Lo scorso 15 ottobre i due francesi hanno salito il settemila himalayano in stile alpino alla parete Nord.
Ci sono montagne che non vengono semplicemente scalate. Si attraversano come esperienze, si vivono come viaggi interiori. Il Jannu Est, 7.468 metri nel massiccio del Kangchenjunga, è una di quelle. Uno degli ultimi enigmi himalayani, una delle vette non ancora salite. Una parete nord di 2.250 metri, un muro che sembra custodire il senso più puro dell’alpinismo. È qui che Nicolas Jean, 26 anni, e Benjamin Védrines, 33, hanno deciso di misurarsi, con un obiettivo tanto semplice quanto radicale: salire in stile alpino, senza ossigeno, senza corde fisse, senza aiuti esterni. Solo due uomini, una linea, e la volontà di andare leggeri.

L’idea e il ritorno
L’autunno 2024 aveva già lasciato un segno. Un primo tentativo finito troppo presto, il sogno rimasto sospeso. Ma la montagna, come spesso accade, concede una seconda possibilità a chi sa aspettare. Così Jean e Védrines sono tornati, con un piano ancora più essenziale: niente squadra, niente supporto, solo loro due.
Nei mesi precedenti avevano costruito la fiducia e la forza dove tutto è iniziato: sul Monte Bianco. Una traversata in sci di tre giorni, poi le quattro pareti del Bianco in un solo giorno, quasi 8.000 metri di dislivello. Un modo per allenare il corpo, ma anche per rafforzare quella connessione mentale che tiene insieme una cordata.
La salita
Il 12 ottobre si mettono in marcia verso la base della parete. Il meteo concede una finestra stretta ma buona, e la scelta è fatta: partire. Due notti sospesi nel vuoto, tra ghiaccio e roccia, fino a raggiungere la cresta sommitale. È lì che capiscono che la vetta, quella vera, è ancora oltre. Un falso picco li aveva illusi, e davanti resta un ultimo tratto estenuante: neve instabile fino al bacino, pendii verticali, la stanchezza che si fa totale. Alle 13:40 del 15 ottobre, però, i due raggiungono la cima. In silenzio. Perché a quell’altitudine, le parole servono a poco.
«Gli ultimi 500 metri sono stati i più duri» racconta Jean. «Eravamo esausti, ma dovevamo restare lucidi. La discesa, in quelle condizioni, è stata una battaglia».
Per Védrines, è la salita di una vita. Non solo per la difficoltà, ma per l’armonia nata con Nicolas: due velocità diverse, due generazioni diverse, ma una sola idea di montagna.

Il valore della leggerezza
In un’epoca di spedizioni pesanti e commerciali, questa ascensione riporta l’ago della bussola verso l’essenza. Leggerezza non significa semplicità: è una scelta consapevole, che comporta rischio, autonomia e responsabilità. La loro attrezzatura, sviluppata insieme al marchio Simond, è il riflesso di questa filosofia: piccozze e ramponi alleggeriti al massimo, imbraghi e tende ridotti all’essenziale. Ogni grammo tolto, un po’ di libertà guadagnata.
Una traccia che resta
Il Jannu East è ora segnato da una nuova via, ma la montagna resta intatta. Jean e Védrines hanno lasciato poco più che il segno dei loro passi, e forse è proprio questo il valore di un certo alpinismo oggi: fare tanto, lasciando poco.
Nei prossimi mesi arriveranno le relazioni tecniche, le immagini, il racconto completo. Ma il senso di questa salita si può già leggere: il ritorno a un alpinismo di ricerca, dove la prestazione si intreccia con l’etica e la bellezza con il rischio.

© Simond, Quentin Degrenelle, Thibaut Marot
