Presentato il Millet Tour du Rutor Extrême

Nella suggestiva cornice di Skyway Monte Bianco a Courmayeur, il comitato organizzatore e diverse autorità locali hanno presentato ai media la ventesima edizione del Millet Tour du Rutor Extrême. Al tavolo dei relatori il direttore tecnico e guida alpina Marco Camandona, Renzo Testolin Presidente della Regione Valle d’Aosta, Albert Chatrian Assessore Regionale all’ambiente, risorse naturali -  corpo forestale e i sindaci dei comuni toccati dalla gara Mauro Lucianaz (Arvier), Riccardo Moret (Valgrisenche) e Barbara Frigo (vice sindaco de La Thuile). In programma dal 26 al 29 marzo, sulle montagne di La Thuile, Arvier, Valgrisenche, la 20ª edizione della super classica valdostana tornerà alle origini ricalcando in parte, nella tappa d’esordio, la prima edizione del 1933 andata in scena sul ghiacciaio del Rutor, versante de La Thuile. Tappa italiana di La Grande Course, il circuito delle competizioni più prestigiose di tutto l’arco alpino e della cordigliera pirenaica, il TDR vedrà ai nastri di partenza 600 atleti da 18 differenti nazioni.

4 GIORNI DI GARE EXTRÊME DI NOME E DI FATTO
La ventesima edizione andrà in scena su quattro tappe con in totale 9.500 metri di dislivello positivo, 105 km di fuoripista, 60 km di salita, 45 km di discesa, 6 km di creste aeree. Durante ogni giornata gli atleti saliranno oltre i 3000 metri di quota. Solo due e non tre, i giorni di gara per le categorie Junior e Cadetti che si disputeranno nei giorni 28 e 29 marzo.

PRONOSTICI INCERTI
A giocarsi il successo in questa storica ventesima edizione saranno gli azzurri del Cs Esercito Matteo Eydallin – Nadir Maguet  con i vincitori di Pierra Menta Didier Blanc – Valentine Favre. Attenzione anche al binomio austro italiano composto da Jakob Herrmann - William Boffelli. Ruolo di outsider per l’esperto Filippo Beccari che, per l’occasione, correrà al fianco Al talentuoso atleta di casa Henri Aymonod. A caccia di un posto nella top five anche gli altoatesini Alex Oberbacher – Martin Stofner.  Sempre protagonisti anche i ragazzi di casa Stefano Stradelli – Francois Cazzanelli. Nella gara in rosa sfida Svezia – Italia con Fanny Borgstrom – Emelie Forsberg che se la dovranno vedere con Elena Nicolini – Martina Valmassoi.  In lizza per un posto sul podio anche le francesi Valentine Fabre – Ilona Chavailaz e le spagnole Marta Riba – Nahai Quincoces.

SFIDA NELLA SFIDA NELLA TAPPA DELLE ORIGINI
I big in gara avranno pane per i loro denti grazie al super premio Trofeo Tappa di La Thuile Eaux Valdotaines da 2.000 euro per la prima coppia maschile e femminile che si aggiudicherà la tappa inaugurale (questo riconoscimento andrà ad aggiungersi al ricco montepremi finale e sarà assegnato solo in caso di completamento delle quattro tappe previste).


Enrico Engry Dellarole: freetouring è freedom

Alagna non a torto è sempre stata una delle mete preferite dagli skibum di mezzo mondo. Proprio in seno a questa realtà è germogliata la voglia di vivere sciando di Enrico. Italianissimo, lontano dai riflettori ha orientato la sua vita al piacere che gli restituisce sciare tra la Norvegia e Alagna o dove è nevicato di più! Non è stato semplice convincerlo a raccontarci della sua idea di sci, perché non si sente di fare nulla di speciale. Leggenda vuole che gli amici lo chiamino Engry, perché sta sempre incazzato. Lui nega e in effetti il tono è calmo e pacato. Una copertura?

