Il sette, lo si sa sa, è un numero magico. E lo è ancora di più per Stefano Ruzza, Team Vibram, autore di una incredibile gara all’UTMB che gli ha regalato un settimo (appunto) posto, miglior risultato italiano di sempre dopo quelli di Olmo. Dico sette perché anche alla Diagonale des Focus del 2014 Ruzza si era classificato in quella posizione, regalandosi una prestazione da incorniciare. «È vero, anche ai Campionati Europei della Trans d’Havet ero arrivato settimo» scherza Stefano mentre sta preparando le valigie per gli Stati Uniti. Negli Stai Uniti Ruzza era già stato anche in primavera, gareggiando in qualche trail locale e alla UROC.
Stefano, ma cosa vai a fare così spesso negli States?
«La mia fidanzata lavora lì, a Baltimora, per questo ora mi faccio un mesetto da quelle parti».
Sette è un numero magico, ma non hai provato ad arrivare sesto?
«Certo, in salita vedevo Evarts davanti, a pochi minuti, prima dell’ultima salita ho spinto molto, ma sono arrivato esausto e ho pensato a difendermi».
Hai scritto che questa volta hai fatto tesoro degli errori del passato nell’allenamento, pre-gara e gestione della competizione, puoi spiegarci meglio cosa intendi?
«Tanti piccoli dettagli, nell’allenamento, nell’alimentazione in gara. Nel 2016 ero andato fortissimo all’inizio, ero sugli stessi tempi di quest’anno, poi ho avuto problemi di alimentazione ed ero un po’ stanco mentalmente, mi ero allenato troppo. Questa volta sono arrivata fresco, convinto di soffrire per 24 ore, perfettamente in forma nonostante l’infortunio della primavera, come alla Diagonale des Focus».
Che infortunio hai subito?
«Sublussazione del cuboide, poi correndoci sopra si sono infiammati peroni e tibiale anteriore, per due mesi ho corso praticamente con una sola gamba. Ho fatto tantissima bici e corso giusto per mantenere il gesto, ma sui sentieri mi sono ritrovato subito a mio agio».
Commenti sulla gara?
«Mi ero preparato una tabella di marcia che ho rispettato quasi al minuto, ho fatto la mia gara, su me stesso e non su altri, come Thévenard ed è risultata vincente. Certo lui ha un ritmo costante, incredibile, è proprio fatto per queste gare».
Dicci la verità, aspiravi a una top ten?
«Onestamente sì, due anni fa ero sui tempi di Zanchi e Ornati, poi ho avuto qualche problema».
Il momento più bello?
«A Trient. Arrivavo da Champex, dove ero dodicesimo e rassegnato a non entrare nella top ten, poi al ristoro c’erano tutti i ragazzi del team Vibram, un tifo pazzesco, meglio che al traguardo, all’uscita ho superato il mio compagno di squadra Xavi Dominguez, prima avevo superato Zach Miller, lì ho capito che stava andando bene».
Che idea ti sei fatto dei ritiri?
«Anche l’anno scorso ha piovuto e fatto freddo, ma quest’anno ho visto gente molto più provata, poi credo che molti dei top siano stati svuotati dalla battaglia all’inizio».
Che scarpa hai usato?
«Hoka One One Speedgoat 2»
Solo una?
«Sì e non ho neppure mai cambiato la maglia, un po’ per scaramanzia, un po’ perché mi sentivo veramente bene e non volevo perdere tempo».
Se andrai sempre più spesso negli States, c’è il rischio che il primo americano a vincere l’UTMB sia tu…
«Ma dai… godiamoci questo settimo posto che non ho ancora metabolizzato, è già molto».