Aku Climatica per il viaggio
Da qualche anno si fanno strada (è proprio il caso di dirlo) nel grande mercato outdoor sempre più scarpe travel, o da viaggio, modelli che strizzano l’occhio al lifestyle ma hanno un minimo di caratteristiche tecniche che le rendono sì comode durante le vacanze o per la vita di tutti i giorni, ma anche adatte per qualche passo nella natura o per sopportare agevolmente un acquazzone. La nuova scarpa travel del calzaturificio veneto AKU, Climatica, è una delle più riuscite ed è disponibile con tomaia in nubuck e scamosciato. Pesa 375 grammi e ha un prezzo di 174,90 euro (Climatica Suede GTX). Info: www.aku.it
Ecco le principali caratteristiche di Climatica
Sock fit construction
Il piede è avvolto come in una calza e restituisce la sensazione di comfort immediato e di essere tutt’uno con le proprie calzature.
Fast lacing system
Sistema di allacciatura che permette di regolare i lacci velocemente e con semplicità, garantendo una fasciatura salda.
Laminato Gore-Tex elasticizzato
Unisce alle caratteristiche di impermeabilità e traspirabilità della membrana il comfort e la precisione del fitting di un materiale elasticizzato.
Rinforzo in TPU
Il rinforzo in TPU (poliuretano termoplastico) è disegnato per controllare la torsione e la flessione della scarpa mantenendo un’ampia superficie traspirante sotto il piede.
Gore-Tex Surround
Tecnologia di prodotto che offre ai piedi un comfort climatico a 360° e permette la traspirazione in ogni parte, anche nella zona plantare, senza compromettere la protezione impermeabile. I piedi rimangono freschi, asciutti e comodi anche con temperature elevate.
Griglia di ventilazione
L'umidità e il calore vengono allontanati dal basso, tramite il laminato Gore-Tex, in una griglia di ventilazione. Da lì possono fuoriuscire attraverso le ampie aperture laterali della suola.
Aperture laterali nella suola
Attraverso le aperture posizionate sul lato della suola, l'umidità e il calore vengono allontanati non solo attraverso la tomaia.
AKU Tenuta Grip
La mescola e il battistrada, messi a punto da AKU, sono studiati per un utilizzo misto, fuoristrada e urbano, con una speciale tenuta su superfici lisce e umide.
Local traceable
Le materie prime provengono prevalentemente da fornitori locali, con piena tracciabilità di ogni componente del prodotto, garanzia di trasparenza nei confronti dell’utilizzatore.
Per gli 80 anni di Scarpa arriva F80
Dopo la Mojito special edition per i 70 anni di Scarpa, che pochi fortunati conservano ancora come una reliquia nell'armadio, ecco che la storica azienda veneta, che nel 2018 festeggia 80 anni, lancia due nuovi prodotti limited edition. Lo scarpone da scialpinismo F1 si veste di rosso e si impreziosisce del logo storico Scarpa in una versione realizzata in 2018 pezzi numerati. F80, questo il nome del modello, ha caratteristiche tecniche che rimangono fedeli all’attuale F1: versatilità, leggerezza, comfort e performance. Uno scarpone adatto a tutte le attività scialpinistiche, dalla salita con i ramponi, fino alla discesa in neve fresca, dove la Carbon Core Technology nello scafo e X-Cage Evo nel gambetto garantiscono una diretta trasmissione degli impulsi allo sci, favorendone il controllo e il divertimento. La leva posteriore ha ingombri minimi e permette un agevole e sicuro passaggio dalla fase Ski a quella Walk. Il duplice sistema di chiusura garantisce la massima precisione di calzata: il sistema Boa per l'avampiede e la leva Fast Buckle con fascia a velcro referenziata per l'area tibiale. La suola Vibram, infine, offre un grip molto valido in fase di camminata. Tra le novità di questo modello esclusivo, Scarpa aggiunge il sistema di localizzazione Recco. A F80 si aggiunge anche nella collezione lifestyle la scarpa Zero 8, che trae ispirazione dal leggendario modello da arrampicata Roch Star, vero best seller degli anni Settanta.