«Non è assolutamente vero! È tutta colpa di una mia amica! (ride, ndr). Mi ha spiazzato che mi abbiate cercato per farvi raccontare la mia idea di sci! Scio, mi piace la bella neve. Se ci pensi, nulla di speciale. Non sono un ragazzo di montagna, sono nato a Saronno nel 1984 e mi sono avvicinato alla montagna come molti verso i 10 anni: passeggiate con mio padre, qualche 4.000 verso i 14 anni. Ho studiato agraria, mi sono appassionato all’apicoltura e ho iniziato a trascorrere sempre più tempo in montagna per seguire questa passione presso la casa dei miei nonni a Riva Valdobbia. Ho iniziato a sciare ad Alagna, autodidatta. Poi, le pelli. Non mi piace la confusione e tutt’oggi Alagna rimane uno dei pochi posti dove se vuoi poi ridurre i dislivelli con gli impianti e poi, pellando qualche ora, ritrovarti da solo. Anche il territorio circostante è perfetto per lo skialp, giro sempre con le pelli. Mi sono innamorato definitivamente del Rosa quando una primavera a Macugnaga ho visto il Marinelli: ho iniziato a sognare di salirlo e scenderlo. Volevo vivere sciando e tra il 2001 e il 2009 ho vissuto ad Alagna lavorando nei ristoranti la sera, proprio come facevano gli skibum del Nord. Anche il sabato lavoravo, ma spesso ero in ritardo, perché se c’era bella neve andavo a sciare. C’è un gruppo di amici ad Alagna, con cui scio: Håkon, Alex theblacksheep, Becky&Andy. Da quattro anni mi trasferisco in Norvegia intorno ad aprile, per godermi lo sci e prolungare la stagione: mi sono innamorato di quella sensazione di libertà che regala in particolare il Nord di quel Paese. Mi piace sciare in bella neve e ti dirò che mi sono reso conto che ormai arrivare in cima a una montagna non è più così fondamentale: per esempio oggi sono in Francia, ci sono buone condizioni e abbiamo pellato solo per raggiungere un pendio che vedevo davanti a me da quattro giorni… senza nessuna cima, solo per sciare lì.

Se mi chiedi il momento in cui ho iniziato a pensare allo sci lontano dalle piste, lo posso ricondurre a un episodio specifico: avevo appena finito di salire una cascata di ghiaccio con amici, vicino al comprensorio di Bosco Gurin, tra Ossola e Val Bedretto. Stavamo scendendo a piedi nel bosco, una pena infame con la neve fino alla vita, quando una coppia di scandinavi ci sfrecciò accanto con gli sci. Noi eravamo stravolti, loro avevano il sorriso: non mi serviva di più».

QUESTO RITRATTO, INSIEME AD ALTRI DI SCIATORI 'LIBERI', È STATO PUBBLICATO SU SKIALPER 127

© Luigi Dellarole/HIghland Production

Monterosa Skialp confermata

Gara confermata, sabato si corre la Monterosa Skialp. Parterre di livello e iscrizioni in costante crescita, deadline per accaparrarsi un pettorale venerdì alle 18. Nelle ultime ore sono arrivate le adesioni di Michele Boscacci – Davide Magnini e Alba De Silvestro – Giulia Murada. Le due fortissime equipe del CS Esercito di Courmayeur vanno ad impreziosire una starting list nella quale spicca anche l’inedita coppia composta dal valdostano Nadir Maguet e dall’austriaco vincitore della Mountain Attack  Jakob Herrmann.

Menzione d’obbligo anche per  William Boffelli – Alex Oberbacher e per i trentini Federico Nicolini – Patrick Facchini. Ad insediare le favorite nella sfida in rosa ci penserà invece il binomio piemontese composto dalla campionessa di vertical Ilaria Veronese e da Katia Tomatis. I tempi da battere? Al maschile 2h38’03” siglato nel 2016 da Matteo Eydallin – Damiano Lenzi.  Al femminile le più forti sinora su questo percorso sono invece state Bianca Balzarini e Raffaella Rossi che, sempre nel 2016, sono state capaci di tagliare il traguardo in 3h30’00

PROGRAMMA
Termine ultimo per iscriversi le 18 di venerdì. La scaletta è quella annunciata con briefing tecnico alle 17 di sabato presso il salone polivalente di Monterosa Terme ad Ayas (frazione Champoluc, piazzale Ramey), un’ora più tardi sarà dato il via alla gara. Se per le 20.40 è previsto l’arrivo della prima squadra, la serata si concluderà sempre presso il salone polivalente con cena e premiazioni.

IL PERCORSO
La Monterosa Skialp è gara nervosa, muscolare e decisamente bella.  Nelle valli dei Walser, al cospetto dei 4000, ha uno sviluppo di 28km con 2800 metri di salita, 14 cambi d’assetto e un tratto a piedi da superare con sci nello zaino. Sede di partenza e arrivo, quest’anno, sarà Champoluc, il suggestivo borgo della valle d’Ayas. Ma per potersi fregiare del titolo di finisher, i concorrenti dovranno raggiungere Gressoney-La-Trinité testando braccia e resistenza su temibili salite quali Belvedere, MonRoss, Bettaforca, Colle Betta e Lago Ciarcerio.

