SCARPA punta sull'avvicinamento veloce con Rapid
A guardarla sembra proprio una scarpa da trail o da skyrunning. La nuova SCARPA Rapid, novità della primavera-estate 2021 appena presentata dall’azienda di Asolo, va a inserirsi nel già ampio segmento approach del marchio. Nomen omen, e infatti sembra essere proprio la velocità l’arma segreta della nuova arrivata e la sua missione gli avvicinamenti veloci. Poi la si può attaccare facilmente allo zaino o all’imbrago e il peso di soli 295 gr (250 gr nella versione da donna), agevola l’opera. Da non sottovalutare i plus in discesa dove si può contare su un prodotto veloce e grippante (suola con mescola in Vibram Megagrip) come una scarpa da skyrunning e con un’intersuola in EVA a doppia densità per attutire gli impatti.
La calzata è avvolgente e precisa, grazie al sistema costruttivo interno Sock-Fit LW by SCARPA che evitapunti di compressione, fasciando il piede e garantendo una maggior stabilità laterale. La tomaia è realizzata in mesh tecnico con gabbia esterna in TPU film termosaldato di sostegno laterale, mesh anti pressione e antiurto sul collarino e linguetta per garantire durata e protezione nelle aree sensibili.
Garmin annuncia l'arrivo di altri gps multisport da polso solari
Dopo l’introduzione della tecnologia Solar nel 2019 su fēnix 6x, Garmin ha annunciato oggi l’estensione del fotovoltaico a tre serie di prodotti multisport da polso: fēnix 6, Instinct e tacticx Delta. La tecnologia interna, alla quale in Garmin lavorano da un paio di anni e che verrà via via estesa anche ad altre gamme, consiste in una speciale lente trasparente che non inficia in alcun modo l’estetica dei prodotti e prolunga l’autonomia dei prodotti in maniera economica e sostenibile. Un’innovazione non da poco per prodotti che, utilizzando in alcuni casi anche sofisticate mappe a colori, vedono aumentare notevolmente la loro autonomia. Tutti i modelli Solar sono già da oggi in negozio e sugli shop online.
Garmin Instinct Solar
I nuovi Garmin Instinct Solar sono concepiti per un utilizzo sport/outdoor anche in ambiente urbano. Il risultato della combinazione tra la ricarica solare e la nuova modalità di Risparmio Energetico, in condizioni di utilizzo standard come smartwatch, garantisce fino a 24 giorni senza ricarica; autonomia che raddoppia nel caso di esposizione al sole secondo quanto dichiarato dalla casa americana. Oltre alle funzioni già note, i modelli Garmin Instinct includono anche la rilevazione Pulse Ox, per monitorare il livello di ossigenazione del sangue, e la funzione Body Battery, per rilevare il livello energetico dell’utente attraverso il controllo del sonno, dell’intensità dell’allenamento e molto altro. Instinct Solar – Surf Edition è la novità progettata per gli amanti della tavola e delle onde. Permette di conoscere i dati delle maree e l’analisi automatica di onde, velocità e distanze percorse dai surfisti. È stato progettato avvalendosi della collaborazione degli atleti più esperti di questo sport. I nuovi Instinct Solar e Instinct Solar – Surf Edition sono disponibili a partire da un prezzo consigliato al pubblico di 399,99 euro.
Garmin fēnix 6 Solar Edition
Dopo il successo del modello fēnix 6X – Pro Solar, la famiglia degli sportwatch top di gamma Garmin si amplia con i modelli fēnix 6 – Pro Solar e fēnix 6S – Pro Solar che, integrando la tecnologia Power Glass, permettono un utilizzo ancora più prolungato, non solo per la navigazione terrestre e la pratica sportiva, ma anche per attività quotidiane in modalità smartwatch, come l’ascoltare musica o fare acquisti tramite la soluzione di pagamento contactless Garmin Pay. fēnix 6S – Pro Solar (con cassa da 42 millimetri) ha un’autonomia garantita fino a 9 giorni che si estende con l’esposizione al sole del display. La batteria di fēnix 6 – Pro Solar (con cassa da 47 millimetri), invece, in modalità smartwatch garantisce un uso fino a 16 giorni se adeguatamente ricaricato con la luce solare. Questi i dati dichiarati dalla casa. È disponibile anche la versione fēnix 6 e 6S Solar, che fornisce tutte le funzioni della serie PRO ma senza caratteristiche avanzate come la mappa e la possibilità di caricare musica: un prodotto perfetto per chi desidera allenarsi e fare sport.