Sabato è il giorno della MonterosaSkiAlp
Manca poco: sabato 17 febbraio è il giorno dell’ottava edizione della MonterosaSkiAlp, la notturna a coppie sulle piste del Comprensorio ‘ski-alp friendly’ del Monterosa Ski. Percorso classico, 30 km e 2.750 metri di dislivello positivo, 14 cambi assetto: quest’anno la partenza sarà da Champoluc, poi passaggio a Belvedere, Colle Bettaforca, giro di boa a Stafal-Gressoney La Trinité e rientro attraverso sempre il Colle Bettaforca, poi Alpe Ciarcerio, Lago Ciarcerio e Belvedere. Le previsioni meteo sono ottimali con una temperatura in partenza di +2 e di -3 al Colle Bettaforca. Le iscrizioni si chiudono on-line venerdì 16 febbraio alle ore 18 su www.visitmonterosa.com/monterosaskialp; ma è possibile l’iscrizione direttamente il giorno della gara presso l’ufficio gara (nel salone polivalente di MonterosaTerme ad Ayas, piazzale Ramey, frazione Champoluc). La partenza alle 18, dalle 14 alle 17.30 il ritiro dei pettorali e dei chip di controllo, con briefing tecnico alle ore 17.
Caroline Face, 2.000 metri di ghiaccio
La Caroline Face è stata l'ultimo problema alpinistico neozelandese negli anni '70 e, con l'avvento dello sci su grandi pareti, nell’ultimo decennio una delle più grandi linee al mondo rimasta da sciare. Era stata addirittura inserita in una top ten di discese ancora da realizzare, insieme alla sud del Denali (poi scesa da Andreas Fransson), al K2 e altre ancora. L'ultimo tentativo, quello di Andreas Fransson e Magnus Kastengren nel 2013, terminò al Porter con la fatale caduta di Magnus, senza la quale probabilmente i due avrebbero sciato l'intera parete. Il problema è stato risolto lo scorso autunno da Enrico Mosetti, Tom Grant e Ben Briggs e su Skialper 116 di febbraio-marzo, già disponibile nell’edicola digitale e acquistabile anche nella versione cartacea sul nostro sito, lo stesso Mosetti ha scritto un interessante articolo sulla sua discesa.

DIMENSIONI E CONDIZIONI - Il grande problema della Caroline face non è tanto la pendenza, comunque per gran parte della discesa intorno ai 50°, quanto la dimensione della parete: duemila metri di ghiaccio tormentati da seracchi pensili qua e là. Per non parlare delle condizioni: la Nuova Zelanda non è certo nota per il clima mite e, per quanto riguarda il vento, la punta massima registrata in cima all'Aoraki/Mount Cook è di oltre 250 km/h. Senza contare i pericoli oggettivi di una parete simile.

IL GIORNO - «Già dal volo in elicottero la nostra linea sembrava in ottime condizioni e, cosa ancor più importante, il seracco a metà parete non era un muro strapiombante di cento metri, come appariva dalle foto di Tom del 2015, bensì una rampa che finiva su un muro arrotondato» scrive Mosetti. «All'alba del 27 ottobre ci siamo ritrovati a battere traccia nella neve, a tratti fino ben oltre la vita, per raggiungere la cresta est che ci avrebbe condotto fin sotto la cima mediana dell'Aoraki/Mount Cook. Dopo sette ore e mezza di sforzi, finalmente siamo sbucati in cresta. La cosa bizzarra è stata ritrovarsi su una montagna di 3.700 metri, avere l'oceano a meno di dieci chilometri in linea d'aria e al di là dei ghiacciai vedere la foresta pluviale». E poi giù per i 2.000 metri di neve e ghiaccio.

MALTE BRUN - Il gruppo si è anche concesso un’altra prima sulla Zig Zag Route, che solca la Malte Brun, montagna piuttosto prominente che, essendo la più alta, dà il nome a un sottogruppo di fronte al Cook.