© Stefano Jeantet

Ilaria Veronese, dalla bici alla Pierra Menta

Con la vittoria dello scorso fine settimana alla Transcavallo in coppia con Alba De Silvestro, Ilaria Veronese ha rotto il ghiaccio anche con le gare a tappe. Una conferma in più per un’atleta che è alla quarta stagione agonistica con sci e pelli e ha scalato velocemente le tappe del successo, aprendo le porte della nazionale, dove è stabilmente tra le migliori di Coppa del Mondo (in stagione due quarti posti nelle vertical, un quarto, un sesto e un settimo nelle individual) ma togliendosi anche qualche altra bella soddisfazione come il secondo posto con Giulia Murada e Marta Martini al Mezzalama 2019 o il titolo italiano vertical conquistato a dicembre e quello individual dell’anno scorso. Ora che è passata Senior l’atleta di Coazze, in Piemonte, non può più nascondersi… Una storia diversa la sua perché in Val Sangone, dove risiede, non c’è uno sci club che segue anche l’attività agonistica nello skialp e lei a sci e pelli ci è approdata un po’ per caso.

«Arrivo dal ciclismo e per la verità sarei ancora iscritta in una squadra agonistica, anche se ormai il mio sport di riferimento è diventato lo skialp - dice Ilaria -. Tre anni fa, dopo un paio di cadute sulle strade ghiacciate, mio padre mi ha buttato lì l’idea di provare ad allenarmi con gli sci da alpinismo. Mi è subito piaciuto, così ho partecipato anche alle prime gare. Sapevo sciare in pista, ma non mettevo gli sci da anni e soprattutto non avevo mai provato il fuoripista, ecco perché all’inizio mi sono subito trovata bene nel vertical, mentre nelle gare tradizionali in ambiente devo ancora fare un po’ di esperienza».

© Maurizio Torri

Ilaria è tesserata per il Tre Rifugi di Mondovì. «A una delle prime gare ho conosciuto Katia Tomatis e mi sono subito trovata bene, così, un po’ per correre insieme la staffetta agli assoluti, un po’ perché nella società per la quale ero tesserata, il Val Sangone, avevano qualche difficoltà a farmi avere l’affiliazione per lo scialpinismo, sono passata al Tre Rifugi». Da quelle prime gare di neve ne è caduta e Ilaria è pronta ad affrontare la prossima Pierra Menta in coppia con Alba De Silvestro, come alla Transcavallo. «L’idea della Pierra è nata prima della Transcavallo e così per testarci abbiamo deciso di fare anche la gara a tappe veneta, da Alba ho molto da imparare, per me potere gareggiare con lei è davvero una bella opportunità» dice con umiltà questa studentessa al primo anno della laurea magistrale in matematica.

Già la matematica che ha plasmato la sua testa e il suo carattere. «Effettivamente non ci avevo pensato ma i miei studi mi hanno insegnato due cose: che ci sono dei passaggi da seguire, non puoi fare certe equazioni se non conosci le operazioni e così nello scialpinismo ci sono vari step nella maturazione agonistica. Allo stesso tempo però mi rendo conto che sono abituata a programmarmi, difficilmente quando esco ad allenarmi non ho deciso che cosa farò». Dunque, dalle due ruote alle pelli. E ora la stagione invernale è diventata quella principale. «Sì, prima mi allenavo in inverno per l’estate, ora l’estate serve per non perdere la condizione, anche se dalla fine della scorsa stagione sono entrata nel team Scarpa (la marca di scarponi che utilizza anche per sciare) e in inverno spesso mi tocca allenarmi correndo perché dalle mie parti negli ultimi due inverni di neve se n’è vista poca». Con le scarpe da running soprattutto vertical, con la vittoria nella gara only-up di Courmayeur a inizio agosto. Ilaria usa anche sci Ski Trab e abbigliamento Montura e dalla fine della scorsa stagione estiva è entrata nel parco degli atleti Julbo. Il marchio francese ha investito su di lei, come su Mara Martini, e su altri atleti del mondo dello scialpinismo, alla ricerca di quella freschezza dello skialp di oggi e soprattutto di domani.