Oltre alla tecnologia Solar, i fēnix 6 – Pro Solar e fēnix 6S – Pro Solar prevedono nuovi profili sport dedicati al surf, alla mountain bike e all’arrampicata indoor. Un’evoluzione che apre ancora più vie all’avventura.
- Profilo surf: i surfisti potranno tracciare la linea di ogni onda affrontata, il tempo dell’attività, la velocità massima raggiunta e l’onda più lunga cavalcata. Inoltre, durante una uscita con la tavola nelle zone sorvegliate dal servizio di webcam Surfline, sarà possibile caricare l’attività sul proprio account Surfline e successivamente visualizzarne il video tramite Surfline Session.
- Profilo mountain bike: grazie alla nuova funzione Grit and Flow i bikers potranno tenere traccia di dati specifici per il mondo off-road, tra cui il GRIT, che analizza la tipologia delle caratteristiche del tracciato, e il FLOW, che analizza la fluidità del tracciato.
- Arrampicata indoor: i climber saranno in grado di monitorare il numero di vie effettuate, la distanza verticale percorsa, il tempo di salita, il grado di difficoltà di ogni percorso e molto altro.
La gamma Garmin fēnix 6 – Solar Edition prevede tutte le funzioni più apprezzate della serie esistente, come il monitoraggio completo del riposo, che fornisce un’analisi dettagliata delle fasi di sonno leggero, profondo e REM, il livello di ossigenazione del sangue tramite Pulse Ox, Smart Notification e Garmin Pay.
I nuovi Garmin fēnix 6 – Solar Edition sono disponibili a partire da un prezzo consigliato al pubblico di 749,99 euro.
Un concorso fotografico per il calendario delle montagne lombarde
Un concorso fotografico per raccontare con le immagini le montagne più belle della Lombardia nel quale i protagonisti non sono fotografi professionisti, ma gli escursionisti e i frequentatori di queste montagne. È l’idea del marchio di abbigliamento outdoor lecchese Ande che porterà alla realizzazione del calendario 2021Montagne di Lombardia – Magnifica Visione e di una mostra a Lecco. «Il progetto vuole dare espressionealle emozioni raccolte dai tanti residenti e visitatori della regione Lombardia - fanno sapere dall’azienda lombarda - Questo concorso vuole essere da stimolo, di forte valorizzazione e sensibilizzazione nei confrontidel territorio lombardo, di tutte le sue bellezze architettoniche e naturali dandone visione attraverso lafotografia».
Ogni mese, da luglio a fine ottobre, saranno selezionate dalla giuria 12 fotografie, 10 tra quelle ricevute e altre due foto in cui l’età sarà un ulteriore parametro di selezione, una realizzata dal più giovane concorrente e una dal più anziano. Le 12 migliori foto e la copertina verranno pubblicate sul calendario, mentre tutte le 48 immagini verranno esposte a Lecco nel mese di dicembre. Gli scatti mensili verranno inoltre pubblicati sui canali social di Ande.
I temi delle foto sono la cima o luogo del cuore, il sentiero del cuore, l’alba più emozionante, il tramonto con gli amici, il trekking, i panorami, la flora, la fauna, le persone che tengono viva la tradizione della montagna, le nuove generazioni e le professioni future della montagna, i prodotti della montagna, l’architettura di montagna e i rifugi.
Info qui
Fabian Buhl, il tuttofare discreto
«La prima volta che ho sentito parlare di Fabian Buhl è stata quando, nel 2016, ha aperto la via Ganesha con uno stile purissimo: dal basso, in solitaria, autoassicurandosi, con appena quattro spit su sette tiri. Per spiegarla meglio, significa porsi prima di partire dei paletti etici molto forti e complicarsi enormemente la vita, sia sul piano mentale che pratico: vuol dire accettare l’idea di poter fare potenzialmente dei voli lunghissimi, o finire in un punto cieco dal quale non sarebbe più stato possibile continuare verso l’alto, magari dopo giorni o settimane di lavoro. E tutto ciò da soli, senza avere qualcuno su cui contare o semplicemente con cui dividersi la fatica». Inizia così l’intervista di Federico Ravassard a Fabian Buhl su Skialper 130 di giugno-luglio.
