Prove di collaborazione tra La Grande Course e ISMF

Dopo un matrimonio difficile e interrotto prematuramente, La Grande Course e International Ski Mountaineering Federation tornano a collaborare, come ha anticipato anche a Skialper Adriano Favre, presidente LGC, in un’intervista pubblicata sul numero di aprile, in uscita a breve. Favre si è incontrato con il suo omologo ISMF, Thomas Kähr, ad Arvier, in Valle d’Aosta, alla presenza delle delegazioni dei comitati esecutivi delle due organizzazioni. Uno dei primi passi concreti in questa direzione sarà l'organizzazione di un Campionato del Mondo long-distance all'interno di una delle gare LGC già esistente. Un team di progetto congiunto si occuperà di intraprendere gli interventi necessari per la realizzazione di questo obiettivo nel più breve tempo possibile. LGC ha, inoltre, manifestato la propria intenzione a collaborare attivamente all'interno di ISMF, in una modalità che dovrà ancora essere definita. Il desiderio di LGC è, quindi, quello di contribuire attivamente al rafforzamento di ISMF quale piattaforma globale per lo scialpinismo.
Al fine di raggiungere questo obiettivo, ISMF dovrà avviare un progetto specifico di collaborazione e i vari settori di competenza all'interno di ISMF dovranno deliberare su questo progetto integrativo. Inoltre, i settori di collaborazione più importanti includeranno il potenziamento dei giovani talenti ma anche gli ambiti relativi all'anti-doping e all'attività dei giudici. Si pensa inoltre a un coordinamento nella comunicazione tra le due organizzazioni.


Le Mascherine di Elleerre

Elleerre, il marchio di Alzano Lombardo che produce materiale promozionale e sponsorizza alcuni importanti atleti del mondo outdoor, si trova nell’epicentro del contagio Covid-19 nella Bergamasca. Qualche settimana fa, insieme a Grande Grimpe, ha iniziato a produrre mascherine riutilizzabili in poliestere da donare al Comune di Nembro. Ora, alla luce delle numerose richieste ricevute, ha iniziato a riconvertire la produzione per rendere disponibile questo prodotto a coloro che ne avessero bisogno e devolverà al Comune di Nembro 0,50 euro per ogni articolo venduto. Le mascherine filtranti riutilizzabili sono in tessuto non tessuto (TNT) 100% poliestere, realizzate con doppio strato e lavabili in lavatrice a 40°. Non sono un dispositivo medico né un DPI. Info qui.


Dalle 14 di oggi online Evolution, il nuovo film di Anna Stöhr

Dopo aver lasciato le competizioni nel 2018, la climber austriaca Anna Stöhr era alla ricerca di nuove sfide. Sicuramente ne ha trovata una ad Aiglun, nelle Alpi Marittime francesi, dove la trentunenne ha affrontato e completato Ali Baba (8 tiri, 250 metri, grado 8a+). Il film Evolution, che sarà online e gratuito da oggi alle 14 sul sito di Salewa ( www.salewa.com/anna-stoehr-evolution) racconta il viaggio personale che ha portato una due volte campionessa mondiale di bouldering da un estremo all'altro dell'arrampicata, lasciando le competizioni in artificiale per abbracciare la libertà, la necessaria determinazione e i ritmi caratteristici delle grandi pareti di arrampicata alpina. Di Anna Stöhr abbiamo scritto anche sul prossimo numero di Skialper, in distribuzione a partire dal 21 aprile.

Durante il film l'atleta Salewa ricorda un episodio di alcuni anni fa, durate un climbing trip in Sardegna. A quell'epoca stava cominciando a meditare sulla sua evoluzione come scalatrice e aveva affrontato le sfide caratteristiche delle vie lunghe: «Ero impressionata da quelle pareti e volevo scoprire se fossi in grado di scalarle. Avevo fiducia nelle mie abilità atletiche, ma avevo anche grande rispetto per l'altezza e l'esposizione di queste gigantesche pareti di roccia. Le mie abilità mentali, che ero così brava a usare durante le competizioni, sembravano inutili mentre dondolavo a 100 metri di altezza dal suolo... In quel momento mi diedi l'obiettivo di diventare una scalatrice più versatile».

Insieme al suo compagno, lo scalatore professionista Kilian Fischhuber, si è dedicata a questa sfida cercando nuovi progetti al di fuori delle palestre di arrampicata. Affrontare una via impegnativa come Ali Baba, e riuscire finalmente a completarla, rappresenta un punto di svolta nella vita di Anna. Stava affrontando un nuovo terreno sotto ogni aspetto, passando dai brevi e intensi problemi di bouldering alle lunghe vie verticali di arrampicata alpina. È riuscita a superare la sfida con se stessa, oltre che con la parete? Il film Evolution mostra come Anna Stöhr, una climber di livello mondiale, abbia lasciato la propria comfort zone per affrontare le sue paure in una diversa dimensione dell'arrampicata.

 


La Sportiva annuncia la mascherina per lo sport e posticipa di un anno il lancio della collezione estiva

La Sportiva, dopo avere chiuso i suoi stabilimenti prima che il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri rendesse obbligatorio lo stop alla produzione e avere riconvertito parte della catena alla realizzazione di mascherine ha deciso di posticipare di un anno il lancio della collezione estiva 2021 e ha annunciato un nuovo modello di mascherina con filtro sostituibile, adatto per chi fa sport. A seguire il comunicato stampa ufficiale che annuncia il nuovo prodotto e quello sul lancio della collezione estiva.

 

La Sportiva presenta la prima mascherina igienica per lo sport

Lo aveva annunciato Lorenzo Delladio presentando due settimane fa il progetto di riconversione di una parte del sito produttivo di Ziano di Fiemme allo scopo di produrre mascherine chirurgiche per la Protezione Civile di Trento: «Stiamo cercando di proporre soluzioni innovative anche in questo campo per risolvere principalmente un problema sino ad ora sottovalutato, ovvero quello dell’impatto ambientale causato dalle attuali mascherine monouso oggi in commercio». La sfida è stata lanciata proprio da Delladio al suo reparto di Ricerca e Sviluppo: trovare una soluzione che aumenti il comfort e l’ergonomia di un prodotto che saremo tutti costretti ad indossare per lunghi periodi, dando la possibilità di sostituire unicamente l’elemento filtrante e quindi di riutilizzare il prodotto nella nuova quotidianità che tutti noi ci troveremo a vivere nella seconda fase dell’emergenza da COVID19.