«Prima in inverno usavo la maschera, ora, da quando ho scoperto i Julbo Aerolite, occhiali leggerissimi, senza montatura attorno alla lente, pensati per i visi piccoli ma molto avvolgenti, la maschera la uso solo con nebbia e visibilità davvero pessima… e poi mi trovo bene con i Julbo Aerolite perché non si appannano mai!».

E i prossimi programmi agonistici? Pierra Menta a parte, Adamello ancora con un punto di domanda… rimangono le gare in pista. «Le farò entrambe, sia la Monterosa Skialp che la Sellaronda». Sulle Dolomiti sarò in coppia con Victoria Kreuzer. Che il nome della compagna sia un presagio?

© Maurizio Torri

Ski local

«Domodossola è una base di partenza perfetta per interpretare lo scialpinismo a chilometri zero. Dalla stazione internazionale ferroviaria si possono affrontare oltre una decina di itinerari logici, evitando strade trafficate, dove esaltare le potenzialità della bicicletta per riscoprire le stesse montagne da nuovi versanti e linee. Dal Moncucco, il più accessibile a soli sei chilometri in linea d’aria, alla Weissmies, il quattromila ben visibile dalla stazione stessa, ci si può sbizzarrire, mappa alla mano, a inventare destinazioni e accessi nella totale libertà di spostamento e lontano da resse e gite blasonate. Accessi eterni, versanti abbandonati e incontaminati che hanno tenuto per decenni lontana la massa, possono ora essere considerati, riponderati nelle misure e tempi abbattendo distanze e tabù. Garantisco che la solita gita, la solita montagna raggiunta decine, centinaia di volte si trasformerà, con la giusta compagnia, in un’esperienza così nuova, così divertente da farti sembrare di aver praticato uno nuovo sport in una valle diversa da quella che conosci». Scrive così Giovanni Pagnoncelli su Skialper 128 di febbraio-marzo a proposito dell'approccio allo skialp local, con avvicinamento in bici o ebike. Il suo è un percorso che è partito da lontano, da una scelta di vita consapevole, dall'alimentazione allo shopping, passando per gli spostamenti, ma non c'è dubbio che lo scialpinismo, a certe condizioni, sia una scelta più sostenibile di altri sport alpini. E un punto d'arrivo.

© Max Draeger

Scrive ancora Giovanni su Skialper di febbraio-marzo: «Il mio passaggio in un decennio da persona standard, che vedeva e mirava limitatamente al proprio presente, a persona informata, che ha preso coscienza e si è sentita responsabile del futuro proprio e degli altri in funzione di scelte, gesti e azioni e ha iniziato un percorso per diventare ogni giorno più virtuosa mi è servito per giustificare un approccio moderno all’attività di scialpinismo, parte ricreativa importante degli ultimi trentadue anni. Lo skialp prende sicuramente più like per le sue regole e modalità poco convenzionali e amiche dell’ambiente. Sta di fatto che solo ognuno di noi sa quale contributo reale alla riduzione di impatto ambientale fornisce e, quindi, quanto è coerente con la vera filosofia green. Se un tempo mi sarei fatto trenta trasferte sopra i quattrocento chilometri e oggi rinuncio a tutte queste, sommandole mi potrei permettere di usare l’auto per trecento uscite vicino a casa. Voglio dire che fa di più, concretamente, la rinuncia a una lunga trasferta a vantaggio di una gita locale, anche se raggiunta in auto, rispetto a trenta chilometri percorsi in bicicletta una tantum se poi abusiamo dell’auto. Per cui ognuno decida come interpretare lo sport che più amiamo, come bandiera per i propri like e per mostrare la propria interpretazione radical-chic, come sfida personale o vetrina su Strava, come un diversivo per vestire di nuovo una gita conosciuta, come completamento radicale di una coerenza etica. I più atletici e tecnologici potranno permettersi di inforcare una mountain bike, intraprendendo un’esperienza by fair means non impossibile, ma roba da veri e pochi eroi. Perché la bici a pedalata assistita, pur con un impatto non trascurabile, sia per la batteria e il suo smaltimento che per l’utilizzo di materie prime o per energia elettrica non rinnovabile utilizzata per ricaricala, è innegabile che sia un uovo di colombo che solo chi ha provato può capire». Queste e altre riflessioni nell'articolo Ski Local, nelle prime pagine del numero in edicola di Skialper.