A sorprendere ancora di più è il background di Fabian, ovvero quello di anni di bouldering, spinto ai massimi livelli e poi messo da parte a causa dei troppi infortuni in seguito ad atterraggi violenti. Certo, passare dallo scalare massi alle aperture su grandi pareti in solitaria per evitare di farsi male può sembrare un filo irrazionale, ma se si va a guardare il suo curriculum non bisogna soffermarsi troppo su questi dettagli, anzi, con una visione macroscopica si capisce bene quale sia l’idea di evoluzione di un personaggio così poliedrico. Fabian fa di tutto, e lo fa bene: dai monotiri trad alle spedizioni extraeuropee, dalle vie lunghe sul calcare compatto del Rätikon come Déjà, fino a imprese come quella, più recente, che l’ha visto decollare dalla cima del Cerro Torre in parapendio, con una manovra che lui stesso ha definito piuttosto fortunata.
«Prima di darmi all’arrampicata ho praticato lo sci alpino a livello agonistico fino a 16 anni, poi ho smesso perché non mi piaceva più la pressione di gare e allenamenti. Il contatto con la roccia è quindi avvenuto su uscite tranquille in falesia o su multipitch, senza passare dalle competizioni indoor, poi mi sono focalizzato maggiormente sul bouldering dove ho alzato il livello fino a quando, dopo diverse fratture alle caviglie, mi è stato consigliato di evitare ulteriori impatti forti come quelli che avvengono quando si scala sui blocchi. Da quel momento ho ricominciato a scalare con la corda, ma interessandomi maggiormente all’arrampicata trad o comunque più alpinistica, fino ad arrivare alle spedizioni extraeuropee. Contemporaneamente mi stimolano anche le multipitch dure come Déja, che sono più semplici logisticamente, ma richiedono il massimo dalla condizione fisica».
Ci sono tutti i presupposti per una lettura interessante… L’articolo completo è su Skialper 130 di giugno-luglio, ora in edicola e prenotabile anche nel nostro online-shop
Le novità Ortovox per l’estate 2021
Con la linea Dry Series, Ortovox presenta la sua prima collezione di zaini resistenti a ogni condizione meteorologica. La nuova giacca e i nuovi pantaloni Westalpen 3L completano la collezione dedicata all’alpinismo su neve e ghiaccio lanciata nell’estate del 2020. Oltre a queste novità, per l’estate 2021 Ortovox punta su articoli già collaudati. Il 75 % della collezione, infatti, sarà costituito da modelli presentati sul mercato per l’anno in corso.
Zaini
La prima linea di zaini meteo-resistenti di Ortovox, dedicata al trekking ad alta quota, all’alpinismo su neve e ghiaccio e all’arrampicata, è impermeabile e non necessita di una cover antipioggia aggiuntiva. Inoltre è completamente priva di PFC. Tre sono i modelli della linea Dry Series, ciascuno con un sistema dorsale dalla lunghezza regolare o ridotta: Peak 40/38S Dry, Traverse 30/28S Dry e Trad 30/28S Dry. Tutti e tre combinano funzionalità e comfort grazie a una struttura studiata ad hoc, dettagli tecnici e comodi sistemi dorsali che permettono la migliore distribuzione del carico. Il materiale esterno e le cuciture termosaldate ad alta frequenza sono impermeabili. Il sottile strato esterno in PU e il rivestimento interno in TPU rendono lo zaino assolutamente impermeabile senza bisogno di un ulteriore trattamento DWR, garantendo completa protezione dell’equipaggiamento stivato nello zaino.