Si chiama Stratos Mask la nuova mascherina igienica sportiva di protezione generica realizzata in tessuto con filtro interno intercambiabile e facilmente sostituibile. È un prodotto lavabile, riutilizzabile e comodo da indossare grazie ad una perfetta ergonomia studiata per fasciare il volto in maniera sicura e confortevole. La messa a punto è avvenuta nell’ultima settimana grazie ai primi prototipi realizzati a partire dai tessuti tecnici della linea abbigliamento La Sportiva. Terminata la fase di collaudo l’azienda ha già

provveduto a depositare la domanda di brevetto e valuterà in una seconda fase se precedere con la domanda di certificazione sanitaria, al momento Stratos Mask è a tutti gli effetti una mascherina igienica di protezione generica perfettamente utilizzabile per praticare sport quando i decreti lo permetteranno a fine emergenza.

«Fino ad oggi giustamente le mascherine avevano principalmente il ruolo di proteggerci in una fase di emergenza e l’attenzione ad elementi quali comfort ed impatto ambientale era stata messa in secondo piano. In azienda abbiamo però iniziato a ragionare sul lungo periodo, cercando di limitare il più possibile gli sprechi a favore dell’ambiente – dice Delladio – e pensando alla praticità di utilizzo continuativo di un oggetto che entrerà nella nostra quotidianità. Ne è uscita una soluzione molto smart, che permetterà ad ognuno in maniera semplice e veloce di rimuovere e sostituire autonomamente il filtro accessorio interno, lavare la mascherina e tornare a re-indossarla in tutta sicurezza».

Ulteriori informazioni circa le modalità di commercializzazione saranno disponibili nelle prossime settimane. Nel frattempo l’azienda conferma che al momento della ripresa della normale attività, la produzione di mascherine sia chirurgiche sia generiche sportive si affiancherà a quella delle scarpette outdoor e scarponi da montagna per le quali il marchio La Sportiva è conosciuto in tutto il mondo.

 

La Sportiva posticipa di un anno il lancio della collezione estiva

L’emergenza causata dal diffondersi dell’epidemia di COVID19 non appare vicina alla sua soluzione immediata, di conseguenza La Sportiva dopo aver deciso in anticipo sui tempi voluti dal Governo per la chiusura dello stabilimento di Ziano di Fiemme, e dopo la riconversione di parte dell’impianto produttivo a favore della produzione di mascherine e dispositivi sanitari per la Protezione Civile di Trento, adotta ora una misura importante a sostegno dei negozianti e della propria rete vendita mondiale.

Preso atto che la chiusura prolungata della maggioranza dei negozi italiani ed europei, cominciata proprio nella fase iniziale della stagione spring/summer 2020, porterà  ogni operatore del settore a fare i conti con giacenze di prodotto molto alte, prodotti che nella maggior parte dei casi non hanno nemmeno avuto il tempo di essere presentati al mercato e che non possono quindi essere tra qualche mese considerati “superati”, La Sportiva ha deciso di posticipare il lancio di circa il 90% della collezione abbigliamento estiva 2021 e della gran parte delle novità calzature previste.
Lo scopo di questa decisione è di preservare il valore dei prodotti della collezione che si trovano attualmente nei magazzini dell’azienda e dei negozianti in un’ottica “slow fashion” che permetterà ai partner di non essere costretti a svalorizzare la merce e a continuare a proporla con maggior respiro nei prossimi mesi.

La nuova collezione apparel che sarà presentata a maggio alla rete vendita mondiale e che sarà nei negozi a Primavera 2021 (circa 74 i mercati serviti), riproporrà quindi gran parte della collezione attuale 2020, arricchita da alcune nuove capsule prodotto aggiuntive e non sostitutive di precedenti prodotti. Stessa decisione coinvolge anche diversi nuovi progetti relativi alle collezioni Footwear Mountain Running® e Climbing, con l’identico obiettivo di non rendere prematuramente obsolete grandi quantità di prodotto invenduto a causa della prolungata chiusura.

«In questo momento così difficile per tantissimi nostri negozianti in tutto il mondo, non ci sembrava responsabile presentare, come siamo soliti fare e come il mercato impone normalmente, decine di prodotti nuovi che avrebbero immediatamente appesantito gli assortimenti dei negozianti, in un anno dove è probabile che l’invenduto sarà tendenzialmente elevato. – Dice Giulia Delladio, Strategic Marketing Manager de La Sportiva - La nostra azienda si impegnerà di conseguenza ad investire le risorse di Marketing sostenendo in ogni modo possibile un corretto e completo processo di sell-out delle collezioni già attualmente nei magazzini dei nostri partner».

Si tratta di un segnale forte che l’azienda ha deciso di lanciare nella profonda convinzione che possa aiutare tutta la filiera a creare le migliori condizioni possibili per una pronta ripresa nel post emergenza. Il motto aziendale di questi giorni è sempre lo stesso: «Uniti, seppure divisi, scaleremo anche questa cima».


Ripresa agonistica? Troppo alto il rischio giuridico

L'elenco delle gare annullate, o rinviate, si allunga di giorno in giorno. Ma quando si potrà realisticamente tornare a correre in un trail o una sky marathon? Difficile a dirsi, di sicuro fino alla fine dello stato di emergenza, cioè il 31 luglio, appare improbabile che possa svolgersi una gara, alla luce anche dei rischi giuridici ai quali andrebbero incontro gli organizzatori. A questo proposito la FISKY, una delle federazioni coinvolte nell'organizzazione di eventi, ha preso una posizione chiara comunicando che «fino al 31 luglio 2020 non sono autorizzate manifestazioni che fanno riferimento alla nostra Federazione, salvo eventuali nuove disposizioni delle competenti autorità». Sull'argomento abbiamo chiesto un parere all'avvocato Flavio Saltarelli.

 

La ripresa agonistica per l’oudoor running non è dietro l’angolo. Sino a che il Covid 19 rappresenterà un probabile pericolo, anche giuridicamente sarà assai sconsigliabile gareggiare, se non a condizione di enormi rischi ed improponibili sforzi, anche economici, delle organizzazioni. Questo è ciò che ho in estrema sintesi risposto in questi giorni ai numerosi organizzatori di competizioni di trail e skyrunning i quali mi hanno interpellato domandandomi: Quando potremo riprendere a correre in gara? Che cosa eventualmente si rischia?.