Venerdì il via della trentacinquesima edizione della Transcavallo
Partirà venerdì pomeriggio la trentacinquesima edizione della Transcavallo, gara in tre tappe con l’ultima prova valida per l’assegnazione del campionato italiano a squadre. I monti dell’Alpago e le piste della Ski Area di Piancavallo ospiteranno le 100 squadre iscritte, tra queste molte squadre internazionali provenienti dalla Svizzera, Francia, Germania, Austria, Slovacchia, Norvegia, Stati Uniti e Repubblica Ceca. Il comitato organizzatore, presieduto da Diego Svalduz, ha allestito un’edizione, che con l’aiuto delle condizioni del manto nevoso, si preannuncia spettacolare.
Anche le previsioni meteo annunciano tempo stabile, dopo le ultime nevicate che hanno portato ancora 15 centimetri di neve fresca sul tracciato, da mercoledì dovrebbe insistere una situazione di alta pressione con un leggero rialzo termico nel fine settimana. Nello specifico, la prima tappa si correrà venerdì pomeriggio con circa 1000 metri di dislivello positivo con partenza in Alpago e arrivo all'imbrunire a Piancavallo con la salita all'inedita vetta del Colombera.
La seconda tappa riporterà gli atleti in Alpago, si rientrerà seguendo il tracciato della prova vertical mondiale passando prima per la vetta del Tremol (ancora in Friuli) per poi scavalcare l'ardita forcella Alta di Palantina. Infine si scierà verso l'omonima casera per affrontare la salita al Rifugio Semenza con l'inedita vetta del Cornor conquistata da Est. Infine si scenderà in Val de Piera con ultima asperità da conquistare, Cima Vacche. Il dislivello supera i 2000 metri.
La terza tappa come prima anticipato assegnerà il Campionato Italiano Senior-Master sul celebre percorso della Transcavallo moderna con il Monte Guslon come punto nevralgico della giornata e salito 3 volte, prima dalla Val del Cadin poi dalla Vallazza e infine dalla ‘mondiale’ Val Salatis con il ripido canalino delle placche a 55° di pendenza. Già in questi giorni i tracciatori, coordinati da Vittorio Romor, hanno percorso e iniziato a segnalare i tratti più tecnici del percorso. Il dislivello è di 2200. Il montepremi previsto è di oltre 20.000 euro con un assegno di 3500 euro per la prima squadra classificata al termine dei tre giorni. In abbinata alla competizione si svolgerà la Transcavallo Classic, una sorta di raduno, dove i partecipanti (numero massimo 100 iscritti) accompagnati dalle guide alpine, non solo anticiperanno il passaggio dei concorrenti, ma lungo il tragitto e nei rifugi interessati troveranno un’accoglienza speciale.
Scott S1 lo scarpone con ski walk anteriore
È uno scarpone nuovo ancor più che un nuovo scarpone: fortemente orientato al freeski in montagna, somma performance sciistica ai massimi livelli di segmento, camminabilità praticamente touring, peso contenuto sotto i 1.400 grammi al mezzo paio nella misura 26,5 MP per il modello S1 130 Carbon che abbiamo potuto provare su neve.
NOVITÀ - L’idea nuova che struttura lo scafo con inserti in carbonio bi-iniettati di ispirazione Superguide è Power Bridge: il linguettone frontale diventa l’elemento chiave. Il suo asse di rotazione con forte struttura a ponte è fissato da due solide boccole all’anteriore dello scafo. Sul collo del piede, davanti ai malleoli, è ben visibile il pensiero meccanico originale di Scott S1: il nuovissimo meccanismo ski-walk nella sua versione più recente e definitiva è un piccolo ammortizzatore metallico a ponte sopra la curva del linguettone dove lavora in sinergia con il soffietto in gomma. Non c’è alcun bisogno di manovrarlo perché basta aprire o chiudere il gancio centrale che passa sul collo spingendo in sede il tallone: l’automatismo metallico, semplice ma molto pensato, si libera per la salita oppure si blocca per la discesa. La semplicità e le piccole dimensioni di questa soluzione ci sembrano molto più invitanti della prima versione del meccanismo, che probabilmente avrebbe frenato l’approccio degli sciatori tradizionalisti.
MA PERCHÉ? - Perché ribaltare soluzioni sperimentate come il meccanismo ski-walk posteriore, posizionandolo davanti? La risposta si presenta alla prima curva lavorata bene: dopo un minimo di progressività si trova subito un appoggio solido per spingere a volontà, mentre il posteriore del gambetto supporta uniformemente la muscolatura grazie all’assenza di sedi e forme ibride per la meccanica. Il selettore ski-walk all’anteriore innesca una catena di fattori positivi, molto sensibili alla calzata della scarpetta super fasciante da subito, al suo meglio nella sede del tallone e attorno al tendine.
CHICCHE PER CHI SA APPREZZARE - Sganciando del tutto le rastrelliere si sfruttano tutti i 60 gradi di escursione dichiarata, che è tanta. La ferramenta non sbatacchia in salita se riposta nelle apposite sedi delle leve, il filo metallico è semi irrigidito dal rivestimento in plastica, la fascia alta Power Strap resta agganciata al passante quando aperta. La suola intelaiata è facilmente sostituibile con un cacciavite Phillips 2. Inclinazione regolabile velocemente applicando i pad velcro dietro la scarpetta calda, comoda ma ben strutturata come da sviluppo Scott delle ultime due stagioni.
Peso: 1.350 gr (26,5)
Prezzo: 769 € (Carbon)
Materiale: Grilamid. + inserti in carbonio
Linguetta in tre materiali per impermeabilità + mobilità
Inclinazione gambetto: 11.5°/13° + libero in salita
Scarpetta: S1 Performance pelle
Flex index: 130
Last: 101 mm
Escursione: 60°
Taglie: 25 - 31,5