Westalpen 3L
Un sistema adatto a ogni condizione. Con le novità dell’estate 2021, Ortovox completa la collezione dedicata all’alpinismo ad alta quota e alle uscite di trekking più impegnative, aggiungendo un outfit hardshell robusto, tecnico e altamente funzionale: la giacca e i pantaloni Westalpen 3L. La nuova combinazione a tre strati fa parte del sistema Westalpen che si suddivide in hardshell, softshell e un ultimo strato isolante. Grazie al taglio delle maniche e del busto, la giacca antivento e impermeabile con membrana Dermizax NX garantisce la massima libertà di movimento. Ciò significa che è possibile portare le braccia oltre la testa senza alcuna difficoltà anche quando s’indossano l’imbragatura e lo zaino. Le tasche frontali e le cerniere sono studiate per essere facili da utilizzare in ogni momento. Il cappuccio lascia spazio di movimento, è regolabile sia in orizzontale che in verticale ed è compatibile con il casco. Inoltre è possibile regolare l’ampiezza delle maniche e degli orli. Il colletto foderato in lana Merino è più alto dei comuni colletti. Queste caratteristiche rendono la giacca adatta ad affrontare anche le condizioni più avverse. I nuovi pantaloni tecnici sono robusti e adatti per un uso sia estivo che invernale. L’innovativa regolazione della larghezza dell’orlo delle gambe ne aumenta la praticità. Le due possibilità di regolazione interna permettono ai pantaloni di adattarsi rapidamente alla larghezza dello scarpone da sci o, laddove sia necessario indossare i ramponi, agli scarponcini da montagna. Il sistema Quick-Gaiter integrato rende superfluo l’uso delle ghette e il paralamine in Cordura e Dyneema assicura la massima resistenza all’abrasione.
Mondiali ad Andorra, lunghe distanze alla Pierra Menta e cinque tappe di Coppa del Mondo: definito il calendario internazionale ISMF 2020/21
Nonostante l’incertezza legata alla pandemia e la crisi economica, la ISMF ha comunicato oggi il calendario internazionale dello scialpinismo per la prossima stagione invernale. Naturalmente è suscettibile di modifiche in funzione della situazione sanitaria, ma è già un bel punto fermo. L’appuntamento con i Mondiali è dal 26 febbraio al 3 marzo a La Massana, Andorra, mentre la Pierra Menta, dal 10 al 13 marzo, ospiterà la novità Mondiali Long Distance, evento in collaborazione con La Grande Course. Tre appuntamenti in Italia per la Coppa del Mondo: opening a Pontedilegno-Tonale il 19 e 20 dicembre con sprint e vertical, poi si replica il 20 e 21 febbraio al Marmotta Trophy, in Val Martello, con sprint e individual e finali a Madonna di Campiglio dal 25 al 28 marzo con tutte le specialità. Il 29, 30 e 31 gennaio la Svizzera Val de Bagnes ospiterà vertical e individual, ma è da confermare la tappa di Courchevel, in Francia, del 3-6 febbraio con vertical, individual e sprint. World Winter Games militari CISM dal 24 al 27 marzo a Berchtesgaden-Ruhpolding, in Germania. Infine i Mondiali Masters saranno a La Grande Trace, a Superdevoluy, in Francia, l’11, 12 e 13 febbraio, con vertical e team race.
Steve House, l’alpinismo come arte e allenamento
«4100 metri di parete. 5 viti da ghiaccio, 9 chiodi, 6 nut, 3 friend, 50 metri di corda dinamica. 6 giorni di salita, 2 di discesa. I numeri sono freddi e sterili, ma se si è in grado di leggerli raccontano tantissimo anche da soli. Quando nel 2005 Steve House e Vince Anderson hanno scalato la parete Rupal sul Nanga Parbat, l’impresa è risuonata come uno sparo nell’ambiente alpinistico a causa della purezza dello stile, oltre che per l'audacia. Aprire una via del genere in stile alpino, scalando veloci e leggeri, richiede tantissima dedizione. Richiede però anche una forma fisica di ottimo livello, per riuscire a scalare tutte quelle ore (scriverei ‘giorni’ ma si perderebbe il senso di continuità dello sforzo) rimando lucidi ed efficienti». Inizia così l’intervista di Alessandro Monaci a Steve House.
L’alpinismo, da fuori ma anche da dentro, è visto come un’avventura, come un'attività che mette in gioco la testa delle persone. Questo è vero, ed è quello che lo differenzia da uno sport agonistico di resistenza, per quanto duro e lungo sia quest’ultimo: durante una salita come quella di House e Anderson non ci si può ritirare all'improvviso (anche scendere vuol dire comunque fare alpinismo ed essere impegnati in modo non dissimile dalla salita) e lo sforzo, più che un esprimere al meglio le potenzialità dei muscoli, diventa un raschiare il fondo del barile del proprio corpo, cercando di sopravvivere. Questo ha fatto troppo spesso mettere in secondo piano le capacità atletiche di alcuni alpinisti. Se un profano guardando un video di Steck che scala una grande parete nord in circa due ore pensa «che folle!», un alpinista osservando lo stesso filmato dovrebbe chiedersi: «Come si è allenato per essere così veloce?».