© Paolo Sartori

A marzo riparte Va' Sentiero lungo il Sentiero Italia, online la campagna per raccogliere i fondi

Si chiama Va’ Sentiero ed è l’iniziativa di sette ragazzi per rilanciare – percorrendolo tutto – il Sentiero Italia. Partito l’anno scorso a maggio da Muggia e terminato a novembre a Visso, nelle Marche, il primo step è già andato in archivio e a marzo è prevista una nuova avventura. I sette ragazzi di Va’ Sentiero lanciano una campagna di crowdfunding per sostenere la loro spedizione lungo il sentiero che con i suoi 6.880 km lungo le alte via d’Italia vanta il titolo di trekking più lungo del mondo. Il cammino di Va’ Sentiero riprenderà il 29 marzo 2020 da Visso e si concluderà il 15 novembre 2020 in Sardegna a Santa Teresa di Gallura.

Obiettivo della campagna di crowdfunding è finanziare le spese di questa seconda tranche, una marcia di 7 mesi e mezzo che percorrerà 3.500 km distribuiti su 10 regioni e scanditi da 180 tappe. Tra le mete in programma Gran Sasso, Majella, Altopiano delle Murge, Costiera Amalfitana, Pollino, Sila, Aspromonte, Etna, Madonie, Riserva dello Zingaro, Gennargentu e Gallura; luoghi meravigliosi e dall'enorme potenziale, purtroppo ancora poco conosciuti, per i quali Va' Sentiero rappresenta un messaggio di riscatto.

Nel dettaglio le spese che saranno finanziate attraverso il crowdfunding:

  • Vitto e alloggio: i primi 15.000 euro copriranno le spese vive della spedizione: 200 pernotti e oltre 600 pasti tra colazioni, pranzi e cena per il team di 7 componenti (guida, fotografa, ufficiale logistico, videomaker, cambusiere, social media manager, driver tuttofare).
  • Il furgone: Santos è il furgone della spedizione che segue tappa dopo tappa i camminatori. Classe 1995, il vecchio Mercedes Sprinter è un insostituibile supporto logistico e, all’occorrenza, anche stazione di lavoro on the road. Acciaccato, per tornare a ruggire ha bisogno di un restyling da 5.000 euro.
  • Gli eventi: anche in questa seconda tranche della spedizione non mancheranno gli eventi pubblici sul territorio, un ricco calendario di incontri e di confronti sui temi della montagna. Con 10.000 euro, sarà possibile promuovere eventi di qualità e grande varietà.
  • L’attrezzatura video-fotografica: per incrementare il lavoro di documentazione dell’esperienza e delle terre alte del centro-sud Italia, sarà necessaria nuova attrezzatura, di qualità professionale. Di preciso, servono due corpi macchina e altrettanti obiettivi, per un totale di circa 5.000 euro.

Chi contribuirà con una donazione avrà dei bellissimi premi: dalle stampe fotografiche alle tazze Va’ Sentiero, dalle nuove T-shirt ai super zaini Ferrino Finisterre Limited Edition Va’ Sentiero.

La campagna di crowdfunding è online fino all’11 marzo sulla piattaforma Ginger.


Pindo, la neve prima dello sci

«È proprio sulla porzione greca del Pindo che cade la nostra scelta dello scorso febbraio. In preda allo sconforto per la totale assenza di neve sul versante italiano delle Alpi, decidiamo ancora una volta di puntare al magico Sud-Est, che per quantità di neve non ci ha mai traditi. È un altro degli stereotipi da sfatare, quello che in Grecia nevichi poco. Non è così, specialmente sul Pindo, che fa da baluardo alle perturbazioni e le trasforma in copiose nevicate. Scegliamo in particolare la regione dell'Epiro, che comprende la Zagoria, il Parco Nazionale delle Gole di Vikos e il Parco Nazionale del Pindo. Raggiungiamo Konitsa, che sarà la nostra base per la prima metà del viaggio. Fa un freddo cane, il vento si infila violento tra i vicoli del paese, mentre sulle vette è bufera. L'atmosfera è strana, certamente dimessa, ma non è chiaro se sia dovuto al fuoristagione o a una crisi generalizzata, probabilmente un misto di entrambi. Molti dei locali sono chiusi e le case dall'aspetto aristocratico mostrano i segni di un passato certamente più florido. Anche la villetta che abbiamo affittato sul web non viene probabilmente abitata d'inverno da decenni. Lo capiamo rimuovendo il finto fuoco a led dal camino e provando ad accenderne uno vero: il fumo in pochi istanti si impadronisce della casa e dei nostri polmoni. In fondo è l'inizio balcanico che ci aspettavamo».

