«Avevo iniziato a scrivere prima del lockdown, esplorando i benefici della solitudine in montagna. E poi la macchina si è fermata. La stazione è diventata silenziosa con la chiusura degli impianti di risalita. La natura sta rivendicando i suoi diritti. La purezza delle forme bianche cede il passo alla pacificazione di un paesaggio blu scuro. Scrivo di nuovo, chiuso tra quattro mura, in piena prigionia. Il cielo è caduto sulle nostre teste in questo resort fantomatico. È una stagione senza tempo che incombe. Il nostro paradiso bianco si sta sciogliendo in un’epidemia di oscurità. Devo ammettere che l’isolamento ha assunto un’altra dimensione, non è più l’idillio che avevo cominciato a descrivere. Avevo pensato che questo periodo mi avrebbe dato ispirazione. Al suo posto, di fronte a me, c’è un grande vuoto. Una pagina, bianca come la neve, e le mie idee che rimbalzano contro i muri».
A scrivere è Maxence Gallot che ha vissuto il lockdown chiuso in un monolocale di 26 metri quadrati nella località sciistica di La Plagne. Così quella reclusione forzata si è trasformata in una riflessione sul nostro mondo, sul modo di vedere lo sci e su come potrà cambiare. Su Skialper 132 di ottobre-novembre pubblichiamo il suo diario dal lockdown, tra delusioni e speranze. «Il mio modo di guardare alla montagna è cambiato. Non ho più fretta di partire alle 9 in punto per prendere la prima cabina e scivolare a capofitto verso le solite linee. È l’elogio della lentezza» scrive Gallot. «Abbiamo sempre avuto l’impressione di dominare il mondo, eccoci ora molto meno potenti e molto più insignificanti – conclude autore – (…) Non combattere contro il tempo ci aiuterà a girare l’orologio più velocemente, a risolvere il puzzle del vuoto, a trovare i pezzi mancanti di questa umanità che sta girando fuori controllo. E poi, quando avremo bisogno di tornare al ritmo della vita, avremo le chiavi per aprire nuove linee».