La responsabilità degli organizzatori (come costruita dalla giurisprudenza) a tutela degli atleti si configura allorquando in gara gli atleti medesimi incorrano in pregiudizi non imprevedibili e riconducibili, secondo la miglior scienza ed esperienza, al comportamento colposo degli organizzatori. Ad oggi l’unica certezza per garantire la salute dal Covid 19 pare essere il mantenimento di un’adeguata distanza di sicurezza; distanza di sicurezza che non sarebbe ipotizzabile tenere ed assicurare in tutti i momenti delle competizioni di trail e skyrunning. Infatti, anche eventuali partenze a cronometro, non impedirebbero frazioni di gara caratterizzate da estrema vicinanza tra gli atleti (pensiamo ad esempio ai sorpassi); senza poi voler considerare le difficoltà di poter fruire della necessaria e tempestiva assistenza medica in loco.

Solo, dunque, attraverso un quasi impossibile monitoraggio temporalmente aggiornato con relativa certificazione della salute degli ammessi alla partenza gli organizzatori potrebbero tutelarsi, dimostrando di non essere in colpa in ipotesi di successivi sintomi da virus accusati dagli atleti partecipanti, sintomi la cui eziologia potesse essere riconducibile all’ambito della gara.

In via preliminare va ricordato che la colpa (intesa come imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, ordini, regolamenti e discipline) è l’elemento costitutivo della responsabilità civile e penale; colpa che viene meno - di fatto - solo quando gli organizzatori sono in grado di dimostrare di aver assunto ogni precauzione a garanzia della salute degli atleti.

Sotto il profilo normativo, ai fini della responsabilità civile rileva l’art. 2043 del Codice civ. laddove obbliga il risarcimento di ogni danno conseguente a fatti lesivi ingiusti patiti; per quanto attiene la responsabilità penale le fattispecie di reato ipotizzabili sono, invece, quelle di lesioni ed omicidio colposo.

Più difficile - ma non impossibile - , inoltre, configurare a carico degli organizzatori, in ipotesi di scoppio di focolaio in seguito alla gara organizzata, il gravissimo reato di epidemia di cui all’art. 438 Codice Penale, il quale prevede: Chiunque cagiona un'epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l'ergastolo. Trattasi di delitto che ha come elemento costitutivo il dolo (la volontarietà e la consapevolezza di cagionare l’epidemia) ma non impossibile da configurarsi anche nel caso di evento non voluto, ma frutto di comportamento gravemente imprudente, in quanto nel nostro ordinamento esiste anche il cosiddetto dolo eventuale che ricorre ove un soggetto - pur non volendo cagionare specificatamente un evento - essendo consapevole del pericolo, o dovendo esserlo, corre il rischio di cagionarlo e l’evento si verifica.

Da ultimo, non è remota la possibilità di finire alla sbarra per delitto colposo contro la salute pubblica, fattispecie prevista e punita dall’art. 452 del Codice penale che punisce con la reclusione da uno a cinque anni chiunque commette, per colpa, appunto, uno dei fatti preveduti dall’articolo 438 Cp., cioè contribuisce anche per imperizia o imprudenza al diffondersi di un’epidemia.


Cresce il team RaidLight, in Italia e all'estero

Sono sempre di più gli atleti che hanno scelto le scarpe da trail running RaidLight, a conferma della validità della collezione lanciata solo un anno fa dal marchio francese. Una collezione che è stata progettata in Italia, nei laboratori del Gruppo Rossignol di Montebelluna, nel cuore del distretto della calzatura sportiva. Dopo Nathalie Mauclair, Christophe Le Saux e Maite Maiora tra i top internazionali si è aggiunto anche lo spagnolo Jordi Gamito, che in palmarès ha risultati prestigiosi come la vittoria al Grand Raid Réunion o il terzo posto all’UTMB-Ultra Trail du Mont Blanc e al MIUT-Madeira Island Ultra Trail. A livello italiano ritorna il Team Raidlight Italia con due nuovi ingressi – il bergamasco Donatello Rota e il sardo Sandro Solinas – che vanno ad aggiungersi a Nicola Bassi, Stefano Trisconi, Daniel Degasperi, Mauri Basso, Roberto Fregona, Tommaso De Mottoni, Roberto Scandiuzzo e Laura Palluello. Sono proprio gli atleti i principali collaudatori delle scarpe RaidLight che per la nuova stagione si presentano con nuovi colori molto cool e sempre fedeli all’hashtag no time for compromise. Quattro modelli di calzature che accontentano tutti i runner off road, dalla strada bianca al single track, dall’appassionato all’atleta elite. Revolutiv, Responsiv XP, Ultra e Dynamic sono inoltre le prime scarpe del mondo trail a utilizzare la tecnologia NFC: avvicinando lo smartphone alle calzature si possono visualizzare maggiori informazioni sui singoli modelli e su RaidLight.

 

MEDIE E LUNGHE DISTANZE: RESPONSIV ULTRA

La parola chiave per capire la Responsiv Ultra, nell’aspetto simile ad altre calzature massimaliste, è cushioning dinamico e durevole. Infatti l’idea RaidLight di cushioning non è legata solo alla morbidezza. Perché sulla distanza il piede deve essere sostenuto, perché quando si è stanchi c’è bisogno di un aiuto. Così l'intersuola è in EVA iniettata a bassa compressione per rilasciare con gradualità e nel tempo la giusta ammortizzazione ed evitare che l’intersuola ‘si sfondi’ dopo tanti chilometri. La forma RL Relax Last è ampia con un profilo della punta arrotondato per garantire comfort fino a distanze molto lunghe, quando i piedi si gonfiano e tendono ad allungarsi.

Drop: 6 mm

Peso: 270 g

Colori: Black/Lime Green - Lime Green/Blue (uomo) Pink/Light Blue (donna)

Prezzo: 140 €

Tecnologie

RL Relax Last: una forma studiata appositamente per garantire alla scarpa maggiore comfort, grazie alla punta arrotondata e al “relax fit” che evita anche nelle lunghe distanze il senso di costrizione del piede

Intersuola ad alto cushioning: in EVA iniettato di alta qualità capace di donare alla scarpa un’ammortizzazione duratura nel tempo

M-Lock Band: tecnologia che evita la costrizione del piede e aiuta l’equilibrio con la naturale dilatazione che si verifica dopo molte ore di corsa grazie a una fascia di compressione elastica (band) posizionata sopra la parte superiore, che dà sostegno senza limitare il flusso sanguigno

Sottopiede con tecnologia Sensor3: da un’idea sviluppata dal centro ricerche del Gruppo Rossignol, nasce la tecnologia Sensor3: un sottopiede di densità variabile dotato di tre zone destinate ad assorbire gli urti derivanti dall’impatto della corsa. Questo assicura un maggior ritorno di energia e si traduce in una migliore ammortizzazione e quindi in un maggior comfort durante la corsa, anche su lunghe distanze