© Umberto Isman

Inizia così il racconto di Umberto Isman di un viaggio di esplorazione sciistica in Grecia, per andare oltre lo stereotipo del Paese del mare, delle spiagge e degli dei. Un’avventura tra monasteri deserti, come quello di Moni Stomiou, villaggi incantati con Micro Papigo, boschi con gli alberi carichi di neve come quelli del Monte Bogdani e del Gomara, balli tipici e piatti da gustare con la faccia bruciata dal vento e del sole.

© Umberto Isman

«Non è questo il genere di esotismo che ci interessa, ma quello che semplicemente ci porta a entrare in contatto con luoghi e realtà diversi dai nostri, in punta di piedi, anzi di sci – scrive Umberto Isman -. Perché sta proprio negli sci la vera componente esotica dei nostri viaggi, quella che anche a noi fa scappare qualche selfie, come le foto che vedete in queste pagine. Non cerchiamo scimmie e neanche esportiamo piccioni, ci portiamo semplicemente dietro la nostra esperienza in montagna, che ci permette di frequentare luoghi altrimenti inaccessibili d'inverno».

Su Skialper 128 di febbraio-marzo un grande reportage sulla catena del Pindo, in Grecia.

https://youtu.be/bgGdcREMV7o

© Umberto Isman


Arnaud Cottet, lo sci in punta di piedi

Arnaud Cottet è il perfetto underdog, inteso come chi arriva ai Giochi olimpici senza i favori del pronostico e vince per distacco. Che poi, a ben guardare, ai Giochi lui c’è andato, come giudice del freestyle a Pyeongchang. Svizzero, classe 1985, freestyler, freerider, un passato agonistico nello sci alpino e nei park, produttore e regista, oltre che sciatore-attore. E ora anche imprenditore con il suo marchio di occhiali da montagna, Glacier Optics. Arnaud è un’esplosione di idee e di curiosità. Il suo è un approccio in punta di piedi, lontano dagli effetti speciali, ma molto profondo. È partito in auto da casa e stato in giro due mesi per andare a vedere se veramente in Iran si poteva sciare, passando per Bulgaria, dove si è esibito con lo snowboard in uno spettrale palazzetto delle adunate comuniste in cima alla montagna, ora abbandonato e invaso da neve e ghiaccio, e Grecia. Poi ci ha preso gusto e ha fatto migliaia di chilometri, sempre sulle quattro ruote, per andare a sciare il Noshaq (7.492 m) in Afghanistan, passando per Grecia (dove ha sciato l’Olimpo), Turchia (dove ha fatto qualche curva sul Süphan), Iran (dove ha sciato il Damavand), Turkmenistan, Uzbekistan e Tajikistan. In Alaska c’è stato, ma a modo suo, facendo campeggio in quota, invece che stando in lodge, e pellando su e giù per canali. Ovunque è passato, ha lasciato la sua traccia con un cortometraggio che, oltre a documentare le evoluzioni nel grande snowpark naturale, curiosa nella cultura locale.

© Arnaud Cottet

«Da dieci anni giro il mondo sciando e finanzio le mie spedizioni con gli sponsor e producendo video, non solo quelli di sci, ma anche documentari per la televisione. Ho fondato insieme a un amico un marchio di occhiali da montagna, Glacier Optics, che negli ultimi tempi è il mio lavoro principale insieme all’insegnamento dell’economia ai ragazzi da 13 a 16 anni. Però appena ho un po’ di tempo scappo a sciare, anche qui vicino a casa (vive a Losanna, ndr). Amo molto questo contrasto tra la vera vita in città e quella fatta di avventure in montagna. Il giudice olimpico? Non lo faccio più, Pyeongchang è stato l’apice di un percorso».

Abbiamo intervistato Arnaud su Skialper 128 di febbraio-marzo.

© Jules Guarneri

Al via la stagione 2020 del Salomon Running Team Italia

Il nuovo Salomon Running Team Italia allaccia ufficialmente le scarpe in vista dell’attesa stagione 2020. La scorsa settimana, in un apposito incontro, si sono ritrovati i componenti della squadra ed è stato definito il calendario delle gare a cui parteciperanno, ma anche la ricca agenda degli appuntamenti promozionali rivolti al pubblico ai quali alcuni di loro saranno presenti. Già perché la mission di Salomon nel 2020 non cambia rispetto alle passate stagioni: attraverso l’immagine garantita dai risultati dei suoi atleti e diversi appuntamenti promozionali per il pubblico, come i Test S/LAB, la grande S punta a coinvolgere quante più persone possibili, portandole a correre su strada, nei boschi o lungo sentieri, ovviamente mettendole nelle condizioni migliori grazie all’utilizzo di materiali ad alte performance.