Marker vuol fare l'Alpinist(a)
C’è molta attesa attorno al nuovo attacco Alpinist di Marker, il primo, vero, attacchino della casa tedesca che sarà in vendita dalla prossima stagione invernale. Emilio Previtali ha avuto l’opportunità di provarlo per Skialper e sul numero 116 di febbraio-marzo, già disponibile nell’edicola digitale e acquistabile anche nella versione cartacea sul nostro sito, all’interno di uno speciale di più di 30 pagine dedicato alle anteprime 2019 pubblichiamo un ampio articolo su un prodotto che è chiaramente pensato per imprese dove serve la leggerezza, anche sul versante più alpinistico dello skialp.

LEGGERO E ROBUSTO - Alpinist è un prodotto leggero (245 grammi senza ski-stopper), essenziale e soprattutto solido e robusto, che non ti pianta in asso. Ci sono alcune caratteristiche del prodotto, come la lunghezza di compensazione di quattro millimetri per garantire la sicurezza e il gioco tra punta e fissaggio posteriore dello scarpone quando lo sci viene sollecitato e deformato durante l’uso, che riescono a rievocare la storia e il prestigio di Marker. Altra caratteristica importante: i braccini del puntale dell’attacco Alpinist e della piastrina di base (che dispone finalmente di una dimensione e di una distanza dei fori di montaggio sullo sci di 38 millimetri, ideati per l’uso con aste più larghe dei classici sci race) sono rinforzati con carbonio a fibra lunga che garantisce il 30 per cento di rigidità in più rispetto a un attacco in solo metallo. Alpinist ha la non trascurabile caratteristica di consentire lo scorrimento della talloniera per adattarsi a scarponi di differente misura: il range di movimento è di 15 milillemetri (+/- 7,5). È disponibile con molle di sgancio da 4-9 DIN o 6-12 DIN, c’è lo ski-stopper opzionale ed è compatibile con tutti i rampanti All Pin Tech. Tutte caratteristiche che hanno fatto scegliere Alpinist al pro rider Stian Hagen, che prima usava Kingpin.


Alessandro Sandy Marchi e l'arte di shapeare
Per Alessandro Sandy Marchi, fondatore di Sandy Shapes, lo shapeing potrebbe essere definito quasi una missione visto che nella sua vita ha shapeato e shapea qualunque cosa: surf longboards, skate longboards, sci e - ovviamente - snowboard e splitboard. Le sue mani hanno progettato e plasmato qualsiasi tipo di tavola per scivolare su ogni tipo di superficie. Anche dal punto di vista estetico le sue tavole non passano certo inosservate, coniugando un’anima naturale con un look di design. Scendendo nel dettaglio ricordiamo, per chi se lo fosse perso, che la Zingara - modello split della casa - ha vinto il nostro award Revelation of the Year sulla Buyer’s Guide di questa stagione invernale. Siamo stati a trovare Sandy e a vedere come produce le sue ‘creature’. Ne parliamo su Skialper di febbraio marzo, già disponibile nell’edicola digitale e acquistabile anche nella versione cartacea sul nostro sito.

