Schiume supercritiche, TPEE e PU sono ormai presenti sulla maggioranza delle scarpe, da allenamento o da gara, come dimostrano i test della nostra Outdoor Guide.

Intersuole con materiali sempre più avanzati. Per tutti. È questo il principale trend che emerge dai test delle scarpe per la corsa in natura della nostra Outdoor Guide, in edicola a partire da fine mese. L’utilizzo di schiume supercritiche è in netta crescita: su 47 prodotti testati, ben 41 montano materiali avanzati nelle zeppe (tra supercritical foaming, TPEE e PU). Solo tre anni fa, prodotti con queste caratteristiche rappresentavano circa il 30% dell’offerta. Questo dato mostra come certe tecnologie siano oggi ampiamente accessibili ai principali attori dello sviluppo. La vera sfida, ora, non è più trovare il materiale più futuristico, ma saperlo integrare in modo coerente con la filosofia del marchio, l’identità dell’utilizzatore e la destinazione d’uso prevista del prodotto. Elemento comune è la costruzione delle zeppe, sempre più simile nei vari modelli per quanto riguarda la disposizione dei sidewall — le sporgenze laterali che fungono da culla per il piede — e l’inserimento (o meno) di elementi stabilizzanti o reattivi. Ed è proprio in quest’ambito si sono registrate le maggiori novità: se fino a poco tempo fa una struttura rigida nella suola era la norma (soprattutto con il boom delle piastre in carbonio), oggi queste tecnologie si concentrano quasi esclusivamente nella categoria performance.

 

Come di consueto abbiamo suddiviso le scarpe per la corsa in natura in due categorie: Trail e Speed Race. La prima ha una connotazione più universale, potremmo definirla anche la scarpa da allenamento. La seconda più competitiva. Se volessimo identificare le componenti principali delle categorie Trail e Speed Race, potremmo dire che la prima è definita da ammortizzazione, stabilità e protezione; la seconda, invece, da leggerezza, precisione e reattività.
Le geometrie che accolgono i materiali delle calzature si differenziano per gli angoli di ingresso e uscita che definiscono il dinamismo della rullata: più accentuati nei modelli da gara, più dolci e naturali nei prodotti da allenamento. Il trend suggerisce che, per un’esperienza più fluida nelle corse a bassa intensità, si prediligano materiali ammortizzanti e compatti combinati con geometrie morbide e accessibili. Al contrario, un modello da gara presenta un’impostazione più aggressiva e reattiva, spesso supportata da inserti nell’avampiede per migliorare il ritorno elastico.
Le scarpe da allenamento rappresentano il cuore dell’offerta: prodotti versatili e resistenti, pensati per gestire ogni tipo di sessione, dai lavori quotidiani ai lunghi pre-gara.
Gli stack height medi si attestano attorno ai 33 mm sul tallone e 27 mm sull’avampiede, in crescita costante negli ultimi anni.
Nel segmento più orientato alla performance, il 100% dei modelli monta zeppe in materiali avanzati. Lo stack height medio è di 30 mm al tallone e 25 mm all’avampiede.
Su venti scarpe testate, sei includono una piastra — in carbonio o Pebax — pensata rispettivamente per aumentare il rimbalzo o modulare l’elasticità.
Queste scarpe sono ideali per corse ad alta intensità, ma il vero elemento discriminante non è l’intensità d’uso, quanto il tipo di terreno.
Le geometrie e i battistrada specializzati definiscono una destinazione d’uso ben precisa: nascono così super-shoe perfette per terreni veloci e corribili, oppure modelli più versatili per condizioni tecniche moderate.
Nelle 304 pagine della Outdoor Guide non ci sono solo i test di 47 scarpe per la corsa in natura, ma anche di 200 altri prodotti tra scarpe da hiking, approach, alpinismo, scarpette da arrampicata, imbraghi, caschi, zaini, lampade frontali, sportwatch, bastoni, piccozze e ramponi.

 

Foto © Riccardo De Conti