IL TEAM - Alcuni degli atleti che fanno parte del Salomon Team Italia 2020, guidati dal Team Manager Andrea Callera, sono figure di riferimento del mondo della corsa nazionale e internazionale, sia su strada sia off-road, altri invece rappresentano la nuova generazione del running. Questa ideale miscellanea conferma come Salomon sia un Brand che intende parlare a un ampio pubblico, donne e uomini come ragazze e ragazzi, dentro il quale ognuno può trovare la propria ispirazione. Un esempio è quello di Davide Magnini, cresciuto negli anni scorsi nel Team Salomon e che ora è a tutti gli effetti un atleta (sempre Salomon naturalmente) di livello internazionale. Tra le donne troviamo Simona Morbelli, poi Sonia Locatelli, Virginia Olivieri, Stefi Jimenez, Camilla Magliano e Giulia Compagnoni. Per quanto riguarda il campo maschile i nomi sono quelli di Davide Cheraz, Giuliano Cavallo, Giulio Ornati, Riccardo Borgialli, Riccardo Montani, Pablo Barnes, Andrea Rota, Marco Filosi, Luca Carrara, Federico Presa, Mattia Bertoncini, Alberto Vender e Riccardo Scalet. Gli atleti del Salomon Team Italia 2020 saranno in gara nelle principali gare nazionali, come quelle proposte dal Golden Trail National Series e in altre di caratura internazionale.


Skialp Gran San Bernardo, dove il sole scia con te

«Il programma è risalire il Vallone del Gran San Bernardo, sempre tenendo gli impianti di Crevacol come punto di partenza e dirigendoci sulla sinistra, per arrivare fino al vecchio bivacco della Tête de Crevacol (2.621 metri) dal quale si apre una panoramica su quasi tutte le cime più alte della valle e gli immensi, bianchi valloni circostanti, compreso quello del passo del Gran San Bernardo con il famoso ospizio. Salendo, lo sguardo si perde sul colle del Malatrà, ultimo mitico passaggio del Tor Des Géants. E, più in lontananza, sulla cima del Monte Bianco. Siamo una bella compagnia oggi, tutti in fila indiana dietro alla Guida che, di tanto in tanto, si ferma per mostrarci le varie cime. Non c’è vento, solo una leggera brezza che va a mitigare il calore del sole. Sole, l’immancabile sole, presente dal mattino fino al tramonto, che accarezza e trasforma la neve. Non siamo gli unici a salire. Sono anche oggi tanti gli scialpinisti che, innamorati di questa vallata magica ed evocativa, lasciano la loro impronta allungata sui vari itinerari. Lontani dalle piste tanto quanto basta per apprezzare il silenzio della montagna, il pensiero corre alla grandissima quantità di linee, salite, discese e paesaggi. Al fatto che una o due giornate non bastano certamente, che bisognerebbe rimanere qui almeno una settimana e ancora potresti non averne abbastanza». Scrive così Tatiana Bertera su Skialper 128 di febbraio-marzo a proposito del nuovo comprensorio a misura di scialpinismo Skialp Gran San Bernardo, in Valle d'Aosta, frutto di un progetto INTERREG con la vicina valle svizzera di Bagnes. Oltre 30 itinerari sono stati censiti, mappati e in alcuni casi anche ripresi con il drone, poi c'è un app specifica, uno servizio skialp-bus, la possibilità di affidarsi a Guide e Maestri di sci e di scegliere la sistemazione migliore e il ristorante giusto dopo le fatiche con sci e pelli. Siamo stati tra i primi a scoprire questa realtà da vicino, mettendoci gli sci ai piedi e ne parliamo in un ampio reportage su Skialper 128 di febbraio-marzo.