Un lavoro che è anche di contaminazione quello di Sandy, che non si è sottratto alle domande di Luca Albrisi. «Il know how che si è creato mescolando le tecnologie e le shapes di surf, snowboard e sci ha permesso di ottimizzare le curve dei camber e rocker, portando ad esaltare il carattere di ciascun modello o le esigenze del singolo rider e arrivando anche a creare vere e proprie tavole custom - dice Marchi -. Anche il mio studio del parallelismo delle sciancrature deriva del surf come alcune tecnologie come gli slimrails simili agli stepdeck del surf. Molto surf nello snowboard, molto snowboard nello sci, molto sci nello snowboard». E la Zingara? «Zingara… lei ti porterà dove mai nessun’altra ti ha portato. Il nome la descrive; ho voluto creare una geometria twin all mountain che permettesse un approccio molto frontale con la montagna in condizioni estreme e spazi limitati. È l’unico caso in cui siamo partiti dal modello split per poi derivarne anche la versione solida che oggi è la mia tavola più venduta…».



Torna la storica skymarathon sul Monte Rosa
Fabio Meraldi in 4h24’ e Gisella Bendotti in 5h34’. Sono passati 25 anni da quella incredibile (e per i tempi curiosa) gara che ha segnato la nascita dello skyrunning. Da Alagna al Monte Rosa, a quota 4.554 metri. Proprio per celebrare i 25 anni (eravamo nel 1993) ritorna il 23 giugno la Monte Rosa Skymarathon & Alagna Indren Skyrace. Per l’occasione sarà una gara a coppie, in cordata, con 35 chilometri di sviluppo e 7.000 metri di dislivello totale. Prevista anche una prova più corta, la Alagna Skyrace, fino a Punta Indren, a 3.260 metri, con 22 chilometri di sviluppo e 4.000 metri di dislivello totale. La Skymarathon è riservata a un massimo di 150 coppie e le preiscrizioni online sono aperte dal 14 al 28 febbraio (al costo di 150 euro). La skyrace sarà invece una gara singola aperta a massimo 300 atleti, con quota di iscrizione di 70 euro. Sarà ricco il montepremi, per un totale di 10.000 euro sulla prova a coppie e 3.600 sulla skyrace. Info: www.monterosaskymarathon.com
Dynafit TLT Speedfit, il livello superiore
Non solo in pista, non solo fuori. Scriviamolo subito: la base progettuale è quella del collaudato TLT 6 nella sua ultima versione, più muscolare. Ma Dynafit non si è limitata a qualche adattamento funzionale ai fondi trattati o ai fuoripista piuttosto pressati delle aree sciabili attrezzate. È vero che lo spoiler fisso in Pebax, non più amovibile come nei precedenti TLT6, è particolarmente adatto alla progressione frontale sulla massima pendenza tipica della pista risalita sulle pelli. Ed è vero anche che questa nuova versione della scarpetta leggera Custom Light è più termica, e che la cosa fa piacere nel freddo buio della notte. Ma la sensazione prevalente è che con Speedfit Dynafit abbia proprio portato TLT 6 a un livello superiore, aggiornato alle tendenze freeski che si fanno strada anche fra i tradizionalisti.
TLT VITAMINIZZATO - L’adozione del nuovo spoiler fisso in morbido Pebax, che rappresenta la novità più visibile, è certamente favorevole al comfort di utilizzo globale. La salita resta sufficientemente agile, e anzi si gode ora anche di una certa risposta elastica a fine spinta. Si perde qualche grado di escursione effettiva del gambetto, più che altro in apertura di caviglia, ma è veramente raro trovarne il fine corsa, anche esagerando. Insomma, siamo ampiamente in touring zone classica ed è possibile anche alzare frequenza e sviluppo del passo