Puntale rinforzato: per proteggere la parte anteriore del piede

Supporto anatomico del tallone: grazie a un supporto interno del piede la scarpa ha una maggiore stabilità

Sistema di attacco della ghetta sulla parte anteriore del piede

 

CORTE E MEDIE DISTANZE, TERRENI CORRIBILI: RESPONSIV XP

È una scarpa veloce per i sentieri e le strade bianche tipiche del trail running, dove si può aprire il gas la Responsiv XP. Nel suo DNA ci sono velocità, leggerezza e precisione. La struttura interna collegata direttamente con il sistema di allacciatura (tecnologia RL XP) avvolge completamente il piede, garantendo un fit su misura. Il piede è tenuto in una posizione stabile anche durante i movimenti laterali, senza applicare pressione o limitare il movimento all’altezza del metatarso e delle articolazioni delle dita dei piedi. L'intersuola e il plantare Sensor3 con diverse densità di ammortizzazione aiutano ad assorbire gli impatti tra il piede e il terreno, contribuendo a migliorare la dinamica di corsa.

Drop: 4 mm

Peso: 280 g

Colori: Lime Green / Blue - Light Blue/ Blue (donna)

Prezzo: 150 €

Tecnologie

RL Slim Last (Slim Fit / Technical, profilo arrotondato)

Tecnologia RL XP: sistema di supporto del piede: avvolge e fornisce supporto senza comprimere

Intersuola e plantare Sensor3: intersuola in EVA termoformata a doppia densità per un cushioning superiore

Puntale rinforzato: protegge la parte anteriore del piede

Supporto anatomico del tallone per una maggiore stabilità

Suola Sensor XP (battistrada 4 mm)

Linguetta anatomica per un maggiore comfort

Tecnologia NFC: avvicinando il cellulare alla scarpa si possono visualizzare maggiori informazioni sulla calzatura e sul mondo RaidLight

 

CORTE E MEDIE DISTANZE, TERRENI TECNICI: RESPONSIV DYNAMIC

In poche parole, per chi cerca grip, leggerezza, reattività per gare corte e veloci. E poi tanta traspirabilità grazie alla tomaia in mesh. La suola Dynamic Sensor con battistrada aggressivo con tacchetti da 6 mm rende questo modello ultra versatile e reattivo in tutti i tipi di terreno. È inoltre dotato di intersuola a doppia densità e plantare Sensor3. Diverse densità di ammortizzazione aiutano ad assorbire gli impatti tra il piede e il terreno, contribuendo a migliorare il dinamismo della corsa.

Drop: 6 mm

Peso: 290 g

Colori: burnt orange - lime (uomo), turquoise (donna)

Prezzo: 135 €

Tecnologie

RL Regular Last (Vestibilità regolare / Versatilità, Profilo punta asimmetrica)

Intersuola e plantare Sensor3: intersuola in EVA a doppia densità termoformata che supporta e ammortizza aree separate del piede per dinamismo e comfort

Barra di torsione nell'intersuola per una maggiore stabilità

Suola Dynamic Sensor3 (battistrada 6 mm)

Puntale asimmetrico: a forma di piede, protegge le dita dei piedi

Supporto anatomico del tallone: ​​supporto interno del piede per la stabilità

Lingua anatomica per un maggiore comfort

Sistema di attacco ghetta sulla parte anteriore del piede

Tecnologia NFC per ottenere ulteriori informazioni sulla scarpa semplicemente avvicinando lo smartphone

 

CORTE E MEDIE DISTANZE, ANCHE PER I TERRENI PIÙ DURI: REVOLUTIV

È parente della Responsiv Dynamic, con cui condivide intersuola e battistrada, ma la tomaia in materiale ‘chiuso’ la rende una scarpa diversa, che punta tutto su grip, protezione e precisione, perfetta per i terreni più impegnativi. La tecnologia TWS (Tendon Wrapping System) offre supporto ai piedi che diventano una cosa sola con la scarpa, mentre al grip ci pensa la suola Dynamic Sensor con tassellatura pronunciata (6 mm). La Revolutiv è inoltre dotata di intersuola a doppia densità e plantare Sensor3. Diverse densità di ammortizzazione aiutano ad assorbire gli impatti tra il piede e il terreno, contribuendo a migliorare la dinamica di corsa.

Drop: 6 mm

Peso: 290 g

Colori: Black - Black/Blue (uomo) - Light Blue/ Blue (donna)

Prezzo: 150 €

Tecnologie

RL Regular Last (Regular fit / Versatilità, profilo asimmetrico della punta)

Intersuola e soletta Sensor3: intersuola in EVA a doppia densità termoformata che sostiene e ammortizza

Suola Dynamic Sensor

TWS (Tendon Wrapping System): migliora il comfort e l’avvolgimento del piede all’interno della scarpa

Puntale asimmetrico: riprende la forma del piede e protegge le dita dei piedi

Supporto anatomico del tallone: supporto interno del piede per una maggiore stabilità

Allacciatura SpeedLace (nella confezione sono presenti anche i lacci tradizionali)

Stampe riflettenti (stelle RaidLight)

Sistema di aggancio per ghette sulla parte anteriore del piede

Tecnologia NFC (avvicinando il cellulare alla scarpa potrete avere maggiori informazioni sulla calzatura e sul mondo RaidLight)


La Sportiva converte parte della propria produzione per realizzare camici e mascherine per la Provincia di Trento

La Sportiva, dopo essere stata una delle prime aziende a fermare la produzione, aderisce all'invito della Confindustria trentina e converte parte del proprio stabilimento alla produzione di mascherine e camici per la Provincia di Trento nell'ambito dell'emergenza Covid-19. A seguire riportiamo il comunicato stampa dell'azienda.

Ziano di Fiemme – Prosegue l’emergenza Coronavirus e Confindustria Trento su richiesta del Presidente Manzana, chiede alle industrie del settore tessile Trentino uno sforzo di riconversione produttiva allo scopo di far fronte alla mancanza in regione di dispositivi medico sanitari quali camici e mascherine certificate. La Sportiva, azienda con sede produttiva a Ziano di Fiemme e leader mondiale nella produzione di calzature ed abbigliamento per la montagna, dopo aver fermato totalmente le proprie linee produttive già una settimana prima del decreto ministeriale che ha imposto la chiusura delle fabbriche di beni non necessari e non legati alla catena produttiva del sistema Italia, accetta la proposta del Presidente riconvertendo parte dei macchinari dello stabilimento produttivo pensati per il taglio e la cucitura di materiali quali pelle e gomma, per la produzione di mascherine e camici al servizio della Protezione Civile di Trento.

