fitness o le giornate di impianti con brevi tratti di skin-up. Anch'esso dotato di cinghie porta sci o tavola e spazio per equipaggiamento di emergenza, è dotato di sistema Lift Access che permette di accedere facilmente agli oggetti più importanti senza dover aprire tutto lo zaino tra una discesa e l'altra.

Peso: 850g ; prezzo al pubblico: 119,99€

ZOID

Il più piccolo della famiglia, pensato per gli sciatori minimal che vogliono avere con se solo lo stretto indispensabile senza rinunciare all'idratazione. Il meccanismo di sgancio rapido dello spallaccio è espressamente progettato per facilitare le risalite in seggiovia e accedere rapidamente al contenuto interno

Peso: 510g ; prezzo al pubblico: 99,99€

I prodotti sono già disponibili online sul sito camelbak.eu e presso i rivenditori autorizzati.


A Pontedilegno-Tonale vincono Bonnet e Gachet-Mollaret

L’individual di Coppa del Mondo parla svizzero e francese, ma nella gara maschile è stata battaglia fino all’ultimo, con un Davide Magnini che si è alternato alla testa della gara con Rémi Bonnet e ha ceduto solo nel finale. Ecco i verdetti della tappa italiana di Coppa del Mondo di scialpinismo, conclusasi ieri sulle nevi del Presena, a Pontedilegno-Tonale, e iniziata venerdì con la sprint.

Individual

Percorso nervoso, che complessivamente prevedeva 12 cambi assetto, 6 tratti con le pelli, 2 tratti a piedi e 4 discese. Dislivello di 1.440 metri per la categoria maschile e di 1.180 metri al femminile. Nella lunga ascesa dai Laghetti fino ai 3.000 metri di Passo Presena a fare l’andatura e a marcarsi stretto ci hanno pensato il vincitore della passata edizione Thinault Anselmet, il suo connazionale William Bon Mardion, lo svizzero Rémì Bonnet e i due azzurri Michele Boscacci e Davide Magnini.
Nella seconda parte di gara si è poi assistito all’interminabile testa a testa fra l’elvetico e il trentino di Vermiglio, che con le loro schermaglie, aumentando il ritmo, si sono progressivamente scrollati di dosso i compagni di fuga, tranne Anselmet, che è transitato per primo sopra ai Laghetti del Presena, cedendo pure lui il passo ai due indemoniati avversari. Al secondo passaggio ai 3.000 metri è stato Magnini il primo a transitare, con un paio di secondi su Bonnet e 15 su Anselmet, quindi più staccati sono arrivati Bon Mardion, Boscacci e Antonioli. I due di testa hanno continuato a scambiarsi le posizioni fino al cambio pelli sotto lo spigolo del Lago Scuro, dove lo svizzero era il più veloce, guadagnando una decina di secondi sull’italiano, che è riuscito a mantenere sino al traguardo. Rémi Bonnet ha coperto i 12 km del percorso con il tempo di 1h31’52”, staccando di 10 secondi Davide Magnini, quindi a 32 secondi ecco Thibault Anselmet, a 1 minuto William Bon Mardion, a 2’09” Robert Antonioli e a 3’13” Michele Boscacci. Gli altri azzurri: Nicolò Ernesto Canclini è 8°, Nadir Maguet 9°, Alex Oberbacher 14°, Matteo Sostizzo 17°, Andrea Prandi 19°, Matteo Eydallin 24°, Sebastien Guichardaz 25°, Luca Tomasoni 33° e William Boffelli 39°. 

La sfida al femminile è stata un monologo griffato Axelle Gachet-Mollaret, che si conferma la più forte in assoluto nelle gare lunghe. Nella prima salita seconda era la vincitrice della sprint Celia Perillat Pessey, che poi al passaggio del Presena si è dovuta fare da parte per far passare Giulia Murada, con una voglia di riscatto dopo la caduta e l’addio ai sogni di vittoria nella sprint di venerdì, e quindi Alba De Silvestro, determinata più che mai a centrare un podio. I distacchi fra le prime tre sono rimasti simili anche al secondo passaggio, poi hanno gestito le energie e il piazzamento fino al traguardo, dove la Mollaret è giunta dopo 1h28’24”, staccando di 2’36” Giulia Murada e di 3’45” una stremata Alba De Silvestro. Dietro le due francesi Celia Perillat Pessey ed Emily Harrop, quindi la svizzera Caroline Ulrrich e la valtellinese Giulia Compagnoni. Per quanto riguarda i piazzamenti delle altre azzurre Mara Martini è 11ª, Ilaria Veronese 12ª, Lisa Moreschini 17ª e seconda under 23 assoluta, Katia Mascherona 20ª, Samantha Bertolina 26ª, Silvia Berra 27ª.

Sprint
Prologo venerdì a Pontedilegno con le sprint. In finale gli svizzeri Lietha e Arnold hanno imposto subito un alto ritmo alla gara e hanno chiuso, nell’ordine, primo e secondo, con Nicolò Canclini bravo a inserirsi nella lotta per il podio e a spuntarla al fotofinish sul francese Thibaut Anselmet, con Giovanni Rossi ottimo quinto davanti all’altro transalpino Baptiste Ellmenreich. Usciti ai quarti di finale gli altri due italiani qualificati, Nadir Maguet e Rocco Baldini, entrambi quarti nella propria batteria.