in ottica fitness. Ma quello che colpisce è il saldo insediamento del piede nella nuova scarpetta Custom Light: il foam è leggermente aumentato di spessore, ma è anche più tonico e svolge un grande lavoro di supporto insieme ai pad semirigidi alla linguella e al collare. Un piede normale viene fermato con forza e senza vuoti per tutto il suo volume, compresi il tallone e l’avampiede che in TLT6 + Custom Light trovavano più volume e un po’ troppa altezza sopra le loro sedi. Non abbiamo sentito il bisogno di una termoformatura, apprezzandone il supporto generalizzato e ben distribuito già con la forma originale: uno sviluppo di TLT in direzione del controllo in fase ski.
SPEEDFIT NON SOLO PISTA - La prontezza sullo spigolo di TLT Speedfit è superiore ai suoi predecessori TLT6 anche per via di una cura ricostituente alle plastiche in zona caviglia, visibile sulla tridimensionalità del gambetto attorno alle boccole. Inoltre il Grilamid scelto per Speedfit è caratterizzato da un alto modulo elastico: chi ha esperienza dei precedenti TLT 6 se ne può accorgere anche al tatto. Si tratta proprio di ciò che serve per tenere giù la caviglia nelle pieghe carving in pista, ma è anche un bel passo avanti nella sensibilità necessaria fuori per dosare la presa sui fondi irregolari. La caratteristica chiusura superiore Dynafit Ultralock 2.0 lavora in bella sinergia con l’omonimo Ultralock Strap, dalla comodissima fibbia azionabile con una sola mano in tensionamento e in rilascio. L’insieme non fa rimpiangere i solidi linguettoni metti-togli TLT 6 perché la spinta in avanti risulta comunque tra le migliori del segmento touring. Insomma, il marketing Dynafit presenta TLT Speedfit con una destinazione prevalentemente pistaiola. Lo capiamo bene dato il successo del fitness touring e sì, ci siamo in pieno per quanto riguarda il touring di resort. Ma TLT Speedfit è anche e soprattutto il TLT 6 portato alla sua piena maturità, nel momento in cui esprime in modo aggiornato le potenzialità del progetto originale. La sua semplicità di utilizzo lo rende amichevole per chi esordisce, ma la performance tecnica può accompagnare fino ai limiti del freeski.
Dynafit TLT Speedfit
- Materiali: scafo e gambetto in Grilamid ad alto modulo; spoiler anteriore Pebax
- Taglie disponibili: 22.5 - 30.5 MP
- Last: 103 millimetri
- Inclinazione ski set: 15° e 18°
- Escursione del gambetto: 60°
- Suola Pomoca stabile in un ampio range di temperature
- Grafica Dynafit fluo sullo scafo
- Peso: 1.190 grammi / 27.5 MP
- Prezzo: 550.00 €
Kilian Jornet vince il vertical di Puy St. Vincent
Rientro vincente per Kilian dopo la pausa per l’operazione alle spalle. Il lupo perde il pelo… ma non il vizio. Il catalano, dopo il quarto posto di giovedì nella individual, ha vinto venerdì mattina il vertical di Coppa del mondo a Puy St. Vincent, in Francia, con il tempo di 27’09’’. Sul podio anche lo svizzero Werner Marti (27’15’’) e l’azzurro Michele Boscacci (27’37’’). Nella top ten, nell’ordine, lo spagnolo Oriol Cardona Coll, Davide Magnini (primo Espoir), gli svizzeri Remi Bonnet e Martin Anthamatten, il tedesco Anton Palzer, Federico Nicolini e lo spagnolo Antonio Alcalde Sanchez. Undicesimo Robert Antonioli, dodicesimo Nadir Maguet. Kilian subito all’attacco su un percorso duro, insieme a Marti, con Boscacci e Magnini che non hanno mollato la presa fino a quando i due di testa hanno guadagnato un po’ di distanza con il catalano che ha distanziato di qualche metro Marti sul finale.