È proprio per questo che House ha scritto Allenarsi per un nuovo alpinismo, da poco pubblicato in italiano dalla nostra casa editrice, evidenziando gli errori e le soluzioni nell’allenamento che lo hanno portato a essere uno degli alpinisti di punta degli ultimi anni. Le tecniche e i principi di base non sono nuovi e sono ben spiegati da Johnston, allenatore della nazionale di fondo USA. A Steve è toccato il compito di adattarli all'alpinismo e testarli.
Su Skialper 130 di giugno-luglio Alessandro Monaci ha intervistato l'alpinista statunitense per approfondire la sua idea di allenamento e di alpinismo di alto livello. «Poiché l'alpinismo non è competitivo, la durata della carriera di un alpinista è molto più lunga rispetto, per esempio, al ciclismo - ha detto House - Penso che una carriera atletica di 20 anni di alto livello sia possibile per un arrampicatore, anche se solo 5-10 di questi saranno al culmine assoluto».
Interessanti anche le sue considerazioni su alpinismo e professionismo. «Io non ho deciso di essere un alpinista professionista. Infatti, in senso stretto, lo sono stato solo per i pochi anni in cui non ho realmente lavorato. L’idea di essere un arrampicatore di professione mi ha sempre fatto sentire a disagio. Penso sia necessario creare qualcosa di utile nel mondo e non vedo come un alpinista possa creare niente oltre ai propri risultati. Per questo motivo, io ho sempre lavorato. Prima come guida alpina, poi come autore e adesso come allenatore e imprenditore, aiutando gli atleti di sport di montagna ad allenarsi con le migliori conoscenze e pratiche».
Skialper 130 di giugno-luglio, ora in edicola, è prenotabile anche nel nostro online-shop
Scontro per una prima ascensione
«Di rado vie dolomitiche di massima difficoltà si trovano così concentrate su una montagna come sul Civetta. Da decenni la sua bastionata nord-occidentale, lunga sei chilometri e alta fino a 1.200 metri, affascina magicamente l’élite arrampicatoria. Qui già nel 1925 fu scritto un capitolo importante della storia dell’alpinismo, quando con la loro via di VI grado Emil Solleder e Gustav Lettenbauer inaugurarono una nuova epoca dell’arrampicata su roccia. In seguito alpinisti come Philipp, Flamm, Buhl, Aste, Mazeaud, Maestri, Comici, Cassin ed Egger, mediante vie nuove o tempi di percorrenza veloci, hanno letteralmente scritto i propri nomi sulla parete delle pareti. Con le sette vie che portano alla cima principale del Civetta, a metà degli anni Sessanta le possibilità di ascensione non sono però ancora del tutto esaurite. Sembra esserci un problema ancora aperto: una direttissima tra la Philipp-Flamm e la Solleder». Così scrive Markus Larcher nel libro Heini Holzer – La mia traccia la mia vita pubblicato dalla nostra casa editrice nel 2018.
Ed è così che nel luglio del ’67 Heini Holzer con Sepp Mayerl, Reinhold Messner e Renato Reali apre la Via degli Amici in un clima di competizione alpinistica. «Sono un po’ più avanti degli altri, e quando apro la porta del rifugio mi imbatto in Heinz Steinkötter, un alpinista estremo tedesco che ha piantato le tende in Italia. Ci conosciamo. Il mio saluto cordiale incontra una faccia scura, e quando appaiono i miei tre compagni sembra come paralizzato, ammutolisce, è senza parole. Nell’aria dev’esserci qualcosa di scottante» racconta SeppMayerl. Assieme a Steinkötter ci sono altri noti alpinisti: Dietrich Hasse, Jörg Lehne e Hans Heinrich. Hasse e Lehne quasi dieci anni prima avevano compiuto la prima ascensione della diretta sulla parete Nord della Cima Grande e della parete Sud-Ovest della Roda di Vaèl. «Ben presto i nuovi arrivati fiutano l’aria (Mayerl), sebbene Steinkötter mantenga un ostinato silenzio sui possibili obiettivi. L’aria sa di prima ascensione. Senza indugio e in segreto Holzer e compagni cambiano piani. La possibilità, nel frattempo sempre più rara, di una prima ascensione non è cosa che ci si vuole lasciar sfuggire a cuor leggero. Alla fine, con sconcerto degli altri, i quattro annunciano che si cimenteranno con la direttissima.