Venerdì scorso sono stati realizzati i primi prototipi e questa settimana, grazie ai tessuti tecnici forniti dalle aziende trentine Vagotex e Texbond è al via la realizzazione dei primi 1000 pezzi al giorno con obiettivo, a regime, di arrivare a quota 3000 al giorno. Attualmente nello stabilimento di Ziano di Fiemme che ospita normalmente 369 dipendenti ed all’interno del quale si producono circa 2000 paia di calzature al giorno, sono state richiamate dalla cassa integrazione 8 persone tra operai e tecnici R&D per realizzare i prototipi delle mascherine conformi agli standard richiesti dall’Istituto Superiore della Sanità di Torino. La produzione già avviata attende ora solo la certificazione ufficiale della quale si sta occupando il Dott. Cipriani della Allergo System di Rovereto, per essere definitivamente approvata affinchè l’azienda possa procedere alla distribuzione tramite i canali proprio della capocommessa Allergo System.

«Produciamo in Trentino dal 1928 avvertendo da sempre una forte responsabilità sociale nei confronti di un’intera comunità che fa della solidarietà e dell’aiuto reciproco una caratteristica fondamentale. - Dichiara Lorenzo Delladio CEO & Presidente di La Sportiva -  Con grande senso di responsabilità abbiamo dapprima contribuito allo sforzo collettivo nel contenimento del contagio, chiudendo in anticipo le nostre sedi produttive: ora siamo chiamati ad impegnarci per affrontare la seconda fase dell’emergenza, per farlo ci siamo dotati delle materie prime adeguate per poter produrre una prima partita di 55.000 mascherine che andranno alla Protezione Civile di Trento, tramite la Allergo System di Rovereto. Parallelamente stiamo cercando di far certificare in autonomia altri materiali in modo da renderci indipendenti anche con grembiuli e altri componenti di protezione e quindi passare ad una produzione industrializzata che permetterà nel brevissimo di raggiungere produzioni giornaliere ben più importanti. Chiaramente riconvertendo più macchinari e richiamando gradualmente più dipendenti presso lo stabilimento. Augurandoci che questo possa contribuire a mettere in sicurezza le centinaia di operatori sanitari che operano sul territorio Trentino e che oggi hanno bisogno di tutto il nostro sostegno. Uniti seppure divisi, scaleremo anche questa montagna, è quel che ho detto ai miei collaboratori all’inizio dell’emergenza ed il messaggio che voglio dare oggi anche a tutti coloro che sono in prima linea per combattere questa battaglia. La Sportiva c’è e vi sostiene».

Ed il sostegno alla sanità Trentina è già arrivato anche sottoforma di donazione grazie ai 50.000 euro donati ad inizio emergenza ai reparti di terapia intensiva di Trento e Rovereto su un conto speciale voluto sempre da Confindustria Trento.
Le prossime ore saranno decisive per l’ottenimento delle certificazioni ufficiali dei dispositivi di protezione: Delladio si dice fiducioso che l’Istituto Superiore della Sanità opererà velocemente in tal senso.


Le mascherine Crazy

Oltre 10.000 mascherine protettive donate alla Protezione Civile perché vengano distribuite gratuitamente a negozianti e associazioni locali. Sono questi i risultati del lavoro di Crazy, l’azienda valtellinese specializzata nella produzione di abbigliamento per lo skialp e il trail running. Lo scrive Valeria Colturi in un post sull’account social dell’azienda. Si tratta di prodotti lavabili e riutilizzabili, realizzati con i materiali impermeabili e traspiranti utilizzati per i capi d’abbigliamento fast & light. Non sono presidi medici, richiedono comunque il rispetto delle regole prescritte, ma possono però essere utili per persone che sono in contatto con il pubblico, perché proteggono le altre persone da schizzi e secrezioni grossolane. La produzione quotidiana è arrivata a circa 700 pezzi e la confezione viene realizzata a casa da un centinaio di persone, mentre alcune aziende fornitrici hanno regalato parte dei materiali utilizzati. Negozianti e associazioni della provincia di Sondrio possono farne richieste telefonando al numero 0342 212524.


Salewa-Oberalp fornisce oltre 16 milioni di mascherine e materiale sanitario alla Protezione Civile e alla Provincia di Bolzano

Ci sono anche aziende del mondo outdoor impegnate in prima linea nella battaglia contro il Covid-19. Quello che è riuscita a fare Salewa, controllata da Oberalp, in sole due settimane è uno dei tanti miracoli del mondo dell'imprenditoria per aiutare ad affrontare l'emergenza sanitaria, grazie alla riconversione dell'impianto tessile di Montebelluna per la produzione di mascherine e camici con gli scarti di produzione e al trasporto dalla Cina di altri milioni di mascherine. Riportiamo di seguito il comunicato ufficiale dell'azienda.