DONNE - Bis della francese Axelle Mollaret, giovedì vincente su Laetitia Roux nell'individual (già ieri influenzata e oggi non al via), in 32’16’’. Sul podio la svizzera Viktoria Kreuzer (32’52’’) e la spagnola Claudia Galicia Cotrina (33’41’’). Ai piedi del podio, nell’ordine, le due azzurre Katia Tomatis e Alba De Silvestro (prima Espoir). A seguire nella top ten le spagnole Marta Garcia Farres e Nahia Quincoces Altuna, la russa Marianna Jagercikova, la svizzera Jennifer Fiechter e la francese Laura Deplanche. Dodicesima Ilaria Veronese, terza Espoir.

JUNIOR - Vittoria di Andrea Prandi in 29’29’’ davanti agli svizzeri Aurelien Gay e Patrick Perreten. Al femminile successo della russa Ekaterina Osichinka in 23’40’’ sulle azzurre Giulia Murada e Giorgia Felicetti.

Alla Fiera dell’Est
«Vattene all’Est da Mosetti e guarda un po’ cosa ci trovi». L’ordine, dalla redazione, era più o meno questo. L’anno scorso ce n’eravamo andati al Sud, quest’anno tocca dirigersi all’Est, quindi, verso le Alpi Giulie. Io, per inciso, abito all’Ovest, a Torino. Vado a sciare su cime alte più di tremila metri, a volte quattromila, molto spesso poi finisco in Francia dove bene o male mi ci ritrovo; al massimo il caffè fa un po’ schifo, ma le montagne hanno sempre la stessa forma. All’Est, invece, non mi ci ero mai fermato d’inverno e come tanti avevo la convinzione che l’Italia finisse a Venezia. Le montagne lì sono basse, squadrate e cattive, come i pugili che se le danno nel retro dei bar di periferia. La maggior parte di esse non arriva neanche a 2.000 metri, per dare un’idea». Inizia così l’ampio reportage di Federico Ravassard sullo sci selvaggio nelle Alpi Giulie che pubblichiamo su Skialper 116 di febbraio-marzo, disponibile nell’edicola digitale e ordinabile sul nostro sito nella versione cartacea.

CON IL MOSE - Saranno montagne basse, almeno per uno che arriva dall’Ovest, però in mezzo a queste montagne è cresciuto uno degli scialpinisti italiani più cool del momento, Enrico Mosetti, detto il Mose. «Classe 1989, sponsorizzato da quel marchio molto hipster di Chamonix che ne riflette in pieno l’immagine, quattro spedizioni all’attivo e discese pazzesche su giganti di cinque o seimila metri in Perù, Georgia e Nuova Zelanda, più un tentativo al Laila Peak in Pakistan, ovvero una delle più belle montagne del mondo. Tutto questo per dire che, insomma, se uno così impara a sciare da queste parti, allora le Alpi Giulie devono avere un qualcosa dentro di selvaggio». Con lui ha sciato e girato Federico, ma non solo…

L’IMPORTANTE È SCIARE - Beatrice, Nicole, Andrea e Samuele hanno tra i 21 e i 22 anni e nella vita, oltre a studiare, sono maestri di sci ma amano anche uscire con le pelli, nella zona di Tarvisio. E sciano… Nei piedi avevano tutti assi e scarponi di una certa massa, si capisce che prima ancora di essere alpinisti loro sono sciatori, anche salendo verso il Montasio con le pelli. È importante sciare anche se è brutto, se la nebbia nasconde tutto. Come al Monte Sart, dove Federico ha avuto come compagno di gita Davide Dade Limongi. Non senza fare prima una tappa al Rifugio Gilberti e conoscere Tschurwi, cuoco e custode di questi monti. Dalle Alpi Giulie non nascono solo scialpinisti forti in discesa: ce ne sono altri che il vento sulla faccia lo sentono anche in salita. Uno di questi, che i lettori di Skialper conoscono bene, è Tadei Pivk, residente a Camporosso.

SENZA CONFINI – Il bello delle Alpi Giulie è che Austria e Slovenia sono dietro l’angolo, ed ecco allora che non ci siamo fatti mancare una sortita in Cariniza con Mose e i suoi allievi del corso di scialpinismo e a Bovec, sul versante sloveno di Sella Nevea, nella valle dell’Isonzo. «Nel fondovalle luccica l’acqua azzurra dell’Isonzo, la stessa che un secolo fa era tinta dal rosso del sangue dei ragazzi mandati a difendere il fronte dalle truppe austroungariche. La Prima Guerra Mondiale qui c’è stata per davvero: basti pensare che uno degli elementi decisivi della disfatta di Caporetto fu un tunnel poco sotto di Sella Nevea che gli austriaci utilizzarono per spostare armi e uomini senza farsi vedere dagli italiani appostati al colle».

SAPORI DELL’EST – All’Alte Hütte a Campo Rosso Roberto Del Negro, proprietario e cuoco del ristorante, oltre a cucinare i deliziosi rigatoni al salto, è la memoria vivente dello scialpinismo giuliano. Gestiva una taverna che era di fatto un punto di riferimento fisso per i giovani scapestrati che si divertivano ad andare su e giù dai monti con mezzi e tecniche a dir poco rudimentali, come degli sci lunghi mezzo metro importati dall’Austria con i quali cercavano di scendere nei canali sopravvivendo in qualche modo fino al fondo. Le pareti del ristorante sono un pezzo di storia: nelle fotografie sono ritratti volti noti come Messner, Casarotto e Kukuckza. Lunga vita allo sci selvaggio.