Su Skialper 130 di giugno-luglio, ora in edicola e prenotabile nel nostro online-shop il racconto della prima ascensione sulla Via degli Amici al Civetta.
Il libro Heini Holzer – La mia traccia la mia vita è acquistabile qui.
Salomon per la Croce Rossa Internazionale
Salomon ha annunciato che devolverà un importante contributo per l’emergenza COVID-19 gestita dal Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) attraverso il ricavo delle vendite della collezione Golden Trail Series Limited Edition. La linea di prodotti by Golden Trail Series (GTS) in vista dell'estate 2020 è totalmente nuova e intende celebrare gli eventi trail running che Salomon ha lanciato tre anni fa per riunire gli atleti élite. La silhouette GTS è disponibile nei Brand Store Salomon e nei negozi premium partner in 20 Paesi, nonché online su salomon.com. Tra i prodotti in edizione speciale le scarpe Sense Ride 3, in colorazione uomo e donna, lo zaino ADV Skin 5 Set, la maglietta Sense 37.5 Tee, i pant Sense Short e le calze Sense Support Sock.
François Cazzanelli, la velocità dietro casa
«Più il terreno diventa tecnico, più essere veloci e leggeri diventa una specialità riservata a un’élite alpinistica. Ti basti pensare alle salite in velocità sul Nose. Fantascienza! Ovvio che su terreno via via più tecnico parte del tempo deve essere impiegato per proteggersi, per assicurarsi, per fare sosta. Anche nell’alpinismo però c’è voglia di confrontarsi con il tempo, ma personalmente non penso che vada cercata la velocità per confrontarsi con un tempo, ma perché invece è in grado di offrirti la possibilità di godere di un maggior numero di prospettive stando in montagna. Spesso si vuole correre senza saper camminare: per muoverti veloce in montagna ritengo che sia fondamentale avere un curriculum alpinistico classico. Ci devi passare, devi essere un alpinista. Succede lo stesso nelle grandi gare di scialpinismo: per vincerle, per andare forte, non bastano i metri di dislivello che puoi macinare a bordo pista. Devi essere uno scialpinista».
Parole e musica di François Cazzanelli, che lo scorso inverno, per non annoiarsi, ha chiuso un progetto già provato due volte. Propio dietro casa sua, in Valtournenche. Perché non sempre bisogna andare lontani per trovare sfida e avventura. «È una cresta enorme, comprende in totale 20 vette: la più alta è quella del Cervino con i suoi 4.478 metri. Per le sue dimensioni, per le altezze e per i passaggi vertiginosi, la cresta è sicuramente una delle più spettacolari delle Alpi: misura circa 51 chilometri ininterrotti con 4.800 metri di dislivello positivo». François parla del primo concatenamento invernale delle Catene Furggen, Cervino, Grandes Murailles e Petites Murailles, portato a termine con Francesco Ratti. Il nostro Andrea Bormida l’ha intervistato su Skialper 130 di giugno-luglio. Però non hanno parlato solo del concatenamento, ma anche di Kilian, di materiali, si alpinismo classico, di Carrel, di Loretan…
Appuntamento su Skialper 130 di giugno-luglio, ora in edicola e prenotabile nel nostro online-shop.
Alla ricerca di Tom Ballard
«Il collegamento si era interrotto all’improvviso, ma Alex Txikon non aveva alcun dubbio: il video che stava guardando mostrava due corpi senza vita; non c’era stato il tempo di scattare una foto, prima che il drone smettesse di trasmettere, ma l’immagine di quei due corpi si era impressa nella sua mente. «Ho riconosciuto i loro zaini, i guanti, i berretti che indossavano e anche la forma dei loro corpi» racconterà dopo. I due corpi, legati alla stessa corda, distanti non più di tre metri l’uno dall’altro, si trovavano a circa 5.800 metri, in un labirinto di rocce e neve. Il primo, ancora appeso alla corda, penzolava all’interno e fuori dall’inquadratura del drone; il secondo, anch’esso attaccato alla corda, giaceva riverso su una roccia, qualche metro al di sotto del suo compagno».
