Considerazioni sul mondo dei runner a margine di Cavalls del Vent
Durante il lungo viaggio di ritorno da Bagà, dai Pirenei alle colline del Monferrato, tra i tanti momenti vissuti, alcuni in particolare mi sono ritornati in mente più di una volta.
Se da un lato mi ha entusiasmato vedere dal vivo gli atleti in testa alla Cavalls del Vent, in particolare la sfida ravvicinata tra Kilian Jornet e Anton Krupicka nei pressi del Refugi Lluis Estasen, a 20 chilometri dalla conclusione, devo ammettere che ciò che mi ha maggiormente incuriosito è stato altro.
CATAPULTATO NEL PRESENTE – Ore 17:55, da pochi minuti è giunto al traguardo l’americano Anton Krupicka. Come già avvenuto dieci minuti prima con il vincitore Kilian Jornet, una trentina di fotografi l’hanno atteso schierati qualche decina di metri dopo la linea d’arrivo. Oltre le transenne il numeroso pubblico festeggia il momento con molta partecipazione. Per Anton, un’ovazione al pari, se non superiore, di quella che ha omaggiato Kilian dieci minuti prima. I due si complimentano a vicenda e si mostrano ai fotografi per immortalare l’ennesimo momento storico dell’ultra running. Anton si concede alle interviste dei giornalisti e immediatamente dopo la sua attenzione è tutta per il pubblico presente. Sfila lungo le transenne che portano all’arco d’arrivo stringendo mani, fermandosi per le fotografie e firmando autografi. Tra le migliaia di persone presenti, molti ragazzini letteralmente in delirio per il loro idolo.
INTERNET E IDOLI – All’improvviso, come catapultato in un altro sport o nel futuro, mi accorgo che l’ammiratore usuale si è trasformato in fan, l’esperto di montagna che sbircia, rispettoso e forse timoroso, in un giovane ragazzo che conosce tutto di questo ambiente grazie a internet e ai social network. Anton non può che essere un idolo per la futura generazione dei trail runners. A 29 anni, è un campione, ha saputo rompere alcuni schemi correndo quasi sempre a petto nudo, ha fatto della corsa un vero e proprio stile di vita e, cosa fondamentale, sa comunicare molto bene nell’era di internet.
Mezz’ora dopo giunge al traguardo un altro americano, si chiama Dakota Jones, ha 22 anni e dopo la sua vittoria a maggio, sempre in Spagna, alla Tranvulcania, si porta con se lo slogan ‘Dakota for President’. Anche per lui, stesso copione e stesso entusiasmo.
AUTOGRAFI – Ho il telefonino scarico e la macchina fotografica mi ha abbandonato nel pomeriggio, danneggiata dalla pioggia. Mi reco in albergo per ricaricarlo il giusto indispensabile per scattare le fotografie alle prime donne. L’albergo si chiama Ca l’Amagat ed è lo stesso che ospita tutti gli atleti internazionali presenti per l’occasione. Il tempo di percorrere poche centinaia di metri e, inaspettatamente, rivivo nuovamente le stesse identiche scene di prima. Davanti all’entrata un gruppo di persone, tra cui molti ragazzini, attendono l’arrivo o l’uscita di qualche atleta. La speranza è la solita, una fotografia, un autografo e una stretta di mano. Realizzo adesso che non sono stato catapultato in un altro sport o nel futuro ma che sto semplicemente vivendo il presente dell’ultra running. Mi rendo conto che è nata una vera e propria Tribù del Trail.