«Siamo abituati ad assumerci le nostre responsabilità, non solo per i nostri dipendenti e consumatori, ma anche per la società in cui viviamo e lavoriamo - spiega Heiner Oberrauch, Presidente del Gruppo Salewa-Oberalp - In tutta Italia, come nel territorio della nostra sede a Bolzano, c’è un’emergenza nella emergenza, rappresentata da una forte carenza di dispositivi medici di protezione per il personale che tratta i pazienti affetti da COVID-19. Per rispondere in tempi brevissimi alla necessità del Servizio Sanitario dell’Alto Adige, abbiamo iniziato a cucire mascherine e camici protettivi idrorepellenti presso la nostra filiale a Montebelluna, riutilizzando i materiali di scarto delle nostre produzioni». La produzione settimanale di 50.000 mascherine in cotone misto poliestere e 800 camici protettivi in Gore-Tex® e PowerTex, tessuti tecnici normalmente utilizzati per le giacche da alpinismo, ha permesso alle strutture mediche dell’Alto Adige di affrontare l’emergenza più immediata di mancanza di materiale. Allo stesso tempo, attraverso il proprio partner licenziatario Salewa nella città cinese di Xiamen (Cina), il Gruppo Salewa-Oberalp ha potuto ordinare un totale di 16,5 milioni di mascherine protettive chirurgiche e KN95 e 600.000 camici protettivi, di cui 1,5 milioni di mascherine sono state ordinate dalla Provincia Autonoma di Bolzano, mentre ulteriori 15 milioni di mascherine dalla Protezione Civile Statale. In stretta collaborazione con le autorità sanitarie e la Protezione Civile, si sono aperte più vie di trasporto aereo da utilizzare per la consegna del volume gigantesco di oggetti. Il materiale è stato trasportato dalla Cina a Vienna grazie a una collaborazione unica nel suo genere con Austrian Airlines e il governo austriaco. Con un'azione straordinaria, due Boeing 777 per uso commerciale sono stati utilizzati per trasportare la prima spedizione, e tutti i sedili della cabina passeggeri sono stati riempiti di cartoni. In questo modo la Provincia Autonoma di Bolzano e la Protezione Civile Statale riceveranno questo materiale sanitario di cui hanno urgentemente bisogno e che aiuterà a salvare delle vite umane, per la via più veloce che si è potuta trovare. Il trasporto con gli aerei messi a disposizione da Austrian Airlines sarà possibile per tutto il tempo necessario e potrà continuare a portare materiale sanitario in Italia ed Europa. La Protezione Civile Statale invece è riuscita ad organizzare un aereo cargo Antonov AN123, con oltre 1.000 metri cubi di capacità di carico. «La competenza nella produzione di abbigliamento per lo sport di montagna per i nostri marchi Salewa, Dynafit, Evolv, Pomoca e Wild Country, l’organizzazione logistica, la rete di consolidati rapporti internazionali e la capacità di agire rapidamente, sono stati gli elementi che ci hanno permesso di dare un contributo attivo per affrontare l’emergenza» spiega Christoph Engl, Amministratore Delegato del Gruppo SalewaOberalp. L’impegno del Gruppo Salewa-Oberalp continuerà nei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Gli aerei messi a disposizione da Austrian Airlines sono stati pragmaticamente trasformati in aerei da carico per rendere possibile il trasporto di questo prezioso materiale sanitario per tutto il tempo necessario. In questo modo sarà possibile spedire i necessari dispositivi di protezione alle istituzioni pubbliche e sanitarie. «Questa è una nuova dimensione dell’impegno in ambito di sostenibilità e responsabilità sociale del Gruppo Salewa-Oberalp - conclude Heiner Oberrauch - che mai ci saremmo immaginati di attuare due settimane fa. Come azienda privata abbiamo potuto mettere a disposizione risorse e rapidità di intervento per anticipare tutti i costi per le istituzioni pubbliche, organizzando anche i permessi ufficiali per i trasporti in Cina e verso la destinazione finale. Il nostro dipartimento di logistica si occuperà della distribuzione del materiale per conto del Servizio Sanitario dell'Alto Adige, riorganizzando il proprio carico di lavoro e aumentando il numero di turni».


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Kamchatka, la penisola di fuoco

In questi giorni in cui siamo costretti a casa abbiamo pensato di proporvi qualche articolo sui viaggi più belli pubblicati da Skialper. Per tornare presto in questi incredibili luoghi. 

Non è un bel gioco il Risiko. Non è istruttivo conquistare territori a destra e a manca a colpi di dadi e carrarmatini. Sono assolutamente convinto che esistano strumenti didattici migliori per studiare la geografia; anzi, la geografia la si dovrebbe studiare a partire dai fiumi, dalle montagne, dai mari, dai boschi, dalle pianure, dalle spiagge, dalla neve. Pensate che meraviglia un mappamondo della neve. Ad ogni modo, l’unico merito che si può riconoscere al Risiko è che tutti si ricordano della Kamchatka!

Io l’avevo già visitata, circa dieci anni fa, feci una vacanza di heliski. Si dormiva in città, a Petropavlovsk, si passavano ore in un hangar ad aspettare il bel tempo e, se poi eravamo fortunati, ci trovavamo su qualche pendio senza sapere esattamente dove. Elicotteri enormi, oblò piccoli, 25 persone: una funivia con le pale. Non mi era piaciuta l’esperienza nel suo insieme, ma la Kamchatka sì. La natura è meravigliosa e meritava un’altra chance. Così dopo qualche anno un bel gruppo compatto si è materializzato al check-in e siamo partiti alla conquista di questa terra lontana e misteriosa con in spalla un paio di sci, segno inequivocabile del nostro obiettivo: sciare. La penisola della Kamchatka è costellata da un’infinita catena montuosa dalla quale si ergono vulcani di tutte le dimensioni. Non sono tutti uguali: i crateri a volte si slanciano verso il cielo, quelli a cono, e non sono facilissimi da risalire. Anzi, più ci si avvicina al cratere, più è ripido e ghiacciato. Ci sono vulcani che implodono, creando caldere enormi.

In altre occasioni geyser e fumarole compaiono qua e là, rendendo la montagna più viva che mai e facendo capire che lì sotto c’è un cuore pulsante, ribelle e pronto a eruttare come un bambino dopo un sorso di Coca Cola. Vale veramente la pena sciare un vulcano: l’esposizione costante del pendio fa sì che le sciate siano infinite, non esistono punti intermedi dove fermarsi, si parte e si va... Le distanze tra i vulcani e l’enorme spazio che c’è intorno farebbero impazzire chi è affetto da agorafobia, queste distese bianche sono il sogno dello sciatore, ma gli avvicinamenti sono un po’ utopici senza qualche aiutino meccanico. Le motoslitte ci sono venute in aiuto e non poco, i dislivelli, importanti, superano i 2.000 metri e quelli non ce li ha regalati nessuno. È bella la Kamchatka vissuta lentamente, immersi nel nulla. In questi dieci anni la ruggine in paese non è cambiata, i sottomarini nella baia di Petropavlosk girano più indisturbati di prima, il mercato del pesce ha messo un tetto e si sono sviluppati dei lodge in luoghi remoti. Questa è la grande differenza, poter vivere nella natura senza dover ripassare dal via ogni notte.

La nostra sete di avventura ci ha portato oltre i lodge, a raggiungere un rifugio futuristico piazzato tra crateri fumanti. Eravamo ancora più isolati. Un giorno, durante una risalita, ci siamo imbattuti in un nugolo di elisciatori: l’elicottero è lo stesso di 50 anni fa, ma ridipinto. Sciatori e Guide, vestiti da mazinga della powder, che non c’è a maggio, erano più antipatici del solito. Sarà per il loro accento con la r moscia o perché ci chiedevano dei soldi solo per guardarli… l’incontro, che a volte è piacevole, questa volta proprio no lo è stato. Vabbè, godiamoci i vulcani, la natura che bussa alla nostra porta, tramonti pazzeschi e la nostra compagnia, senza la quale non vale la pena arrivare fin qua.