Comincia così l’articolo di Michael Levy, editor di Rock & Ice, su Tom Ballard, pubblicato da Skialper in esclusiva per l’Italia. Più che un articolo un vero e proprio libro sulla vita dell’alpinista scomparso nel 2019 al Nanga Parbat insieme a Daniele Nardi. Un romanzo avvincente di 20 pagine per la passione che Levy ha messo nella prosa, ben tradotta da Simona Righetti con la revisione di Leonardo Bizzaro, ma anche un incredibile lavoro di documentazione, con decine di testimonianze e di citazioni. Ne esce un ritratto di Ballard fin da bambino, del suo rapporto con la madre Alison Hargreaves, definita da Reinhold Messner come la più forte fra le alpiniste donne e morta al K2 nel 1995. Un’ombra, quella della madre, che inseguirà per tutta la breve vita Tom che nella sua carriera alpinistica ripercorrerà spesso le orme di Hargreaves, come sulle grandi pareti Nord delle Alpi, che Tom ha completato in invernale e sulle quali accade anche un curioso episodio molto simile a entrambi. Alla Nord dell’Eiger infatti Alison si era imbattuta in svariati pezzi di equipaggiamento: una vite da ghiaccio, una piccozza, un guanto e altri piccoli frammenti non perfettamente riconoscibili e alla fine dei detriti aveva identificato il corpo senza vita di un alpinista. Si trattava di un alpinista spagnolo che aveva tentato la salita ed era morto cadendo. «Scendendo lentamente e con la massima attenzione dalla vetta dell’Eiger, Tom nota dapprima frammenti di plastica arancione sparpagliati nella neve, poi poco più in là un guanto e più sotto ancora scorge un corpo. Uno sciatore, incontrato poco prima sulla cima, è precipitato battendo la testa su una roccia; il casco arancione si è frantumato nell’urto e il ragazzo è morto. Tom non ha mai visto un cadavere e quella visione gli ricorda quanto pericolosa sia la passione che ha scelto come compagna di vita. La similitudine con quanto accaduto alla madre proprio sull’Eiger, più di vent’anni prima, lo colpisce non poco: Ci è successa quasi la stessa cosa. È molto triste, ma al tempo stesso è come aver vissuto un déjà vu commenterà».
Levy, attraverso le testimonianze di chi l’ha conosciuto meglio, dalla fidanzata ai compagni di spedizione, ripercorre l’infanzia di Ballard e la carriera alpinistica alla ricerca del perché sia andato al Nanga Parbat in inverno senza avere mai avuto esperienze, neppure estive, su un ottomila.
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Alex Txikon, l'alpinismo è immediatezza
«La vita media oscilla intorno ai 33.000 giorni, se dipendesse da me passerei la maggior parte del tempo di questo viaggio tra le montagne. Se ci fermiamo un attimo a pensare, ci sono molte cose importanti. Però solo due sono essenziali: la vita e il tempo. Ed è proprio in questi momenti che guardo indietro e vedo un bambino che gioca e sale sulla bici e, sorpreso e inquieto, mi domando: come è passato tutto così velocemente, vero?».
Alex Txikon ha preso sul serio questa sua affermazione, anche nei mesi scorsi quando si è allenato in Antartide prima di partire per l'Himalaya. Risultato? Road to Himalayas: partenza dal Cile a bordo di una barca a vela il 14 dicembre per andare a scalare ed esplorare nelle isole Shetland Meridionali, attraversando il burrascoso Canale di Drake. Poi, all’inizio di gennaio, con solo due giorni di riposo, subito in Nepal per scalare l’Ama Dablam e tentare l’Everest.
L’alpinista basco non è uno che ama rimanere fermo e il suo curriculum alla soglia dei 40 anno lo dimostra. E va in Himalaya quasi tuti gli inverni: «gli Ottomila invernali continuano a essere un luogo nel quale mi trovo a mio agio, mi piace lottare con le condizioni meteorologiche, mi piace soprattutto la montagna, perché è completamente diversa e non c’è l’affollamento degli altri mesi dell’anno». Su Skialper 130 di giugno-luglio Alex ci ha raccontato l’ultima spedizione, i suoi progetti, i suoi ricordi più belli, ha parlato di droni e di igloo, di bici, di moto, di rischio: «I limiti, la paura, il rischio li stabilisci tu stesso. La paura, il limite e il rischio sono i compagni della prudenza: più paura, più prudenza. Al contrario di quanto si pensi».
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