Terza al Tor, settima alla TDS
Marina Plavan è salita sul podio del Tor 2015, terza alle spalle della svizzera Zimmermann e di Lisa Borzani. Ma in stagione anche il settimo posto alla TDS. Ecco le impressioni della portacolori della Valetudo.
Da quanti anni fai trail?
«Ho cominciato con la corsa in montagna, saranno cinque, sei anni che faccio trail».
Quali consideri il tuo più grande successo?
«Penso proprio che quest’anno la TDS e il TOR siano state le più belle gare fatte in assoluto».
Come ti alleni?
«In periodi normali, mi alleno tre volte a settimana, lunedì, mercoledì e venerdì, poi faccio spesso una gara la domenica: spesso mi servono da allenamento per le prive a cui sono maggiormente interessata».
Cosa mangi prima, durante e dopo le gare?
«Prima e dopo mangio normalmente, non seguo nessuna dieta, sto attenta a non bere latte prima della gara o a mangiare troppo condito, durante la gara riesco con fatica a mangiare, quindi quasi sempre bevo molto, passo dai sali alla coca cola o anche solo acqua, ma in quantità veramente grandi, anche se ovvio, dipende dalla lunghezza della gara».
Che altri sport fai?
«Qualche uscita con la bicicletta, o con gli sci, tanta montagna, anche solo per camminare».
Sei molto legata alle montagne della tua regione? Perché?
«Sono innamorata soprattutto della Valle d’Aosta, ma le uscite in allenamento le faccio quasi sempre vicino casa, in Piemonte, abito in collina, uscita dalla porta di casa riesco a raggiungere dei dislivelli anche importanti anche senza dovermi spostare con la macchina».
Risiedi in Piemonte e corri per la Valetudo che è lombarda..
«Ho conosciuto la Valetudo praticamente quando ho cominciato a correre i trail e le sky race, ho conosciuto Giorgio Pesenti, il presidente, una persona eccezionale e da allora indosso la maglietta con il simbolo dell’aquila, non mi sono mai posta il problema che fosse una società di un’altra regione, io con loro mi sento a casa».
Come fai a conciliare la famiglia, il lavoro, il trail?
«Ho un lavoro abbastanza impegnativo, lavoro in banca, ho due figlie ormai grandi di 22 e 24 anni, ma io iniziato a correre quando loro erano bambine e così anche loro hanno cominciato a correre, a volte gli allenamenti li facciamo assieme, anche se logicamente loro non si spingono sulle distanze in cui invece gareggio io, a volte l’allenamento è un liberare la mente dal mio lavoro e dai problemi di tutti i giorni».
Ti sei mai infortunata?
«Penso di aver avuto due infortuni nei 12 anni che corro: una bella tallonite che mi ha fatto sudare sette camicie un paio di anni fa e uno strappo alla schiena a dicembre scorso, che mi ha tenuta lontana dalle gare per due mesi e forse mi ha fatto riposare, quel benedetto riposo che a volte non ci si prende mai».
Hai fatto la TDS e dopo poco il Tor: come fai a reggere la fatica?
«Lo scorso anno avevo fatto la CCC e dopo poco il Tor, quest’anno visto che c’era più distanza tra le due gare, ho scelto di fare la TDS, molto più tecnica, ma molto più confacente alle mie caratteristiche, con la quale ho saggiato le mie gambe e la mia testa ed è stata la carica per il Tor. La TDS non mi ha lasciato ‘scorie’, già il giorno successivo me la sentivo di andare in montagna, il Tor invece mi ha lasciato una piccola infiammazione al tendine di Achille destro, dovuta allo sfregamento delle scarpe».
Hai un punteggio ITRA più altro sulle gare Ultra Media (42/69): perché hai scelto una gara iper come il Tor?
«Perché io il Tor lo vedo come un bel sogno, più che una gara, una malattia, fatto una volta ti conquista».
Quanti Tor hai fatto e perché?
«Alla terza volta che provavo l’iscrizione sono riuscita ad essere ammessa, l’ho fatto lo scorso anno e in questa edizione».
Tor tra escursionismo e trail running: cosa ne dici?
«Ho sentito dire da qualcuno che è una passeggiata in montagna, io non la penso in questo modo, al Tor bisogna arrivare preparati e consapevoli che sono 330 km con 24.000 metri di dislivello e quest’anno il meteo avverso ha dimostrato la durezza del percorso».
Cosa hai provato quando la gara è stata definitivamente fermata?
«Un gran senso di vuoto, ho sognato per otto mesi di fare il fatidico Malatrà, come lo scorso anno, di arrivare a Courmayeur con le mie ragazze che mi aspettavano e che mi avevano fatto assistenza lungo il percorso nelle basi vita, ma dopo le sei ore ferma ad Ollomont, forse il freddo, la neve, la pioggia mi era talmente penetrato nelle ossa che quasi quasi è stato un sollievo, anche se ci tenevo tantissimo a fare le mie fatidiche ‘sotto le 100 ore’, a cui quest’anno puntavo».
Come giudichi l’organizzazione del Tor?
«Ho sentito tantissime polemiche….io la penso in questo modo: il Tor è il Tor!».
Secondo te ci dovrebbero essere dei criteri di ammissione?
«Non guasterebbe avere il punteggio necessario come nelle gare dell’UTMB, tutti sarebbero più consapevoli a cosa vanno incontro».
Un suggerimento agli organizzatori?
«Nessuno, io di solito sono consapevole a cosa vado incontro, basta che le regole siano chiare, quest’anno niente accompagnatori e penso che così sia stato….da parte mia nessuna polemica, il Tor è un viaggio con te stessa più che con gli altri».
Come scegli le gare a cui partecipare? Hai mai fatto UTMB?
«Solitamente a inizio stagione mi pongo obiettivi precisi, quelle due o tre gare su cui puntare e le altre sono di contorno per vedere le mie condizioni. Non ho mai fatto l’UTMB, conosco molto bene il percorso e ad essere sincera preferisco un percorso più tecnico come la TDS, prima o poi sarà da provare».
Per quanti anni hai ancora intenzione di gareggiare ad alti livelli?
«Non sono più una giovincella, dunque tutto quello che viene mi sta bene, fintanto che la cosa mi diverte ce la metterò tutta, quando sarà un sacrificio non so se smetterò ma senz’altro i miei obiettivi saranno altri».
Che consigli daresti ad un giovane trailer emergente?
«A una persona di 20 anni non consiglierei mai di fare il Tor, il consiglio più spassionato è quello di fare le cose per gradi, non come si sente in giro persone che non hanno mai fatto gare corte e si vogliono buttare su distanze eccessive….tutto va fatto passo dopo passo».