Paolo Tassi

 

Ruggine e geyser

Il bianco della neve e delle fumarole e il marrone delle vecchie strutture metalliche sono i colori predominanti di una vacanza con sci e pelli dove le distazne obbligano a usare motoslitte e fuoristrada per gli avvicinamenti

La Kamchatka è una penisola vulcanica che si estende ad arco nell’estremo Nord-Est della Russia, proprio di fronte all’Alaska. Se lo sguardo scende verso Sud, seguendo i vulcani come puntini che emergono dal mare, si arriva in Hokkaido, l’isola più a Nord del Giappone. I puntini che conducono al Giappone sono le isole Kurili e ogni puntino è un vulcano che si innalza per migliaia di metri dal freddo e profondissimo Oceano Pacifico settentrionale. Tutta questa striscia di terre emerse, che va dal Giappone fino al Nord della Kamchatka per oltre 3.000 chilometri, è stata creata da eruzioni vulcaniche e molti dei vulcani sono ancora attivi. Lo sono in Giappone, noto per le eruzioni e per le fonti termali, e lo sono anche in Kamchatka. Con la differenza che i vulcani della Kamchatka sono molto più grandi e attivi di quelli del Giappone e possono superare i 4.500 metri. L’altra sensibile differenza la fa il clima. La Kamchatka è più a Nord e quindi se uno pensa che gli inverni in Hokkaido siano particolarmente freddi e ventosi è solo perché non ha mai avuto a che fare con il clima della Kamchatka. Nella parte meridionale della penisola le temperature medie invernali sono inferiori ai meno 10 e le precipitazioni annuali superano i 2.000 mm di acqua l’anno, molta della quale cade sotto forma di neve. A fine aprile, quando siamo stati nella zona Sud della penisola, c’erano ancora due metri di neve al livello del mare. Quando questa neve si scioglie crea fiumi impetuosi e immense zone paludose che impediscono il movimento via terra. Considerando che la Kamchatka è unita alla Russia solo nella sua parte settentrionale, è facile capire che non sia accessibile via terra, sia d’inverno che d’estate. Questo isolamento ha fatto sì che fino all’inizio del secolo fosse abitata da meno di 10.000 persone, la metà dei quali autoctone. Successivamente, vista la posizione geografica a ridosso dell’Alaska, è stata utilizzata come zona militare ed è rimasta chiusa anche ai cittadini sovietici fino al 1989 oltre che aperta ufficialmente agli stranieri nel 1990.

La città principale, che contiene quasi la metà dei 300.000 abitanti, è Petropavlovsk che è raggiungibile con voli aerei dalla Russia e, pare, con un traghetto che arriva dal Giappone. Già nel sorvolare la città si capisce che è un luogo fuori dagli schemi. Quelle che sembrano delle navi che solcano la baia sono invece dei sottomarini nucleari visto che il porto è una delle basi principali della flotta russa. Anche l’aeroporto è parecchio inquietante con le decine di aerei da guerra sparsi alla rinfusa e il piccolo hangar coperto di filo spinato che fa da terminal. La città è un susseguirsi di palazzoni squadrati e decadenti. Il colore predominante è il ruggine. Tutte le strade sono contornate dai tubi spelacchiati per il teleriscaldamento. In questo luogo dimenticato dal tempo l’attrazione più suggestiva è il cimitero dei sottomarini. Decisamente non si va in Kamchatka per visitare la città! In ogni modo proprio dalla strada principale partono degli impianti da sci che offrono un’alternativa. Ci si può rilassare e recuperare il jet-lag facendo qualche curva in totale solitudine perché sembra che lo sci non interessi molto ai russi. La migliore sorpresa in positivo è fornita dal mercato del pesce. Pare che un quinto dei salmoni di tutto il mondo nascano in Kamchatka e soprattutto qui si trovano i pregiatissimi salmoni rossi che sono eccezionali da mangiare, sia crudi che affumicati. In Kamchatka si pescano inoltre i granchi reali, dalle dimensioni veramente gigantesche e dal sapore eccezionale. Il cibo migliore della città è proprio il pesce e siamo rimasti piacevolmente sorpresi dall’ottimo sushi. Ma la cosa che rende unica Petropavlovsk sono i vulcani che spuntano ovunque si volga lo sguardo. Già appena atterrati ci si sente piccoli piccoli al cospetto delle vette dell’Avačinskij, Kozelskij e soprattutto Korjakskij che, come una perfetta piramide, si erge dalla pianura fino a oltre 3.400 metri di quota.

Noi abbiamo sciato quattro vulcani (Avachinsky, Viluchinsky, Mutnovsky e Gorely) più altre montagne più piccole, ma non più vicine. Per l’avvicinamento siamo sempre partiti da Petropavlovsk anche se sono stati necessari dei pernottamenti intermedi in rifugi o bivacchi. I mezzi utilizzati sono andati dal gatto delle nevi giapponese anteguerra, al gippone bigfoot con ruote gigantesche, al camion Kamaz con ruote ancora più grandi; e soprattutto abbiamo percorso tanti chilometri in motoslitta. Questo perché i vulcani, anche se sembrano vicini, sono in realtà molto distanti tra di loro e se non si è campioni di sci di fondo sono necessari alcuni giorni di pelli per arrivare alla base.

Il primo vulcano che abbiamo salito è stato l’Avachinski (2.740 metri). Per raggiungere la cima è necessario fare base al villaggio di container che chiamano enfaticamente campo-base e che si trova a circa 700 metri di quota. Da qui si parte anche per raggiungere la cima del Korjakskij la cui salita è di ben 2.700 metri di dislivello e che quindi solo i più allenati riescono a fare in giornata. Il campo lo si raggiunge con un vecchissimo gatto delle nevi giapponese. Il villaggio è gestito da un caratteristico energumeno locale che gira nella bufera in maniche corte. Consiglio: viste le sue dimensioni e il caratterino, meglio non farlo arrabbiare. Il campo è provvisto di una sala mensa in un container più grande dove ci si può sfidare in lunghe partite di ping pong durante le non infrequenti bufere. La linea di salita è molto evidente considerando che la cima del vulcano si vede lungo tutto il percorso. Nella parte superiore, come in molti casi, la neve è troppo dura e ghiacciata per essere sciata. Il cratere è attivo ed è meglio stare attenti alle fumarole che escono dal ghiaccio perché possono aprirsi sotto ai piedi e farvi cadere in buche sulla cui profondità è meglio non indagare. Per la discesa, una volta finito il pendio sommitale, l’opzione migliore è quella di scavallare il crinale e sciare sui bellissimi pendii di fronte al Korjakskij, fino al passo Avacinsky e da lì per facili pendii verso le baracche.

