Conquista le tue curve

«Cercava di nevicare ieri sera quando sono arrivato e c’è ancora qualche fiocco nell’aria quando arriviamo a un parcheggio alla fine della strada, accanto a una grande mappa. Sono disegnate alcune discese e tracce di salite, tutte numerate e con colori diversi in funzione della difficoltà. Giusto il tempo di preparare la nostra attrezzatura ed eccoci pellare nel bosco mentre Brian Hall inizia a raccontarci la storia degli ultimi dieci anni di questo sogno diventato realtà». Inizia così l'articolo di Mattias Fredriksson pubblicato sul numero 115 di Skialper, di dicembre-gennaio (clicca qui per riceverlo a casa), a proposito di Hankin Evelyn, una località canadese interamente dedicata allo scialpinismo. Uno straordinario reportage di 12 pagine con la freerider Silvia Moser protagonista in alcune foto.

Fuoripista nei dintorni di Smithers, il paese più vicino ad Hankin Evelyn ©Mattias Fredriksson

DA SOGNO A REALTÀ - Dopo avere messo gli occhi su questa area intorno al 2006, la valutazione di impatto ambientale ed essersi assicurato un finanziamento pubblico dal governo della British Columbia, Brian Hall ha impiegato i lavoratori forestali nella costruzione di alcuni chalet-rifugio con stufe a legna e gabinetti esterni e nella creazione di 13 piste di discesa nel fitto bosco. Proprio le foreste impenetrabili di questa parte di British Columbia sono uno dei problemi principali per chi vuole affrontare una gita scialpinistica. Sono stati anche realizzati un piccolo parcheggio, la segnaletica e un centro permanente di controllo del funzionamento degli artva. Così ogni anno circa 4.000 skialper vengono a divertisri da queste parti.

Una delle baite lungo le 'piste' di Hankin Evelyn ©Mattias Fredriksson

SOLO SKIALP - La visione della crescita dello scialpinismo di Brian Hall è ancora in parte un sogno e ci sono poche località nel Nord America che si propongono come destinazioni specifiche per lo scialpinismo. Valemount, che si trova sempre nella British Columbia, è un resort pensato qualche anno fa ma, con sole quattro piste e un accesso via motoslitta, non è mai decollato veramente. Un vecchio comprensorio sciistico nella Hidden Valley, in Colorado, propone itinerari sulle piste non più battute. Ci sono alcuni posti simili sulla East Cost, nel Vermont, oppure nello stato di Washington, come Scottish Lakes High Camp, con itinerari segnalati e un lodge. Però nessuna di queste località si è guadagnata la fama di Hankin Evelyn, forse perché si trovano in zone dove lo scialpinismo selvaggio è meno complicato della parte settentrionale della British Columbia. Su Skialper 115 abbiamo anche affrontato la situazione di progetti e destinazioni simili in Europa, a partire da La Sportiva Outdoor Paradise.

Brian Hall ©Mattias Fredriksson
Silvia Moser in azione tra i boschi di Hankin Evelyn ©Mattias Fredriksson

Abruzzo, scene da un inverno mai visto

Quasi un anno fa. Manca giusto qualche giorno. Sul Centro Italia e in particolare sull’Abruzzo si abbatteva la tempesta del secolo. Quattordici giorni di nevicate intense, fino a quattro metri di neve in collina, discese epiche irraggiungibili per le strade bloccate, centinaia di paesi isolati.

metri di neve e sci larghi ©Luca Parisse/Risk4sport

REPORTAGE - «Per uno sciatore che ama la powder, quella neve fresca che ti avvolge e ti fa sentire leggero, non c’è niente di peggio di non riuscire a sfruttarla perché troppo difficile da raggiungere. È questo quello che è successo. La quantità di neve scesa è stata tale da non consentire alle stazioni sciistiche di aprire, soprattutto per problemi legati alla viabilità». Scrive così Luca Parisse nell’articolo Abruzzo, scene da un inverno mai visto pubblicato sul numero 115 di Skialper, di dicembre-gennaio (clicca qui per riceverlo a casa). Più che un articolo, un reportage su quei giorni terribili e formidabili allo stesso tempo che si sono chiusi con la tragedia dell’hotel Rigopiano. Un racconto in parole e immagini per rivivere quei giorni su due piani ben distinti: quello di un gruppo di sciatori pronti a esplorare con gli sci larghi i pendii della Maiella e del Gran Sasso; e quello dei disagi e della sofferenza di chi è rimasto isolato dal mondo.

Isolati ©Luca Parisse/Risk4sport

MAJELLA - «Agguerriti e motivati partiamo; ognuno di noi prende gli sci più larghi che ha e ci ritroviamo a sciare con oltre dieci gradi sotto zero e una neve polverosissima.
La visibilità è scarsa, ma come per incanto dopo un’ora la nebbia e il nevischio spariscono e spunta un fantastico cielo azzurro. Ci troviamo a Mammarosa, sulla Majella, dove c’è un solo piccolo impianto; il pendio, non molto ripido, non ci appaga del tutto e decidiamo quindi di spostarci. A noi piace andare forte, ma la troppa neve frena la nostra discese!».

Alaska o Abruzzo? ©Luca Parisse/Risk4sport

DROP - «Rob, che è sempre bendisposto a nuove esperienze, nota un drop con atterraggio su un tetto colmo di neve nei pressi del parcheggio e, senza pensarci due volte, è già lì sopra che rotola. Scatto super!».

Il drop ©Luca Parisse/@Risk4sport

IL GIOCO BELLO DURA POCO - Non è facile trovare le condizioni giuste in Appennino. Bisogna sapere cogliere l’attimo. E lo sa bene Pierluigi Parisse, classe 1956, che sul Gran Sasso è una leggenda vivente. Nel 1982 ha aperto la prima discesa della Direttissima del Corno Grande insieme a Luciano Tedeschini. Il reportage sull’Abruzzo è stato l’occasione per parlare con il lupo (così lo chiamano gli amici). «La mia regione ha una posizione geografica particolare, è vicina al mare Adriatico e risente delle correnti fredde balcaniche che a volte scaricano copiose nevicate. Il problema però è che qui la neve si trasforma troppo facilmente, diventando pesante e molto pericolosa.
Per le belle sciate in powder, come viene chiamata oggi, bisogna ancor di più cogliere l’attimo e poi fuggire prima che il manto nevoso possa tradirti. È tassativo scendere di prima mattina, valutando sempre le condizioni generali».

Centinaia di paesi sono rimasti isolati per settimane ©Luca Parisse/Risk4sport