Epilogo a sorpresa, invece, nella gara femminile, che ha perso in semifinale una delle protagoniste più attese, la recente vincitrice della sprint di Val Thorens Emily Harrop, vittima di una caduta. In finale Giulia Murada ha messo in mostra una condizione invidiabile e ha preso il comando delle operazioni, imboccando per prima la discesa che portava in zona arrivo. Il suo vantaggio era netto, ma l’azzurra è stata tradita dall’ultima curva, quando i giochi erano ormai fatti.
La valtellinese ha dovuto rimandare l’appuntamento con la prima affermazione da senior in Coppa del Mondo, centrata invece dalla francese Célia Perillat-Pessey, affiancata sul podio dalla slovacca Marianna Jagercikova e dalla compagna di squadra Lena Bonnel. Quarta la tedesca Tatjana Paller, con Murada quinta e la svizzera Caroline Ulrich sesta.
Fuori in semifinale Mara Martini e Ilaria Veronese, quarta e sesta nella loro batteria, mentre la trentina di Pejo Lisa Moreschini (decima in qualifica), Alba De Silvestro, Samantha Bertolina, Silvia Berra e Giulia Compagnoni sono uscite ai quarti di finale.


Azione di richiamo per gli airbag Litric di Ortovox

Ortovox segnala che è stata riscontrato un problema tecnico che in rari casi potrebbe compromettere il gonfiaggio dei palloni dei nuovi airbag elettrici LITRIC e ha sottoposto il nuovo prodotto a un'azione di richiamo. Riportiamo di seguito il comunicato ufficiale dell'azienda.

 

Circa quattro anni fa, i marchi Ortovox e Arc’teryx hanno unito le proprie forze con l'obiettivo di sviluppare un sistema elettronico di airbag da valanga che definisse un nuovo standard. Il risultato è stato il sistema LiTRIC. 

Ora i team hanno riscontrato un problema tecnico: in rari casi, questo problema potrebbe compromettere l'unità di gonfiaggio dell'airbag, riducendo così la protezione. Il sistema LiTRIC in sé non presenta alcun pericolo. 

Per questo motivo, ORTOVOX ha deciso di richiamare volontariamente tutti i modelli ORTOVOX AVABAG LiTRIC (AVABAG LiTRIC TOUR, AVABAG LiTRIC FREERIDE, AVABAG LiTRIC ZERO), compresi i modelli zip-on.* 

Il nostro processo di sviluppo include test rigorosi che non solo soddisfano gli standard del settore, ma spesso li superano se tecnicamente possibile. Lavorando a stretto contatto con i team di sviluppo, ci prenderemo tutto il tempo necessario per garantire che la tecnologia LiTRICTM soddisfi gli elevati standard di qualità e performance per cui sono noti Arc'teryx e ORTOVOX. Entrambi i marchi interrompono quindi le vendite di tutti i prodotti con tecnologia LiTRICTM per la stagione 22/23 e puntano a riprendere le vendite per la stagione 23/24. 

I modelli Avabag LiTRIC acquistati presso un rivenditore specializzato possono essere restituiti direttamente in loco. I/le clienti che hanno acquistato Avabag LiTRIC tramite l'online shop di ORTOVOX verranno contattati direttamente.
Tutte le informazioni sul richiamo volontario e sulla restituzione dei prodotti sono consultabili sul sito web di ORTOVOX a questo link. È possibile contattare il team di assistenza ORTOVOX tramite il portale di assistenza (oggetto: richiamo volontario LiTRIC). 


ISMF Youth World Cup per la prima volta in VDA

La Valle del Gran San Bernardo ospiterà una prova individuale e una vertical race di sci alpinismo

Nella Valle del Gran San Bernardo, a pochi chilometri da Saint-Rhémy-en-Bosses, nella stazione di sci di Crevacol, sabato 11 e domenica 12 febbraio 2023 si svolgeranno due prove di scialpinismo che assegneranno il punteggio per la Coppa del Mondo Giovani.
 La prova che aprirà il fine settimana dedicato allo scialpinismo internazionale sarà l’Individual Race, mentre domenica, andrà in scena la prova Vertical. 
Le categorie che gareggeranno per la Coppa del Mondo giovani saranno U18 e U20, in contemporanea sarà organizzata la gara FISI di Sci Alpinismo anche per le categorie U12 - U14 - U16.


L’evento internazionale è organizzato dallo Sci Club Gran San Bernardo con il supporto dei Comuni della Valle del Gran San Bernardo e dell’amministrazione Regionale della Valle d’Aosta.
 Per le iscrizioni alla ISMF YOUTH  WORLD CUP SKI MOUNTAINEERING” le categorie U18 – U20 gli atleti dovranno passare tramite le propria Federazione nazionale e dovranno essere in possesso della licenza B della ISMF.


Tutte le informazioni si possono trovare sul sito web www.paysdusaintbernard.it cliccando sul pulsante ISMF