LE ORIGINI DELLA TRIBÙ – Correva l’anno 2010. Kilian Jornet, spagnolo di 23 anni, dopo innumerevoli successi su tutte le distanze possibili e immaginabili, s’inventa quale ponte d’unione tra il mondo europeo e quello americano. La recente storia dell’ultra running non aveva ancora permesso un vero confronto tra le due scuole. Da un lato, gli americani che avevano quasi sempre fallito alla loro unica presenza nelle gare europee, l’UTMB®, dall’altro pochi atleti europei che avevano osato sfidare i maestri delle 100 miglia. Kilian a fine giugno si presenta alla partenza della gara simbolo, la famosa Western States. Con Geoff Roes, poi vincitore, e lo stesso Anton Krupicka dà origine a una sfida memorabile. Arriva terzo, agli occhi di noi europei contribuisce a dare ulteriore credibilità al valore degli specialisti americani e, cosa più importante, dà il via a una nuova epoca dell’ultra running. Segue un anno in cui aumentano le apparizioni DI atleti stranieri in America. Nel 2011, Kilian Jornet con la Western States, Julien Chorier con la Hard Rock e Ryan Sandes con la Leadville, si portano a casa le vittorie nelle tre più importanti 100 miglia. Sul versante opposto, invece, gLi atleti americani non vanno oltre l’undicesimo posto di Michael Foote, sempre all’UTMB®. Oltre ai momenti prettamente agonistici, si intensificano i rapporti tra gli atleti, in primis tra Kilian Jornet e Anton Krupicka, ma non solo.
LA GARA DEL SECOLO – A maggio del 2012, l’interazione tra i principali protagonisti dell’ultra running prende una nuova strada. La ISF (International Skyrunning Federation), li riunisce in Spagna tutti insieme per un’intera settimana. Questo avviene in concomitanza di una gara, la Transvulcania, poi definita come ‘la gara del secolo’ proprio per questo motivo. Tra i circa 30 atleti invitati, si presenta anche Anton Krupicka che però non potrà disputare la competizione perché reduce da un infortunio. Segno che c’è comunque voglia di contribuire al nuovo corso dell’ultra running.
UNA TRIBÙ SENZA DIMORA – A Bagà, in occasione del Cavalls del Vent, si è assistito a un ulteriore sviluppo di questo divenire. Stessa formula con una competizione importante da disputare e moti momenti da condividere insieme, con l’hotel Ca l’Amagat quale centro di unione del tutto. Segno della lungimiranza di chi ha creduto prima di qualsiasi cosa nell’importanza dell’aggregazione, ovvero Lauri Van Houten. E’ in questo luogo che durante la settimana della gara gli atleti vivono a stretto contatto tra di loro. Una nuova casa per la Tribù del Trail che ormai incomincia a definirsi sempre meglio. Kilian Jornet, 25 anni, Anton Krupicka, 29 anni, Dakota Jones, 22 anni, Philipp Reiter, 21 anni, Joe Grant, 29 anni, Anna Frost 31 anni ed Emilie Forsberg, 26 anni, ne sono solo alcuni dei principali protagonisti. Ragazzi di talento che hanno plasmato la loro vita in funzione della loro passione.
WEB TRIBÙ – Si incontrano alle gare, saltuariamente in altri periodi, ma che restano in continuo contatto tra di loro grazie al web. Uno diverso dall’altro, ciascuno con la sua personalità, segno che la Tribù del Trail non ha bisogno di uno stereotipo ma di esprimere unicamente l’essere individuale. C’è chi gira sempre scalzo e trasandato chi presta più attenzione al look, chi corre senza maglietta e chi con i bastoni e lo zaino. Sono accomunati dalla passione, dalla voglia di confronto, dall’aver accettato di vivere praticamente senza una fissa dimora e, quando non corrono, dall’avere il pc sempre acceso e connesso in rete. A immortalare le loro idee e trasmettere il loro verbo, molti fotografi e giornalisti. Alcuni ormai parte integrante della Tribù come l’inglese Ian Corles, omnipresente sia nelle fasi di gara che in quelle di svago. Anche per lui, non esiste ormai più fissa dimora. Non intervista nessuno della Tribù del Trail, conosce ormai ogni suo componente e si limita a confrontarsi con loro. Gli occhi dei ragazzi si identificano ormai perfettamente con i suoi scatti. A Ca l’Almat erano presenti anche due atleti come Miguel Heras, di 37 anni, e Tofol Castaner, di 40 anni. Ancora fortissimi, ma di un’altra generazione, quella ancora cresciuta ai giardinetti e non davanti alla Play-Station o su internet. Il loro ritiro in gara, quasi a testimonianza di un passaggio di consegne. Durante la cena del sabato sera, Marino Giacometti, presidente della ISF, mi confida che dopo più di 20 anni di attività, tutto questo gli piace molto e gli dà nuovi stimoli. La Tribù del Trail ha ormai contagiato tutti.