Per il Viluchinski (2.173 metri) è necessario fare base nel piccolo e lussuoso resort di Snow Valley che si raggiunge con dei macchinoni o dei camion con le ruote giganti. Questa zona è il paradiso delle motoslitte che pare siano lo sport preferito dei locali. Per fortuna di solito si arenano nei fondovalle e tutto il resto delle montagne rimangono a disposizione dei pochissimi scialpinisti. Il villaggio è veramente lussuoso, con tanto di terme naturali e un piccolo impianto di risalita privato che viene acceso su richiesta dei clienti. Il pendio è però brevissimo, ma per fortuna proprio di fronte si erge, come una splendida piramide, il Viluchinski. Sembra vicino, ma per arrivare alla base ci vuole un’ora abbondante di motoslitta. La salita si fa inizialmente con le pelli per poi passare a picca e ramponi nella parte finale che è troppo ripida per essere salita con gli sci. Dalla cima si gode di un panorama incredibile. Per scendere ci sono varie possibilità. Noi abbiamo optato per la parte opposta rispetto alla salita, in un largo vallone di oltre 1.500 metri di dislivello con una pendenza costante sui 30-40 gradi che va a diminuire quando si arriva verso il fondovalle. Un pendio enorme e perfetto per essere sciato.

© Martino Colonna

Da Snow Valley abbiamo proseguito sulla pista che porta verso la centrale geotermica di Mutnovoskaya. Quattro ore di motoslitta in un ambiente lunare e dalla bellezza abbagliante che ci ha fatto dimenticare il freddo mostruoso subito durante il viaggio. Una volta arrivati in prossimità del vulcano Mutnovsky c’è una specie di rifugio/bivacco che ricorda una navicella spaziale o una scultura futurista. Il rifugio ha all’interno delle specie di materassi mangiucchiati e poco altro. Però offre una vista pazzesca ed è abitato da una bellissima e sociale volpe rossa. Da qui si può risalire il pendio subito alle spalle per poi svalicare nel vallone della centrale geotermica che è caratterizzato da una serie di bellissime colonne di vapore che escono direttamente dalla neve con un effetto che lascia a bocca aperta. Non bisogna però farsi stregare dalla bellezza del posto perché è necessaria una seconda salita per rientrare al rifugio.

L’ascesa del Mutnovsky (2.322 metri) è molto semplice: basta seguire la direzione dell’unica spaccatura che permette di entrare nella caldera del vulcano. Una volta entrati in questa profonda valle si apre una vista che lascia sbalorditi: fumarole escono ovunque dal terreno e due grandi colonne di fumo salgono da due crateri che si trovano all’interno della caldera principale. Il resto della caldera presenta pendii perfetti per essere sciati con una neve, vista la protezione dal vento, che è spesso molto bella e polverosa. Sciare nella polvere dentro la caldera di un vulcano attivo è qualcosa di unico e penso mi resterà nella mente per sempre. Dal rifugio, scendendo verso valle per alcune centinaia di metri, si raggiungono i pendii dell’enorme vulcano Gorely (1.800 metri) che a differenza degli altri non ha la classica forma piramidale, ma è più simile a un’enorme collina con sopra una gigantesca caldera. I dolci pendii permettono una sciata rilassata anche se a dire il vero noi non eravamo così rilassati in considerazione delle tante e recenti orme di orso che abbiamo incrociato durante la salita. Dalla cima si scende in direzione del passo che porta fino a Snow Valley dove ci attendeva l’ultima cena a base di granchi reali e tanta Vodka per brindare a un posto di una bellezza unica e primordiale.

Vista la complessità dei trasporti tra una zona e l’altra è consigliato affidarsi a un’agenzia locale. Noi abbiamo scelto di appoggiarci all’amico Grigory Mintsev, che avevamo già conosciuto in Siberia, e alla sua agenzia Skiing in Kamchatka. Il nostro tuttofare-cuoco-fotografo-sciatore Denis Lomakin è una di quelle persone che vorresti sempre con te in una spedizione. Vista la variabilità del tempo, la forza dei venti e la lontananza dalla civiltà è consigliato avere con sé una guida esperta. Paolino Tassi (poltassi@gmail.com) organizza ogni anno un viaggio in Kamchatka e di sicuro con lui non vi annoierete mai!

© Martino Colonna

QUESTO ARTICOLO È STATO PUBBLICATO SU SKIALPER 127, PUOI COMPRARLO QUI.

 


Orotovox: avviso precauzionale di sicurezza per le cartucce al carbonio degli Avabag

Ortovox ha emesso un avviso precauzionale di sicurezza per le cartucce al carbonio degli airbag Avabag. A seguire riportiamo il comunicato stampa dell'azienda.

Purtroppo abbiamo dovuto constatare che nelle CARTUCCE AL CARBONIO AVABAG ORTOVOX prodotte in un determinato periodo, in casi isolati, può verificarsi una perdita di pressione.

Ciò è dovuto a un difetto dell’adattatore della cartuccia. In circostanze sfavorevoli ciò può compromettere la forza di sgancio del sistema airbag AVABAG. Sono interessate solo le cartucce di una serie di produzione con un adattatore blu scuro. Tutti gli altri adattatori della cartuccia (blu chiaro e argento) provengono da altri cicli di produzione e non sono interessati dall’avviso di sicurezza. Un'eventuale perdita di pressione della cartuccia può essere identificata in modo affidabile con un test di pesatura della cartuccia da effettuarsi prima di ogni utilizzo del sistema. Al fine di escludere qualunque rischio ricordiamo ancora una volta in via precauzionale che il peso della CARTUCCIA AL CARBONIO AVABAG deve essere assolutamente controllato con un test di pesatura prima di ogni utilizzo di uno zaino airbag AVABAG. Puoi trovare una descrizione dettagliata di questo test nelle istruzioni per l’uso contenute in ogni zaino airbag AVABAG nonché al LINK. Se le cartucce non fanno riscontrare alcuna perdita di pressione durante il test di pesatura possono essere utilizzate immediatamente senza alcun problema. Le cartucce interessate dalla perdita di pressione possono essere sostituite dal rivenditore specializzato. Tutte le informazioni e le istruzioni per il controllo della propria cartuccia possono essere richiamate sulla homepage di ORTOVOX al seguente LINK. Il servizio di assistenza di ORTOVOX può essere contattato per email all'indirizzo avabag@ortovox.com e telefonicamente al numero 0049-89-66675 215.