Roberto Munarin, il cielo in una stanza

«Lui dice che così si gioca il jolly. Uno a settimana, il sabato. Quel giorno può andare, può fare quel che vuole. Ma la domenica no: quella è tutta per Anna. E a lei non si può negare nulla. Ma a Roberto Munarin un giorno basta e avanza. Per anni e anni, con un jolly ogni sette giorni ha fatto cose che tanti umani neppure in una vita. E comunque, ora che è tempo di abbassare le luci sul lavoro da consulente tessile esperto di stile, chissà che qualche altra matta esca dal mazzo. Che ci sia tempo per fare ancora di più. Chissà». Scrive così Veronica Balocco su Skialper 128 di febbraio-marzo a proposito di Roberto Munarin, 59 anni, gragliese trapiantato a Muzzano, gioiellino dell’alta valle Elvo biellese, all’ombra del Mucrone.

© Daniele Molineris

«Una vita intera a pestare rocce, neve, ghiaccio e terra fra questi stessi punti GPS non è bastata a stancarlo. Né, è sicuro, lo stancherà mai. Da San Carlo al colle Carisey, dal Giassit al Camino, alla Nord del Mars, al Mombarone, fino alla valle Oropa e poi ancora e ancora, se un Pollicino avesse raccolto tutte le briciole lasciate a terra da Munarin in quasi quarant’anni di strada, ne avrebbe fatto una montagna. Una grande montagna ripiena di dieci, cento, millemila avventure. Di scalate, chiodature, salite con gli sci, ravanate, scoperte, linee nuove e discese ripide. Farcita di aperture, sistemazioni, bonifiche, camminate e ciaspolate. E insaporita di piccozzate, vie ferrate, escursioni e sciate in solitaria. Una ricetta che nessun altro da queste parti, sulle Pennine che guardano a Biella, ha mai saputo amalgamare fino a questo punto». Una ricetta tutta da leggere… su Skialper 128.

© Daniele Molineris
© Daniele Molineris

Black Diamond Jetforce Pro ai raggi x

Il pallone ha una capienza ai vertici della categoria, da 170 litri, ed è realizzato in resistente Cordura. Anche in caso di piccoli fori rimane gonfio in quanto la ventola continua a tenere l’aria in pressione per tre minuti. Successivamente si aziona in senso contrario svuotando il pallone e creando, nel caso che ci si trovi comunque coperti da neve,  una sacca d’aria che prolunga le probabilità di sopravvivenza. Le operazioni di ripiegamento del pallone sono semplici non dovendo  seguire un piano di piega del telo prestabilito. Il fatto di non dovere utilizzare una cartuccia, oltre a evitare qualche formalità in aereo, permette di esercitarsi quante volte si vuole.

Jetforce Pro è modulare: si acquista lo schienale con la cellula che contiene il sistema a ventola abbinata a una delle cover da 10, 25 o 35 litri. Le cover si applicano e tolgono tramite zip e possono essere acquistate con costi da 40 a 80 euro come accessori. Esiste anche la cover per la splitboard (Split Booster 25L).

Il cuore del sistema è stato rimpicciolito e alleggerito e ora è tutto sul fondo dello zaino, per distribuire meglio il carico. Vengono garantite almeno quattro aperture con temperature fino a -25 °C. La ricarica, tramite cavetto posto nella parte alta dello spallaccio destro, dura qualche ora.

La maniglia per lattivazione può essere regolata in lunghezza e spostata sullo spallaccio destro. Con un semplice tocco si accende un indicatore a led (4 led blu) dello stato di carica, tenendo premuto ancora, il sistema fa un auto-check della ventola e va in stand-by (il led verde lampeggia lentamente). Per aprire il pallone basta tirare la manopola. Scaricando lapp Pieps dedicata a artva e zaini airbag è possibile fare gli aggiornamenti di sistema, alcune modifiche sulle impostazioni , i controlli del funzionamento e addirittura scaricare un certificato. Tutto il procedimento è semplice e dura pochi minuti.

Nelle versioni da 25 e 35 litri c’è un ampio scomparto con tasche per pala e sonda. Nella foto la pala Evac e la sonda iProbe di Pieps che durante la ricerca fine emette un segnale acustico sempre più intenso man mano che diminuisce la distanza dall’artva del sepolto permettendo di risparmiare secondi preziosi.  Nella versione 10 litri c’è una tasca porta materiale sul retro della cover. Le versioni con cover da 25 e 35 litri hanno il portapiccozza. Il portasci, su tutte, è diagonale per non ostacolare l’apertura del pallone. Portacasco integrato.

Lo schienale è disponibile in due misure di dimensione dorso e giro vita. La cinghia di sicurezza viene bloccata nellapposita sede e stivata nella tasca laterale della cintura ventrale.

Jet Force Pro costa a partire da 1.100 euro con la cover da 10 Litri

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(foto di Daniele Molineris)